Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12546 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12546 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 12/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18651/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in AVELLINO, INDIRIZZO DOMICILIO RAGIONE_SOCIALE, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE PROVINCIALE AVELLINO -intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA CAMPANIA SEZ.ST. SALERNO n. 6635/12/20 depositata il 28/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 6635/12/20 del 28/12/2020, la Commissione tributaria regionale della Campania – Sezione staccata di Salerno (di seguito CTR) accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate (di seguito AE) avverso la sentenza n. 1378/05/17 della Commissione tributaria provinciale di Avellino (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso presentato da RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) nei confronti di un avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA relative all’anno di imposta 2011.
1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, l’atto impositivo conseguiva, per quanto ancora interessa, alla rideterminazione dei ricavi in applicazione di una differente percentuale di ricarico e ad un recupero IVA riguardante una sopravvenienza attiva.
1.2. La CTR accoglieva l’appello di AE evidenziando la legittimità dell’avviso di accertamento e la mancanza, da parte della società contribuente, di valide giustificazioni con riferimento alla assenza di note di credito e alla percentuale di ricarico applicata. Inoltre, il ravvedimento operoso del contribuente era tardivo e non idoneo a produrre gli effetti di legge.
COGNOME impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
NOME resisteva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso di Scafuro è affidato a tre motivi, di seguito riassunti.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per avere la CTR completamente omesso di esaminare quanto dedotto nel merito da parte della contribuente, così determinando un acritico ed ingiustificato accoglimento integrale dell’appello.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si contesta la violazione e la falsa applicazione di quanto previsto dall’art. 2, comma 8, del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR ingiustamente qualificato l’attività di rettifica operata dalla contribuente con l’emissione di note di credito come un inammissibile ravvedimento operoso anziché come una mera correzione di un errore della dichiarazione, così escludendo la neutralizzazione del dovuto, pure ritenuta corretta dalla CTP in primo grado.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione de ll’art. 39, secondo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’ art. 55 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA), per avere la CTR ingiustamente ritenuto applicabile al caso di specie un accertamento induttivo puro ed extracontabile, con ciò rendendo ammissibile l’avviso di accertamento impugnato.
L’esame del terzo motivo, involgendo la contestazione di nullità dell’accertamento induttivo posto in essere dall’Ufficio, riveste carattere preliminare. Detto motivo è, peraltro, inammissibile.
2.1. Come ricordato dalla giurisprudenza di questa Corte, « il discrimine tra l’accertamento con metodo analitico induttivo e quello con metodo induttivo puro sta, rispettivamente, nella parziale o assoluta inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili: nel primo caso, la “incompletezza, falsità od inesattezza” degli elementi indicati non è tale da consentire di prescindere dalle scritture contabili, in quanto l’Ufficio accertatore può solo completare le lacune riscontrate, utilizzando ai fini della dimostrazione dell’esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati, anche presunzioni semplici aventi i requisiti di cui all’art. 2729 c.c.; nel secondo caso, invece, “le omissioni o le false od inesatte indicazioni” sono così gravi,
numerose e ripetute da inficiare l’attendibilità -e dunque l’utilizzabilità, ai fini dell’accertamento – anche degli altri dati contabili (apparentemente regolari), sicché l’amministrazione finanziaria può “prescindere, in tutto o in parte, dalle risultanze del bilancio e delle scritture contabili in quanto esistenti” ed è legittimata a determinare l’imponibile in base ad elementi meramente indiziari, anche se inidonei ad assurgere a prova presuntiva ex artt. 2727 e 2729 c.c. » (Cass. n. 33604 del 18/12/2019).
2.2. Nel caso di specie, la sentenza impugnata ritiene che l’Amministrazione finanziaria abbia posto in essere un accertamento induttivo puro, pienamente giustificato dall’antieconomicità della gestione e dalla assoluta inattendibilità delle scritture contabili, e che, a fronte degli elementi indiziari forniti dall’Ufficio (ivi compresa la percentuale di ricarico applicata e la contestazione sulla erronea detrazione dell’IVA), COGNOME non avrebbe fornito validi elementi idonei ad infirmare il convincimento dell’Ufficio.
2.3. Orbene, la società contribuente contesta la sussistenza dei requisiti per procedere ad un accertamento induttivo, ma non trascrive, né allega l’avviso di accertamento, in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso (il rispetto del quale implica che nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, anche per riassunto, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito: cfr. Cass. S.U. n. 8950 del 18/03/2022; Cass. n. 12481 del 19/04/2022).
2.4. La mera riproduzione di piccole parti dell’atto impositivo nel complessivo contesto del ricorso per cassazione (che privilegia la riproduzione di ampie parti delle difese di merito) non mette in condizioni questa Corte di valutare ex actis la doglianza, sicché il motivo si palesa inammissibile.
Il primo motivo di ricorso, con il quale si denuncia l’omessa pronuncia delle censure proposte in appello, è infondato.
3.1. Diversamente da quanto ritenuto da COGNOME, le questioni poste dal contribuente (errore nell’indicazione della sopravvenienza attiva, valutata al lordo dell’IVA; rideterminazione dei ricavi alla luce di una erronea percentuale di ricarico) sono state compiutamente esaminate dalla CTR, che le ha rigettate nel merito, ritenendole infondate.
3.2. La circostanza che la CTR non abbia considerato tutti gli argomenti enunciati dal contribuente non rileva ai fini del vizio denunciato, tenuto conto che spetta, in via esclusiva, al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. Cass. n. 331 del 13/01/2020; Cass. n. 19547 del 04/08/2017; Cass. n. 24679 del 04/11/2013; Cass. n. 27197 del 16/12/2011; Cass. n. 2357 del 07/02/2004).
Il secondo motivo di ricorso, con il quale si afferma di avere proceduto alla correzione dell’errore nella dichiarazione, costituito dalla indicazione della sopravvenienza attiva comprensiva dell’IVA, e all’emissione di note di debito , è infondato.
4.1. Nella prospettazione del contribuente la correzione della dichiarazione, laddove era stata erroneamente indicata una sopravvenienza attiva comprensiva di IVA, unitamente alla emissione di note di debito faceva venire meno la ripresa dell’Ufficio.
4.2. In realtà, indipendentemente dalla concreta qualificazione della operazione di correzione della dichiarazione quale emenda della
dichiarazione originariamente presentata (nella prospettiva della ricorrente) ovvero come ravvedimento operoso (tardivo, come ritenuto dalla CTR), va evidenziato che, ancora una volta, il ricorso pecca all’evidenza di autosufficienza, non essendo stata riprodotta la documentazione alla quale si fa riferimento (dichiarazione integrativa e note di debito).
4.3. Non è inutile evidenziare, peraltro, che, riguardando l’accertamento l’anno d’imposta 2011, sia la dichiarazione integrativa, sia il ricorso alla procedura di variazione ex art. 26 del decreto IVA, entrambi effettuati nell’anno 2016, sono all’evidenza tardivi: la dichiarazione integrativa in quanto, essendo favorevole al contribuente, secondo la disciplina applicabile prima dell’entrata in vigore del d.l. 22 ottobre 2016, n. 193, conv. con modif. nella l. 1 dicembre 2016, n. 225, avrebbe dovuto essere presentata entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno d’imposta successivo , secondo quanto disposto dall’art. 2, comma 2, del d.P.R. n. 322 del 1998 (Cass. n. 36704 del 14/12/2022); l’emissione delle note di debito, sottoposta al termine annuale in quanto la variazione dipende (nella prospettazione della società contribuente) dal sopravvenuto accordo fra le parti di remissione del debito (Cass. n. 23312 del 29/08/2024).
In conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite indeterminabile.
5.1. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -della sussistenza dei presupposti
processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente procedimento, che si liquidano in euro 5.900,00, oltre alle spese di prenotazione a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 24/04/2025.