Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8752 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5   Num. 8752  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al n. 18717/2021 R.G.) proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (Codice Fiscale: CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro  tempore , rappresentata e difesa dall ‘ Avvocatura Generale dello Stato e domiciliata presso gli uffici di quest ‘ ultima, siti in Roma, alla INDIRIZZO (indirizzo p.e.c.: ‘ EMAIL ‘) ;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , con sede in Francavilla D ‘ Ete (INDIRIZZO), alla INDIRIZZO (Codice Fiscale: CODICE_FISCALE),  in  persona  del legale rappresentante pro  tempore , COGNOME  NOME ,  (Codice  Fiscale:  CODICE_FISCALE), COGNOME NOME ,  (Codice  Fiscale:  CODICE_FISCALE), COGNOME  NOME , (Codice  Fiscale:  CODICE_FISCALE)  e COGNOME  NOME (Codice
n. 18717/2021 R.G.
COGNOME.
Rep.
C.C. 28 gennaio 2025
Tributi -Avviso di accertamento IVA, IRPEF e IRAP Accertamento induttivo.
Fiscale: CODICE_FISCALE), le ultime tre quali eredi del socio deceduto COGNOME NOME ;
-intimate – avverso la  sentenza  della  Commissione  Tributaria  Regionale  RAGIONE_SOCIALE Marche n. 10/2021, pubblicata il 5 gennaio 2021;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 28 gennaio 2025, dal Consigliere relatore NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
1.- La vicenda trae origine da indagini finanziarie eseguite nei confronti della società semplice RAGIONE_SOCIALE, esercente l ‘ attività di « coltivazioni miste di cereali e altri seminativi e allevamento di ovini » e dei rispettivi  soci  svolte  nell ‘ ambito  del  procedimento  penale  n.  3922/2006 relativo  ad  attività  di  repressione  e  contrasto  RAGIONE_SOCIALE  frodi  comunitarie FRAGIONE_SOCIALE.
A  seguito  dell ‘ autorizzazione  dell ‘ Autorità  giudiziaria  all ‘ utilizzo  dei documenti acquisiti ai  fini  fiscali  nel  rispetto  dell ‘ art.  33,  comma  3,  del d.P.R. n. 600 del 1973, l ‘ attività di verifica confluiva nel processo verbale di  constatazione  n.  16/11/2007  per  il  periodo  d ‘ imposta  2004-2006, redatto dalla Guardia di Finanza.
Sulla  base  di  tale  p.v.c.,  l ‘ amministrazione  finanziaria  invitava  la società  a  fornire  giustificazioni  RAGIONE_SOCIALE  movimentazioni  (eccetto  quelle  già riferibili a spese personali o bancarie o giroconti, o accrediti di Agea) sui conti  correnti  intestati  alla  società  ed  ai  singoli  soci,  COGNOME  NOME  e COGNOME NOME, nonché a COGNOME NOME, ritenuto amministratore di fatto della società medesima, non ottenendo riscontro alcuno.
Pertanto, l ‘ amministrazione procedeva a ricostruire l ‘ imponibile relativo alle imposte dirette con modalità meramente induttiva, ex art. 39, comma 2, d.P.R. n. 600  del 1973, basata sul ricorso a presunzioni cd. semplicissime e l ‘ imponibile I.V.A. sulla base dei versamenti rimasti privi di  giustificazione  ex  art.  51,  comma  2,  n.  2),  d.P.R.  n.  633  del  1972, sanzionando le violazioni commesse.
A tal fine, l ‘ amministrazione finanziaria considerava: – che dalle indagini finanziarie erano emersi, per l’anno 2005, versamenti e prelevamenti non giustificati per un totale di €. 2.460.719,13 (euro duemilioniquattrocentosessantamilasettecentodiciannove/13); -che la società aveva duplice oggetto, esercitando l ‘ attività di « coltivazioni miste di cereali e altri seminativi e allevamento di ovini »; – che le cessioni compiute dalla società avevano scontato l ‘ IVA con aliquota del 4%, propria dei prodotti agricoli, in misura pari al 43,20% del totale RAGIONE_SOCIALE cessioni; che, pertanto, l ‘ Ufficio riteneva che in tale percentuale l ‘ attività fosse ascrivibile a coltivazioni, dando luogo a reddito già accertato su base catastale ai sensi dell ‘ art. 34 TUIR, mentre per la restante parte doveva riferirsi ad attività di allevamento; – che l ‘ allevamento, ai sensi dell ‘ art. 32, comma 2, lett. b) e comma 3, TUIR, dà luogo a reddito d ‘ impresa, quando supera determinati limiti fissati da tali norme in relazione all ‘ impiego di mangimi autoprodotti; che, dunque, in assenza di collaborazione della contribuente e di altre indicazioni, l ‘ ufficio fissava equitativamente tale misura nella metà e deduceva una percentuale di costi, desunta dalla dichiarazione dei redditi della società, pari al 37,06%.
In base a siffatta ricostruzione, l ‘ amministrazione finanziaria emetteva avvisi di accertamento dei maggiori imponibili e RAGIONE_SOCIALE maggiori imposte ai fini IRAP e IVA nei confronti della società semplice per le varie annualità, nonché i conseguenti avvisi nei confronti dei singoli soci volti ad imputare ad essi i redditi ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette per le varie annualità.
In particolare, con l ‘ avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO–NUMERO_DOCUMENTO nei confronti della società, oggetto del presente giudizio, veniva accertato il maggiore imponibile per le imposte dirette per un ammontare pari ad €. 439.852,55  (euro  quattrocentotrentanovemilaottocentocinquantadue/55) e le imposte IRAP e IVA per l ‘ anno 2005.
L ‘ imponibile IVA veniva invece accertato in base alle presunzioni di cui all ‘ art.  51,  comma  2,  n.  2),  d.P.R.  n.  633  del  1972  sulla  base  dei  soli versamenti  non  giustificati,  applicando  l ‘ IVA  con  l ‘ aliquota  propria  dei
prodotti agricoli (4%) per la percentuale sopra indicata di cessioni riferite a tali prodotti, con l ‘ aliquota propria dei prodotti da allevamento (pari al 10%) per la restante percentuale, con una maggiore imposta dovuta di €. 89.841,98  (euro  ottantanovemilaottocentoquarantuno/98).  Le  sanzioni IVA per mancata regolarizzazione venivano determinate con riferimento all ‘ ammontare dei prelevamenti rimasti privi di giustificazione.
La società semplice e COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, quali eredi del socio deceduto COGNOME NOME, ricorrevano dinanzi alla Commissione  tributaria  provinciale  di  Ascoli  Piceno,  lamentando:  1) l ‘ incompetenza  territoriale  della  RAGIONE_SOCIALE  RAGIONE_SOCIALE  di  RAGIONE_SOCIALE;  2)  la violazione della l. n. 241 del 1990; 3) l ‘ omessa allegazione del p.v.c.; 4) nel  merito,  la  rideterminazione  dell ‘ Ufficio,  in  quanto  l ‘ attività  agricola poteva dar origine soltanto a reddito agrario.
La Commissione Tributaria RAGIONE_SOCIALE di Ascoli Piceno, nella resistenza dell ‘ amministrazione finanziaria, con sentenza n. 8/2/2013, accoglieva il ricorso, ritenendo la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE non competente per territorio,  essendo  la  sede  legale  della  società  ubicata  in  Montemonaco (AP).
2.La Commissione Tributaria Regionale, investita dall ‘ appello proposto dall ‘ RAGIONE_SOCIALE, con la sentenza oggetto dell ‘ odierna impugnazione,  pur  ritenendo  sussistente  la  competenza  della  RAGIONE_SOCIALE, lo rigettava nel merito.
In particolare, a sostegno dell ‘ adottata pronuncia la Commissione Tributaria Regionale rilevava, per quanto di interesse in questa sede, che: « Nel merito, la decisione può essere assunta in applicazione del principio della ragione più liquida, quale principio che consente al Giudice di esaminare prioritariamente il motivo suscettibile di assicurare la definizione del giudizio, anche in presenza di questioni antecedenti, secondo l ‘ ordine logico-giuridico (Cass. 9936/2014, 23542/2015, 9218/2018). Le presunzioni su cui si basa l ‘ ufficio per ricostruire il reddito di impresa della società semplice esercente attività agricola, facendo
riferimento alle movimentazioni bancarie, non appaiono sostenute da un adeguato impianto probatorio. Trattandosi di attività basata sullo sfruttamento di beni sottoposti a determinazione catastale del reddito, l ‘ ufficio non è stato in grado di identificare, se non in via meramente ipotetica e senza alcun elemento obiettivo, quale sia la parte dei proventi eccedenti rispetto ai proventi derivanti dai beni (terreni agricoli) soggetti a determinazione catastale del reddito. L ‘ ufficio ha infatti proceduto ad una ripartizione ‘ secondo equità ‘ dei maggiori redditi contestati pari ad 1.397.688,46 – quale somma di versamenti per euro 1.212.765,78 e prelevamenti per euro 1.274.953,35 al cui totale di euro 2.460.713,13 è stata detratta la quota corrispondente ai prodotti ceduti con Iva 4% per euro 1.063.030,66 – per un 50% ai proventi agrari e per un 50% ai proventi d ‘ impresa. Tale ripartizione del 50% si presenta sfornita di qualunque elemento probatorio e motivazionale, se non per il riferimento ad un ipotetico criterio di equità che secondo questo giudicante, nel caso di specie non può essere validamente invocato dall ‘ amministrazione. Appare evidente, infatti, che la tassazione dei redditi agrari e dominicali secondo criteri catastali ai sensi dell ‘ art. 34 t.u. 917/1986, come riportato anche nell ‘ avviso di accertamento, non consente di imputare il coacervo RAGIONE_SOCIALE movimentazioni bancarie – peraltro assommate sia dal lato dei versamenti che dal lato dei prelievi a singole operazioni economiche, se non per la eventuale parte eccedente il reddito fondiario ai sensi dell ‘ art. 32, comma 3 t.u. 917/1986, su cui l ‘ atto impositivo non offre alcun elemento di approfondimento o valutazione, se non per il richiamo al criterio di equità, da ritenersi in concreto non applicabile. L ‘ atto impositivo si basa infatti soltanto sulle movimentazioni bancarie, che, ai fini della determinazione dei redditi, nel caso di specie non possono essere significativamente trasposte in elementi reddituali, in assenza di adeguata contestazione sullo svolgimento di attività eccedente o estranea all ‘ esercizio dell ‘ azienda agricola (cfr. Cass. 15708/2009). Le contestazioni mosse dall ‘ ufficio sull ‘ eccedenza di ricavi rispetto al reddito fondiario
appaiono quindi insufficienti, in quanto costruite in modo generico e senza carattere di perspicuità e non costituiscono quindi, a parere del Collegio, una presunzione idonea a sostenere l ‘ accertamento. Alla luce di quanto sopra  esposto,  ritiene  quindi  il  Collegio  che  l ‘ atto  impositivo  non  sia assistito da adeguato impianto probatorio. ».
3.- Avverso la menzionata sentenza d ‘ appello, l ‘ RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
4.- Le contribuenti sono rimaste intimate.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.-  Con  il  primo  motivo,  l ‘ amministrazione  finanziaria  ricorrente denuncia,  ai  sensi  dell ‘ art.  360,  comma  1,  n.  3),  c.p.c.,  la  violazione dell ‘ art. 39, comma 2, d.P.R. n. 600 del 1973 e la falsa applicazione degli artt. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 600 del 1973 e 2727 c.c..
Sostiene, in particolare, che, pur essendo pacifica l ‘ avvenuta applicazione, nella specie, di un accertamento di tipo induttivo ex art. 39, comma 2, d.P.R. n. 600 del 1973, nondimeno la Commissione Tributaria Regionale ha annullato l ‘ avviso d ‘ accertamento sulla base della considerazione  secondo  cui  le  presunzioni  poste  a  fondamento  della ricostruzione  dei  redditi  compiuta  dall ‘ Ufficio  non  sarebbero  dotate  dei caratteri di gravità, precisione e concordanza.
Evidenzia, ancora, come tale assunto si traduca in una falsa applicazione dell ‘ art. 2727 c.c. e dell ‘ art. 39, comma 1, d.P.R. n. 600 del 1973 e violi altresì l ‘ art. 39, comma 2, già sopra menzionato che, infatti, non richiede che l ‘ accertamento meramente induttivo debba fondarsi su presunzioni munite dei caratteri della gravità, precisione e concordanza, ben potendo fondarsi su presunzioni cd. semplicissime, ossia che non raggiungono l ‘ intensità indiziante della vera e propria prova presuntiva.
Nella  specie,  la  Commissione  Tributaria  Regionale  avrebbe  violato lettera e ratio dell ‘ art. 39, comma 2, d.P.R. n. 600 del 1973, esigendo in sostanza che l ‘ Ufficio si munisse di elementi presuntivi con forza indiziante superiore  a  quella  RAGIONE_SOCIALE  mere  presunzioni  semplicissime  previste  per  il
caso di accertamento induttivo puro. Inoltre, il giudice d ‘ appello avrebbe applica falsamente l ‘ art. 39, comma 1, d.P.R. n. 600 del 1973 e l ‘ art. 2727 c.c., estendendone l ‘ applicazione a fattispecie diversa da quella prevista dalla norma.
2.-  Con  il  secondo  motivo,  l ‘ amministrazione  finanziaria  ricorrente denuncia, ai sensi dell ‘ art.  360, comma 1, n. 4), c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 2, 35, comma 3, d.lgs. n. 546 del 1992, nonché degli artt. 112 e 277 c.p.c..
Sostiene, in particolare, che, la Commissione Tributaria Regionale, una volta affermata l ‘ inattendibilità della ricostruzione dei redditi operata dall ‘ Ufficio in ragione del difetto di perspicuità RAGIONE_SOCIALE presunzioni utilizzate riguardo alla ripartizione dei redditi provenienti dall ‘ allevamento degli ovini tra redditi agrari e redditi d ‘ impresa, avrebbe omesso di rideterminare l ‘ entità dei redditi imponibili della società e, dunque, avrebbe arrestato la propria cognizione all ‘ accertamento dell ‘ illegittimità, sottraendosi al giudizio sul merito della pretesa tributaria che le competeva, così disattendendo il principio secondo cui il processo tributario non è un giudizio sull ‘ atto, ma sul rapporto e il giudice, ove ritenga invalido l ‘ avviso di accertamento per motivi di carattere sostanziale, non può limitarsi ad annullare l ‘ atto impositivo, ma è tenuto ad esaminare nel merito la pretesa tributaria, dovendo accedere all ‘ accertamento del rapporto.
3.-  Con  il  terzo  (e  ultimo)  motivo,  l ‘ amministrazione  finanziaria ricorrente denuncia, ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato di cui all ‘ art. 112 c.p.c..
Sostiene,  in  particolare,  che  l ‘ avviso  di  accertamento  oggetto  del giudizio non si era limitato ad accertare l ‘ imponibile ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette, ma aveva accertato anche l ‘ IVA non corrisposta sulla base RAGIONE_SOCIALE presunzioni  in  tema  di  indagini  finanziarie  e  irrogato  la  sanzione  per omessa regolarizzazione sulle fatture in entrata.
Sostiene,  altresì,  di  aver  appellato  la  sentenza  di  primo  grado, chiedendo la conferma integrale dell ‘ avviso di accertamento, compresi i rilievi in materia di IVA e di sanzioni correlate a tale imposta.
Evidenzia, infine, che la Commissione Tributaria Regionale, a fronte di tali domande,  si sarebbe limita a pronunciarsi con riguardo alla determinazione dell ‘ imponibile ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte  dirette, basata oltretutto  su  un  metodo  di  accertamento  e  di  calcolo  completamente diverso,  omettendo di  pronunciarsi  in  ordine  alle  domande  concernenti l ‘ IVA e le sanzioni.
4.-  La  prima  censura  è  senz ‘ altro  fondata  con  assorbimento  RAGIONE_SOCIALE restanti.
Ed invero, ai sensi dell ‘ art. 39, comma 2, d.P.R. n. 600 del 1973, l ‘ ufficio, nei casi previsti da tale disposizione normativa, procede alla rettifica dei redditi d ‘ impresa con il metodo induttivo cd. ‘ puro ‘ , ovvero sulla base di elementi presuntivi privi dei requisiti della gravità, precisione e concordanza, in deroga alle disposizioni di cui al comma 1 del medesimo art. 39 e sulla base dei dati e RAGIONE_SOCIALE notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti.
Parimenti, in tema di IVA, l’art. 55 , comma 1, parte seconda, d.P.R. n. 633 del 1972, prevede che l ‘ ammontare imponibile complessivo e l’aliquota applicabile sono determinati induttivamente sulla base dei dati e RAGIONE_SOCIALE notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza dell’Ufficio e sono computati in detrazione soltanto i versamenti eventualmente eseguiti dal contribuente e le imposte detraibili ai sensi dell’art. 19 d.P.R. n. 633 del 1972, risultanti dalle liquidazioni prescritte dagli artt. 27 e 33.
Orbene, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte regolatrice « in tema di rettifica dei redditi d ‘ impresa, il discrimine tra l ‘ accertamento con metodo analitico induttivo e quello con metodo induttivo puro sta, rispettivamente, nella parziale o assoluta inattendibilità dei dati risultanti dalle  scritture  contabili:  nel  primo  caso,  la  ‘incompletezza,  falsità  o
inesattezza’ degli elementi indicati non è tale da consentire di prescindere dalle scritture contabili, in quanto l ‘ Ufficio accertatore può solo completare le lacune riscontrate, utilizzando ai fini della dimostrazione dell ‘ esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati, anche presunzioni semplici aventi i requisiti di cui all ‘art. 2729 c.c.; nel secondo caso, invece, ‘le omissioni o le false od inesatte indicazioni’ sono così gravi, numerose e ripetute da inficiare l ‘ attendibilità -e dunque l ‘ utilizzabilità, ai fini dell ‘ accertamento – anche degli altri dati contabili (apparentemente regolari), sicché l ‘Amministrazione finanziaria può ‘prescindere, in tutto o in parte, dalle risultanze del bilancio e RAGIONE_SOCIALE scritture contabili in quanto esistenti’ ed è legittimata a determinare l’ imponibile in base ad elementi meramente indiziari, anche se inidonei ad assurgere a prova presuntiva ex artt. 2727 e 2729 c.c.. » (Cass. civ., Sez. 5, ordinanza n. 33604 del 18 dicembre 2019, Rv. 656397-01; conf. Cass. civ., Sez. 6-5, ordinanza n. 4662 del 15 febbraio 2023, non massimata).
L ‘ accertamento induttivo puro, svolto ai sensi dell ‘ art. 39, comma 2, d.P.R. n. 600 del 1973, consente dunque all ‘ amministrazione finanziaria di prescindere del tutto dalle risultanze RAGIONE_SOCIALE scritture contabili e di determinare l ‘ imponibile sulla base di elementi meramente indiziari, costituenti presunzioni cc.dd. ‘ supersemplici ‘, cioè prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza (Cass. civ., Sez. 5, sentenza n. 19191 del 17 luglio 2019, Rv. 654710-01, secondo cui « In caso di accertamento induttivo puro l ‘ Amministrazione finanziaria può ricorrere a presunzioni “supersemplici”, ossia prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, ma deve comunque determinare, sia pure induttivamente, i costi relativi ai maggiori ricavi accertati, poiché, altrimenti, sarebbe oggetto di imposizione il profitto lordo in luogo di quello netto, in violazione dell ‘ art. 53 Cost., non potendo trovare applicazione l ‘ art. 109 TUIR che ammette in deduzione solo i costi risultanti dal conto economico. »), quando i dati in esse contenuti siano assolutamente inattendibili e tali da inficiare l ‘ utilizzabilità anche di quelli apparentemente
regolari (Cass. civ., Sez. 6-5, ordinanza n. 24278 del 14 novembre 2014, Rv.  633556-01), ponendo a carico del contribuente l ‘ onere di fornire la prova  contraria,  ossia  di  dimostrare  di  non  aver  conseguito  il  reddito accertato (Cass. civ., Sez. 6-5, ordinanza n. 20793 del 27 febbraio 2020, non massimata) ovvero di avere conseguito un reddito inferiore a quello indicato dall ‘ Ufficio (Cass. civ., Sez. 5, sentenza n. 12127 del 14 aprile 2022, non massimata).
Nella specie, dagli atti – e, in particolare, dalla sentenza impugnata risulta che l ‘ accertamento è stato condotto a termini dell ‘ art. 39, comma 2, d.P.R. n. 600 del 1973 e risulta altresì che non è stata contestata, ad opera RAGIONE_SOCIALE contribuenti, l ‘ ammissibilità del ricorso, da parte dell ‘ufficio , al metodo induttivo, nel qual caso, come già sopra chiarito, l ‘ amministrazione finanziaria può ricorrere a presunzioni cc.dd. « supersemplici », ossia prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza (Cass. civ., Sez. 5, sentenza n. 19191 del 17 luglio 2019, Rv. 654710-01), le quali determinano un ‘ inversione dell ‘ onere della prova, ponendo a carico del contribuente la deduzione di elementi contrari intesi a dimostrare che il reddito non è stato prodotto o è stato prodotto in misura inferiore a quella indicata dall ‘ ufficio (Cass. civ., Sez. 5, sentenza n. 15027 del 2 luglio 2014, Rv. 631522-01).
Identiche considerazioni vanno fatte con riguardo all’IVA.
È, invero, stabile insegnamento di questa Corte regolatrice, quello secondo cui, ove l ‘amministrazione finanziaria proceda alla determinazione induttiva dei ricavi, si determina, a carico del contribuente , un’inversione dell’onere della prova relativo agli elementi contrari diretti a dimostrare che il reddito non è stato prodotto o è stato prodotto in misura inferiore rispetto a quella indicata dall’ufficio. In tal modo, trova quindi conferma che grava sul contribuente l’onere di provare, in coerenza con il principio enunciato dall’art. 2697 c.c., i fatti modificativi della pretesa esercitata dall’ufficio, mediante l’allegazione degli elementi reddituali in grado di incidere negativamente su di essa,
senza  che, in ciò, egli possa  sperare  di essere sostituito  da  un apprezzamento discrezionale operato d’ufficio dal giudice, dato che anche nel  processo  tributario  il  giudice  è  vincolato  a  pronunciare  la  propria decisione  « iuxta  alligata  et  probata  partium » (cfr.,  in  tal  senso  ed  ‘ ex multis ‘, Cass. civ., Sez. 5, ordinanza n. 37260 del 29 novembre 2021, Rv. 663063-01, in motivazione).
5.- Nella specie, la Commissione Tributaria Regionale, con la sentenza impugnata, non ha fatto buon governo di tali principi, avendo ritenuto che, in  presenza  di  un  accertamento  induttivo  puro,  le  presunzioni  addotte dall ‘ ufficio  (e,  in  particolare,  le  movimentazioni  bancarie)  non  fossero dotate di pregnanza indiziaria e, conseguentemente, che l’atto impositivo non  fosse  « assistito  da  adeguato  impianto  probatorio »  (cfr.,  all’uopo, l’ultima pagina della sentenza impugnata) .
6.-  In  accoglimento  del  primo  motivo  di  ricorso,  la  sentenza  deve, pertanto, essere cassata, con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo  grado  RAGIONE_SOCIALE  Marche,  in  diversa  composizione,  che  deciderà tenendo conto del seguente principio di diritto, e provvedendo altresì a statuire sulle spese del presente giudizio di legittimità:
« N el caso in cui l’accertamento sia condotto con metodo induttivo a termini dell’art. 39, comma 2, d.P.R. n. 600 del 1973 o dell’art. 55 d.P.R. n. 633 del 1972 , l’amministrazione finanziaria ha facoltà di prescindere, in tutto o in parte, dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti e può fondare l’accertamento su presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, con inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, avente ad oggetto la dimostrazione che l’imponibile accertato non è stato conseguito o è stato conseguito in misura inferiore rispetto a quella indicata mediante l’atto impositivo . ».
7.- Gli ulteriori motivi di ricorso restano assorbiti.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione
Accoglie  il  primo  motivo  di  ricorso,  assorbiti  i  restanti;  cassa  la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte  di  Giustizia  Tributaria  di  secondo  grado  RAGIONE_SOCIALE  Marche,  in  diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria,