Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5544 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5544 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3688/2017 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE -ricorrente-
contro
AGENZIA
DELLE
ENTRATE
-intimata-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. SICILIA n. 2379/2016 depositata il 20/06/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/12/2024 dal Consigliere COGNOME
Fatti di causa
La contribuente, esercente l’attività di commercio al dettaglio di confezioni di abbigliamento per adulti, impugnava in appello la sentenza della CTP di Agrigento, che ne aveva rigettato il ricorso avverso l’avviso di accertamento, notificatole il 31 luglio 2014. Mediante detto atto impositivo, sulla scorta di un pvc del 20 luglio
2012, si contestava l’omessa contabilizzazione di ricavi nel periodo d’imposta 2011 e si recuperavano importi Ires e Iva, con contestuale irrogazione di una sanzione pecuniaria. Il ricorso per cassazione della contribuente è affidato ora a tre motivi. L’Agenzia è rimasta intimata.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso si contesta l’illegittimità della sentenza per violazione o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. dell’art. 42, co. 2, d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 7, co. 1, L. n. 212 del 2000, per avere la CTR ‘ modificato la motivazione dell’avviso di accertamento impugnato adducendo elementi non contenuti nello stesso avviso di accertamento ‘.
Il motivo non coglie nel segno e va disatteso.
La CTR ha accertato in fatto che la Guardia di Finanza al momento dell’accesso si è concentrata sull’inventario e sulla merce giacente, appurando che la merce giacente non era indicata nella sua consistenza, né raggruppata per categorie omogenee. Questo nucleo di contestazione è, dunque, quello su regge l’atto impositivo. Il tentativo di revocarlo in dubbio è palesemente velleitario e tende a contraddire un accertamento di fatto nell’ottica di una più appagante rivisitazione del merito della controversia, invero preclusa in questa sede.
Con il secondo motivo di ricorso si contesta, a mente dell’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 39, co. 1, lett. d), d.P.R. n. 600 del 1973, 54, co. 5, d.P.R. n. 633 del 1972, 2697 e 2729 c.c., per avere la CTR valorizzato in maniera erronea elementi di matrice presuntiva.
Il motivo è inammissibile.
La CTR ha messo in evidenza i plurimi elementi sintomatici della fondatezza della pretesa erariale di seguito riassunti: l’inattendibilità delle scritture contabili in ragione della non analiticità dell’inventario; la sussistenza di una dichiarazione
relativa al precedente periodo di imposta che segnalava un determinato volume delle vendite; i prezzi di vendita risultanti dai cartellini ‘ segnaprezzi’ ; l’organizzazione inalterata nel 2012 rispetto al 2011; la misura degli sconti praticati.
A fronte di questo quadro di elementi, la parte contribuente contesta la metodologia impiegata dall’Agenzia per individuare l’entità del volume d’affari su cui si poggia il recupero fiscale. Attraverso la censura si tende a soppiantare il predetto quadro attraverso una diversa ricostruzione del merito della controversia, travolgendo l’accertamento di merito argomentatamente compiuto dal giudice d’appello.
Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, a tenore dell’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., l’illegittimità della sentenza per violazione o falsa applicazione degli artt. 16, co. 2, e 17, co. 1, D.Lgs. n. 472 del 1997, per avere la CTR trascurato di considerare che le sanzioni venivano incongruamente irrogate alla parte contribuente col medesimo avviso di accertamento, ancorché le stesse si palesassero ‘ non collegate al tributo ‘.
Il motivo è infondato.
La CTR ha accertato che ‘ non è stata irrogata alcuna sanzione per violazioni formali, per cui non sussiste alcuna violazione dell’art. 16 del D.Lgs. n. 472/1997 ‘. In quest’ottica, viene in rilievo l’insegnamento nomofilattico in base al quale ‘ in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, dagli artt. 16 e 17 del D.lgs. n. 472 del 1997 si desume che l’Amministrazione finanziaria deve emettere un apposito provvedimento d’irrogazione in caso di violazioni non incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo (cd. violazioni formali), mentre può irrogare le sanzioni collegate al tributo cui si riferiscono anche con l’atto di accertamento o di rettifica, ai sensi dell’art. 17, comma 1, e quelle relative agli omessi e ritardati versamenti anche mediante iscrizione a ruolo, ai sensi dell’art. 17, comma 3, ferma
restando la legittimità di un avviso d’irrogazione avente ad oggetto sia violazioni formali sia sostanziali ‘ (Cass. n. 14848 del 2015).
Con il quarto motivo di ricorso si censura l’illegittimità della sentenza per violazione o falsa applicazione dell’art. 12, co. 5, D.Lgs. n. 472 del 1997, per avere la CTR convalidato un erroneo calcolo del trattamento sanzionatorio.
Il motivo è infondato.
La CTR si è diffusamente occupata di spiegare le ragioni per le quali ha escluso l’applicazione del meccanismo della continuazione, segnatamente evidenziando che: non è stato dal contribuente ‘ prodotto in giudizio alcun avviso di accertamento emesso nei suoi confronti per l’anno 2009 ‘; ‘ relativamente all’anno 2010 la contribuente ha, invece, prodotto solo due pagine dell’avviso di accertamento … sprovviste … anche del prospetto di irrogazione delle sanzioni, con le relative modalità di calcolo ‘; ‘ non sussiste, pertanto, la prova che per le violazioni della stessa indole, commesse in periodi d’imposta diversi, siano state irrogate sanzioni in violazione di quanto disposto dall’art. 12, comma 5, del D.Lgs. n. 472 del 1997’.
La contribuente, più che stigmatizzare una difformità normativa, si cura di insistere sull’applicabilità di un criterio di computo delle sanzioni che il giudice d’appello, svolgendo un accertamento in fatto, ha già argomentatamente escluso.
Il ricorso va, in ultima analisi, rigettato. Spese irripetibili per non aver inteso resistere l’ufficio .
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; dichiara irripetibili le spese del giudizio.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, il 04/12/2024.