Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9130 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9130 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29366/2016 R.G. proposto da : NOME COGNOME, NOME COGNOME elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE
-ricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA CAMPANIA n. 4258/2016 depositata il 09/05/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/02/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
In data 23/02/2012 l’Agenzia delle Entrate di Benevento invitava NOME COGNOME, esercente attività di commercio al dettaglio di materiale da costruzione, ceramiche e piastrelle, a presentare documentazione contabile e fiscale obbligatoria relativa all’anno 2008. Analizzata la documentazione presentata, l’Ufficio riteneva inattendibile la contabilità e ravvisava una serie di irregolarità. In particolare, constatava la mancata presentazione dello studio di settore e la mancata indicazione nel quadro RF della dichiarazione di perdita di esercizio pari ad euro 108,356,44; rilevava inoltre a fronte della perdita di esercizio, un investimento di considerevoli somme.
In definitiva, provvedeva ad accertamento induttivo ai sensi dell’art. 39 comma 1 lett. d), comma 2 lett. d) e d -ter) D.P.R. 600/1973. Notificava in data 18/12/2013 l’avviso di accertamento n. TFM010502563/2013 con cui accertava ricavi non dichiarati pari ad euro 113.000,00 e un reddito di impresa pari ad euro 87.900,82.
Il contribuente impugnava detto avviso di accertamento, eccependo la violazione o falsa applicazione dell’art. 39 comma 1 e 2 D.P.R. 600/1973 a fronte della ritenuta insussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’accertamento induttivo.
La CTP di Benevento con sentenza n. 120/2015 accoglieva parzialmente il ricorso proposto dal contribuente relativamente ai costi sostenuti pari ad euro 34.337,00.
Il contribuente proponeva appello avverso la sentenza di primo grado relativamente ai capi a sé sfavorevoli.
La CTR di Napoli con sentenza n. 4258/2016 dichiarava infondato l’appello, rigettava il ricorso e confermava la sentenza impugnata.
COGNOME NOME NOME e NOME UgoCOGNOME in qualità di eredi, propongono ora ricorso per Cassazione affidato a due motivi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si adombra la violazione e falsa applicazione dell’art. 39 commi 1 e 2 d.P.R. 600/1973 per avere la CTR ritenuto corretta l’applicazione del metodo induttivo, in assenza dei presupposti legali e nonostante l’attendibilità della contabilità tenuta dal contribuente.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in ordine alla circostanza di fatto che il metodo di accertamento utilizzato dall’Ufficio sia da ritenersi al contempo analitico, analitico -induttivo e induttivo.
Il primo motivo è infondato.
Vi è un accertamento di fatto in punto di inattendibilità della contabilità; detto accertamento sarebbe stato in astratto -ma non lo è stato in concreto -contrastabile sotto il profilo del deficit motivazionale. La pretesa di parte ricorrente di sostenere il contrario, rispetto a quanto giudizialmente ritenuto, equivale all’invocazione inammissibile dell’esercizio di un sindacato di merito precluso in questa sede.
Non è esclusa, ancorché parte ricorrente adduca il contrario, la prerogativa dell’Amministrazione di svolgere parallelamente un accertamento incentrato sul ricorso all’art. 39, co. 1, lett. d), e sui co. d e d-ter della stessa norma.
Ha affermato condivisibilmente questa Corte che ‘ In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’esistenza dei presupposti per l’applicazione del metodo induttivo, ai sensi dell’art. 39, secondo comma, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973, non esclude
che l’Amministrazione finanziaria possa servirsi, nel corso del medesimo accertamento e per determinate operazioni, del metodo analitico ex art. 39, primo comma, del d.P.R. n. 600 cit., oppure contemporaneamente di entrambe le metodologie; tuttavia, una volta operata una determinazione induttiva, non è più possibile, per l’ufficio, il recupero con metodo analitico dei costi che non siano entrati in quella determinazione, né l’abbiano influenzata in alcun modo. (Fattispecie in cui il recupero analitico scaturito da una rettifica dei costi di manutenzione e riparazione era stato erroneamente sommato all’utile netto calcolato con accertamento induttivo) (Cass. n. 13350 del 2009).
La censura non coglie nel segno nemmeno nella porzione in cui s’incarica di perorare l’irretroattività dell’evocato co. d -ter dell’art. 39, co. 2. Questa Corte ha, infatti, già evidenziato che L’art. 39, comma 2, lett. d-ter) del d.P.R. n. 600 del 1973, introdotto dall’art. 23, comma 28, lett. c) del d.l. n. 98 del 2011, conv. dalla l. n. 111 del 2011, nella formulazione originaria applicabile “ratione temporis”, ha natura procedimentale poiché regola l’attività accertatrice dell’Amministrazione, sicché l’accertamento induttivo cd. puro può essere legittimamente esperito anche per annualità anteriori alla entrata in vigore della norma quando siano rilevate “l’omessa o infedele indicazione dei dati” previsti nei modelli ai fini dell’applicazione degli studi di settore, ovvero “l’indicazione delle cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti” sempre che siano irrogabili le sanzioni di cui al comma 2-bis dell’articolo 1 del d.lgs. n. 471 del 1997, ipotesi ricorrente allorquando il maggior reddito di impresa ovvero di arte o professione accertato a seguito della corretta applicazione degli studi di settore sia superiore al 10 per cento del reddito d’impresa o di lavoro autonomo dichiarato (Cass. n. 10503 del 2021).
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
La sentenza d’appello non vulnera la soglia del ‘minimo costituzionale’, dal momento che lascia ben cogliere la ratio decidendi.
Va, infatti, rammentato che non sono ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. n. 7090 del 2022; Cass. n. 22598 del 2018). Il ricorso va, in ultima analisi, rigettato. Nulla sulle spese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 12/02/2025.