Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1880 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1880 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LA COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9068/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in INDIRIZZO, presso l ‘ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. FIRENZE n. 419/2017 depositata il 15/02/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/10/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale (CTR) della
Toscana indicata in epigrafe che ha respinto il gravame della contribuente contro la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Prato di rigetto de l suo ricorso contro l’avviso di accertamento emesso dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ex art. 39 comma 2 lett. d) d.P.R. n. 600/73 con determinazione di maggiori IRES, IVA e IRAP per il 2007.
La pretesa si fondava sull’accertamento di maggiori ricavi per euro 188.701,00 derivanti da sei vendite immobiliari e la CTR ha ritenuto che l’atto impugnato fosse sufficientemente motivato, che l’accertamento induttivo fosse legittimo, stante l’inattendibilità della contabilità (non erano stati esibiti né il libro inventari né il dettaglio RAGIONE_SOCIALE rimanenze finali), e fosse altresì fondato, tenuto conto del valore riportato nel preliminare tra la RAGIONE_SOCIALE e NOME RAGIONE_SOCIALE, preceduto da altro preliminare tra la RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE: in particolare, mentre nell’atto definitivo (rogito tra RAGIONE_SOCIALE e le sig.re COGNOME) il prezzo era stato indicato in euro 95.625,00, di cui euro 24.038,46 rimborsati dalla venditrice all’acquirente, il medesimo bene era stato stimato in euro 173.000,00 dall’istituto di credito mutuante, che aveva concesso un mutuo di euro 103.000,00, e nel preliminare tra il sig. COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE era stato indicato un prezzo di euro 125.000,00, assunto dall’Ufficio ai fini del calcolo del ricavo non dichiarato. L’accertamento comprendeva anche il recupero a tassazione del l’importo di euro 62.500,00 relativo a due note di cr edito emesse a favore degli acquirenti dell’immobile che avevano chiesto una riduzione del prezzo a causa di vizi e difetti riscontrati ne ll’appartamento acquistato .
Il ricorso si fonda su tre mezzi.
Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo la RAGIONE_SOCIALE deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione dell’art. 2697 c.c., in quanto la
RAGIONE_SOCIALE aveva ritenuto la sottofatturazione pari ad euro 126.000,00 del prezzo in relazione a vendite formalizzate nel 2007 sulla base del prezzo di un contratto preliminare concernente una vendita avvenuta nel 2005.
Con il secondo motivo deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. in quanto la CTR aveva erroneamente attribuito valore probatorio a quel contratto preliminare relativo ad altro immobile.
I due motivi possono essere esaminati unitariamente, in quanto strettamente connessi, e devono essere disattesi per plurime ragioni.
3.1. In primo luogo, i motivi sono inammissibili perché dietro il paradigma della violazione di legge si tenta in realtà di rimettere in discussione l’accertamento in fatto svolto dal Giudice di merito, incensurabile nel giudizio di legittimità se correttamente motivato, come in questo caso, in cui la decisione della CTR è in linea con i principi di questa Corte in materia.
3.2. Invero, per costante orientamento di questa Corte, il discrimine tra l’accertamento condotto con metodo analitico extracontabile (art. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600/1973) e l’accertamento condotto con metodo induttivo puro (art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600/1973 ed art. 55, comma 2, del d.P.R. n. 600 del 1973 in materia di imposte indirette) va ricercato, rispettivamente, nella parziale od assoluta inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili. Nel primo caso, l’«incompletezza, falsità od inesattezza» degli elementi indicati non è tale da consentire di prescindere dalle scritture contabili, essendo l’Ufficio accertatore legittimato solo a «completare» le lacune riscontrate utilizzando, ai fini della dimostrazione dell’esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati ovvero dell’inesistenza di componenti negativi dichiarati, anche presunzioni semplici rispondenti ai requisiti previsti dall’art. 2729 cod. civ. Nel secondo
caso, invece, «le omissioni o le false od inesatte indicazioni» risultano tali da inficiare l’attendibilità – e dunque l’utilizzabilità, ai fini dell’accertamento – anche degli «altri» dati contabili, con la conseguenza che in tale ultimo caso l’Amministrazione finanziaria può «prescindere in tutto od in parte dalle risultanze del bilancio o RAGIONE_SOCIALE scritture contabili in quanto esistenti» ed è legittimata a determinare l’imponibile in base ad elementi meramente indiziari, anche se inidonei ad assurgere a prova presuntiva ex artt. 2727 e 2729 cod. civ. (Cass., n. 6861 del 2019; v. anche Cass. n. 33604 del 2019; Cass. n. 24278 del 2014).
3.3. La seconda fattispecie ricorre nel caso in esame, in cui la CTR ha rilevato che la contribuente aveva omesso di produrre, nonostante specifica richiesta dell’Amministrazione, il libro degli inventari ed il dettaglio RAGIONE_SOCIALE rimanenze finali, ritenendo che «tali incompletezze della documentazione obbligatoria nonché incongruenze contabili» giustificassero «il ricorso all ‘accertamento ex art. 39 comma 2 lett. d) DPR 600/73».
3.4. L’ accertamento induttivo puro ex art. 39, comma 2, lett. d) è fondato su dati o notizie conosciuti dall’Amministrazione finanziaria, non potendosi in tal caso procedere alla corretta analisi del contenuto dell’inventario e dunque alla ricostruzione analitica dei ricavi di esercizio (Cass. n. 8698 del 2021), e legittima il ricorso a presunzioni cc.dd. supersemplici, ossia prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza (Cass. n. 17244 del 2021; Cass. n. 19191 del 2019).
3.5. Così ricostruito il quadro normativo di riferimento, risulta altresì che le doglianze della ricorrente non colgono la ratio decidendi e sono comunque infondate, perché la CTR poteva utilizzare presunzioni semplicissime che in questo caso gravitano intorno al citato contratto preliminare del 2005 il cui valore (euro 125.000,00) è considerato particolarmente attendibile e prudenziale, considerato che al bene era stato attribuito in sede di
perizia dell’istituto di credito il valore di euro 173.000,00 e la banca aveva concesso un mutuo di euro 103.000,00. A ciò la CTR ha aggiunto che per due dei sei appartamenti i prezzi calcolati dall’RAGIONE_SOCIALE erano assai prossimi a quelli indicati nei rogiti, il che confermava l’attendibilità di quella stima ; ha evidenziato altresì che la contribuente non aveva fornito alcun elemento in contrasto con la ricostruzione dell’RAGIONE_SOCIALE , essendosi limitata ad affermare che le differenze di prezzo «potevano derivare, ma non era dimostrato che effettivamente conseguissero, a differenze di finiture».
Con il terzo motivo deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione degli artt. 109 TUIR, 26 d.P.R: n. 633/1972, 115 e 116 c.p.c. in quanto erroneamente la CTR aveva confermato il recupero a tassazione dell’importo di euro 62.500,00 relativo a due note di credito emesse per contestazioni sollevate dagli acquirenti in ordine a carenze e difetti RAGIONE_SOCIALE unità immobiliari compravendute, di cui era stata data prova attraverso riproduzioni fotografiche e perizia giurata.
4.1. Il motivo è inammissibile in quanto la censura è essenzialmente valutativa e impinge l’accertamento in fatto in ordine alla sussistenza dei presupposti del recupero ma non indica precise violazioni di legge. Va osservato che l’Ufficio aveva contestato le anomalie di tale operazione, come risulta dall’avviso trascritto in controricorso: le note di credito erano state emesse in data 20.7.2013, contestualmente alla stipula del rogito, e non si comprendeva perché non fossero stati indicati nell’atto e non si fosse diminuito il prezzo ivi indicato, ciò che avrebbe consentito una minor tassazione della compravendita; il perito della banca, poi, non aveva rilevato vizi tanto gravi; non vi era alcuna indicazione dei vizi né prova degli stessi né denuncia da parte degli acquirenti. La CTR, con apprezzamento di fatto incensurabile nel giudizio di legittimità, ha condiviso queste valutazioni, concludendo che le due note dovevano costituire «semplicemente il tentativo di
ridurre l’entità degli utili conseguiti con la vendita dei sei appartamenti in questione» e disattendendo le difese della contribuente, sulla quale, trattandosi di componenti negative del reddito, incombeva l’onere di fornire la prova della certezza e determinabilità di quei costi (Cass. n. 11596 del 2021; Cass. n. 19166 del 2021).
Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato e le spese, liquidate come in dispositivo, vanno regolate secondo soccombenza.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore del/la controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.100,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito; a i sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 04/10/2023.