Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 721 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 721 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/01/2025
Accertamento induttivo puro ex art. 39 D.P.R. 600/1973 Presunzione supersemplice Sufficienza – Prova contraria del contribuente – Contenuto.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11539/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , ed ANNUNZIATA COGNOME rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. A rcangelo COGNOME con il quale elettivamente domiciliano in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME ;
-ricorrenti – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, n. 7327/11/2022, depositata in data 15 novembre 2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle Entrate di Roma I notificava alla società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione l’avviso di accertamento n. TF503AH00981/2019, emesso ai sensi degli artt. 32, 39 e 40 d.P.R. n. 600/1973 e 51 e 54 d.P.R. n. 633/1972, in rettifica della dichiarazione dei redditi per l’anno di imposta 20 15. In particolare, l’Ufficio accertava maggiori ricavi non dichiarati pari ad Euro 561.677,00 ed una maggiore IVA per Euro 123.569,00.
La contribuente eccepiva: a) la nullità dell’avviso di accertamento per difetto di motivazione e violazione dell’art. 7 della l. 212/2000; b) l’illegittimità dell’avviso in quanto costruito su presupposti di fatto errati e non pertinenti con l’operato dell a società.
Sulla base della presunzione di distribuzione degli utili di una società di capitale a ristretta base ai soci l ‘Ufficio notificava a d NOME COGNOME l’avviso di accertamento n. TF5012AH02043/2019, con il quale veniva imputato al ricorrente, nella sua veste di socio titolare del 95% delle quote della società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, e, quindi, recuperato a tassazione, ai fini IRPEF per l’anno 2015, il reddito pari ad Euro 265.302,00, ex art. 47, comma 1, del d.P.R. n. 917/1986.
La società ed il socio impugnavano i detti avvisi innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Napoli, che, riuniti i ricorsi, li accoglieva; la società aveva adeguatamente documentato che l’intervenuta vendita di beni al di sotto del loro costo d’acquisto, confermata dalle risultanze del libro giornale e dalle fatture di vendita, fosse da imputarsi alla liquidazione della merce in magazzino, accumulata in 12 anni di attività e svenduta con applicazione di sconti sino al 75%. L’Agenzia, di contro, ave va fondato l’accertamento solo sulle risultanze del PVC redatto dalla Guardia di Finanza, senza addurre ulteriori elementi.
L’Ufficio proponeva gravame innanzi alla Co rte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania deducendo l ‘erroneità
della pronuncia in quanto l’accertamento era stato emesso con ‘metodo induttivo puro’ che ammette le presunzioni super semplici. La Corte tributaria regionale accoglieva il gravame: previa qualificazione dell’accertamento come ‘induttivo puro’, evidenziava che la società non avesse fornito la prova liberatoria per presunzioni semplici, in quanto quella fornita, seppur ‘circostanziata’ e ‘credibile’, non aveva raggiunto il livello della gravità, precisione e concordanza.
Avverso la decisione della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania hanno proposto ricorso per cassazione la società contribuente ed il socio, affidato a tre motivi. L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
In data 10 ottobre 2023 il ricorrente NOME COGNOME depositava atto con cui chiedeva l’estinzione del giudizio, limitatamente alla propria posizione, avendo aderito a procedura di definizione agevolata delle controversie tributarie ai sensi della legge n. 197 del 2022. Precisamente, depositava istanza di definizione ai sensi dell’art. 1, comma 198, l. 197/2022 e modello F24 relativo al primo pagamento.
Il ricorso è stato, quindi, fissato per l ‘ adunanza camerale del 14/11/2024.
In data 30 ottobre 2024 i ricorrenti hanno depositato memoria con la quale hanno chiesto: a) estinguersi il giudizio in relazione alla posizione di NOME COGNOME; b) dichiararsi l’inammissibilità del controricorso dell’Ufficio in quanto tardivo; c) accogliersi il ricorso.
Considerato che:
Va, preliminarmente, dichiarata l’estinzione del giudizio limitatamente alla posizione di NOME COGNOME ed all’avviso di accertamento n. TF5012AH02043/2019.
Il ricorrente ha, invero, documentato di aver presentato la domanda di definizione agevolata ai sensi della citata normativa e di aver provveduto al pagamento della prima (di 20) rata. Nella nota dell ‘A vvocatura dello Stato, a firma dell’Avv. NOME COGNOME datata 8 maggio 2024 e depositata in data 14-17 maggio 2024, si
richiama la nota dell’Agenzia delle Entrate (datata 9 maggio 2024) con cui veniva comunicato l’ avvenuto perfezionamento della definizione agevolata.
Secondo l’orientamento di questa Corte (da ultimo, Cass. 11/09/2024, n. 24428) sussistono i presupposti per dichiarare l’estinzione del giudizio, limitatamente alla posizione del ricorrente NOME COGNOME
Le spese di lite restano a carico di chi le ha anticipate.
L’estinzione comporta l’assorbimento del terzo motivo di ricorso, rubricato ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c.’, relativo alla posizione del socio, con i l quale si lamenta sostanzialmente l’omessa motivazione, da parte della CTR, del rigetto del ricorso del l’Annunziata .
Ancora in via preliminare va dichiarata l’ammissibilità del controricorso depositato dall’Ufficio in data 26 febbraio 2024, dovendo computarsi, ai fini del rispetto del termine previsto dall’art. 370 cod. proc. civ., la sospensione per 11 mesi prevista dal comma 199 dell’art. 1 della legge 197/2022. Invero, nella specie il ricorso per cassazione è stato notificato il 30 maggio 2023, il termine per presentare il controricorso scadeva il 9 luglio 2023, ovvero entro la finestra temporale (dal primo gennaio 2023 al 31 ottobre 2023) prevista dalla norma. Ne segue che, computando la sospensione di 11 mesi, il controricorso depositato il 26 febbraio 2024 è tempestivo.
Ciò posto, con il primo strumento di impugnazione la società ricorrente deduce la «violazione e falsa applicazione de ll’ art. 39 comma 1 lett. d) e comma 2 del D.P.R. 600/73 e consequenziale violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 n.3 c.p.c.». Lamenta, in particolare, che la CTR avrebbe erroneamente qualificato l’accertamento eseguito nei confronti della società come ‘induttivo puro’ (legittimante l’utilizzo di super presunzioni), in luogo di ‘induttivo analitico’, come emergente dal
contenuto dell’avviso di accertamento. Di qui l’erronea applicazione dei principi che regolano l’onere della prova ex art. 2697 cod. civ.
Il motivo è infondato.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte «in tema di rettifica dei redditi d’impresa, il discrimine tra l’accertamento con metodo analitico induttivo e quello con metodo induttivo puro sta, rispettivamente, nella parziale o assoluta inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili: nel primo caso, la ‘incompletezza, falsità o inesattezza’ degli elementi indicati non è tale da consentire di prescindere dalle scritture contabili, in quanto l’Ufficio accertatore può solo completare le lacune riscontrate, utilizzando ai fini della dimostrazione dell’esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati, anche presunzioni semplici aventi i requisiti di cui all’art. 2729 c.c.; nel secondo caso, invece, ‘le omissioni o le false od inesat te indicazioni’ sono così gravi, numerose e ripetute da inficiare l’attendibilità e dunque l’utilizzabilità, ai fini dell’accertamento anche degli altri dati contabili (apparentemente regolari), sicché l’Amministrazione finanziaria può ‘prescindere, in tutto o in parte, dalle risultanze del bilancio e delle scritture contabili in quanto esistenti’ ed è legittimata a determinare l’imponibile in base ad elementi meramente indiziari, anche se inidonei ad assurgere a prova presuntiva ex artt. 2727 e 2729 c.c.» (Cass. 18/12/2019, n. 33604; conf. Cass. 15/02/2023, n. 4662).
L’accertamento induttivo puro svolto ai sensi dell’art. 39, comma 2, d.P.R. n. 600/1973, consente all’Amministrazione finanziaria di prescindere del tutto dalle risultanze delle scritture contabili e di determinare l’imponibile sulla base di elementi meram ente indiziari, costituenti presunzioni ‘supersemplici’, ovvero prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza (Cass. 17/07/2019, n. 19191), quando i dati in esse contenuti siano assolutamente inattendibili e tali da inficiare l’utilizzabilità an che di quelli apparentemente regolari (Cass. 09/06/2017, n. 14376), ponendo a carico del contribuente l’onere di fornire la prova
contraria, ossia di dimostrare di non aver conseguito il reddito accertato (Cass. 27/02/2020, n. 20793) ovvero di avere conseguito un reddito inferiore a quello indicato dall’Ufficio (Cass. 14/04/2022, n. 12127).
Si è, da ultimo, precisato che il giudizio di complessiva o intrinseca inattendibilità delle scritture contabili, ancorché formalmente corrette, costituisce il presupposto per procedere con il metodo analitico-induttivo, che consente valutazioni sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973, ma anche quello per procedere con l’accertamento induttivo “puro”, fondato su presunzioni cd. “supersemplici”, prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, in presenza di una delle tassative condizioni previste dallo stesso art. 39, comma 2, il quale, inoltre, costituendo una facoltà per l’Amministrazione, può prescindere anche solo in parte dalle scritture contabili e dal bilancio e non richiede alcuna specifica motivazione per l’utilizzazione di dati indicati in contabilità o in dichiarazione o comunque provenienti dallo stesso contribuente, anche a fronte di un giudizio di complessiva inattendibilità della contabilità, nel rispetto di una ricostruzione operata sempre secondo criteri di ragionevolezza e nel rispetto del parametro costituzionale della capacità contributiva (Cass. 13/06/2024, n. 16528).
Alla luce del contenuto dell’avviso di accertamento (allegato al ricorso per cassazione) non vi è dubbio che nella specie l’Ufficio abbia ritenuto l’inattendibilità complessiva delle scritture contabili e, quindi, proceduto ai sensi del comma 2 dell’art. 39 d.P.R. n. 600/1973. A pagina 3 dell’avviso si legge: ‘… la violazione dell’assoluta mancanza e/o compilazione del dettaglio delle giacenze, in riferimento all’omessa indicazione delle quantità afferenti la consistenza iniziale, l’entrata e l’uscita dei beni inventariati, renda inattendibili le scritture contabili della società e legittima l’Amministrazione Finanziaria, a procedere
all’accertamento induttivo del reddito d’impresa ai sensi dell’art. 39, 2° comma, del D.P.R. 600/1973’.
Appare, quindi, corretta la qualificazione, da parte della CTR, dell’accertamento de quo come induttivo puro ed il conseguente legittimo utilizzo delle presunzioni super semplici da parte dell’Ufficio.
Con il secondo strumento di impugnazione la società lamenta la «violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. -omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360, n. 5 c.p.c.» . Deduce, in particolare, che la CTR avrebbe omesso di valutare le prove documentali offerte (sia in sede di verifica, sia in sede di accertamento con adesione, sia infine in iudicio ) al fine di dimostrare la vendita sottocosto di tutta la merce. L’esame delle fatture relative dell’anno 2015 sarebbe stato omesso dal giudice del gravame.
Il motivo è fondato.
La CTR ha affermato che la contribuente non aveva fornito la prova che ‘tutte le merci esitate siano state tutte cedute sottocosto’ (pag. 3 della sentenza), con ciò presupponendo che alcune (senza specificare quali e quante) siano invece state cedute sottocosto e di ciò l’appellante abbia dato prova.
Se questo è vero, l’avviso di accertamento non poteva essere confermato nella sua interezza, ma defalcato degli importi relativi alle vendite sottocosto delle merci di cui la contribuente, come implicitamente affermato dalla CTR, aveva dato la prova (anche se, per ipotesi, si tratti di un numero esiguo di esse).
In base alle considerazioni svolte la sentenza di appello va cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, perché proceda a nuovo esame in relazione alla censura accolta – valutando, alla luce di tutta la documentazione (in particolare le fatture) depositata dalla contribuente, quali e quanti beni siano stati venduti sottocosto,
epurando, all’esito, il relativo importo dall’avviso di accertamento -ed alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Dichiara estinto il giudizio limitatamente alla posizione di NOME COGNOME, rimanendo le spese a carico di chi le ha anticipate, e, per l’effetto, dichiara assorbito il terzo motivo di ricorso.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio, provvedendo anche a regolare le spese del giudizio di legittimità tra le parti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 novembre