Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14882 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14882 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17666/2016 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE SNC DI NOME E NOME COGNOME NOME, NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA CAMPANIA n. 16/2016 depositata il 07/01/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/02/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Ufficio Controlli della Direzione Provinciale I di Napoli notificava alla s.n.c. RAGIONE_SOCIALE, esercente il commercio al dettaglio di pesci, crostacei e molluschi, l’avviso di accertamento n. TF3020500296/2012 con il quale contestava un’indebita deduzione di costi, maggiori ricavi non dichiarati e ricostruiti induttivamente e, per l’effetto, provvedeva a recuperare la maggiore IVA dovuta.
La società impugnava detto avviso dinanzi alla CTP di Napoli, evidenziando l’assenza di irregolarità contabili e contestando la generica determinazione del reddito di impresa unicamente basato su mere presunzioni. Contestualmente, i soci COGNOME NOME e COGNOME NOME proponevano due distinti e autonomi ricorsi avverso gli avvisi di accertamento emessi nei loro confronti e diretti a contestare maggiori redditi da partecipazione.
La CTP adita con sentenza n. 26772/14 riuniva i ricorsi predetti e li accoglieva parzialmente, riducendo i ricavi imponibili accertati e non dichiarati.
Avverso tale decisione, la società e i soci proponevano appello con tre ricorsi separati. La CTR di Napoli con sentenza n. 6417/15, riuniti i ricorsi proposti, li accoglieva parzialmente riconoscendo la legittimità della deduzione di costi pari di euro 3.594,00; confermava nel resto la sentenza impugnata.
Avverso tale sentenza la società e i soci propongono ricorso per Cassazione affidato ad undici motivi. L’Agenzia ha depositato atto datato 28 settembre 2026, dichiarando di non essersi costituita nei termini di legge mediante controricorso e di costituirsi, pertanto, ‘ al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370, comma 1, c.p.c. ‘ .
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si lamenta la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. e art. 2700 c.c. con riferimento all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., per aver la CTR ritenuto legittimo il ricorso all’accertamento induttivo pur in assenza di anomalie effettivamente sussistenti.
Con il secondo motivo di ricorso si adombra la violazione dell’art. 112 c.p.c. per aver la CTR omesso di pronunciarsi in ordine all’eccezione ritualmente sollevata relativa alla registrazione della fattura della RAGIONE_SOCIALE secondo il ricorrente effettivamente registrata prima della liquidazione dell’imposta.
Col terzo motivo di ricorso si contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 co. 6 Cost. e art. 132 co. 1 n. 4 c.p.c, con riferimento all’art. 360 co. 1 n. 4 c.p.c., per essere la sentenza viziata da motivazione inesistente e/o apparente in violazione del cd. minimo costituzionale laddove non indica, neppure implicitamente, le motivazioni sottese al rigetto dell’eccezione sollevata di cui al precedente motivo.
Con il quarto motivo di ricorso si lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c., per aver la CTR omesso di pronunciarsi con riguardo all’eccezione ritualmente sollevata relativa alla ‘ mancanza di documentazione relativa alla attività della imbarcazione da pesca ‘.
Con il quinto motivo di ricorso si adombra la violazione o falsa applicazione dell’art. 111 co. 6 Cost. e art. 132 co.1 n. 4 con riferimento all’art. 360 co.1 n.4 c.p.c.; per essere la sentenza viziata da motivazione inesistente e/o apparente in violazione del cd. ‘ minimo costituzionale ‘ laddove non indica, neppure implicitamente, le motivazioni sottese al rigetto dell’eccezione sollevata di cui al precedente motivo.
Col il sesto motivo di ricorso si lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c., per aver la CTR omesso di pronunciarsi con riguardo
all’eccezione ritualmente sollevata relativa alla ‘ esistenza di firma di terze persone estranee alla società sui documenti di trasposto ‘.
Con il settimo motivo di ricorso si contesta la violazione o falsa applicazione dell’art. 111 co. 6 Cost. e art. 132 co.1 n. 4 con riferimento all’art. 360 co.1 n.4 c.p.c.; per essere la sentenza viziata da motivazione inesistente e/o apparente in violazione del cd. minimo costituzionale laddove non indica, neppure implicitamente, le motivazioni sottese al rigetto dell’eccezione sollevata di cui al precedente motivo.
Con l’ottavo motivo di ricorso si adombra la violazione e falsa applicazione degli artt. 2679, 2727, 2729, 2730, 2734 e 2735 c.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. con riferimento all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c., per avere la CTR considerato la dichiarazione resa dal socio COGNOME NOME riportata ai fg. 10 e 11 del PVC, quale presunzione grave, precisa e concordante e conseguentemente prova del fatto ai sensi dell’art. 2697 c.c.
Con il nono motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 41 bis D.P.R. 600/1973 nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 54 D.P.R. 633/1973 per avere la CTR errato nel porre a fondamento della propria decisione meri indici statistici.
Con il decimo motivo di ricorso si rileva la violazione e falsa applicazione dell’art. 41 bis D.P.R. 600/1973, violazione e falsa applicazione dell’art. 54 D.P.R. 633/1972 con riferimento all’art. 360 n.3 c.p.c. per aver la CTR fatto ricorso al cd. ‘accertamento parziale’ senza che vi fossero ‘ elementi certi da cui desumere errori di calcolo o omissione di elementi reddituali, ai quali sono estranee le ricostruzioni induttive dalle quali trae origine la presunzione D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39 ‘.
Con l’undicesimo motivo di ricorso si contesta la violazione o falsa applicazione dell’art. 39 D.P.R. 600/1973 nonché dell’art. 54 D.P.R. 633/1973 con riferimento all’art. 360 n.3 c.p.c., avuto riguardo all’utilizzo del metodo induttivo di cui all’art. 39 D.P.R. 600/73, in assenza dei presupposti legali.
Il primo motivo è infondato.
La CTR ha valorizzato, nell’esercizio del proprio libero sindacato, plurimi elementi anomali, tra i quali: la mancanza di documentazione relativa all’attività dell’imbarcazione da pesca; la firma di terze persone estranee alla società sui documenti di trasporto; la bassa rotazione del magazzino per l’anno di riferimento; il contenuto delle dichiarazioni di COGNOME NOME, tese a mettere in risalto una percentuale di vendita annuale di pesce fresco attestata su circa ‘70% del venduto’; la singolarità rappresentata dagli indici di rotazione e di durata delle scorte.
A fronte di questo accertamento, parte ricorrente mira ad ottenere una rivisitazione del merito della controversia, in particolare attribuendo pregnanza assorbente alla mera circostanza dell’annotazione della fattura della RAGIONE_SOCIALE in contabilità al prot. 340 del registro IVA acquisti del 2010 ‘. Detta rivisitazione, che si sovrapporrebbe al sindacato svolto dal giudice d’appello, è preclusa in questa sede.
Il secondo motivo è infondato.
Consta un implicito rigetto dell’eccezione relativa all’annotazione della fattura, all’evidenza correlata alla valorizzazione, a cura del giudice, di altri elementi documentali e circostanziali giustificativi dell’accertamento induttivo operato.
La CTR ha compiuto un accertamento di fatto, mettendo in risalto, nel proprio libero sindacato, gli elementi di prova che sono parsi ad essa più attendibili.
Come chiarito da questa Corte spetta unicamente al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento,
di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonché la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante (Cass., 13 giugno 2014, n. 13485; Cass., 15 luglio 2009, n. 16499)
Il terzo motivo non coglie nel segno e va disatteso.
È devoluta al giudice del merito l’individuazione delle fonti del proprio convincimento e, pertanto pure la scelta, fra le risultanze istruttorie, di quelle ritenute idonee ad acclarare i fatti oggetto della controversia, privilegiando in via logica taluni mezzi di prova e disattendendone altri, in ragione del loro diverso spessore probatorio, con l’unico limite dell’adeguata e congrua giustificazione del criterio adottato; onde al detto giudice non può imputarsi d’aver omesse l’esplicita confutazione delle tesi non accolte e/o la particolareggiata disamina degli elementi di giudizio posti a base della decisione o di quelli non ritenuti significativi, giacché né l’una né l’altra gli sono richieste, mentre soddisfa l’esigenza d’adeguata motivazione che il raggiunto convincimento risulti, come nella specie, da un riferimento logico e coerente a quelle, tra le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie vagliate nel loro complesso, che siano state ritenute di per sé sole idonee e sufficienti a giustificarlo, queste indicando e l’ iter seguito nella loro valutazione onde pervenire alle assunte conclusioni, anche per implicito disattendendo quelle logicamente incompatibili con la decisione adottata (v. Cass. n. 8294 del 2011). Al fine di assolvere l’onere di adeguatezza della motivazione, il giudice di appello non è tenuto ad esaminare tutte le allegazioni delle parti, essendo
necessario e sufficiente che egli esponga concisamente le ragioni della decisione così da doversi ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (Cass. n. 25509 del 2014).
Il quarto motivo va, parimenti, disatteso.
Per il suo tramite la ricorrente si duole di un’omissione di pronuncia in ordine ad un’imbarcazione il cui utilizzo assume limitato ‘ al periodo dal 26 maggio 2010 al 31/12/2010 ‘.
Detta omissione, tuttavia, non si rinviene, ove si consideri che in narrativa la CTR evoca proprio ‘ l’utilizzo di un’imbarcazione di proprietà della società adibita effettivamente alla piccola pesca costiera e che solo dal 25 maggio 2010, data del primo carico del carburante, fu effettivamente adibita a pesca ‘. Detta circostanza è stata evidentemente ritenuta inidonea a comportare una statuizione differente da quella assunta, avendo il giudice d’appello apprezzato altri profili, implicitamente reputando quello sopra riassunto insuscettibile di comportare una diversa decisione della controversia.
Il quinto motivo non coglie nel segno e va disatteso.
Giova, invero, segnalare che ‘ Al fine di assolvere l’onere di adeguatezza della motivazione, il giudice di appello non è tenuto ad esaminare tutte le allegazioni delle parti, essendo necessario e sufficiente che egli esponga concisamente le ragioni della decisione, così da doversi ritenere implicitamente rigettate le argomentazioni logicamente incompatibili con esse ‘ (Cass. n. 3126 del 2021).
È principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che la conformità della sentenza al modello di cui all’art. 132, 1° co. n. 4, c.p.c. non esige che il giudice di merito dia conto dell’esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettate dalle parti, essendo necessario e sufficiente che come nella specie il medesimo esponga in maniera concisa gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, offrendo
una motivazione logica ed adeguata nonché evidenziando le prove ritenute idonee a suffragarla ovvero la carenza di esse, dovendo reputarsi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito (v. Cass. n. 25509 del 2014 cit. e Cass. n. 17145 del 2006). Emerge evidente, a tale stregua, come l’odierna ricorrente in realtà inammissibilmente prospetti una rivalutazione del merito della vicenda comportante accertamenti di fatto invero preclusi a questa Corte di legittimità, nonché una rivalutazione delle emergenze probatorie, laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, non potendo in sede di legittimità riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, atteso il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass. n. 5443 del 2006).
Il sesto motivo è infondato.
Con la relativa censura la parte ricorrente lamenta un’omissione di pronuncia in ordine alla questione relativa alla sottoscrizione di documenti di trasporto a cura di terze persone estranee alla società. In realtà, nella motivazione della sentenza d’appello la CTR riscontra e afferma la sussistenza di ‘ irregolarità … costituite dalla firma di terze persone estranee alla società sui documenti di trasporto ‘, in tal senso esprimendosi proprio sulla questione che incongruamente si assume trascurata e negletta.
Il settimo motivo non coglie nel segno e va disatteso.
Giova richiamare il principio già prima evocato in base al quale la conformità della sentenza al modello di cui all’art. 132, 1° co. n. 4, c.p.c. non esige che il giudice di merito dia conto dell’esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettate dalle parti, essendo necessario e sufficiente che come nella specie il medesimo esponga in maniera concisa gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, offrendo una motivazione logica ed adeguata nonché evidenziando le prove ritenute idonee a suffragarla ovvero la carenza di esse, dovendo reputarsi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito (v. Cass. n. 25509 del 2014 cit. e Cass. n. 17145 del 2006).
L’ ottavo motivo non coglie nel segno e va disatteso.
La CTR ha compiuto uno specifico accertamento di fatto, nell’esercizio del sindacato di merito ad essa riservato.
In sede di legittimità è possibile censurare la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. solo allorché ricorra il cd. vizio di sussunzione, ovvero quando il giudice di merito, dopo avere qualificato come gravi, precisi e concordanti gli indizi raccolti, li ritenga, però, inidonei a fornire la prova presuntiva oppure qualora, pur avendoli considerati non gravi, non precisi e non concordanti, li reputi, tuttavia, sufficienti a dimostrare il fatto controverso (Cass. n. 3541 del 2020).
In altri termini, la violazione delle norme sulle presunzioni è censurabile, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., solo ‘ se risulti che, violando i criteri giuridici in tema di formazione della prova critica, il giudice si sia limitato a negare valore indiziario a singoli elementi acquisiti in giudizio, senza accertarne l’effettiva rilevanza in una valutazione di sintesi ‘ (Cass. n. 10973 del 2017).
Con riferimento agli artt. 2727 e 2729 c.c., spetta al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni
semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità, dovendosi tuttavia rilevare che la censura per vizio di motivazione in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi a prospettare l’ipotesi di un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio (Cass. n. 22366 del 2021).
Quanto alla porzione di censura in cui si adombra la violazione dell’art. 115 c.p.c., essa è addirittura inammissibile, in quanto sotto le mentite spoglie del vizio di violazione di legge, la parte ricorrente mira ad ottenere una rivisitazione del merito della controversia, aspirando ad una diversa valutazione del materiale probatorio destinata a soppiantare quella compiuta dal giudice d’appello nell’esercizio libero del proprio sindacato.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno evidenziato che ‘ In tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.’ (Cass., Sez. Un., n. 20867 del 2020).
Di recente è stato soggiunto dal giudice nomofilattico che ‘ In tema di ricorso per cassazione, può essere dedotta la violazione dell’art. 115 c.p.c. qualora il giudice, in contraddizione con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della
decisione prove inesistenti e, cioè, sia quando la motivazione si basi su mezzi di prova mai acquisiti al giudizio, sia quando da una fonte di prova sia stata tratta un’informazione che è impossibile ricondurre a tale mezzo (ipotesi diversa dall’errore nella valutazione dei mezzi di prova – non censurabile in sede di legittimità – che attiene alla selezione da parte del giudice di merito di una specifica informazione tra quelle astrattamente ricavabili dal mezzo assunto), a condizione che il ricorrente assolva al duplice onere di prospettare l’assoluta impossibilità logica di ricavare dagli elementi probatori acquisiti i contenuti informativi individuati dal giudice e di specificare come la sottrazione al giudizio di detti contenuti avrebbe condotto a una decisione diversa, non già in termini di mera probabilità, bensì di assoluta certezza ‘ (Cass. n. 12971 del 2022).
Il giudice regionale ha, in definitiva, maturato ed espresso il proprio libero convincimento. Mette in conto allora evidenziare anche che, in tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa -secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass., Sez. Un., n. 20867 del 2020; Cass. n. 16016 del 2021).
L’inammissibilità travolge la censura anche nella parte in cui adduce la violazione degli artt. 1362 e ss. c.c. La ricorrente, non solo compie un eccentrico richiamo alle norme sull’interpretazione dei contratti, ma per di più, per un verso, trascura di fare specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed dei principi in esse contenuti, per altro verso, tralascia di precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati né chiarisce perché, a suo modo di vedere, li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti. Invero, la censura finisce per risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione della ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata.
Nel contenzioso tributario al contribuente, al pari che all’Amministrazione finanziaria, deve essere riconosciuta la possibilità d’introdurre nel giudizio innanzi alle commissioni tributarie dichiarazioni rese da terzi in sede extra processuale. Ad esse va riconosciuto valore probatorio, trovando collocazione tra gli elementi indiziari, che, come tali tuttavia devono essere valutati dal giudice nel contesto probatorio emergente dagli atti (Cass. n. 20028 del 2011; Cass. n. 21153 del 2015; Cass. n. 9903 del 2020).
A tal fine pertanto resta in capo al giudice tributario il “potere dovere” di valutare l’attendibilità del contenuto delle dichiarazioni, nell’alveo della corretta applicazione del principio della libera valutazione delle prove, e dunque l’obbligo di confrontare le dichiarazioni acquisite, al fine di riscontrare la credibilità dei dichiaranti in base ad elementi soggettivi ed oggettivi, quali la loro qualità e vicinanza alle parti, così come la congruenza delle dichiarazioni alla luce di eventuali ulteriori elementi allegati al processo (Cass. n. 5340 del 2020).
Questo è proprio ciò che ha fatto il giudice d’appello.
Il nono motivo, il decimo motivo e l’ undicesimo motivo sono inammissibili.
Lungi dal dedurre un contrasto rispetto al paradigma normativo indicato in rubrica, le censure si risolvono nell’inammissibile richiesta a questa Corte di una rivisitazione del merito della controversia, la prima contestando i risultanti raggiunti con la metodologia statistica impiegata, la seconda ritenendo genericamente che ‘ dall’esame degli atti di causa, non si ricava un notevole grado di certezza ‘, la terza reputando non ‘ gravi, precise e concordanti ‘ le presunzioni viceversa ritenute tali, nell’esercizio del proprio sindacato, dalla CTR. In ultima analisi, il ricorso va rigettato. Nulla va disposto in ordine alle spese del giudizio .
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 12/02/2025.