Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26035 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26035 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 890 -20 23 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona dei legali rappresentanti pro tempore NOME COGNOME e COGNOME , nonché questi ultimi in proprio, in qualità di soci della predetta società, rappresentati e difesi, giusta procura speciale allegata al ricorso, dall’AVV_NOTAIO (PEC: EMAIL ) ed elettivamente domiciliati in Firenze, alla INDIRIZZO, presso lo studio legale del predetto difensore;
– ricorrenti –
Oggetto: Tributi -accertamento induttivo puro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO ;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 741/4/2022 della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della TOSCANA, depositata in data 27/05/2022; udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13 settembre 2024 dal AVV_NOTAIO;
Rilevato che:
La controversia ha ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento di un maggior reddito d’impresa conseguito dalla RAGIONE_SOCIALE nell’anno d’imposta 2014 che l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva ricostruito con metodo induttivo cd. puro, ai sensi degli artt. 39, comma 2, lett. c) e d), del d.P.R. n. 600 del 1973 e 55 del d.P.R. n. 633 del 1972, sulla scorta RAGIONE_SOCIALE risultanze di un processo verbale di constatazione redatto nei confronti della predetta società contribuente. Ha, altresì, ad oggetto gli avvisi di accertamento emessi nei confronti dei due soci per i redditi di partecipazione nella predetta società.
1.1. Con la sentenza impugnata la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana rigettava l’appello della società e dei soci sostenendo:
-che «l’omessa tenuta RAGIONE_SOCIALE scritture contabili obbligatorie ovvero la loro sottrazione all’ispezione rappresenta inequivocabilmente uno dei presupposti che legittimano il ricorso al metodo accertativo induttivo disciplinato dall’articolo 39, comma 2, DPR n. 600 del 73. Ed infatti, risulta con evidenza dagli atti di causa che nel corso della verifica fiscale numerose scritture e documenti contabili la cui tenuta è obbligatoria sono state richieste alle parti che hanno omesso di esibirle»;
che «Come, poi, si evince dal PVC le anomalie emerse in sede di verifica sono numerose e gravi, cosicché legittimamente l’ufficio ha ritenuto le scritture contabili inattendibili e corretta e possibile la rideterminazione del reddito in via induttiva. In particolare, appare davvero inverosimilmente alta e sproporzionata la cassa contanti di una attività commerciale che, contemporaneamente, nell’esercizio in questione rivelava un’esposizione debitoria verso i fornitori particolarmente elevata. L’indice di ricarico, poi, deve ritenersi effettivamente inspiegabilmente troppo basso, a testimonianza di un livello di abnormità e di irragionevolezza tale da privare la documentazione contabile di ogni attendibilità come la stessa Corte di Cassazione in fattispecie simile ha sottolineato»;
che «Assolutamente generiche e prive di pregio si possono, inoltre, considerare le argomentazioni addotte a prova del contrario dalla parte appellante»;
che «Avuto, poi, riguardo all’utilizzo dell’indice di ricarico medio, strumento certamente ammesso per la rideterminazione di maggiori ricavi non dichiarati, si ritiene corretto l’operato dell’Ufficio che ha utilizzato le elaborazioni statistiche della banca dati Aida. La procedura utilizzata dai verificatori è giudicata da questo collegio rigorosa ed attendibile; pertanto si ritiene sicuramente corretto il cluster di riferimento utilizzato dall’ufficio e non pertinenti le osservazioni della società in ordine all’ambito geografico di riferimento del cluster medesimo»;
«Quanto ai costi non riconosciuti, infine, si conviene ancora con l’ufficio circa il fatto che la ricostruzione del reddito è fondata sulla percentuale di ricarico del costo venduto la quale già tiene conto dei costi sostenuti dall’impresa, sia nel calcolo della percentuale di ricarico che nella sua ricostruzione».
Avverso tale statuizione la società ed i soci propongono ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui replica l’ intimata con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 39, comma 2, lett. d), D.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 55, D.P.R. n. 633/1972, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c.».
1.1. Sostengono i ricorrenti l’illegittimo utilizzo del metodo induttivo puro, in assenza dei presupposti di legge, in particolare della complessiva inattendibilità della contabilità societaria ovvero di irregolarità contabili gravi, nonché la rideterminazione dei ricavi effettuata attraverso il ricorso ad elaborazioni statistiche risultanti da una banca dati (nella specie, la RAGIONE_SOCIALE) gestita da società privata non residente e, soprattutto, non corroborate da alcun ulteriore elemento probatorio, come tale del tutto inidonea a determinare la capacità contributiva effettiva della società.
1.2. Deducono, altresì, che i giudici di appello:
non avevano in alcun modo argomentato «perché le ragioni dei contribuenti non risultassero meritevoli di accoglimento», ignorando anche gli esiti del giudizio penale a carico dei due soci, avendo il Tribunale penale di Firenze escluso, con sentenza definitiva, che i ritardi nella produzione della documentazione contabile fosse da ascriversi ad una condotta omissiva dolosa serbata dai soci;
-avevano erroneamente avallato la tesi contraddittoria dell’amministrazione finanziaria che, pur avendo ritenuto complessivamente inattendibile la contabilità della società contribuente, si era poi avvalsa dei dati della stessa, in particolare dei dati risultanti dal conto economico del bilancio societario, per quantificare i maggiori ricavi accertati;
-avevano omesso di motivare sull’eccezione formulata con riferimento alla determinazione dei maggiori ricavi effettuata attraverso l’utilizzo di una percentuale di ricarico determinata sulla base della media aritmetica semplice, invece di quella ponderata.
Con il secondo motivo deducono la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 654 c.p.p., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per avere i giudici di appello ritenuto legittimo il ricorso dell’amministrazione finanziaria all’accertamento induttivo puro sulla base dell ‘omessa esibizione di « numerose scritture e documenti contabili la cui tenuta è obbligatoria» (sentenza, ultima pagina) nonostante la circostanza fosse stata esclusa con sentenza penale passata in giudicato, omettendo peraltro di spiegare «le ragioni in base alle quali l’accertamento dei fatti eseguito dal Giudice penale, in una sentenza ormai passata in giudicato, non troverebbe applicazione nel giudizio tributario».
2.1. Su tali questioni ha replicato l’RAGIONE_SOCIALE controricorrente sostenendo, quanto alle anomalie riscontrate, che queste consistevano nella «sproporzione del conto cassa del 2014», ammontante ad oltre 700.000,00 euro, «rispetto alle esigenze connesse alla normale gestione di un’attività commerciale», «resa ancora più evidente dal confronto con il conteggio RAGIONE_SOCIALE banconote presenti in cassa in data 11.04.2017, effettuato su richiesta dei verificatori e pari ad euro 10.640,00»; la mancata riduzione da parte della società, nonostante l’ingentissima cassa contanti, dell’esposizione debitoria verso i fornitori; versamenti bancari di poche migliaia di euro a fronte di importi così rilevanti in cassa; il prelevamento di somme in banca da parte dei soci, rispettivamente di euro 4.000,00 ed euro 7.000,00, nonostante la disponibilità di cassa; un finanziamento bancario effettuato fra il 2012 e il 2014 per euro 127.423,90; le oscillazioni anomale RAGIONE_SOCIALE rimanenze e l’importo estremamente elevato RAGIONE_SOCIALE stesse; un indice di ricarico sui costi di
acquisto bassissimo, pari al 7,09%, a fronte di una media di settore del 58,1%; la presenza di numerose partite non movimentate; l’inesistenza di compensi tracciabili a favore dei soci -amministratori; la circostanza che molti fornitori della società risultavano evasori totali, con ruoli iscritti a proprio carico per importi elevati.
2.3. Sostiene, ancora, la controricorrente che la società contribuente non aveva «mai contestato alcunchè nel merito», avendo «in buona sostanza riconosciuto l’abnormità del saldo della cassa contanti (con tutte le conseguenze sopra elencate), limitandosi semplicemente a sostenere, in modo del tutto avulso dalla realtà commerciale, che quella costituirebbe una irregolarità meno grave o, ancora più incomprensibilmente, che si tratterebbe di elementi ‘esterni alla contabilità stessa’».
2.4. Quanto, invece, all a sottrazione all’ispezione RAGIONE_SOCIALE scritture contabili, sostiene la controricorrente che la sentenza penale cui avevano fatto riferimento i ricorrenti aveva assolto gli imputati sotto il profilo dell’elemento soggettivo riconoscendo, invece, la sussistenza del fatto contestato.
Ciò posto, ritiene il Collegio che la censura formulata nel primo motivo con riferimento all’illegittimo ricorso da parte dell’amministrazione finanziaria all’accertamento induttivo puro ed il secondo motivo, possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi e sono infondati.
Pare opportuno preliminarmente ricordare che, per costante orientamento di questa Corte, il discrimine tra l’accertamento condotto con metodo analitico extracontabile (art. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600/1973) e l’accertamento condotto con metodo induttivo puro (art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600/1973 ed art. 55, comma 2, del d.P.R. n. 600 del 1973 in materia di imposte indirette) va ricercato, rispettivamente, nella parziale od assoluta inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili. Nel primo
caso, l’«incompletezza, falsità od inesattezza» degli elementi indicati non è tale da consentire di prescindere dalle scritture contabili, essendo l’Ufficio accertatore legittimato solo a «completare» le lacune riscontrate utilizzando, ai fini della dimostrazione dell’esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati ovvero dell’inesistenza di componenti negativi dichiarati, anche presunzioni semplici rispondenti ai requisiti previsti dall’art. 2729 cod. civ. Nel secondo caso, invece, «le omissioni o le false od inesatte indicazioni» risultano tali da inficiare l’attendibilità – e dunque l’utilizzabilità, ai fini dell’accertamento – anche degli «altri» dati contabili, con la conseguenza che in tale ultimo caso l’Amministrazione finanziaria può «prescindere in tutto od in parte dalle risultanze del bilancio o RAGIONE_SOCIALE scritture contabili in quanto esistenti» ed è legittimata a determinare l’imponibile in base ad elementi meramente indiziari, anche se inidonei ad assurgere a prova presuntiva ex artt. 2727 e 2729 cod. civ.» (Cass. n. 6861 del 2019; conf. Cass. n. 33604 del 2019; Cass. n. 24278 del 2014 e, più recentemente Cass. n. 1880 e n. 1883 del 2024).
4.1. Nel caso in esame, la legittimità dell’utilizzo da parte dell’amministrazione finanziaria del metodo di accertamento induttivo cd. puro è stata affermata dai giudici di appello sulla base della «omessa tenuta RAGIONE_SOCIALE scritture contabili obbligatorie ovvero la loro sottrazione all’ispezione» nonché di diverse irregolarità riscontrate nella contabilità societaria che la rendevano complessivamente inattendibile; «in particolare», la «inverosimilmente alta e sproporzionata cassa contanti di una attività commerciale che, contemporaneamente, nell’esercizio in questione rivelava un’esposizione debitoria verso i fornitori particolarmente elevata», nonché un indice di ricarico «inspiegabilmente troppo basso, a testimonianza di un livello di abnormità e di irragionevolezza tale da privare la documentazione
contabile di ogni attendibilità come la stessa Corte di Cassazione in fattispecie simile ha sottolineato» (sentenza, ultima pagina»).
4.2. Prescindendo per ora dalla questione della «omessa tenuta RAGIONE_SOCIALE scritture contabili obbligatorie ovvero la loro sottrazione all’ispezione», pure considerata dai giudici di appello, le irregolarità sopra indicate sono tutte pacificamente sussistenti nel caso di specie e, in particolare, al momento dell’emanazione degli avvisi di accertamento, che è quello che rileva ai fini della verifica richiesta con il motivo in esame e, quindi, prescindendo dal successivo accertamento giudiziale dell’effettiva sussi stenza di quelle irregolarità; accertamento giudiziale che nel caso di specie è limitato all’ indice di ricarico, che è l’unica irregolarità (oltre alla questione dell’esibizione RAGIONE_SOCIALE scritture contabili) contestata in giudizio, nulla avendo i ricorrenti dedotto in relazione alle altre irregolarità accertate in sede di verifica e di cui sopra si è detto, da ritenersi di oggettiva sussistenza, costituendo dati estrapolati dalla documentazione contabile societaria esaminata dai verificatori.
4.3. Invero, i ricorrenti nulla hanno dedotto né sulle oscillazioni anomale RAGIONE_SOCIALE rimanenze, né sull’ esistenza di un importo eccessivamente alto della cassa contanti riscontrato in sede di verifica (oltre 700.000,00 euro), che però non trovava riscontro fisico in quanto l’importo presente materialmente in cassa al momento della verifica era di poco superiore a 10.000,00 euro, e che non giustificava, in ogni caso, l’elevata esposizione debitoria della stessa verso i propri fornitori o il prelevamento di somme in banca da parte dei soci (rispettivamente di euro 4.000,00 ed euro 7.000,00) oppure, ancora, il ricorso al finanziamento bancario fatto fra il 2012 e il 2014 per 127.423,90 euro.
4.4. Ritiene il Collegio che le suddette irregolarità sono da ritenersi gravi, reiterate e numerose e il concorso di esse unitamente alla rilevata mancata esibizione di scritture contabili,
pure riscontrabile nel caso di specie, per come si dirà in prosieguo giustificano un giudizio di complessiva inattendibilità RAGIONE_SOCIALE scritture contabili e rendono quindi legittima un accertamento condotto con metodo induttivo puro, senza che sui presupposti per il ricorso ad esso incidano le modalità con cui tale forma di accertamento sia stata successivamente eseguita (cfr. Cass. n. 4013 del 2010, non massimata).
4.5. È ben consapevole questa Corte che le accertate irregolarità, ove singolarmente prese, potrebbero non essere idonee a consentire un accertamento del tipo di quello in esame. Non potrebbe esserla, ad esempio, l’elevata consistenza della cassa contanti (cfr. Cass. n. 29182 del 2021), ove anche materialmente riscontrata, né il sensibile scostamento o addirittura l’abnormità o l’irragionevolezza RAGIONE_SOCIALE percentuali di ricarico applicate (cfr. Cass. n. 27552 del 2018; n. 32129 del 2018). Ma, a tenore della lettera d) del comma 2 dell’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973, l’accertamento induttivo puro deve ritenersi consentito ogni qualvolta le irregolarità siano, come nella specie, « gravi, numerose e ripetute » e tali da rendere complessivamente inattendibili le scritture contabili.
4.6. Resta, pertanto, riservata alla sede giudiziale l’accertamento del l’effettiva incidenza di quelle irregolarità sulla rideterminazione del reddito d’impresa , ai fini della verifica della legittimità (non più del metodo utilizzato per l’accertamento ma) della pretesa tributaria risultante da ll’atto impositivo.
Deve, a questo punto, passarsi all’esame della questione posta dai ricorrenti in ordine all’insussistenza sub specie della mancata esibizione in sede di verifica fiscale RAGIONE_SOCIALE scritture contabili.
5.1. La tesi non è condivisibile perché è la stessa parte ricorrente ad ammettere la mancata esibizione di alcune scritture contabili, negandone soltanto la volontarietà, come si legge a pag. 9 del ricorso in cui viene trascritta anche parte del contenuto della sentenza
penale in cui si afferma che « la richiesta formulata dai funzionari dell’RAGIONE_SOCIALE sia stata parzialmente evasa dagli imputati, che hanno prodotto numerosi mastri di conto, di talché appare assai poco verosimile che gli stessi, nell’omettere la consegna dell’ulteriore documentazione contabile, fossero stati animati dall’obiettivo fraudolento sopra richiamato ». E’, pertanto, incontestabile l’omessa consegna ai verificatori della documentazione contabile, essendo del tutto irrilevanti le cause di tale omissione, che può derivare anche da indisponibilità RAGIONE_SOCIALE stesse «per cause di forza maggiore», come prevede l’ art. 39, comma 2, lett. c, ultima parte, del d.P.R. n. 600 del 1973.
Inammissibile oltre che infondata è, poi, la censura mossa in ricorso alla modalità di determinazione dell’indice di ricarico applicato dall’RAGIONE_SOCIALE per rideterminare il reddito d’impresa.
6.1. È inammissibile perché i ricorrenti, sotto la veste della violazione di legge, mirano, in realtà, ad una non consentita rivalutazione, in sede di legittimità, del complesso RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali sulla specifica questione, nella specie peraltro preclusa ai sensi del novellato art. 360, quarto comma, cod. proc. civ. (già art. 348-ter cod. proc. civ.) dalla duplice decisione conforme di merito.
6.2. È infondata in quanto le risultanze processuali, in particolare il contenuto del processo verbale di constatazione, allegato al controricorso, smentiscono quanto dedotto dai ricorrenti.
6.3. Il procedimento utilizzato dall’Ufficio per la individuazione della percentuale di ricarico risulta essersi sviluppato secondo i seguenti passaggi:
individuazione, attraverso la banca dati RAGIONE_SOCIALE, di un campione statistico di aziende operanti in Italia con lo stesso codice attività della società appellante, ossia cod. att. n. NUMERO_DOCUMENTO (Commercio all’ingrosso di articoli in pelle);
esclusione dal campione di società non attive o in perdita di esercizio nell’anno 2014;
esclusione RAGIONE_SOCIALE aziende con ricavi superiori a 50 milioni di euro;
esclusione RAGIONE_SOCIALE aziende che non presentino dati ai fini del calcolo dell’indice di ricarico;
esclusione RAGIONE_SOCIALE società con indice di ricarico negativo (vendite sottocosto);
prudenzialmente, esclusione di aziende con un indice di ricarico molto elevato, individuato nel 336%, cioè la percentuale massima di ricarico stimato dallo studio di settore della società».
6.4. È stato quindi individuato un campione di 137 aziende, indicate dettagliatamente nell’allegato 3 al P.V.C., con indice di ricarico dall’1,1% ed il 279,3% ed indice di ricarico medio pari al 58,1%, che è quello poi applicato alla società contribuente.
6.5. Quanto sopra smentisce l’assunto di parte ricorrente secondo cui l’individuazione dell’indice di ricarico è stato effettuato esclusivamente sulla base della banca dati RAGIONE_SOCIALE, utilizzata invece dai verificatori solo per la «individuazione di un campione statistico di aziende operanti in Italia con codice attività n. 464950» (p.v.c., foglio 16), ovvero con il medesimo codice di attività della società contribuente, al riguardo dovendosi altresì precisare che nel p.v.c. (foglio 6) si dà atto (senza che la circostanza sia stata mai in precedenza contestata) che la società ricorrente «opera nel settore del commercio all’ingrosso di borse, valigie, portafogli, cinture ed altri accessori in pelle», diversamente da quanto affermato nel ricorso in cui invece si sostiene, indimostratamente, che la società «svolge attività di commercio all’ingrosso di articoli in materiali sintetici». E’, quindi, smentita la tesi di parte ricorrente secondo cui l’indice di ricarico sarebbe stato accertato « su un campione di società non ‘comparabili’ con la RAGIONE_SOCIALE », dovendosi invece condividere l’affermazione dei giudici di appello secondo cui « La procedura
utilizzata dai verificatori è rigorosa ed attendibile» , con la conseguenza che deve ritenersi «sicuramente corretto il cluster di riferimento utilizzato dall’ufficio e non pertinenti le osservazioni della società in ordine all’ambito geografico di riferimento del cluster medesimo», osservandosi, in relazione a tale ultimo aspetto, che i ricorrenti non hanno neppure dedotto e tanto meno dimostrato di aver subito un qualche pregiudizio dal fatto che alcune aziende prese a comparazione operavano in un diverso ambito geografo.
Da ultimo deve osservarsi che sono del tutto infondate le censure, non espressamente dedotte ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., rivolte al deficit contenutistico della sentenza impugnata, che si rinvengono nelle argomentazioni svolte dai ricorrenti avendo la Corte di giustizia tributaria fornito adeguata giustificazione RAGIONE_SOCIALE ragioni della decisione assunta in relazione a tutte le questioni dedotte, anche con riguardo alla quantificazione dei ricavi da riprendere a tassazione, condividendo sul punto le modalità attuate dall’amministrazione finanziaria che i ricorrenti erroneamente sostengono essere errate e contraddittorie per avere l’amministrazione finanziaria utilizzato le risultanze del conto economico nonostante la dichiarata complessiva inattendibilità RAGIONE_SOCIALE scritture contabili, essendo invece del tutto corretto e, peraltro, favorevole alla parte ricorrente (che, pertanto, difetta anche di interesse a sollevare la questione), che dai ricavi accertati vengano decurtati quelli che la società contribuente aveva dichiarato e che, quindi, devono ritenersi già sottoposti a tassazione.
Con il terzo motivo viene dedotta la «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 39, comma 2, lett. d), D.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 55, D.P.R. n. 633/1972, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c.» , « sotto il profilo della mancata considerazione dei costi presumibilmente sostenuti».
8.1. Il motivo è manifestamente inammissibile in quanto la Corte di giustizia tributaria ha espressamente affermato che « la ricostruzione del reddito è fondata sulla percentuale di ricarico del costo venduto la quale già tiene conto dei costi sostenuti dall’impresa, sia nel calcolo della percentuale di ricarico che nella sua ricostruzione ». Trattasi di accertamento in fatto che neppure poteva essere censurato come vizio logico di motivazione ostandovi la preclusione di cui all’art. 360, quarto comma, cod. proc. civ.
In estrema sintesi, il ricorso va rigettato ed i ricorrenti condannati al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 18.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 13 settembre 2024