Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21954 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21954 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/07/2025
Oggetto: II.DD. -IVA -avviso di accertamento -disconoscimento costi
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7537/2018 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliate in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore;
-intimata –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell ‘Emilia-Romagna n. 758/14/2017, depositata il 27.2.2017 e non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 24 aprile 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia -Romagna n. 758/14/2017, depositata il 27.2.2017, veniva rigettato l’ appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Bologna n. 73/12/2012 la quale, a sua volta, aveva accolto il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate per IRAP e IVA, oltre accessori, relativamente al periodo di imposta 2006.
La società, esercente l’attività di lavori generali di costruzione di edifici e lavori di ingegneria civile era oggetto di un controllo fiscale per l’annualità suddetta. Si legge nell’avviso di accertamento ripodotto nel ricorso che la società ometteva la presentazione della dichiarazione Unico 2007, ma la realizzava due vendite immobiliari nel periodo 2006. La documentazione contabile delle annualità 2002-4 richiesta in fase amministrativa, non veniva consegnata dalla società, in quanto detenuta dalla polizia giudiziaria e, per il 2006, annualità oggetto dell’atto impugnato, la società dichiarava di non aver operato provvedendo a liquidare il patrimonio immobiliare. Veniva così determinato ai fini IRES «induttivamente ai sensi dell’art.39, 2° comma del d.P.R. n.600/73 il reddito di impresa» (cfr. p.5 dell’avviso di accertamento, riprodotto a p.9 del ricorso), con conseguente riderminazione anche dell’IRAP e dell’IVA.
Il giudice di prime cure accoglieva il ricorso della contribuente, sul presupposto che non fosse stato tenuto conto dei costi di acquisto dei manufatti rinvenuti, risultante dalla documentazione in possesso
dell’Agenzia. Il giudice riteneva pertanto illegittimo l’avviso di accertamento, decisione confermata in appello.
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per Cassazione l’Agenzia dell’Entrate deducendo tre motivi, mentre la società è rimasta intimata.
Considerato che:
Con il primo motivo la ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione degli artt. 39 e 41 del d.P.R. n. 600/1973, 109 del d.P.R. n. 917/1986, 2697 cod. civ, 6, comma 4, della Legge n. 212/2000, 115 e 116 cod. proc. civ., per avere la CTR, confermando la sentenza di primo grado, riconosciuto alla contribuente la deducibilità dei costi d’acquisto e ristrutturazione dei beni immobili oggetto del successivo trasferimento.
1.1. La ricorrente deduce l’erroneità dell’accertamento del giudice di seconde cure e la correttezza dell’operato dell’Ufficio perché «il mancato riconoscimento di costi è dipeso dal fatto che la società, in sede amministrativa, non aveva prodotto alcuna valida documentazione attestante gli stessi ed inoltre, nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno d’imposta precedente, né altrimenti indicato alcuna rimanenza finale che potesse essere presa in considerazione da parte dell’Ufficio » (cfr. pp. 9-10 del ricorso). In particolare, secondo l’Agenzia , la contribuente, in un difetto di allegazione che non poteva soddisfare l’onere della prova su di essa incombente né attivare l’acquisizione da parte dell’Ufficio, «neppure aveva allegato quando i beni rivenduti fossero stati acquistati limitandosi a indicare una voce generica ‘acquisto immobile’ per euro 123.000 in un prospetto excel. Non era, quindi, neppure possibile verificare (o dare per verificato) che i beni rivenduti nel 2006 fossero stati acquistati nello stesso anno, condizione evidentemente imprescindibile ai fini della deducibilità dei relativi costi» ( ibidem , p. 13).
Il motivo è fondato, nei termini che seguono.
Nel caso di specie l’Agenzia ha determinato l’ IRES «induttivamente ai sensi dell’art.39, 2° comma del d.P.R. n.600/73» (cfr. p.5 dell’avviso di accertamento, riprodotto a p.9 del ricorso), con conseguente riderminazione anche dell’IRAP e dell’IVA . Il Collegio rammenta che, in tal caso, l’Amministrazione finanziaria deve riconoscere una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi di produzione in caso di accertamento induttivo “puro” ex art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600 del 1973 (cfr. Cass. n. 22868 del 2017; conforme, Cass. n.34996 del 2022), in corrispondenza del maggiore accertamento.
2.2. Il giudice di seconde cure nella sua motivazione, riconosce sì costi di produzione dei maggiori ricavi, ma non prende in considerazione il fatto che l’accertamento de quo è induttivo puro. Si legge al proposito nella motivazione che « l’ente accertatore era pienamente in possesso dei dati necessari a quantificare i costi detraibili consistenti nel prezzo d’acquisto dei beni oggetto di successivo trasferimento» (cfr. p. 2 della sentenza impugnata).
Così argomentando il giudice non si è attenuto al principio sopra richiamato determinando i costi, se del caso, in misura forfettaria, ma ha ancorato il proprio convincimento in modo non chiaro al principio di non contestazione, con riferimento al fatto de ll’avvenuta registrazione di rogiti di acquisto dei due immobili compravenduti, oltretutto poi anche ristrutturati nella prospettazione di parte contribuente.
La questione della quantificazione dei costi in relazione ai maggiori ricavi induttivamente accertati, se ritenuta del caso in misura forfettaria, dovrà essere riesaminata dal giudice del rinvio.
Con il secondo motivo la ricorrente censura, in rapporto all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 55 e 19 del d.P.R. n. 633/72 per il fatto che la CTR abbia fatto discendere dalla deducibilità dei costi l’annullamento dell’accertamento dell’Ufficio anche con riguardo alla maggiore IVA calcolata sul volume d’affari di euro 305.374,00.
3.1. Secondo la ricorrente non sorgerebbe alcun diritto alla detrazione d’imposta per effetto del solo riconoscimento di costi deducibili ai fini delle imposte dirette, avendo la contribuente omesso la tenuta della contabilità obbligatoria, la registrazione delle fatture e la presentazione della dichiarazione e non avendo effettuato alcun versamento d’impos ta ai fini IVA.
Il motivo è fondato.
4.1. L’art. 55 del d.P.R. n. 633/72, nel testo ratione temporis vigente, prevede che «se il contribuente non ha presentato la dichiarazione annuale l’ufficio dell’imposta sul valore aggiunto può procedere in ogni caso all’accertamento dell’imposta dovuta indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità. In tal caso l’ammontare imponibile complessivo e l’aliquota applicabile sono determinati induttivamente sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolte o venuti a conoscenza dell’ufficio e sono computati in detrazione soltanto i versamenti eventualmente eseguiti dal contribuente e le imposte detraibili ai sensi dell’art. 19 risultanti dalle liquidazioni prescritte dagli articoli 27 e 33». Tanto premesso, la censura è fondata in quanto il giudice d’appello ha errato a ritenere che d all’annullamento delle riprese sulla ricostruzione reddituale discenda automaticamente anche l’annullamento della ripresa per costi, trattandosi di contestazioni distinte e autonome per presupposti ed effetti.
Con il terzo e ultimo motivo l ‘Agenzia ricorrente prospetta la violazione dell’art. 2 d.lgs. n. 546/1992 e dei principi in materia di impugnazione-merito del giudizio tributario, nonché la violazione dell’art. 7 d.lgs. n. 546/92, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per avere il giudice di seconde cure confermato la sentenza di primo grado, che aveva annullato integralmente l’atto impositivo, invece di rideterminare le pretese impositive decurtando dai ricavi il costo ritenuto deducibile ai fini delle imposte dirette e ricalcolare l’I VA dovuta, nonostante la CTR avesse riconosciuto la deducibilità dei soli costi d’acquisto dei beni oggetto del successivo trasferimento e non anche dei restanti costi di ristrutturazione.
La doglianza, che denuncia l’omessa decisione di merito parzialmente sostitutiva dell’accertamento dell’Ufficio , è fondata in consegeunza dell’accoglimento dei primi due motivi di ricorso, e il giudice del rinvio dovrà pronunciarsi sulla suddetta questione.
7 . La sentenza impugnata è perciò cassata e, per l’effetto, la controversia va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo, a quelli rimasti assorbiti, e per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili, a quelli rimasti assorbiti, e per la liquidazione delle spese di lite.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 24.4.2025