Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 35023 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 35023 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
Art. 12 comma 7 l. 212/2000 -Termine di 60 giorni -decorrenza -Accertamento induttivo puro – Art. 39 d.P.R. 600/1973 – Presupposti.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19420/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del l’Abruzzo, Sezione Staccata di Pescara , n. 104/6/2016, depositata in data 28 gennaio 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
A seguito di una verifica fiscale i cui esiti confluivano in un PVC notificato il 30 ottobre 2008 e di indagini finanziarie eseguite ex artt. 32 comma primo, d.P.R. n. 600/1973 e 51, comma secondo, d.P.R. n. 633/1972, l ‘Agenzia delle entrate, Direzione Provinciale di Pescara, emetteva l’ avviso di accertamento n. TA603A400221/2011, con cui recuperava ad imposizione, a fini Ires per l’anno di imposta 2006, maggior reddito della società RAGIONE_SOCIALE La ripresa a tassazione si basava sulle irregolarità riscontrate nelle scritture contabili, in particolare sull’omessa redazione dell’inventario nel libro inventari, e sulle incongruenze rilevate in ordine alle vendite effettuate per un prezzo diverso da quello ‘normale’.
La contribuente proponeva ricorso innanzi alla CTP di Pescara, affidato a diversi motivi, in particolare, per quanto qui ancora rilevi: a) il mancato rispetto del termine di cui all’art. 12, comma 7, della l. 212/2000; b) l’illegittimo utilizzo del metodo induttivo puro e c) e dei valori OMI.
La CTP accoglieva il ricorso rilevando che nonostante le irregolarità nella tenuta del libro inventari la contabilità non poteva ritenersi inattendibile. Il riferimento esclusivo ai valori OMI rendeva, in assenza di ulteriori elementi, illegittimo l’accertamento.
L’Ufficio spiegava appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale de ll’Abruzzo ; la contribuente si costituiva riproponendo alcuni motivi di ricorso rimasti assorbiti.
La CTR accoglieva l’eccezione preliminare, riproposta dall’appellat a, di nullità dell’atto impositivo perché notificato prima del decorso del termine di 60 giorni ex art. 12, comma 7, l. 212/2000. Si pronunciava, comunque, nel merito ritenendo illegittimo il ricorso al metodo induttivo puro previsto dall’art. 39, comma secondo, d.P.R. n. 600/1973, atteso che le ‘ipotetiche irregolarità formali delle scritture contabili’ non erano tali da far ritenere inattendibile la contabilità.
Avverso la decisione della Commissione Tributaria Regionale ha proposto ricorso per cassazione l’Ufficio , affidandosi a tre motivi di impugnazione. Il contribuente resiste con controricorso.
Il ricorso è stato, quindi, fissato per l ‘udienza camerale del 26/11/2024.
Considerato che:
Con il primo strumento di impugnazione l’Ufficio lamenta la «violazione e/o falsa applicazione di legge: artt. 51, 52, 56 d.p.r. 633/1972, artt. 32 e 33 d.p.r. 600/1973 ed art. 12, commi 1 e 7, L. 212/2000 (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.) ». Deduce che, nella specie, la CTR avrebbe erroneamente ritenuto non rispettato il termine di 60 giorni di cui all’art. 12, comma 7, l. 212/2000, in quanto asseritamente decorrente dal 22 novembre 2011 (data del colloquio con il contribuente svoltosi presso l’Agenzia a seguito dell’invio del questi onario concernente le movimentazioni finanziarie). Di contro, il dies a quo del detto termine andava individuato nel 30 ottobre 2008, ovvero nel dì della notifica del PVC; infatti, la suddetta norma ‘trova applicazione solo con riferimento alle ipotesi in cui viene consegnato un PVC a seguito di accessi, ispezioni e verifiche fis cali effettuate nei locali del contribuente’ (pag. 9 del ricorso).
Il motivo è fondato.
La CTR ha ritenuto illegittimo l’avviso di accertamento perché notificato – il 15 dicembre 2011 – senza il rispetto del termine di 60 giorni previsto dall’art. 12 comma 7 l. 212/2000, evidentemente computando il detto termine a partire dal 22 novembre 2011.
La decisione, fondata su una prima ed autonoma ratio decidendi , non può essere condivisa in quanto non conforme all’orientamento costante di questa Corte in materia.
Il termine legale dilatorio decorre da tutte le possibili tipologie di verbali che concludono le operazioni di accesso, verifica o ispezione, indipendentemente dal loro contenuto e denominazione formale (Cass. 23/01/2020, n. 1497), occorrendo pur sempre che le
operazioni concluse costituiscano esercizio di attività ispettiva svolta dall’Amministrazione nei confronti del contribuente sottoposto a verifica e destinatario dell’accertamento (Cass. 22/11/2021, n. 35918). Si è, pertanto, esclusa l’applicabilità della norma in commento in caso di PVC redatto a conclusione di un accesso presso una terza società, che integra, rispetto al contribuente, un atto istruttorio ‘esterno’ rispetto al procedimento accertativo che l’ha attinto direttamente (Cass. 15/02/2023, n. 4726).
Si è ulteriormente precisato che le garanzie previste dalla norma de qua si applicano anche agli atti di accesso istantanei finalizzati all’acquisizione di documentazione, sia perché la citata disposizione non prevede alcuna distinzione in ordine alla durata dell’accesso, ed è comunque necessario, anche in caso di accesso breve, redigere un verbale di chiusura delle operazioni (Cass. nn. 2593/2014 e 15624/2014), sia perché, anche in caso di ‘accesso breve’, si verifica quella peculiarità che, secondo Cass. Sez. U. n. 24823/2015, giustifica, quale controbilanciamento, le garanzie di cui al cit. art. 12, peculiarità consistente nella ‘autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca di elementi valu tati a lui sfavorevoli’ ( ex multis , Cass. 08/05/2019, n. 12094).
Infine, ‘i l processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, di cui l’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, richiede il rilascio di copia al contribuente almeno sessanta giorni prima della notifica dell’avviso di accertamento, deve intendersi riferito alla conclusione degli accessi, delle ispezioni e delle verifiche fiscali svolte nei locali dell’impresa, non essendo richiesta dalla legge la notificazione al contribuente di un diverso ed ulteriore verbale di chiusura delle operazioni, quando esse siano state completate presso gli uffici dell’ente impositore ‘ (Cass. 01/06/2022, n. 17818).
Nella specie, in difetto della prima condizione per l’applicazione della suddetta norma, ovvero l’esistenza di un accesso, nessun
termine dilatorio poteva decorrere dalla data del colloquio svoltosi con il contribuente negli uffici dell’Agenzia.
Con il secondo strumento di impugnazione l ‘Ufficio lamenta la «violazione e/o falsa applicazione di legge: art. 14, 15 e 39, comma 2 lett. c) e d) d.p.r. 600/1973 (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.)». In particolare, ribadisce che nella specie ricorrevano i presupposti per l’accertamento induttivo ‘puro’, sia ai sensi della lettera c) della citata norma (non avendo la contribuente tenuto il libro degli inventari, in quanto nessuno dei documenti redatti dalla parte poteva essere considerato come ‘inventario’) sia ai se nsi della lettera d) (non avendo la società alcun dipendente, la discordanza tra nota integrativa al bilancio e conto patrimoniale attivo – in punto di finanziamento dei soci, e la mancanza di contratti aventi data certa a fronte di costi contabilizzati inerenti lavorazioni eseguite dai soci). Il ricorso al metodo induttivo ‘puro’ consentiva, poi, l’utilizzo di qualsiasi elemento a disposizione dell’Ufficio, comprese le rilevazioni OMI.
Il motivo è fondato.
2.1. Ai sensi dell’art. 39, comma 2, d.P.R. n. 600/1973, nella formulazione applicabile ratione temporis , l’ufficio procede alla rettifica dei redditi d’impresa con il metodo induttivo ‘puro’, ovvero sulla base di elementi presuntivi privi dei requisiti della gravità, precisione e concordanza:
quando dal verbale di ispezione risulta che il contribuente non ha tenuto o ha comunque sottratto all’ispezione una o più delle scritture contabili ovvero quando le scritture non sono disponibili per causa di forza maggiore;
quando le omissioni o le false o inesatte indicazioni accertate ovvero le irregolarità formali delle scritture contabili risultanti dal verbale di ispezione sono così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibili nel loro complesso le scritture stesse per la mancanza delle garanzie proprie di una contabilità sistematica.
2.2. Ora, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte «in tema di rettifica dei redditi d’impresa, il discrimine tra l’accertamento con metodo analitico induttivo e quello con metodo induttivo puro sta, rispettivamente, nella parziale o assoluta inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili: nel primo caso, la ‘incompletezza, falsità o inesattezza’ degli elementi indicati non è tale da consentire di prescindere dalle scritture contabili, in quanto l’Ufficio accertatore può solo comple tare le lacune riscontrate, utilizzando ai fini della dimostrazione dell’esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati, anche presunzioni semplici aventi i requisiti di cui all’art. 2729 c.c.; nel secondo caso, invece, ‘le omissioni o le false od inesatte indicazioni’ sono così gravi, numerose e ripetute da inficiare l’attendibilità e dunque l’utilizzabilità, ai fini dell’accertamento anche degli altri dati contabili (apparentemente regolari), sicché l’Amministrazione finanziaria può ‘presc indere, in tutto o in parte, dalle risultanze del bilancio e delle scritture contabili in quanto esistenti’ ed è legittimata a determinare l’imponibile in base ad elementi meramente indiziari, anche se inidonei ad assurgere a prova presuntiva ex artt. 2727 e 2729 c.c.» (Cass. 18/12/2019, n. 33604; conf. Cass. 15/02/2023, n. 4662).
L’accertamento induttivo puro svolto ai sensi dell’art. 39, comma 2, d.P.R. n. 600/1973, consente all’Amministrazione finanziaria di prescindere del tutto dalle risultanze delle scritture contabili e di determinare l’imponibile sulla base di elementi meram ente indiziari, costituenti presunzioni ‘supersemplici’, ovvero prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza (Cass. 17/07/2019, n. 19191), quando i dati in esse contenuti siano assolutamente inattendibili e tali da inficiare l’utilizzabilità an che di quelli apparentemente regolari (Cass. 09/06/2017, n. 14376), ponendo a carico del contribuente l’onere di fornire la prova contraria, ossia di dimostrare di non aver conseguito il reddito accertato (Cass. 27/02/2020, n. 20793) ovvero di avere conseguito
un reddito inferiore a quello indicato dall’Ufficio (Cass. 14/04/2022, n. 12127).
Si è, da ultimo, precisato che il giudizio di complessiva o intrinseca inattendibilità delle scritture contabili, ancorché formalmente corrette, costituisce il presupposto per procedere con il metodo analitico-induttivo, che consente valutazioni sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973, ma anche quello per procedere con l’accertamento induttivo “puro”, fondato su presunzioni cd. “supersemplici”, prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, in presenza di una delle tassative condizioni previste dallo stesso art. 39, comma 2, il quale, inoltre, costituendo una facoltà per l’Amministrazione, può prescindere anche solo in parte dalle scritture contabili e dal bilancio e non richiede alcuna specifica motivazione per l’utilizzazione di dati indicati in contabilità o in dichiarazione o comunque provenienti dallo stesso contribuente, anche a fronte di un giudizio di complessiva inattendibilità della contabilità, nel rispetto di una ricostruzione operata sempre secondo criteri di ragionevolezza e nel rispetto del parametro costituzionale della capacità contributiva (Cass. 13/06/2024, n. 16528).
2.3. Nella specie la CTR, a fronte degli elementi indiziari addotti dall’A genzia delle entrate, ha affermato che non si riscontrano irregolarità nella tenuta delle scritture contabili, ‘men che meno l’omissione della tenuta dei libri e registri obbligatori’ (pag. 3 della sentenza) ; l’affermazione è apodittica, non chiarendo la CTR per quale motivo, ad esempio, ritiene effettivamente istituito il libro degli inventari, a fronte delle plurime violazioni di norme (art. 2217, commi 1 e 2, cod. civ., art. 15, commi 1 e 2, d.P.R. 600/1973) contestate nei processi verbali.
Di seguito, il giudice di appello valuta il merito, sostenendo che il riferimento ai valori OMI non è sufficiente ex se a fondare l’accertamento, ma omette qualsiasi valutazione sui mutui e su gli ulteriori elementi indiziari relativi alla tenuta delle scritture contabili
(ovvero la mancanza di personale alle dipendenze della società, la discordanza tra nota integrativa al bilancio chiuso al 31.12.2005 e conto patrimoniale attivo in relazione ai finanziamenti dei soci, risultando nella prima l’assenza di ogni tipo di finanz iamento, nel secondo finanziamento per oltre 600.000,00 euro, e l’assenza di contratti aventi data certa a fronte di costi contabilizzati inerenti lavorazioni eseguite dai soci).
2.4. Il motivo va, pertanto, accolto e la sentenza cassata anche in parte qua , dovendo la CTR in sede di rinvio procedere ad una nuova valutazione comparativa di tutti gli elementi indiziari dedotti dalle parti – ed acquisiti al processo – al fine di verificare la legittimità del ricorso, da parte dell’Ufficio, al metodo di accertamento induttivo ‘puro’ alla luce (in generale) della giurisprudenza sopra richiamata e (in particolare) delle considerazioni sopra svolte.
3. Con il terzo strumento di impugnazione l’Ufficio lamenta la «violazione e /o falsa applicazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. dell’art. 111, co. 6 Cost. Nullità della sentenza per assoluta mancanza o mera apparenza della motivazione. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. (in relazione all’art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c.)». Afferma, precisamente, che la CTR avrebbe respinto l’appello dell’Agenzia anche ‘in considerazione delle precedenti pronunce tra le parti’, senza considerare, da un lato, l’autonomia delle obbligazioni d’imposta relative a periodi diversi, e senza specificare, dall’altro, per quale ragione gli accertamenti eseguiti negli anni precedenti potessero valere anche nel presente giudizio, stante la diversità della documentazione posta a fondamento dei diversi accertamenti.
Il motivo è assorbito nell’accoglimento dei primi due.
Osserva la Corte che il riferimento alle precedenti pronunce tra le parti è contenuto nel capo di sentenza dedicato alle spese di lite e solo in questo. Integra, cioè, un elemento considerato dalla CTR per addivenire alla liquidazione delle spese di lite; in quanto tale, è im pugnabile solo unitamente al capo sulle spese, che, tra l’altro,
nella specie deve ritenersi annullato per effetto della cassazione della sentenza conseguente all’accoglimento dei primi due motivi.
In conclusione vanno accolti i primi due motivi, assorbito il terzo; la sentenza impugnata va cassata ed il giudizio va rinviato alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del l’Abruzzo , Sezione Staccata di Pescara, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata con rinvio del giudizio innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del l’Abruzzo , Sezione Staccata di Pescara, perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo e motivato esame e provveda anche a regolare tra le parti le spese di lite del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26 novembre