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Accertamento induttivo puro: onere della prova sui costi

Una società ha impugnato un avviso di accertamento basato su un metodo induttivo puro, sostenendo che il Fisco non avesse considerato adeguatamente i costi, tassando così il reddito lordo. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che nell’accertamento induttivo basato su una percentuale di ricarico, i costi sono intrinsecamente inclusi nel calcolo. Pertanto, spetta al contribuente l’onere di provare l’esistenza di costi ulteriori e maggiori rispetto a quelli già considerati presuntivamente dall’amministrazione finanziaria.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento Induttivo Puro e Onere della Prova sui Costi: La Visione della Cassazione

L’accertamento induttivo puro rappresenta uno degli strumenti più incisivi a disposizione dell’Agenzia delle Entrate per contrastare l’evasione fiscale, specialmente quando il contribuente omette di presentare le dichiarazioni o le scritture contabili. Tuttavia, il suo utilizzo deve sempre bilanciarsi con il principio fondamentale della capacità contributiva, che impone di tassare il reddito netto e non quello lordo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce proprio su questo delicato equilibrio, chiarendo a chi spetta l’onere di provare i costi in tale contesto.

Il Caso: Una Ricostruzione Induttiva del Reddito

Una società si è vista notificare un avviso di accertamento per l’anno 2015 con cui il Fisco, a fronte di dichiarazioni nulle, aveva ricostruito induttivamente un reddito d’impresa di oltre 400.000 euro. L’amministrazione finanziaria aveva determinato i ricavi applicando una percentuale di ricarico del 108%, desunta dall’analisi di alcune fatture reperite durante la verifica fiscale.

La società ha impugnato l’atto, ottenendo una prima vittoria presso la Commissione Tributaria Provinciale, che aveva ritenuto la percentuale di ricarico sproporzionata, riducendola al 31%. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale, in accoglimento dell’appello del Fisco, ha riformato la decisione, ritenendo legittima la ricostruzione operata dall’Agenzia. La controversia è così giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Questione dell’Accertamento Induttivo Puro e dei Costi

Il motivo principale del ricorso della società si fondava su un punto cruciale: a suo dire, l’Agenzia delle Entrate avrebbe determinato il reddito al lordo, senza considerare una quota adeguata di costi, violando così il principio di capacità contributiva. Secondo la difesa, il Fisco avrebbe dovuto contrapporre ai maggiori ricavi accertati anche una quota presuntiva di costi, per evitare di tassare un profitto inesistente.

La Corte Suprema ha innanzitutto qualificato correttamente la fattispecie come un accertamento induttivo puro (ex art. 39, comma 2, D.P.R. 600/73), che si applica nei casi più gravi di inadempimento da parte del contribuente, come l’omessa presentazione delle dichiarazioni e la mancata tenuta delle scritture contabili. In questi casi, l’Ufficio può avvalersi anche di presunzioni semplici, prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.

La Decisione della Corte: La Prova dei Costi nell’Accertamento Induttivo

La Cassazione ha rigettato il ricorso della società, fornendo un chiarimento fondamentale sul rapporto tra accertamento induttivo e deduzione dei costi. La Corte ha ribadito un principio consolidato: anche nell’accertamento induttivo, il Fisco deve sempre ricostruire il reddito netto, tenendo conto delle componenti negative. Questo può avvenire sia analiticamente, se emergono dagli atti, sia in via presuntiva.

Il punto dirimente, nel caso di specie, è stato il metodo utilizzato dall’Agenzia: la determinazione del reddito attraverso l’applicazione di una percentuale di ricarico. Secondo la Corte, questo metodo è intrinsecamente coerente con il principio di capacità contributiva, poiché la base di calcolo su cui si applica il ricarico è costituita proprio dai costi. In altre parole, il Fisco è partito dai costi noti (desunti dalle fatture) per determinare presuntivamente i ricavi. Di conseguenza, i costi non sono stati ignorati, ma posti a fondamento della ricostruzione stessa.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che, una volta che l’amministrazione finanziaria ha considerato i costi, anche in via presuntiva, attraverso il metodo del ricarico, l’onere della prova si sposta interamente sul contribuente. È quest’ultimo che deve dimostrare, con prove concrete, di aver sostenuto costi maggiori rispetto a quelli implicitamente riconosciuti dall’Ufficio. Non è ammissibile, per il contribuente, limitarsi a lamentare il mancato riconoscimento di costi o a chiederne una deduzione forfettaria. Deve, invece, fornire la prova contraria ai dati presunti dal Fisco. L’inerzia del contribuente, che non ha fornito la documentazione contabile, non può tradursi in un obbligo per il Fisco di riconoscere costi non documentati.

Conclusioni

L’ordinanza rafforza un principio cardine in materia di accertamento tributario: la passività del contribuente non paga. In un contesto di accertamento induttivo puro, se il Fisco utilizza un metodo logico come quello della percentuale di ricarico, si presume che abbia tenuto conto dei costi. Qualsiasi affermazione contraria deve essere supportata da prove documentali solide fornite dal contribuente. Questa decisione sottolinea, ancora una volta, l’importanza cruciale di una corretta e trasparente tenuta della contabilità, che rimane la prima e più efficace difesa contro le pretese del Fisco.

In un accertamento induttivo puro, l’Agenzia delle Entrate deve sempre considerare i costi?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che il Fisco deve ricostruire il reddito tenendo conto anche delle componenti negative (i costi), determinandole, se necessario, in via presuntiva, per rispettare il principio di capacità contributiva e tassare il profitto netto, non quello lordo.

Se l’accertamento si basa su una percentuale di ricarico, come vengono considerati i costi?
Quando l’accertamento utilizza una percentuale di ricarico, i costi sono intrinsecamente considerati, poiché costituiscono la base di calcolo su cui viene applicato il ricarico per determinare i ricavi. Il metodo stesso parte dai costi per ricostruire il reddito.

A chi spetta l’onere di provare l’esistenza di costi maggiori rispetto a quelli considerati dall’Agenzia in un accertamento induttivo?
L’onere della prova di costi deducibili in misura maggiore rispetto a quelli presi in considerazione dall’amministrazione finanziaria spetta esclusivamente al contribuente. Non è sufficiente una richiesta generica, ma occorre fornire prove concrete per contrastare i dati presunti dal Fisco.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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