Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16651 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16651 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/06/2025
Oggetto: II.DD. -IVA -avviso di accertamento -accertamento induttivo puro
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6745/2017 R.G. proposto da
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME (PEC: EMAIL), elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliate in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 5578/14/2016, depositata il 28.9.2016 e non notificata. camerale del 24 aprile 2025
Udita la relazione svolta nell’adunanza dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 5578/14/2016, depositata il 28.9.2016 veniva accolto l’appello proposto da ll’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma n. 7046/39/2015 avente ad oggetto l’avviso di accertamento notificato a Luka COGNOME dall’Agenzia delle Entrate per II.DD. e IVA, interessi e sanzioni relativamente al periodo d’imposta 2008.
Le riprese ad imposizione traevano origine dalla mancata compilazione da parte del contribuente, titolare di ditta individuale svolgente attività di pulizia, del questionario inviatogli e da ll’applicazione di un accertamento induttivo puro ex art.39, comma 2, lett. d) bis, d.P.R. n.600/73.
Il giudice di prime cure accoglieva nel merito il ricorso introduttivo, decisione integralmente riformata in appello.
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per Cassazione il contribuente deducendo tre motivi, che illustra con nota di deposito, cui replica l’Agenzia dell’Entrate con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo il ricorrente prospetta la « violazione o falsa applicazione di norma di diritto ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ. Omessa insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ., con particolare riferimento all’art. 39 comma 2, 1d bis, d.P.R. 600/73 ed all’art. 32 d.P.R. 600/73 » per aver la CTR, in riforma della sentenza di primo grado, ritenuto corretto l’accertamento induttivo operato dall’ufficio ai sensi dell’art. 39,
comma 2, 1 d) bis del d.P.R. n. 600/73 basato su presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, posto che la ricorrente non aveva ottemperato agli inviti dell’amministrazione finanziaria.
Con il secondo motivo si censura la « violazione o falsa applicazione di norma di diritto ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ. Omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ. in riferimento all’art. 75 T.U. n. 917/86 » . Il ricorrente deduce di aver evidenziato già con il ricorso introduttivo che, nella fattispecie, sarebbe occorso un accertamento di tipo analitico(-induttivo) e non induttivo (puro).
I due motivi vengono esaminati congiuntamente in quanto connessi e sono affetti da concorrenti profili di inammissibilità e di infondatezza.
3.1 Entrambe le censure sono anzitutto inammissibili nella parte in cui fanno riferimento all’omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione. L’art. 54, comma primo, lett. b), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla l. 7 agosto 2012, n. 134, ha riformato il testo dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., e si applica nei confronti di ogni sentenza pubblicata dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto e, dunque, dall’11 settembre 2012. La novella trova dunque applicazione nella fattispecie, in cui la sentenza impugnata è stata depositata il 28 settembre 2016 e, nel testo applicabile, il vizio motivazionale dev ‘ essere dedotto censurando l’«omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti» e non più l’«omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio» come precedentemente previsto dal ‘vecchio’ n.5, con conseguente inammissibilità dei motivi di ricorso i quali non hanno tenuto conto del mutato quadro normativo processuale (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 19881 del 2014).
3.2 Le censure, inoltre, sono onnicomprensive e compendiano un coacervo di paradigmi processuali di doglianza che spaziano dalla violazione di legge alla censura motivazionale, tra loro incompatibili. Va ribadito in proposito che il giudizio per cassazione è un giudizio a critica vincolata, nel quale le censure alla pronuncia di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa. Ne consegue che la parte non può limitarsi a censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendovi la propria diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti (Cass. 28 novembre 2014 n. 25332).
Infatti, il giudizio di cassazione è un giudizio delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 cod. proc. civ., sicché è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleata dal codice di rito (Cass. 22 settembre 2014 n. 19959).
Le doglianze in disamina sono inestricabilmente contraddittorie fin dalla loro formulazione, perché se le censure sono declinate come vizio motivazionale non possono logicamente e utilmente contenere anche deduzioni di violazione di legge.
3.3. Sotto un ulteriore profilo di inammissibilità, i motivi sono aspecifici, in quanto il ricorrente contesta la qualificazione dell’accerta-
mento alla base delle riprese come induttivo puro da parte del giudice opponendovi la propria alternativa qualificazione come analitico(-induttivo), ma non riproduce neppure l’avviso di accertamento impugnato al fine di superare l’accertamento fattuale del giudice che ha lo ha ricondotto all’art. 39, comma 2, 1 d) bis, del d.P.R. n. 600/73.
3.4. Le argomentazioni del dissenso che la parte intende sollevare nei riguardi della decisione impugnata debbono essere formulate in termini tali da soddisfare esigenze di specificità, di completezza e di riferibilità a quanto pronunciato. Il motivo che non rispetti tale requisito deve considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un ‘non motivo’, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 cod. proc. civ. n. 4. 3.5. Inoltre, il ricorrente non considera che in tema di accertamento delle imposte sui redditi,
(ad es, v. Cass. sentenza n. 16528 del 13/06/2024) il giudizio di complessiva o intrinseca inattendibilità delle scritture contabili, ancorché formalmente corrette, costituisce il presupposto per procedere sia con il metodo analitico-induttivo, che consente valutazioni sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973, sia con l’accertamento induttivo “puro” . Quest’ultimo è quello che il giudice d’appello ha accertato essere stato applicato nel caso in esame, ed è fondato su presunzioni cd. “supersemplici”, ossia prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, in presenza di una delle tassative condizioni previste dallo stesso art. 39, comma 2. Inoltre, costituendo una facoltà per l’Amministrazione, l’Agenzia può prescindere anche solo in parte dalle scritture contabili e dal bilancio e non richiede alcuna specifica motivazione per l’utilizzazione di dati indicati in contabilità o in dichiarazione o, comunque, provenienti dallo stesso contribuente, anche a fronte di un giudizio di complessiva
inattendibilità della contabilità, nel rispetto di una ricostruzione operata sempre secondo criteri di ragionevolezza e nel rispetto del parametro costituzionale della capacità contributiva.
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A fonte del preciso accertamento del giudice di seconde cure, il quale richiama correttamente la costante giurisprudenza di legittimità, il ricorrente lamenta che dalla documentazione contabile prodotta dall’Agenzia non emergerebbe nessuna violazione o irregolarità commessa dalla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE Luka nel contabilizzare le fatture passive ricevute, dato che sono stati rispettati i requisiti per la corretta registrazione dei costi di esercizio (cfr. p. 11 del ricorso). Così facendo, il ricorrente si limita a criticare l’operato dell’ufficio piuttosto che contrastare la pronuncia d’appello, in ulteriore difetto di specificità e chiedendo a questa Corte, in definitiva, una rivalutazione delle risultanze istruttorie che esulano dal giudizio di legittimità.
Con il terzo e ultimo motivo il ricorrente prospetta la «violazione o falsa applicazione di norma di diritto ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ. Omessa insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ., con particolare riferimento all’istituto del reverse charge».
La doglianza è anch’essa, come quelle che precedono, inannzitutto inammissibile nella parte in cui fa riferimento all’omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione per le ragioni già esposte. E’ ,
altresì, inammissibile nella parte della violazione di legge, dal momento che afferma che «la questione relativa all’applicazione del reverse charge non era oggetto del contendere, ma esclusivamente indicata per meglio individuare l’attività svolta dal contribuente» (cfr. p. 13 del ricorso). Infatti, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa ( ex multis , Cass. n. 26110 del 2015). Viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione. 6. In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato e le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in favore della controricorrente in euro 4.300 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Si dà atto del fatto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 24.4.2025