Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25744 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25744 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/09/2024
IRES, IRAP
ACCERTAMENTO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15438/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO in virtù di procura speciale in calce al ricorso, elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo difensore in Roma, INDIRIZZO;
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-resistente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. di FIRENZE n. 2210/05/2015 depositata il 14/12/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10 settembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che:
Con l’atto di accertamento NUMERO_DOCUMENTO l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE accertava nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, per l’anno di imposta 2007, ai fini Ires maggiori ricavi per euro 62.744,00 e minori costi indebitamente dedotti per euro 12.449,00
con un reddito imponibile di euro 110.335,00 in luogo del reddito dichiarato di euro 35.192,00; ai fini Irap, previa rettifica del valore della produzione, una maggiore imposta pari ad euro 3.196,00; ai fini Iva, previa rettifica del volume di affari, una maggiore imposta pari ad euro 13.226,00. L’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE applicava le sanzioni per irregolare tenuta della contabilità nonché per la presentazione di dichiarazione infedele ai fini Ires, Irap e Iva.
RAGIONE_SOCIALE impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Lucca contestando gli addebiti mossi dall’Ufficio circa la regolare tenuta della contabilità, l’emissione di fatture senza corrispettivo, l’accertamento induttivo dei ricavi e le modalità di calcolo applicate dall’RAGIONE_SOCIALE.
La CTP di Lucca, con la sentenza n. 101/04/14 del 19/02/2014, accoglieva parzialmente il ricorso dichiarando illegittimo l’accertamento relativamente alla ripresa a tassazione dei costi dichiarati indeducibili per euro 12.449,00 e rigettava nel resto confermando l’accertamento impugnato.
RAGIONE_SOCIALE impugnava la sentenza innanzi alla CTR di Firenze; l’RAGIONE_SOCIALE si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’impugnazione e contestando la motivazione della sentenza di primo grado, ma senza spiegare appello incidentale circa la deducibilità dei costi riconosciuti dalla sentenza di primo grado. La CTR di Firenze, con la sentenza n. 2210/05/2015 depositata il 14/12/2015 ha respinto l’impugnazione e ha condannato la società contribuente alle spese di giudizio.
Avverso la pronuncia della CTR di Firenze la RAGIONE_SOCIALE, ha proposto ricorso per cassazione con due motivi, di cui il primo articolato su quattro profili di doglianza. L’RAGIONE_SOCIALE non ha spiegato controricorso, ma ha depositato memoria di costituzione al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza
di discussione della causa ai sensi dell’art. 370, primo comma, cod. proc. civ..
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 10/09/2024.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso la RAGIONE_SOCIALE deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 39 e 41-bis del d.P.R. 29/09/1973, n. 600 in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ..
1.1. In particolare, con il quarto profilo di doglianza dei quattro attraverso i quali è articolato il motivo di ricorso, il primo da trattarsi in ordine logico, la parte ricorrente critica la sentenza impugnata perché sarebbe affetta da errore di diritto per avere il giudice di appello ritenuto sussistenti i presupposti per l’accertamento induttivo dei ricavi in ragione della totale inaffidabilità RAGIONE_SOCIALE c.d. liste inventariali, anche se le stesse non erano obbligatorie per l’impresa e anche se gli errori e le omissioni della contabilità dovevano ritenersi scusabili e nei limiti della tollerabilità. Il motivo è inammissibile nella parte in cui sollecita la Corte a una nuova valutazione del materiale istruttorio, già condotta dalla sentenza impugnata in modo coerente ed intellegibile, ed è comunque infondato nella misura in cui non si ravvisano errori di diritto nel ragionamento svolto dal giudice di merito. La sentenza rileva come l’accertamento abbia evidenziato una serie di fatture prive degli importi ricevuti per le prestazioni effettuate e come tale anomalia sia in grado, unitamente all’assenza di liste inventariali necessarie per gli eventuali riscontri, a far concludere per la inaffidabilità della contabilità e per la sussistenza del presupposto dell’accertamento induttivo. La motivazione circa le evidenze probatorie è esente da vizi e trova fondamento nei principi di diritto più volte affermati da questa Corte nella specifica materia: si consideri, infatti, che «in tema di
accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi, qualora l’inventario ometta di indicare e valorizzare le rimanenze con raggruppamento per categorie omogenee, in violazione dell’art. 15, comma 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, si determina un ostacolo nell’analisi contabile del fisco sicché ne discendono l’incompletezza e l’inattendibilità RAGIONE_SOCIALE scritture contabili, che giustificano anche l’accertamento induttivo puro ex art. 39, comma 2, lett. d), del medesimo d.P.R. e il ricorso alle presunzioni cc.dd. supersemplici, ossia prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza. Pertanto, ove il contribuente non abbia assolto -già in sede di accesso, ispezione o verifica -l’onere di mettere a disposizione degli accertatori le distinte che sono servite per la compilazione dell’inventario, egli è tenuto ad esibirle, al più tardi, in sede contenziosa, onde consentire al giudice di merito, ferma la legittimità del metodo dell’accertamento, di valutarne l’attendibilità» (Cass. 17/06/2021, n. 17244). Più recentemente e circa i presupposti per l’accertamento induttivo, vale richiamare il principio secondo il quale: «in tema di accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi, il giudizio di complessiva o intrinseca inattendibilità RAGIONE_SOCIALE scritture contabili, ancorché formalmente corrette, costituisce il presupposto per procedere con il metodo analitico-induttivo, che consente valutazioni sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973, ma anche quello per procedere con l’accertamento induttivo “puro”, fondato su presunzioni cd. supersemplici, prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, in presenza di una RAGIONE_SOCIALE tassative condizioni previste dallo stesso art. 39, comma 2, il quale, inoltre, costituendo una facoltà per l’Amministrazione, può prescindere anche solo in parte dalle scritture contabili e dal bilancio e non richiede alcuna specifica motivazione per l’utilizzazione di dati indicati in contabilità o in dichiarazione o comunque provenienti dallo stesso contribuente, anche a fronte di un giudizio di
complessiva inattendibilità della contabilità, nel rispetto di una ricostruzione operata sempre secondo criteri di ragionevolezza e nel rispetto del parametro costituzionale della capacità contributiva» (Cass. 13/06/2024, n. 16528).
1.2. Con il primo dei profili di doglianza relativi al primo motivo di ricorso, la società contribuente critica la sentenza impugnata perché avrebbe errato in diritto nel ritenere che le irregolarità formali circa la corretta descrizione RAGIONE_SOCIALE fatture e RAGIONE_SOCIALE liste inventariali, benché rilevate per l’anno di imposta 2010, potessero rilevare, ai fini della legittimità dell’accertamento, anche per il precedente anno di imposta 2007 e tanto al fine di fondare le presunzioni dell’Ufficio e di consentire di prescindere dalle scritture contabili perché inaffidabili. Anche sotto questo profilo, il primo motivo di ricorso si rivela infondato. Il ragionamento condotto nell’atto di accertamento, e convalidato nella sentenza di merito, è conforme al principio enunciato da questa Corte, secondo il quale: «in tema di accertamento analitico induttivo ex art. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973, le percentuali di ricarico, accertate con riferimento ad un determinato anno fiscale, costituiscono validi elementi indiziari, da utilizzare secondo i criteri di razionalità e prudenza, per ricostruire i dati corrispondenti relativi ad anni precedenti o successivi, atteso che, in base all’esperienza, non si tratta di una variabile occasionale, per cui incombe sul contribuente, anche in virtù del principio di vicinanza della prova, l’onere di dimostrare i mutamenti del mercato o della propria attività che possano giustificare in altri periodi l’applicazione di percentuali diverse» (Cass. 29.12.2016, n. 27330). Tale principio, applicabile, anche a condotte contabili del tutto anomale ed antieconomiche come quelle ravvisate nell’accertamento in questione, vale a privare di fondatezza la doglianza e a rendere del tutto condivisibile la conclusione raggiunta dalla sentenza impugnata circa la plausibilità
dell’accertamento in difetto di prove contrarie e convincenti offerte dal contribuente circa diverse e più regolari prassi contabili seguite dall’impresa negli anni immediatamente precedenti.
1.3. Con il secondo profilo di doglianza dei quattro spiegati in seno al primo motivo, la società ricorrente critica la sentenza impugnata per aver ritenuto di «non accogliere la censura espressa in merito alla mancanza dei presupposti, ai fini applicativi, della ricostruzione dei ricavi» conducendo il ragionamento in base all’art. 39 del d.P.R. 600/1973 mentre la motivazione dell’avviso di accertamento non conteneva alcuna indicazione circa tale disposizione ma solo il riferimento all’art. 41 -bis del d.P.R. 600/1973, sicché sarebbe fallace l’individuazione dei presupposti per l’accertamento induttivo. La doglianza è infondata avuto riguardo al principio, più volte espresso da questa Corte, secondo il quale: «l’accertamento parziale non costituisce un metodo di accertamento autonomo rispetto a quello previsto dagli artt. 38 e 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 e 55 del d.P.R. n.633 del 1972, bensì una modalità procedurale che ne segue le medesime regole, sicché il relativo oggetto non è circoscritto ad alcune categorie di redditi e la prova può essere raggiunta anche in via presuntiva: ne deriva che non assume rilievo alcuno il fatto che nel relativo avviso ci si riferisca erroneamente al predetto art. 39 anziché all’art. 41-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 (Cass. 04/04/2018, n. 8406).
1.4. Con il terzo motivo di doglianza, sempre relativo al primo motivo di ricorso, la società contribuente deduce che la sentenza impugnata sarebbe affetta da errore di diritto per aver ritenuto la presenza dei presupposti per l’accertamento induttivo dei ricavi, mentre nella fattispecie l’accertamento parziale, perché riferito solo all’art. 41 -bis d.P.R. 600/1973, avrebbe escluso il ricorso a metodi presuntivi e consentito solo l’utilizzo di elementi probatori espliciti e incontrovertibili. Anche sotto questo ultimo profilo, il primo motivo di ricorso è infondato; va considerato in proposito che:
«l’accertamento parziale, che è uno strumento diretto a perseguire finalità di sollecita emersione della materia imponibile, non costituisce un metodo di accertamento autonomo rispetto alle previsioni di cui agli artt. 38 e 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 e 55 del d.P.R. n. 633 del 1972, bensì una modalità procedurale che ne segue le stesse regole, per cui può basarsi senza limiti anche sul metodo induttivo e il relativo avviso può essere emesso pur in presenza di una contabilità tenuta in modo regolare» (Cass. 07/11/2019, n. 28681).
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta l’illegittimità RAGIONE_SOCIALE sanzioni irrogate con riferimento al principio del favor rei e al combinato disposto dell’art. 3, comma 3, d.lgs. 18/12/1997, n. 472 e del d.lgs. 24/09/2015, n. 158, con conseguente violazione dello jus superveniens in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ..
2.1. Il rilievo deve essere accolto. In applicazione del principio del trattamento sanzionatorio più favorevole al contribuente, stabilito dall’art.3, comma 3, del d.lgs. 18 dicembre 1997 n.472, la sopravvenuta revisione del sistema sanzionatorio tributario introdotta dal decreto legislativo n. 158 del 2015, vigente dal 1 gennaio 2016 a norma dell’art.32 del d.lgs n.158 del 2015, come modificato dall’art.1 comma 133 della legge 28 dicembre 2015 n.208, è applicabile retroattivamente alla condizione, ricorrente nel caso in esame, che il processo sia ancora in corso con la conseguente non definitività della parte sanzionatoria del provvedimento impugnato (conforme Cass. 27/06/2017, n. 15978; Cass. 24/01/2018, n. 1706).
In conclusione, il ricorso va rigettato quanto al primo motivo e accolto quanto al secondo motivo; la sentenza impugnata deve essere cassata quanto alla conferma della irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni contenute nell’avviso, con rinvio alla Commissione tributaria regionale competente, in diversa composizione, per le necessarie
valutazioni di merito ai fini della determinazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni in conformità alla nuova cornice edittale prevista dalla normativa sopravvenuta.
P.Q.M.
rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado di Firenze, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 10 settembre 2024.