Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 910 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 910 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al R.G. n. 29775/2015 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende ope legis
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ricorrente –
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, come da procura in atti
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ricorrente incidentale e controricorrente – contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME
NOME COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, come da procura in atti
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ricorrenti incidentali e controricorrenti – nonchè contro RAGIONE_SOCIALE DIREZIONE PROVINCIALE COGNOME NOME COGNOME
-intimati- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della PUGLIA, sez. di BARI n. 1160/2015 depositata il 22/05/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/07/2023 dal Consigliere NOME COGNOME
In fatto e in diritto
L’Agenzia delle entrate e NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE, ricorrono per la cassazione della sentenza della CTR della Puglia, n. 1160/2015, che ha accolto l’appello dell’Ufficio in relazione all’avviso di accertamento per Irap anno 2006 e lo ha rigettato in relazione agli avvisi di accertamento per Irpef 2006 emessi nei confronti dei soci.
La controversia ha origine dalla impugnazione da parte della RAGIONE_SOCIALE dell’avviso di accertamento induttivo, ex art. 39 e 40 dpr 600/73, del reddito d’impresa, emesso a seguito di questionario con richiesta della pertinente documentazione, per incoerenza delle risultanze contabili rispetto agli studi di settore. La CTP accoglieva il ricorso della società, ritenendo insussistenti i
presupposti per l’accertamento induttivo, con conseguente accoglimento anche dei ricorsi dei soci, per la quota proporzionale alle loro quote.
La CTR, disposta la riunione della sentenza emessa nei confronti della società e di quella relativa ai soci, ha confermato la legittimità dell’accertamento induttivo nei confronti della società, mentre ha respinto l’appello in relazione al reddito imputato pro quota ai soci, non essendo ‘possibile e legittimo presumere l’automatica distribuzione ai soci di società di capitali dei maggiori utili accertati in capo alla società’, escludendo la rilevanza della ristretta compagine societaria, ritenendo conclusivamente infondata la presunzione di distribuzione di utili ai soci in mancanza di prova o significativi elementi presuntivi gravi precisi e concordanti.
Contro la indicata sentenza propongono ricorso entrambe le parti; al ricorso dell’Agenzia delle entrate resistono con controricorso la società e i soci. L’Agenzia delle entrate è rimasta intimata nel ricorso proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE
Con memoria del 11 giugno 2019, il difensore dei soci contribuenti ha depositato quattro domande di definizione agevolata ai sensi dell’art. 6 del D.L. 119/2018 conv. in l. 136/2018, con copia dei relativi versamenti eseguiti dai soci della RAGIONE_SOCIALE
Con memoria del 26 giugno 2023 la RAGIONE_SOCIALE insiste nell’accoglimento del ricorso con condanna alle spese con distrazione a favore dell’avvocato antistatario.
Considerato che:
1.Con riferimento ai soci della RAGIONE_SOCIALE, preso atto della documentazione allegata e rilevato essere ormai ampiamente decorso il termine del 31 dicembre 2020 in assenza di istanza di trattazione, deve dichiararsi l’estinzione del processo ex DL. 119/2018.
Quanto alle spese relative agli indicati ricorsi, ai sensi dell’art. 6, comma 13, d.l. n. 119 del 2018, le stesse devono essere poste a carico delle parti che le hanno anticipate.
3.Va quindi esaminato il ricorso incidentale della RAGIONE_SOCIALE le cui argomentazioni sono ribadite nella memoria del 16 giugno 2023 e con il quale la società contribuente insiste nell’accoglimento del ricorso avverso la sentenza della CTR della Puglia n. 1160/2015.
3.1.Col primo motivo si deduce omesso esame da parte della CTR di fatti decisivi oggetto di discussione fra le parti, ex art. 360 n. 5 c.p.c., avendo la CTR pronunciato solo, ritenendolo insussistente, sull’obbligo dell’Ufficio di inoltrare l’invito al contraddittorio, omettendo di analizzare tutti gli altri rilievi contenuti nel ricorso introduttivo. In particolare è stata omessa la pronuncia sulla invalidità della presunzione sull’incidenza del lavoro sui ricavi, che è invece alla base dell’intero accertamento; sulla contestazione della società, per cui un solo indice percentuale formalmente difforme non può considerarsi presunzione attendibile; sui dati contabili enunciati -in particolare la crescita dei debiti bancari- che non sono stati considerati; le prove sulla attendibilità della contabilità; l’archiviazione del procedimento penale sul mancato versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali; la violazione del diritto al contraddittorio, nel quale il contribuente avrebbe potuto i concreti elementi che giustificavano il proprio operato.
4.Il motivo è inammissibile.
4.1.Vanno richiamati i principi consolidati di questa Corte in relazione al vizio di motivazione di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c., secondo cui la parte che si duole di carenze o lacune nella decisione del giudice di merito che abbia basato il proprio convincimento disattendendo le prospettazioni della parte, non può limitarsi a censure apodittiche di erroneità o di inadeguatezza della motivazione od anche di omesso approfondimento di determinati
temi di indagine, traendone conclusioni difformi da quelle alle quali è pervenuto il giudice ” a quo”, ma, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione ed il carattere limitato di tale mezzo di impugnazione, è per contro tenuta ad indicare, riportandole per esteso, le pertinenti parti sia dell’avviso di accertamento impugnato -riportato peraltro dall’Agenzia, pag. 8 del controricorso, che fa espresso riferimento alla novella legislativa asseritamente non tenuta in considerazione- sia dei motivi di impugnazione, condizione di ammissibilità del motivo essendo che il medesimo consenta al giudice di legittimità (cui non è dato l’esame diretto degli atti se non in presenza di “errores in procedendo”) di effettuare, preliminarmente, al fine di pervenire ad una soluzione della controversia differente da quella adottata dal giudice di merito, il controllo della decisività della risultanza non valutata, delle risultanze dedotte come erroneamente od insufficientemente valutate, e un’adeguata disamina del dedotto vizio della sentenza impugnata. La mancanza di tali essenziali riferimenti si traduce in una sostanziale prospettazione di tesi difformi da quelle recepite dal giudice di merito, di cui si chiede a tale stregua un riesame, inammissibile in sede di legittimità (Cass. 27702/2020; cfr. Cass. n. 20553 del 19/07/2021).
2.2. Con riferimento alle doglianze, prospettate ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c., va ancora ribadito che l’art. 360, 1° comma, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 d.l. 22 giugno 2012 n. 83, conv. in l. 7 agosto 2012 n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli art. 366, 1 comma, n. 6, e 369, 2
comma, n. 4, c.p.c., il ricorrente deve indicare il «fatto storico», il cui esame sia stato omesso, il «dato», testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il «come» e il «quando» tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua «decisivit à », fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per s é , il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorch é la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. ex multis, Sez. un. 22/9/2014 n. 19881, Sez. un. 7/4/2014 n.8053; Cass. n. 27415 del 29/10/2018).
2.3.Ciò posto, nella fattispecie la CTR ha tenuto conto, sia pure in modo sintetico, dei motivi dedotti in primo grado, attribuendo valore ad elementi ritenuti determinanti al fine della decisione, non incisi dalle argomentazioni della ricorrente, nemmeno in relazione all’archiviazione del processo penale sul mancato versamento di ritenute previdenziali e assistenziali da parte della società, stante l’autonomia fra i due processi. In materia di contenzioso tributario, nessuna automatica autorità di cosa giudicata può infatti attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione – o di archiviazione come nella fattispecie- emessa in materia di reati fiscali, ancorché i fatti esaminati in sede penale siano gli stessi che fondano l’accertamento degli Uffici finanziari, dal momento che nel processo tributario vigono i limiti in tema di prova posti dall’art. 7, comma 4, del d.lgs. n. 546 del 1992, e trovano ingresso, invece, anche presunzioni semplici, di per sé inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna. Ne consegue che l’imputato assolto in sede penale, anche con formula piena, per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste, può essere ritenuto responsabile fiscalmente qualora l’atto impositivo risulti fondato su validi indizi, insufficienti per un giudizio di responsabilità penale,
ma adeguati, fino a prova contraria, nel giudizio tributario (ex multis Cass. n. 16262/2017).
2.4.In definitiva la Commissione Tributaria di secondo grado, nel compiere il giudizio di fatto che le competeva, ha motivato sul fondamento di una pluralit à di elementi presuntivi, e ha ritenuto che il complesso degli stessi risultasse sufficiente ad assicurare fondamento all’accertamento tributario. Il ricorrente sottopone a critica soltanto limitati e specifici elementi presi in considerazione dal giudice dell’appello, e la sua censura non è in grado di intaccare la complessiva valutazione operata dal giudice di secondo grado. Peraltro, per monolitico insegnamento di questa Corte, in tema di prova spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilit à e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicit à dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonch é la facolt à di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante.
2.5.Il motivo va conclusivamente dichiarato inammissibile.
Col secondo motivo si deduce violazione dell’art. 2697 c.c. ex art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la sentenza escluso la sussistenza dell’obbligo al contraddittorio sulla scorta del questionario inviato alla contribuente e avere basato la decisione su una presunta antieconomicità della gestione, mentre la società perseguiva rilancio economico, poi non realizzato, tanto da dovere cessare l’attività.
3.1.Il motivo è infondato.
3.2.Va ribadito che in tema di imposte dirette, l’accertamento dei redditi con metodo sintetico, ai sensi dell’art. 38, quarto comma,
del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, non postula, in difetto di ogni previsione al riguardo della norma, che gli elementi e le circostanze di fatto in base ai quali il reddito viene determinato dall’ufficio siano in qualsiasi modo (nell’ipotesi formulata dal ricorrente, mediante l’invio di un questionario) contestati al contribuente, ferma restando per quest’ultimo la possibilità di fornire, in sede di impugnazione dell’atto, la dimostrazione che il redito effettivo è diverso e inferiore rispetto a quello scaturente dalle presunzioni adottate dall’amministrazione finanziaria, sicché la sola circostanza relativa alla mancata instaurazione di una qualche forma di contraddittorio con il contribuente nella fase istruttoria non può giustificare l’annullamento dell’accertamento stesso (Cass. n. 30985 del 02/11/2021).
3.3.Quanto alla dedotta necessità di attivazione del contraddittorio, essa non sussiste se non nei casi previsti dalla legge; in particolare in tema di accertamento analitico-induttivo, a fronte dell’incompletezza, falsità o inesattezza dei dati contenuti nelle scritture contabili, l’amministrazione finanziaria può completare le lacune riscontrate utilizzando, ai fini della dimostrazione dell’esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati, anche presunzioni semplici, aventi i requisiti di cui all’art. 2729 c.c., con la conseguenza che l’onere della prova si sposta sul contribuente e che l’eventuale errore qualificatorio del giudice di merito, sul tipo di accertamento, non rileva “ex se” come violazione di legge, ma refluisce in un errore sulla selezione e valutazione del materiale probatorio ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. (V. Cass. n. 27079 del 18/12/2006).
3.4.Nella fattispecie la CTR, con accertamento in merito sufficientemente motivato, ha rilevato l’antieconomicità della gestione societaria sulla base di dati – quali le perdite dichiarate, il reddito medio del quinquennio a confronto con i ricavi complessivi e il costo del personale- in assenza di idonee giustificazioni della
società, anche in relazione alle violazioni ex art. 92 TUIR ‘riscontrate nella tenuta del prospetto delle rimanenze di merci e nelle modalità di annotazione e rappresentazione delle stesse’, elementi questi ritenuti idonei a rafforzare ‘la presunzione che la società abbia conseguito ricavi non contabilizzati e, quindi, non dichiarati’. Non hanno pertanto rilievo le contestazioni della ricorrente sulla carenza di motivazione della sentenza impugnata sul punto, in base ai consolidati principi secondo cui anche in presenza di contabilit à formalmente regolare, ma intrinsecamente inattendibile per l’antieconomicit à del comportamento del contribuente, l’Amministrazione finanziaria ‘può desumere in via induttiva, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), sulla base di presunzioni semplici, purch é gravi, precise e concordanti, il reddito del contribuente, utilizzando le incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attivit à svolta, incombendo sul contribuente l’onere di fornire la prova contraria e dimostrare la correttezza delle proprie dichiarazioni. Gli elementi assunti a fonte di presunzione, peraltro, non devono essere necessariamente plurimi, potendosi il convincimento del giudice cui valutazione non è sindacabile in sede di legittimit à se adeguatamente motivata’ (Cass. n. 26036/2015, n. 25217/2018, n. 27552/2018; n. 24578/2022).
Conclusivamente va dichiarato estinto il giudizio in relazione ai soci ex DL. 119/2018; va invece, rigettato il ricorso della RAGIONE_SOCIALE In ragione dell’andamento processuale della controversia le spese dell’intero processo vanno compensate.
P.Q.M.
Dichiara estinto il giudizio in relazione ai soci; rigetta il ricorso della società dalla RAGIONE_SOCIALE e compensa le spese dell’intero processo. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente principale RAGIONE_SOCIALE, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Cos ì deciso in Roma, il 12 luglio 2023.