Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8808 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8808 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23537/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ed elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende ( )
-ricorrente-
contro
AGENZIA RAGIONE_SOCIALE -DIREZIONE PROVINCIALE DELL’AQUILA, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE dell’ABRUZZO n. 213/2021 depositata il 23/03/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/02/2025
dalla Consigliera NOME COGNOME
Rilevato che:
La Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo ( hinc: CTR), con la sentenza n. 213/2021 depositata in data 23/03/2021, ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, riformando la sentenza n. 338/2019, con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di L’Aquila aveva accolto, parzialmente, il ricorso del contribuente contro l’avviso di accertamento con il quale era stato accertato per l’anno 2015, un reddito di impresa pari ad € 403.166,00, a fronte di quello dichiarato pari a € 0,00, un valore della produzione lorda ai fini IRAP pari ad € 403.166,00, a fronte di quello dichiarato pari ad € 0,00, operazioni attiv e imponibili ai fini IVA pari ad € 388.747,00, a fronte di un dichiarato pari ad € 0,00 ed operazioni passive imponibili ai fini IVA pari ad € 370.810,00, a fronte di un dichiarato pari ad € 0,00, con la conseguente richiesta del pagamento delle imposte dovute per IRES (€ 110.871,00), IRAP (€ 19.433,00), IVA (€ 24.426,00), irrogando sanzioni per € 149.675,00.
In senso contrario rispetto alla statuizione del giudice di prime cure -che aveva ritenuto irragionevole e sproporzionata la percentuale di carico applicata dall’amministrazione finanziaria, rideterminandola nel 31% – la CTR ha evidenziato come, nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate avesse dedotto la percentuale di ricarico del 108% (fatto ignoto) sulla base della verifica analitica delle fatture esibite e reperite in sede di verifica fiscale. La CTR ha,
quindi, ritenuto corretto l’accertamento induttivo operato dall’amministrazione finanziaria, sulla base di presunzioni semplici, non avendo il contribuente fornito elementi per confutare tale presunzione.
Contro la sentenza della RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso in cassazione con un motivo.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
…
Considerato che:
1 . Con l’unico motivo di ricorso proposto la società contribuente ha censurato, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 39, secondo comma, e dell’art. 32, n. 2, d.P.R. 29/09/1973, n. 600, nonché degli artt. 83 e 109 t.u.i.r.
1.1. La parte ricorrente -richiamata Corte cost. 08/06/2005, n. 225 -ha evidenziato che, nel caso di specie, l’amministrazione ha considerato i prelevamenti come acquisti nella parte IVA dell’accertamento, ma non nella parte IRES e IRAP. Evidenzia, quindi (v. pag. 3 ricorso), che: « la CTR erra nella parte in cui pretende la dimostrazione di spese che sono insite nei risultati delle stesse indagini finanziarie. Omettendo così di contrapporre ai ricavi la imprescindibile quota di costi di produzione, e così determinando un reddito lordo, lontano dalla base imponibile prevista dagli artt. 83 e 108 T.u.i.r. e oltretutto inaccettabile, come si è visto, sotto il profilo costituzionale. »
1.2. Il secondo errore in cui è incorsa la sentenza impugnata è quello di aver trascurato che l’amministrazione finanziaria avesse fatto un accertamento induttivo, fondato sulla documentazione incompleta prodotta dalla società, determinando il reddito al lordo, cioè senza considerare una quota percentuale anche dei costi. Sul punto la parte ricorrente richiama la giurisprudenza di questa Corte
e della Corte costituzionale (C. cost. n. 225 del 2005, cit. ), evidenziando che l’Agenzia delle Entrate non era legittimata a operare una ricostruzione, come quella fatta nel caso in esame, dove, sono stati individuati ricavi induttivi pari a Euro 774.985,18, applicando una percentuale di ricarico, pari al 110%, sui costi di Euro 370.909,27.
Passando all’esame del ricorso, occorre rilevare, in via preliminare, come nel caso di specie l’avviso di accertamento costituisca l’esito di un accertamento induttivo cd. puro ex art. 39, comma 2, lett. a) e c), d.P.R. n. 600 del 1973 ed ex art. 55 d.P.R. n. 633 del 1972, in considerazione della presentazione di dichiarazioni fiscali nulle per omessa indicazione del reddito d’impresa e degli altri elementi necessari alla determinazione dell’ammontare delle operazi oni imponibili ai fini IVA, oltre che per la sottrazione delle scritture e registri obbligatori previsti ex art. 14 d.P.R. n. 600 del 1973.
2.1. Occorre, poi, rilevare come nel caso di specie non venga in rilievo un accertamento fondato su indagini bancarie ex art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973, con la conseguenza che tale parametro normativo è inconferente e, sotto tale profilo, il motivo di ricorso è inammissibile.
Ciò premesso, questa Corte ha rilevato che « quanto all’accertamento globalmente induttivo del reddito d’impresa, vale sempre la regola che il fisco deve ricostruire il reddito, tenendo conto anche delle componenti negative emerse dagli accertamenti compiuti ovvero, in difetto, determinandole induttivamente e/o presuntivamente, al fine di evitare che, in contrasto con il principio della capacità contributiva, venga sottoposto a tassazione il profitto lordo, anziché quello netto (Cass. VI-5, n. 26748/2018; Cass. V, n.
23314/2013; Cass. V, n. 13119/ 2020; conf. Circ. AdE, n. 9/E/2015, §2) (Cfr. Cass., V, n. 2581/2021) » (Cass., 17/04/2023, n. 10192).
Nel caso di specie, come risulta dall’esposizione del ricorso (v. pag. 2), la contestazione della ricorrente si incentrava sul mancato riconoscimento di ulteriori costi deducibili.
Ora, trattandosi dell’accertamento svolto, in via induttiva, ai sensi dell’art. 39, comma 2, lett. a) e c), d.P.R. n. 600 del 1973 , la ricostruzione tanto dei componenti positivi che di quelli negativi viene svolta, in via presuntiva, non risultando indicati i dati da parte del contribuente nella dichiarazione e non essendo state messe a disposizione dell’amministrazione finanziaria n eppure le scritture contabili. Di conseguenza, ai fini della coerenza con il principio di capacità contributiva è sufficiente che l’amministrazione finanziaria, in sede di accertamento induttivo, abbia tenuto conto (anche) dei costi unitamente ai ricavi, potendo procedere, in via presuntiva, anche all’accertamento dei primi.
Una volta che risulti che l’amministrazione abbia considerato anche i costi, la prova di una misura maggiore di questi ultimi fa necessariamente capo al contribuente, che non può limitarsi a evocare la richiesta di deduzione di ulteriori costi forfettizzati (v. pag. 2 del ricorso), ma è onerato di fornire la prova contraria ai dati forniti da parte dell’amministrazione finanziaria, seppure su base presuntiva.
Nella specie la sentenza impugnata ha rilevato che l’accertamento induttivo è stato ottenuto, procedendo alla ricostruzione dei ricavi sulla base della verifica analitica sulle fatture presentate e reperite a seguito dei controlli, che hanno costituito il fatto noto da cui è stata tratta, in via presuntiva, la conoscenza del fatto ignoto costituito dalla percentuale di ricarico. Il metodo di accertamento induttivo incentrato sulla percentuale di ricarico è,
pertanto, coerente con il principio di capacità contributiva, nella misura in cui sono proprio i costi rilevati dall’amministrazione finanziaria ad aver costituito la base di calcolo su cui si fonda l’accertamento in via presuntiva.
Risulta, quindi, che la determinazione induttiva ex art. 39, comma 2, d.P.R. n. 600 del 1973 abbia tenuto conto anche dei costi.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato il ricorso è infondato e deve essere rigettato, con la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della parte controricorrente.
…
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.800,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 28/02/2025.