Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15958 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15958 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/06/2025
Oggetto: accertamento induttivo puro – dedu- zione costi – detrazione IVA – sanzioni
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11749/2022 R.G. proposto da AGENZIA DELLE RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del liquidatore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso l’indirizzo PEC: EMAIL;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 3950/8/2021, depositata il 2.11.2021 e non notificata. Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 13 marzo 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 3950/8/2021, depositata il 2.11.2021 veniva accolto l’appello proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano n. 4074/15/2019 di rigetto del ricorso introduttivo dell’acontribuente .
L’ avviso di accertamento veniva emesso per IRES, IRAP, IVA e sanzioni afferenti al periodo d’imposta 2014, agli esiti di una verifica fiscale e sulla base di p.v.c. nel quadro di un accertamento induttivo puro ex art.39, comma 2, d.P.R. n.600 del 1973 sul presupposto dell’omessa presentazione della dichiarazione da parte della contribuente.
Il giudice di prime cure aveva disatteso le difese della società e confermato l’avviso di accertamento, decisione riformata dal giudice d’appello . Veniva così confermato il riconoscimento ai fini IRES dell’accantonamento relativo al trattamento di fine rapporto per il periodo di imposta, poiché il giudice riteneva che il costo fosse stato effettivamente sostenuto. Egualmente, veniva confermata la deducibilità degli oneri bancari corrisposti ad istituti di credito, in quanto l’Agenzia secondo il giudice aveva contestato l’attendibilità della contabilità della società, ma non specificamente le giustificazioni fornite dalla contribuente. Il giudice inoltre confermava la detraibilità dell’IVA in relazione a prestazioni fatturate da fornitori e risultante dalle dichiarazioni periodiche, limitatamente al l’importo di euro 87.192, con conseguente ricalcolo delle sanzioni.
La sentenza d’appello riformava integralmente la decisione di primo grado, sia quanto alla ripresa relativa al TFR, sia circa la deducibilità
degli oneri bancari. La ripresa IVA veniva rideterminata come pure le sanzioni.
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per Cassazione l’Agenzia deducendo quattro motivi, cui replica la contribuente con controricorso che illustra con memoria ex art.380-bis.1. cod. proc. civ..
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso viene dedotta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione da parte della sentenza degli artt. 39, comma 2 del d.P.R. 600/1973, nonché 115 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ. e dell’art. 109 TUIR , con riferimento alla decisione del giudice d’appello di deducibilità dei costi relativi al TFR e agli oneri bancari.
In via preliminare, si dà atto che la controricorrente deduce l’inammissibilità del motivo perché la ratio decidendi espressa dal giudice d’appello coinciderebbe con il riparto dell’onere della prova affermato dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, eccezione scrutinabile unitamente alla disamina della censura.
Il motivo è fondato.
3.1. Nel caso in esame è stato adottato un p.v.c. nel quadro di un accertamento ex art.39, comma 2, lett. d), d.P.R. n.600/1973. L’art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600/73 stabilisce che « l’ufficio delle imposte determina il reddito d’impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersi anche di presunzioni».
In presenza di accertamento induttivo puro, operano le presunzioni cd. supersemplici, ossia prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, al ricorrere di una delle tassative condizioni previste dallo stesso art. 39, comma 2, cit.. Proprio questo è il discrimine tra l’accertamento con metodo analitico induttivo e quello con metodo induttivo puro, differenza che risiede, rispettivamente, nella parziale
o assoluta inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili (Cass. Sez. 5, ordinanza n. 33604 del 18/12/2019).
3.2. Alla ricorrenza dei presupposti per l’induttivo puro , costituendo questa tipologia di accertamento comunque una facoltà per l’Amministrazione, essa può prescindere anche solo in parte dalle scritture contabili e dal bilancio e non richiede alcuna specifica motivazione l’utilizzazione di dati indicati in contabilità o in dichiarazione o comunque provenienti dallo stesso contribuente, anche a fronte di un giudizio di complessiva inattendibilità della contabilità, nel rispetto di una ricostruzione operata sempre secondo criteri di ragionevolezza e nel rispetto del parametro costituzionale della capacità contributiva.
3.3. Nell’ambito di tale quadro normativo e della connessa ricostruzione del riparto dell’onere della prova tra le parti, è innanzitutto errona l’affermazione del giudice a pag.3 della sentenza impugnata secondo cui vi sarebbe nel caso una «non completa attendibilità della contabilità» in presenza -non smentita dal giudice – di legittimo accertamento induttivo puro , poiché l’inattendibilità è complessiva .
Inoltre, a differenza di quanto eccepito in via preliminare dalla società, non è conforme bensì eccentrica rispetto alla giurisprudenza della Corte l’affermazione del giudice secondo cui « l’Agenzia riporta all’inattendibilità della contabilità ma non contesta in dettaglio le affermazioni dell’appellante » ( ibidem ), perché attesta la falsa applicazione dell’art.115 cod. proc. civ. da parte del giudice. Infatti, in presenza di presunzioni supersemplici, è la contribuente a dover fornire una prova analitica dei presupposti, in termini di certezza, inerenza, competenza, per la deducibilità dei prospettati costi relativi al TFR e agli oneri bancari, senza poter fare utile riferimento alla contabilità, perché ritenuta totalmente inattendibile. Perciò, è erroneo il riferimento della sentenza alla «scheda di mastro» ai fini degli accantonamenti TFR e al «libro giornale» quanto agli interessi passivi.
L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del secondo che introduce, con riferimento alla medesima ripresa e in via subordinata, anche una censura motivazionale.
I l terzo motivo dell’Agenzia prospetta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., con riferimento alla statuizione del giudice circa la ripresa per detrazione IVA, la violazione e falsa applicazione degli artt. 55 e 54, comma 4, del d.P.R. 633/1972, 52 d.P.R. 633/1972, in materia di IVA e degli artt. 52 del d.P.R. 633/1972, 2697 cod. civ. e 32 del d.P.R. 600/1973.
Il quarto motivo denuncia anche la violazione dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per la motivazione apparente adottata dal giudice.
I due motivi possono essere esaminati congiuntamente per connessione e va accolto il terzo, rigettato il quarto.
7.1. Si deve ribadire che la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo , quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016) La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, dev’essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’a-
spetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
7.2. Inoltre, ai sensi dell’art. 19 del d.P.R. 23 ottobre 1972, n. 633, ed in conformità con l’art. 17 della direttiva del Consiglio del 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, nonché con gli artt. 167 e 63 della successiva direttiva del Consiglio del 28 novembre 2006 n. 2006/112/CE, non è ammessa la detrazione dell’imposta pagata a monte per l’acquisto o l’importazione di beni o servizi per il solo fatto che tali operazioni attengano all’oggetto dell’impresa e siano fatturate (Cass. n.25741 del 2021).
La giurisprudenza unionale ha anche chiarito che la detrazione delle imposte a monte è a sua volta collegata alla riscossione delle imposte a valle: occorre che le spese compiute per acquistare beni o servizi a monte facciano parte degli elementi costitutivi del prezzo delle operazioni tassate a valle che conferiscono il diritto a detrazione ( ex multis , Corte giustizia UE 14 settembre 2017, RAGIONE_SOCIALE, C-132/16, punto 28).
7.3. Orbene, la sentenza impugnata, con riferimento alla detrazione dell’IVA per operazioni poste in essere con fornitori, dopo aver riportato pertinente giurisprudenza della Corte di cassazione, a pag.3 afferma: «dal prospetto rassuntivo contenuto nel PVC redatto dai verificatori -in atti -sono rilevabili tutti i requisiti di detraibilità dell’IVA versata dalla società per l’importo di euro 87.192 ».
La suddetta motivazione non è apparente, in quanto esprime una ratio decidendi comprensibile e riferita alla fattispecie concreta e ciò comporta la reiezione della quarta censura. Nondimeno, il giudice ha falsamente applicato le disposizioni di legge oggetto del terzo motivo, in quanto l’Agenzia ha dimostrato in controricorso di aver contestato la prova dell’effettivo versamento all’erario dell’IVA sugli acquisti di cui si chiede il riconoscimento della detrazione e la sentenza
non individua i presupposti del diritto alla detrazione, necessari per godere della detrazione, anche in assenza di dichiarazione annuale IVA per il periodo di imposta che non preclude in astratto il diritto alla detrazione.
La sentenza impugnata è perciò cassata e, per l’effetto, la controversia va rinviata alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo, a quelli rimasti assorbiti, e per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte, in accoglimento dei motivi primo e terzo del ricorso, rigettato il quarto e assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili e per la liquidazione delle spese di lite.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 13.3.2025