Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21916 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21916 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 30/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29332/2016 R.G. proposto da : NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOMECODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE
-intimataavverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA SICILIA n. 1873/24/16 depositata il 12/05/2016. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/02/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 1873/24/16 del 12/05/2016, la Commissione tributaria regionale della Sicilia (di seguito CTR) rigettava, in sede di rinvio a seguito di Cass. n. 7871 del 14/03/2012, l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza n. 28/01/08
della Commissione tributaria provinciale di Caltanissetta (di seguito CTP), che aveva rigettato il ricorso del contribuente nei confronti di un avviso di accertamento per IRPEF, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2003.
1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, l’avviso di accertamento era stato emesso in ragione dell’effettuazione di versamenti a titolo di anticipazioni ingiustificati, in ragione del saldo attivo di cassa, dell’erronea tenuta della contabilità di magazzino e della applicazione della percentuale media di ricarico.
1.2. La CTR respingeva l’appello del contribuente evidenziando che: a) i verificatori, nel calcolare la percentuale di ricarico, avevano considerato la quasi totalità (91,5%) degli articoli trattati dal contribuente, confrontando il prezzo di acquisto con il prezzo di vendita applicato e determinando così il prezzo medio di vendita per ciascuna categoria di prodotto; b) il contribuente non aveva adottato una contabilità separata per i due tipi di attività esercitata, utilizzando il codice previsto per l’attività residuale (realizzazione e posa in opera di impianti); c) non era stata fornita alcuna prova dei versamenti effettuati sui conti aziendali, sempre in attivo; d) il contribuente non aveva depositato lo studio di settore, nonché il dettaglio delle rimanenze di magazzino iniziali e finali relativamente all’anno 2003; e) l’intero quadro indiziario deponeva per una contabilità inattendibile e per la legittimità dell’accertamento.
NOME COGNOME impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
L’Agenzia delle entrate (di seguito AE) non resisteva in giudizio, restando pertanto intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso per cassazione proposto da NOME COGNOME è affidato a due motivi, di seguito riassunti.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 37, 38, 39, primo comma, lett. d), e 42 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nonché dell’art. 54 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA), per avere la CTR adottato una motivazione carente, legittimando una motivazione apparente e lacunosa dell’atto impositivo, avendo considerato unicamente una parte minima delle fatture di vendita emesse dall’impresa contribuente.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 36, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 , dell’art. 39, primo comma, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 112 cod. proc. civ., nonché, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., motivazione carente, contraddittoria ed erronea. Nella prospettazione di parte ricorrente la CTR avrebbe finito per ‘rivoltare’ l’onere della prova dei versamenti in conto cassa sul contribuente, con ciò violando la statuizione del giudice del rinvio, non avendo chiarito le ragioni per le quali tali versamenti siano indicativi di un’anomalia contabile.
I due motivo possono essere congiuntamente esaminati e vanno complessivamente disattesi.
2.1. La sentenza della S.C. che ha disposto il rinvio ha cassato la prima sentenza della CTR Sezione staccata di Caltanissetta, evidenziando quanto segue.
2.1.1. « Deve ritenersi legittimo l’accertamento del reddito d’impresa, con il metodo previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, allorquando la contabilità sociale possa considerarsi complessivamente inattendibile e/o configgente con criteri di ragionevolezza; ciò in quanto, proprio in tali casi può logicamente
dubitarsi della veridicità delle operazioni dichiarate e della regolarità complessiva della contabilità fiscale e, quindi, desumere, sulla base di presunzioni semplici, maggiori ricavi o minori costi, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente (Cass. n. 26388/2005, n. 6337/2002). È stato, altresì, affermato che “In tema di accertamento delle imposte sui redditi e con riguardo alla determinazione del reddito d’impresa, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, per presumere l’esistenza di ricavi superiori a quelli contabilizzati ed assoggettati ad imposta, non bastano semplici indizi, ma occorrono circostanze gravi, precise e concordanti (così come, per le presunzioni semplici, dispone l’art. 2729 cod. civ.), sicché non è legittima la presunzione di ricavi, maggiori di quelli denunciati, fondata sul raffronto tra prezzi di acquisto e di rivendita operato su alcuni articoli anziché su un inventario generale delle merci da porre a base dell’accertamento” (Cass. n. 6852/2009, n. 979/2003). Si è, pure, precisato che “In tema di accertamento dei redditi, l’Amministrazione può procedere – ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1 – alla determinazione del reddito del contribuente utilizzando le percentuali di ricarico; tuttavia, considerato che tali “percentuali di ricarico” costituiscono presunzioni semplici, esse devono essere assistite dai requisiti di cui all’art. 2729 cod. civ., essere desunte da dati di comune esperienza ed esplicitate attraverso un adeguato ragionamento” (Cass. n. 15534/2002). Costituisce, infine, consolidato principio quello secondo cui “Ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunziabile in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza una approfondita disamina logico e giuridica,
rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento” (Cass. n. 1756/2006, n. 890/2006) .
2.1.2. Il Collegio ritiene che la decisione impugnata abbia fatto malgoverno dei trascritti principi, non avendo dato contezza: né degli intrinseci elementi utilizzati per giungere ad affermare l’incongruenza e quindi la rilevanza, – agli effetti di un giudizio di inattendibilità complessiva della contabilità, – della anticipazione di cassa effettuata dal titolare dell’azienda, tenuto conto che la stessa risultava regolarmente registrata in “conto anticipazioni”, che non viene rilevata alcuna anomalia idonea a ricondurla allo stesso periodo di tempo in cui risulta rilevata la disponibilità in c/c bancario, che quest’ultima, era di entità tale (Euro 17.149,00) da risultare, di certo, inadeguata, nell’ambito delle attività – di impresa artigianale e di commercio – svolte al contempo dal contribuente, per soddisfare le relative esigenze di liquidità quotidiana; – né per dare prevalenza, ai fini fiscali, all’attività di commercio al dettaglio, rispetto a quella artigianale; né, infine, per giustificare la percentuale di ricarico, tenuto conto, fra l’altro, che risulta essere stata determinata, non già sulla base di un inventario generale, o comunque sulla scorta di un significativo campione della merce venduta, bensì di quella rilevata solo in 22 fatture, malgrado nell’anno ne fossero state emesse ben 151 » .
2.2. Poiché la SRAGIONE_SOCIALE non è un giudice di merito, ma un giudice di legittimità, appare evidente che i principi di diritto che il giudice del rinvio avrebbe dovuto applicare nella controversia sono quelli sopra indicati nel § 2.1.1., rivolgendosi le contestazioni di cui al § 2.1.2. alla motivazione della sentenza cassata. Invero, l’apprezzamento delle circostanze esaminate dal giudice di merito, che pure non può mancare (Cass. n. 8971 del 29/03/2019), « deve essere svolto dalla Corte di cassazione in astratto, ossia al solo fine di stabilire l’idoneità
teorica della prova ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione dei fatti di causa », spettando al giudice di merito, in sede di rinvio, « l’apprezzamento in concreto delle inferenze desumibili dalla prova ai fini della ricostruzione dei fatti di causa » (Cass. n. 20525 del 29/09/2020).
2.3. Inoltre, deve aversi conto del fatto che al presente giudizio non si applica la vecchia formulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., che consentiva l’impugnazione per cassazione anche della motivazione insufficiente, trovando, invece, applicazione, ratione temporis , la nuova formulazione della menzionata disposizione (Cass. n. 26654 del 18/12/2014; Cass. n. 10693 del 24/05/2016).
2.4. Orbene, posti i sopra menzionati principi, questa Corte ritiene che la CTR abbia correttamente rivalutato le risultanze probatorie alla luce delle indicazioni fornite dal giudice remittente.
2.4.1. Invero, il giudice del rinvio: i) ha indicato dettagliatamente le modalità con le quali è stata determinata la percentuale di ricarico, che ha tenuto conto della quasi totalità degli articoli trattati dall’impresa , così da potere determinare il prezzo di vendita e il prezzo di acquisto di ciascuna categoria merceologica e correttamente pervenire alla determinazione di una percentuale di ricarico attendibile; ii) ha giustificato la prevalenza dell’attività di vendita con la considerazione della mancanza di contabilità separata; iii) ha ritenuto l’assenza di valide ragioni per giustificare i versamenti in conto cassa in presenza di saldi attivi di conto corrente; iv) ha rilevato la mancata presentazione dello studio di settore e la mancata presentazione del dettaglio delle rimanenze di magazzino iniziali e finali dell’anno 2003; v) ha evidenziato che sono stati esposti in contabilità costi non inerenti e non di competenza in ordine ai quali la stessa contribuente ha prestato acquiescenza.
2.4.2. I superiori elementi indiziari, unitariamente e non atomisticamente considerati, hanno condotto ad una valutazione di sostanziale inaffidabilità della contabilità e di inesattezza dei dati esposti nella dichiarazione dei redditi, con conseguente legittimità della ripresa.
2.5. A fronte della superiore ricostruzione dei fatti e alle valutazioni espresse dal giudice di merito, il ricorrente finisce per contestare la valenza indiziaria dei singoli elementi indicati dal giudice del rinvio, senza considerare la significatività di detti elementi se valutati nel loro complesso, gli uni a mezzo degli altri.
2.5.1. È chiaro, infatti, che ogni elemento indiziario singolarmente considerato potrebbe non avere la valenza significativa che assume unitamente agli altri elementi. Così, non è negabile che il versamento in conto cassa da parte dell’imprenditore in presenza di saldi attivi del conto banca costituisce un’anomalia che può essere spiegata in vario modo, ma tale anomalia assume valenza fortemente presuntiva di una contabilità inattendibile alla luce delle altre anomalie riscontrate (mancata separazione della contabilità tra due attività distinte, mancanza di documenti contabili necessari, erronea imputazione dei costi).
2.6. In realtà, la contestazione dei singoli elementi indiziari cela il tentativo di fornire una diversa interpretazione dei medesimi fatti che, sia pure plausibile, non può essere accreditata sotto il profilo della violazione di legge, realizzandosi altrimenti una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. n. 3340 del 05/02/2019; Cass. n. 640 del 14/01/2019; Cass. n. 24155 del 13/10/2017; Cass. n. 8758 del 04/07/2017; Cass. n. 8315 del 05/04/2013).
2.7. Quanto al vizio di motivazione insufficiente, sollevato con il secondo motivo, lo stesso, come più sopra ricordato, è inammissibile
in quanto al giudizio di rinvio trova applicazione la nuova formulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
3.1. Nulla per le spese in ragione della mancata costituzione in giudizio di RAGIONE_SOCIALE
3.2. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 12/02/2025.