Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1863 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1863 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LA COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27187/2015 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in INDIRIZZO, presso l ‘ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che la rappresenta e difende;
-resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. FIRENZE n. 677/2015 depositata il 16/04/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/10/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale (CTR) della
Toscana indicata in epigrafe che ha respinto il gravame della contribuente avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Prato n. 15/7/13 di rigetto del suo ricorso contro l’avviso di accertamento emesso dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per IRES, IVA e IRAP relative al 2006.
La pretesa si fondava sul l’accertamento di ricavi non dichiarati per complessivi euro 367.098,00, di cui euro 248.595,00 quale corrispettivo derivante della cessione di due immobili non registrato in contabilità ed euro 118.503,00 a seguito di accertamento induttivo di maggiori ricavi derivanti da vendite immobiliari, con determinazione di un complessivo maggior reddito imponibile pari ad euro 294.274,00.
La CTR ha ritenuto che l’atto impugnato fosse sufficientemente motivato, che l’accertamento induttivo fosse legittimo, stante l’inattendibilità della contabilità (dati gli scostamenti di valore, la non completa tenuta del libro giornale, di quello degli inventari e la mancanza del dettaglio RAGIONE_SOCIALE rimanenze), e fondato nel merito, laddove aveva preso come base di riferimento il valore riportato nel contratto preliminare «reperito e sottoscritto fra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE successivamente sottoscritto tra RAGIONE_SOCIALE e il sig. COGNOME», mentre la società non aveva dedotto elementi idonei a confutare tali risultanze e, in particolare, non aveva esibito i preliminari di vendita relativi agli atti cui si riferiva l’accertamento.
Il ricorso si fonda su cinque mezzi.
Non resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo la RAGIONE_SOCIALE deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione dell’art. 2697 c.c., in quanto la CTR aveva accertato la sottofatturazione pari ad euro 118.000,00 del prezzo in relazione a immobili diversi da quello oggetto del contratto preliminare, senza tener conto che gli immobili non erano
comparabili avendo finiture e un capitolato diversi, che le indagini finanziarie non avevano fatto emergere alcun sovraprezzo, che i mutui concessi superavano l’ammontare complessivo dei corrispettivi dichiarati solo per euro 23.000,00.
1.1. Il motivo è inammissibile e comunque infondato in quanto dietro il paradigma della violazione di legge si tenta, in realtà, di rimettere in discussione l’accertamento in fatto svolto dal Giudice di merito, incensurabile nel giudizio di legittimità se correttamente motivato, come in questo caso in cui la decisione della CTR risulta in linea con i principi di questa Corte in materia.
1.2. Per costante orientamento di questa Corte, infatti, il discrimine tra l’accertamento condotto con metodo analitico extracontabile (art. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600/1973) e l’accertamento condotto con metodo induttivo puro (art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600/1973 ed art. 55, comma 2, del d.P.R. n. 600 del 1973 in materia di imposte indirette) va ricercato, rispettivamente, nella parziale od assoluta inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili. Nel primo caso, l’«incompletezza, falsità od inesattezza» degli elementi indicati non è tale da consentire di prescindere dalle scritture contabili, essendo l’Ufficio accertatore legittimato solo a «completare» le lacune riscontrate utilizzando, ai fini della dimostrazione dell’esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati ovvero dell’inesistenza di componenti negativi dichiarati, anche presunzioni semplici rispondenti ai requisiti previsti dall’art. 2729 cod. civ. Nel secondo caso, invece, «le omissioni o le false od inesatte indicazioni» risultano tali da inficiare l’attendibilità – e dunque l’utilizzabilità, ai fini dell’accertamento – anche degli «altri» dati contabili, con la conseguenza che in tale ultimo caso l’Amministrazione finanziaria può «prescindere in tutto od in parte dalle risultanze del bilancio o RAGIONE_SOCIALE scritture contabili in quanto esistenti» ed è legittimata a determinare l’imponibile in base ad elementi meramente indiziari,
anche se inidonei ad assurgere a prova presuntiva ex artt. 2727 e 2729 cod. civ. (Cass., n. 6861 del 2019; v. anche Cass. n. 33604 del 2019; Cass. n. 24278 del 2014).
1.3. In questo caso ricorre la seconda ipotesi, avendo la CTR rilevato «la sostanziale e complessiva inattendibilità dell’impianto contabile della ricorrente»; ciò ha legittimato l’a ccertamento dei maggiori ricavi non dichiarati dall’impresa commerciale attraverso l’accertamento induttivo puro ex art. 39, comma 2, lett. d), sulla base di dati o notizie conosciuti dall’Amministrazione finanziaria, non potendosi procedere alla corretta analisi del contenuto dell’inventario e dunque alla ricostruzione analitica dei ricavi di esercizio (Cass. n. 8698 del 2021), ma facendosi ricorso a presunzioni cc.dd. supersemplici, ossia prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza (Cass. n. 17244 del 2021; Cass. n. 19191 del 2019).
Con il secondo motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p., violazione dell’art. 115 e 116 c.p.c. in quanto l’RAGIONE_SOCIALE per corroborare l’accertamento della sottofatturazione per euro 118.000,00 aveva indicato i mutui concessi, che però superavano l’importo dei corrispettivi soltanto per euro 23.000,00.
2.1. Il motivo è inammissibile in quanto la censura riguarda l’attività dell’RAGIONE_SOCIALE e non la sentenza della CTR la quale, nel motivare la sua decisione, non considera i mutui concessi.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., violazione dell’art. 112 c.p.c. laddove la CTR non aveva esaminato la questione della violazione dell’art. 67 d.P.R. n. 600/1973 e del divieto di doppia imposizione, sollevata in quanto gli ulteriori maggiori ricavi pari ad euro 248.595,00, contestati in relazione alla vendita di altri due immobili, avevano già concorso alla formazione del reddito essendo inclusi nelle rimanenze finali.
3.1. Il motivo è infondato perché non ricorre omessa pronuncia ma rigetto implicito della questione che risulta incompatibile con la decisione adottata (Cass. n. 12652 del 2020).
3.2. Secondo costante giurisprudenza di questa Corte, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti, come in questo caso, il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione (Cass. n. 2151 del 2021; Cass. n. 24953 del 2020). Il Giudice, invero, non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione RAGIONE_SOCIALE parti, risultando necessario e sufficiente, in base all’art. 132, n. 4, c.p.c., che esponga, in maniera concisa, gli elementi posti a fondamento della sua decisione, e dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’ iter argomentativo seguito. Ne consegue che il vizio di omessa pronuncia – configurabile allorché risulti completamente omesso il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto – non ricorre nel caso in cui, seppure manchi una specifica argomentazione, la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte ne comporti il rigetto (Cass. n. 12652 del 2020); ne consegue che la reiezione implicita di una tesi difensiva o di una eccezione è censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre che utilmente
censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività (Cass. n. 12131 del 2023; Cass. n. 24953 del 2020).
I l quarto motivo denuncia, sempre ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., violazione dell’art. 112 c.p.c. e l’omesso esame dell’eccepita violazione degli artt. 39 comma 2 d.P.R. n. 600/1973, 109 TUIR 53 cost., perché non si erano calcolati i costi in termini percentuali sull’ammontare dei maggiori ricavi accertati ma si era adottato un diverso «ragionamento del tutto cervellotico», sulla scorta del quale, applicata la percentuale di redditività (ricostruita nel 35,90 % e ridotta al 30%) sugli interi ricavi (compresi quelli dichiarati), si era giunti all’accertamento «semplicemente paradossale» di un maggior reddito pari ad euro 294.274,00.
Il quinto motivo riporta, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 39 comma 2 d.P.R. n. 600/1973, 109 TUIR, 53 cost. con riguardo alla medesima questione: la ricorrente ribadisce che la percentuale di redditività andava applicata solo sui maggiori ricavi accertati (euro 367.098,00) , il che avrebbe condotto all’accertamento di un maggior reddito assai inferiore a quello determinato dall’Ufficio, pari a circa euro 110.000,00.
I due motivi possono essere esaminati congiuntamente e devono essere disattesi: da un lato, la CTR aveva dato atto del «grossolano errore» di calcolo dei costi asserito dalla contribuente laddove si erano accertati, attraverso il criterio della redditività, costi deducibili soltanto per euro 72.824,00 – e la doglianza, che è incompatibile con la decisione adottata dal Giudice d’appello , deve ritenersi implicitamente rigettata (si rimanda a quanto esposto al par. 3.2); d’altro lato, la questione si fonda sull’erroneo assunto che il calcolo forfettario dei costi deducibili debba effettuarsi sul totale dei maggiori ricavi accertati.
6.1. Va evidenziato, infatti, che secondo costante orientamento di questa Corte l’Amministrazione finanziaria deve riconoscere una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi di produzione soltanto in caso di accertamento induttivo “puro” ex art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600 del 1973 mentre in caso di accertamento analitico o analitico-presuntivo è il contribuente ad avere l’onere di provare l’esistenza di costi deducibili, afferenti ai maggiori ricavi o compensi, senza che l’Ufficio possa, o debba, procedere al loro riconoscimento forfettario (Cass. n. 34996 del 2022; Cass. n. 22868 del 2017); a seguito della sentenza n. 10 del 2023 della Corte Costituzionale, si è recentemente affermato che il contribuente può eccepire l’incidenza percentuale dei costi relativi anche in caso di accertamento analitico-induttivo, quando l’accertamento deriva dalla presunzione legale di ricavi non contabilizzati di cui all’art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 602 del 1973, e quindi occulti, scaturenti da movimentazioni bancarie non giustificate (Cass. n. 6874 del 2023; Cass. n. 18653 del 2023).
6.2. In questo caso i ricavi determinati con metodo induttivo ammontavano soltanto ad euro 118.503,00 mentre gli ulteriori ricavi accertati non derivavano da accertamenti bancari, cosicché questi ultimi non vanno comunque considerati nel calcolo forfettario dei costi.
Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato e non vi è da provvedere sulle spese, stante l’assenza di attività defensionale da parte dell’RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13. Così deciso in Roma, il 04/10/2023.