Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7705 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7705 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19957/2017 proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege, dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma è domiciliata alla INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, con domicilio eletto in secondo grado in Livorno, INDIRIZZO presso lo studio del Rag. NOME COGNOME;
-intimata –
AVVISO DI ACCERTAMENTO
Avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA TOSCANA – LIVORNO n. 1004/10/2016, depositata in data 26/5/2016;
Udita la relazione della causa svolta dal consigliere dott. NOME COGNOME nella camera di consiglio del 14 gennaio 2025;
Fatti di causa
L’Agenzia delle Entrate rilevò dall’Anagrafe tributaria che NOME COGNOME (d’ora in poi, ‘la contribuente’ ) cedette l’attività di tabaccheria con atto del 28/8/2000 e, considerato che non era stata presentata la dichiarazione dei redditi per l’anno 2000, previa notifica di un questionario, notificò alla contribuente un avviso di accertamento determinando indut tivamente un reddito d’impresa pari a 173.275.000 delle vecchie lire ai fini delle imposte dirette ed un volume d’affari pari a 33.250.000 delle vecchie lire ai fini Iva.
Impugnato l’avviso di accertamento, dopo una iniziale dichiarazione di inammissibilità del ricorso e una successiva (irrituale) pronuncia rescindente in appello, la C.T.P. accolse il ricorso della contribuente ritenendo che l’avviso di accertamento non fosse stato notificato entro il termine quinquennale di decadenza di cui all’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973.
Su appello dell’ufficio, la C.T.R., pur modificando la sentenza della C.T.P. nella motivazione, ne confermò comunque il dispositivo di annullamento dell’atto impositivo impugnato in prime cure dalla contribuente.
Avverso la sentenza della C.T.R., l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione. La contribuente è rimasta intimata.
Ragioni della decisione
1.Con il primo motivo di ricorso, rubricato ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 41 d.P.R. n. 600/1973, art. 54 Tuir, art. 55 d.P.R. n. 633/1972 ed artt. 2697 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3 c.p.c.’ , l’Agenzia delle Entrate ha premesso che nell’anno 2000 la contribuente cedette l’attività di tabaccheria senza presentare la relativa dichiarazione dei redditi. Di conseguenza, l’Agenzia accertò induttivamente il reddito d’impresa ai sensi dell’art. 41 d.P.R. n. 600 del 1973 e 55 del d.P.R. n. 633 del 1972, determinandolo con riferimento al prezzo di cessione della tabaccheria, ed accertò un volume di affari ai fini iva calcolato sulla base di quello del 1997, ultimo anno in cui la contribuente aveva presentato la dichiarazione dei redditi.
A fronte di tali elementi, l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata per aver affermato l’illegittimità dell’avviso di accertamento sulla base della considerazione che il reddito sarebbe stato accertato induttivamente perché la contribuente non avrebbe risposto al questionario inviatole dall’amministrazione .
1.1. Il motivo è fondato.
L’accertamento induttivo , nella fattispecie di causa, trova il suo legittimo presupposto nel fatto che la contribuente ha omesso di presentare la dichiarazione dei redditi , in base all’art. 41 del d.P.R. n. 600 del 1973 (Cass., Sez. T, Ordinanza n. 2581 del 04/02/2021, Rv. 660477 – 01).
E’ inconferente, dunque, il riferimento all’omessa compilazione del questionario fatto dalla C.T.R. nella sentenza impugnata.
2.Con il secondo motivo di ricorso, rubricato ‘ Violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 35 comma 3 del d.lgs. n. 546 del 1992 e degli artt . 112 e 277 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c.’ , l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata in quanto, pur ammettendo che l’utile d’impresa doveva essere pari
almeno al 10% ( cioè alla misura dell’aggio) , ha annullato del tutto l’avviso di accertamento.
Inoltre, la C.T.R. avrebbe violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, perché la contribuente aveva chiesto alla C.T.P., nel merito, di riconoscere la plusvalenza della cessione d’azienda in 100.000.000 di vecchie lire e solo in subordine di annullare integralmente l’avviso di accertamento , mentre la C.T.R. ha annullato integralmente l’atto impugnato senza pronunciarsi sulla entità della plusvalenza.
2.1. Il motivo è fondato.
Questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr., da ultimo, Cass., Sez. T, Ordinanza n. 31827 del 10/12/2024, Rv. 673216 – 01) che il processo tributario non è diretto alla mera eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma ad una pronuncia di merito, sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che dell’accertamento dell’ufficio e, pertanto, il giudice tributario, quando ritiene invalido l’avviso di accertamento per motivi di ordine sostanziale, e non meramente formali, è tenuto a esaminare nel merito la pretesa tributaria e a ricondurla, mediante una motivata valutazione sostitutiva, alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte.
3.Il Giudice del rinvio, pertanto, dovrà riesaminare la causa partendo dal presupposto che l’accertamento induttivo dell’Agenzia trova il suo fondamento nell’art. 41 del d.P.R. n. 600 del 1973 .
Dovrà, inoltre, determinare direttamente gli imponibili di cui alla ripresa fiscale, nei limiti di quanto ritenga provato e delle richieste delle parti.
4. La sentenza è cassata e la causa è rinviata, anche per le spese, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 gennaio 2025.