Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27829 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 27829 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 19/10/2025
RAGIONE_SOCIALE,
-intimata – avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. SICILIA, SEZIONE STACCATA SIRACUSA n. 1309/2016, depositata il 05/04/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23 settembre 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Ires Iva Irap -accertamento parziale
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25336/2020 R.G. proposto da: pro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante tempore, rappresentata e difesa dal l’AVV_NOTAIO,
-ricorrente – contro
L’RAGIONE_SOCIALE, in data 15 giugno 2011, notificava alla RAGIONE_SOCIALE avviso di accertamento con il quale, sulla scorta di quanto emergente dal processo verbale di constatazione (p.v.c.) del 10 novembre 2010, contestava, per l’anno di imposta 2007, maggiori ricavi e un maggior valore della produzione ai fini Ires, Iva ed Irap. L’Ufficio, in particolare, ricostruiva i ricavi della società -attiva nel settore della ristorazione -in via induttiva, avendo riscontrato irregolarità nelle scritture contabili tali da renderle inattendibili.
La società impugnava l’atto impositivo innanzi alla C.t.p. di Siracusa che accoglieva parzialmente il ricorso rideterminando il reddito in misura inferiore rispetto a quanto accertato dall’Ufficio.
Avverso detta sentenza l’RAGIONE_SOCIALE ricorreva in via principale e la società in via incidentale.
La CRAGIONE_SOCIALE accoglieva entrambe le impugnazioni e, per l’effetto, rideterminava in euro 287.175,00 (a fronte di euro 400.244,00 di cui all’atto impositivo) i ricavi non dichiarati e accertava un maggiore Ires ed Iva. Annullava, invece, l’avviso di accertamento quanto all’Irap sul presupposto che la società ne fosse totalmente esente.
Avverso la sentenza di appello ricorre per cassazione la società nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE che non ha svolto attività difensiva.
Con ordinanza interlocutoria n. 9003 del 2025 questa Corte rinviava a nuovo ruolo disponendo l’acquisizione dei fascicoli di merito.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la contribuente denuncia testualmente «omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio».
Assume che la verifica che aveva portato all’avviso di accertamento impugnato era una duplicazione di altra precedente in quanto l’Ufficio, sempre con riferimento all’anno 2007, aveva condotto una prima verifica, in data 28 maggio 2008, conclusasi con processo verbale di
constatazione del 5 dicembre 2008, senza che vi fosse rilievo di irregolarità sia formali che sostanziali; che, ciononostante, senza alcun motivo o fatto nuovo, aveva eseguito altro accesso, nel corso del quale, sulla scorta della medesima contabilità già esaminata e ritenuta regolare, aveva riscontrato irregolarità tali da accedere all’accertamento induttivo. Rileva, sul punto che la C.t.r., sebbene la questione fosse stata posta sia in primo grado che in sede di controdeduzioni in appello, nulla aveva statuito in merito. Chiede, pertanto, di affermare che in presenza di una precedente verifica conclusasi senza irregolarità l’Ufficio non può procedere ad un ulteriore accertamento induttivo per il medesimo periodo.
Con il secondo motivo denuncia, «in rela zione all’art. 360, c.1 » la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 legge 20 luglio 2000 n. 212 e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto testualmente che «le motivazioni della verifica e gli avvisi di legge sono stati forniti dall’agente accertatore, come risulta dal verbale di accesso redatto il 18/10/10».
La ricorrente , richiama l’art. 12, comma 2, legge n. 212 del 2000 nella parte in cui prevede che, quando viene iniziata una verifica, il contribuente ha diritto di essere informato RAGIONE_SOCIALE ragioni che l’abbiano giustificata e dell’oggetto che la riguarda.
Ciò posto, denuncia che dal p.v.c. non si evincevano i motivi che giustificavano la verifica, anche alla luce del fatto che la società, per l’anno in questione, era stato già oggetto di precedente verifica che si era conclusa senza alcun rilievo; che, se pure non è precluso all’Ufficio di effettuare un ulteriore controllo, tale facoltà deve essere adeguatamente motivata in sede di accesso. Aggiunge che sul punto la motivazione addotta in sentenza deve ritenersi «non autosufficiente» e che la predetta «non autosufficienza» deve essere valutata alla
stregua dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Conclude, pertanto, chiedendo l’affermazione del principio di diritto secondo cui laddove le motivazioni indicate non rispettino il disposto dell’art. 12, comma 2, legge n. 212 del 2000 l’accertamento deve ritenersi nullo.
Con il terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 39, comma 1 lett. d), 41bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600; dell’art. 62sexies d.l. 30 agosto 1993, n. 331; art. 54 d.P.R 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 19, 20, 24, 25 e 30 d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446; denuncia, altresì, in relazione all’art. 360, primo comma n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.
Censura la sentenza impugnata per aver ritenuto legittimo il ricorso all’accertamento analitico induttivo del reddito. Deduce, in particolare, l’erroneità ed insufficienza RAGIONE_SOCIALE incongruenze riscontrate dall’Ufficio nel prospetto RAGIONE_SOCIALE rimanenze finali; la genericità dei rilievi mossi quanto alla irrisorietà dei quantitativi di prodotti acquistati, ritenuti non sufficienti per confezionare le pietanze; la genericità ed erroneità dei rilievi mossi in ordine alla razionale gestione aziendale.
Con il quarto motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 cod. proc. civ.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto di dare rilievo alla dichiarazione confessoria del rappresentante legale, piuttosto che alle successive dichiarazioni del dipendente, quanto al calcolo dal quale desumere la materia prima, necessaria per il confezionamento RAGIONE_SOCIALE pietanze. Osserva che il giudice del secondo grado avrebbe dovuto fondare la propria decisione sul libero apprezzamento RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese da chi aveva specifiche competenze tecniche in materia, nella specie il cuoco, che trovavano
riscontro nella documentazione acquisita agli atti di causa e non a quelle del rappresentante legale, privo di competenze tecniche.
Il primo motivo è infondato.
5.1. In primo luogo la ricorrente non ha ricondotto la censura ad alcuno dei paradigmi di cui all’articolo 360 , primo comma, cod. proc. civ.. La medesima, tuttavia, va interpretata come denuncia di error in procedendo affermandosi che sul punto controverso «nulla ha statuito la sentenza impugnata».
Del resto, sebbene il contribuente, abbia fatto testualmente riferimento ad un omesso esame, il motivo non appare conforme al paradigma di cui al n. 5. La Corte, a sezioni unite, (Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053), ha chiarito che l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., così come da ultimo riformulato, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto RAGIONE_SOCIALE previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il «fatto storico», il cui esame sia stato omesso, il «dato», testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il «come» e il «quando» tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua «decisività (tra le tante, Cass. 13/06/2022 n. 19049). Il motivo in esame difetta dell’indicazione di tali elementi.
5.2. Quanto all’omessa pronuncia va ribadito che il vizio non ricorre quando, pur non essendovi un’espressa statuizione da parte del giudice in ordine ad un motivo di impugnazione, tuttavia la decisione adottata comporti necessariamente la reiezione di tale motivo, dovendosi
ritenere che tale vizio sussista solo nel caso in cui sia stata completamente omessa una decisione su di un punto che si palesi indispensabile per la soluzione del caso concreto.» (Cass. 04/06/2019, n. 1525).
5.3. Deve pertanto concludersi che, nel caso di specie, non vi è stata omessa pronuncia in quanto la C.t.r., dopo aver fatto espresso riferimento al motivo nella parte espositiva della sentenza, ha espressamente statuito sull a legittimità dell’accertamento, disattendendo le doglianze denunciate nell’appello incidentale del contribuente; così argomentando, la RAGIONE_SOCIALE.t.r. ha evidentemente escluso che l’atto impositivo fosse invalido in quanto successivo ad una verifica che costituiva duplicazione di altra precedente.
Il secondo motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
6.1. Va rilevato che, alla mancata indicazione nell’epigrafe del motivo dello specifico vizio denunciato, tra quelli presi in considerazione ai nn. 3, 4, 5 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ. corrisponde un ‘esposizione cumulativa RAGIONE_SOCIALE questioni -prospettate in modo inestricabile quali violazione di legge, motivazione «non autosufficiente» da valutarsi alla stregua di un omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio -che finisce con il rimettere al giudice di legittimità il compito dì isolare le singole censure teoricamente proponibili. E’ noto, invece, che la formulazione del motivo, per non incorrere nella dichiarazione di inammissibilità, deve permettere di cogliere con chiarezza le doglianze cumulate, sicché queste devono essere prospettate in maniera tale da consentirne l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi (Cass. 23/10/2018, n. 26790). Il motivo in esame non risponde a detti requisiti.
6.2. La specifica censura di violazione dell’art. 12, comma 2, legge n. 212 del 2000, per omissione degli obblighi informativi, è infondata.
6.2.1. Il contribuente assume che l’avviso di accertamento sarebbe invalido in quanto il p.v.c., non conteneva i motivi che giustificavano la verifica anche alla luce del fatto che una precedente verifica si era conclusa senza rilievo. Fa riferimento, pertanto, alla violazione degli obblighi informativi.
6.2.2. Questa Corte, tuttavia, ha precisato che, anche ove non siano state indicate al contribuente, in sede di verifica, le specifiche ragioni per le quali la stessa è iniziata, non si configura la nullità dell’atto impositivo per violazione dell’art. 12, comma 2, legge n. 212 del 2000, atteso che, non essendo tale sanzione espressamente prevista dalla legge, è onere del contribuente dedurre e dimostrare il concreto pregiudizio derivato alla sua difesa dalla denunciata violazione (Cass. 09/11/2018, n. 28692). Nello stesso senso si è precisato, in materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, che l’inosservanza degli obblighi informativi determina la nullità degli atti della procedura nei casi in cui l’effetto invalidante sia espressamente previsto dalla legge, mentre, negli altri casi, occorre valutare, anche alla luce dell’interpretazione offerta dalla giurisprudenza europea che impone di verificare se la prescrizione normativa si riferisca ad una formalità o circostanza essenziale per il raggiungimento dello scopo cui l’atto è preordinato, se la violazione di legge abbia comportato la mera irregolarità dell’atto (o della procedura) ovvero sia idonea a determinare l’invalidità dello stesso (Cass. 21/01/2015, n. 992).
Nella fattispecie in esame il ricorrente non ha assolto a tale onere.
6.2.2. Deve evidenziarsi, inoltre che la prima verifica, come espressamente indicato nel p.v.c. del 28 maggio 2008, era una verifica di natura parziale.
Questa Corte, con riferimento all’accertamento parziale di cui all’art. 41 -bis d.P.R. n. 600 del 1973 , ha precisato che quest’ultimo può essere integrato da un successivo accertamento senza che sia
necessario specificarne gli elementi sopraggiunti come invece previsto nell’ipotesi di integrazione dell’accertamento generale di cui al successivo art. 43 (Cass. 01/10/2018, n. 23685). Nello stesso senso pur essendosi ribadito che l’accertamento integrativo, susseguente a quello parziale, non può basarsi su atti o fatti acquisiti e già conosciuti dall’ente impositore fin dall’origine ma non contestati e deve necessariamente fondarsi su nuovi elementi atti a giustificarlo, non essendo ammissibile un accertamento a singhiozzo -si è precisato che di detti elementi non occorre che debba darsi indicazione in modo specifico a pena di nullità, come invece sancito dall’art. 43 del citato d.P.R. (cfr. Cass., Sez. 5, 1/10/2018, n. 23685).
Tali principio valgono, a maggior ragione, nella fattispecie in esame, in cui alla prima verifica parziale non è seguito alcun atto impositivo.
6.3. La RAGIONE_SOCIALE.t.r. -nel rigettare le doglianze di carattere formale e nell’affermare che le motivazioni della verifica e gli avvisi di legge erano stati forniti dall’agente accertatore, come risultava dal verbale di accesso -ha fatto, pertanto, corretta applicazione dei detti principi.
Il terzo motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
7.1. Quanto alla dedotta violazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni che presidiano l’accertamento con metodo analitico-induttivo, va rammentato che per procedere con il medesimo è sufficiente anche una parziale inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili, nel senso che la incompletezza, falsità od inesattezza degli elementi indicati non è tale da consentire di prescindere del tutto dalle scritture contabili, potendo però l’Ufficio utilizzare, ai fini della dimostrazione dell’esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati, anche presunzioni semplici aventi i requisiti di cui all’art. 2729 cod. civ. (cfr. Cass. 18/12/2019 n. 33604).
Del resto, il discrimine tra l’accertamento con metodo analiticoinduttivo -cui è ricorso l’Uffi cio nella fattispecie in esame -e quello con metodo induttivo puro sta, rispettivamente, nella parziale o assoluta inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili: nel primo caso, l’incompletezza, falsità o inesattezza degli elementi indicati non è tale da consentire di prescindere dalle scritture contabili, in quanto l’Ufficio accertatore può solo completare le lacune riscontrate, utilizzando ai fini della dimostrazione dell’esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati, anche presunzioni semplici aventi i requisiti di cui all’art. 2729 cod. civ. nel secondo caso, invece, le omissioni o le false od inesatte indicazioni” sono così gravi, numerose e ripetute da inficiare l’attendibilità – e dunque l’utilizzabilità, ai fini dell’accertamento – anche degli altri dati contabili (apparentemente regolari), sicché l’Amministrazione finanziaria può “prescindere, in tutto o in parte, dalle risultanze del bilancio e RAGIONE_SOCIALE scritture contabili in quanto esistenti” ed è legittimata a determinare l’imponibile in base ad elementi meramente indiziari, anche se inidonei ad assurgere a prova presuntiva ex artt. 2727 e 2729 cod. civ.
7.2. La RAGIONE_SOCIALE si è attenuta a questi principi in quanto ha correttamente ritenuto legittimo il ricorso all’accertamento induttivo attese le palese incongruenze in ordine alle rimanenze.
7.3. Quanto alla denuncia di omesso esame, il motivo è inammissibile, per le medesime ragioni già esposte non rispondendo ai rigidi requisiti dall’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. come sopra esposti
Il quarto motivo è inammissibile.
8.1. E’ consolidato il principio per il quale il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prove che ritenga più attendibili ed idonee alla formazione dello stesso. Inoltre, l’osservanza degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., non richiede
che egli dia conto dell’esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettate dalle parti. È, infatti, necessario e sufficiente che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, offrendo una motivazione logica ed adeguata, evidenziando le prove ritenute idonee a confortarla. Invece, devono reputarsi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito. In altre parole, il giudice di merito non ha l’obbligo di soffermarsi a dare conto di ogni singolo dato indiziario o probatorio acquisito in atti, potendo egli invece limitarsi a porre in luce, in base al giudizio effettuato, gli elementi essenziali ai fini del decidere, purché tale valutazione risulti logicamente coerente. Di conseguenza, il controllo di legittimità è incompatibile con un controllo sul punto, perché il significato RAGIONE_SOCIALE prove lo deve stabilire il giudice di merito. La Corte, inevitabilmente, compirebbe un non consentito giudizio di merito, se, confrontando la sentenza con le risultanze istruttorie, prendesse in considerazione fatti probatori diversi o ulteriori rispetto a quelli assunti dal giudice di appello a fondamento della sua decisione (cfr. tra le tante, Cass. 20/02/2024, n. 4583, Cass. 15/09/2022, n. 27250, Cass. 11/12/2023, n. 34374 Cass. 21/01/2015, n. 961).
9. Infine, va rilevato che la ricorrente, con il terzo ed il quarto motivo pur deducendo apparentemente, una violazione di norme di legge ed un omesso esame di fatti decisivi, mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. 04/07/ 2017, n. 8758). Oggetto del giudizio che si vorrebbe demandare a questa Corte non è l’analisi e l’applicazione RAGIONE_SOCIALE norme, né l’esame di uno specifico fatto
storico pretermesso bensì l’apprezzamento RAGIONE_SOCIALE prove, rimesso alla valutazione del giudice di merito.
Il ricorso deve essere, pertanto, complessivamente rigettato. Non deve provvedersi sulle spese stante la mancanza di attività difensiva dell’intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 23 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME