Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17016 Anno 2025
Oggetto: Tributi
Accertamento induttivo puro-
deduzione forfettaria dei costi di produzione
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17016 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 31481 del ruolo generale dell’anno 2019, proposto
Da
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
Contro
NOME COGNOME e NOME COGNOME, in proprio e in qualità di ex soci di RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME e C., cancellata dal Registro delle imprese il 27.02.2012;
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 2661/01/2018, depositata in data 12 giugno 2018, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10 aprile 2025 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , emetteva nei confronti di Mazara RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME e C. un avviso di accertamento con il quale contestava, in via induttiva, in mancanza di dichiarazione, per il 2011, un maggior reddito di impresa, ai fini Ires, Irap e Iva, notificandolo – essendo stata la società cancellata dal registro delle imprese in data 27.02.2012 – a NOME COGNOME quale ex socio accomandatario, e a NOME COGNOME quale ex socio accomandante.
2.Avverso il suddetto avviso NOME COGNOME e NOME COGNOME quali ex soci, proponevano separati ricorsi dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Milano che, previa riunione, con sentenza n. 2911/20/2017, li accoglieva parzialmente, riconoscendo i costi nella misura dell’80% dei maggiori ricavi accertati.
3.Avverso la sentenza di prime cure, dinanzi alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, NOME COGNOME proponeva appello principale e l’Ufficio appello incidentale e, a sua volta, l’Ufficio proponeva separato appello principale nei confronti di NOME COGNOME e quest’ultimo appello incidentale; la CTR, previa riunione, con sentenza n. 2661/01/2018, depositata in data 12 giugno 2018, rigettava gli appelli.
4.Avverso la suddetta sentenza, l ‘Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , propone nei confronti di NOME COGNOME e di NOME COGNOME in proprio e in qualità di ex soci, ricorso per cassazione affidato a due motivi. Sono rimasti intimati i contribuenti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Va preliminarmente osservato che il ricorso per cassazione avverso la sentenza della CTR della Lombardia n. 2661/01/2018, depositata in data 12 giugno 2018, è stato tempestivamente proposto dall’Agenzia con atto notificato, a mezzo pec, il 14.10.2019 pre sso l’indirizzo di posta elettronica del difensore domiciliatario dei contribuenti in grado di appello (dott. NOME COGNOME avvalendosi del termine di sospensione previsto dall’art. 6, comma 11, del d.l. n. 119/2018.
2 .Con il primo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la violazione degli artt. 36 del d.lgs. n. 546/92, 112 c.p.c., 132, comma 2, n. 4 c.p.c., e 111, comma 7, Cost. per avere la CTR, con una motivazione apparente, nel confermare la decisione di primo grado, riconosciuto, in via ‘forfetaria’, nella misura dell’80%, i costi di produzione correlati ai maggiori ricavi accertati senza esplicitare l’iter logico -giuridico sotteso alla decisione, in relazione ai motivi degli appelli (incidentale e principale) dell’Ufficio con cui era stata denunciata la carenza motivazionale della sentenza di primo grado circa la dedotta mancata precisazione da parte dei contribuenti dei componenti negativi e la mancata prova da parte di questi ultimi dell’effettivo sostenimento degli stessi.
2.1.Il motivo è infondato.
2.2. Per costante orientamento di questa Corte, il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre quando il giudice, in violazione di un obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), ossia dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, omette di illustrare l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, ossia di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata.La sanzione di nullità colpisce, pertanto, non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione da punto di vista grafico o quelle che presentano un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e presentano “una motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass. Sez. U,
n. 8053 del 7/4/2014), ma anche quelle che contengono una motivazione meramente apparente, perchè dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione non consente di “comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato”, non assolvendo in tal modo alla finalità di esternare un “ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi” (Cass. Sez. U., n. 22232 del 3/11/2016). Come questa Corte ha più volte affermato, la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U, n. 22232 del 2016, cit.; Cass. sez. 6- 5, ord. n. 14927 del 15/6/2017 conf. Cass. n. 13977 del 23/05/2019; cass. n. 29124/2021). Nella specie, non si può ritenere che la sentenza impugnata sia carente o incoerente sul piano della logica giuridica, contenendo una sufficiente esposizione delle ragioni sottese al rigetto degli appelli (incidentale e principale ) dell’Ufficio. In particolare, in punto di diritto, la CTR confermando la sentenza di primo grado – ha osservato, per quanto di interesse, che erano stati correttamente riconosciuti dalla CTP agli ex soci i costi- richiesti in primo grado- correlati ai maggiori ricavi accertati induttivamente stante l’omessa dichiarazione, per il 2011, da parte della società (cancellata dal registro delle imprese in data 27.02.2012); in particolare, la determinazione dei detti costi era avvenuta tenendo conto della natura dell’attività svolta dalla s.a.s. (commercio all’ingrosso di pesce surgelato, congelato e fresco) e il co nseguente ricarico; né l’Ufficio aveva indicato in quale diversa misura questi costi avrebbero dovuto essere riconosciuti. Trattasi di motivazione tale da attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost.
3. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 53 Cost., 39 del d.P.R. n. 600/73 e 2697 c.c. per avere la CTR -nel confermare la decisione di primo gradoriconosciuto, in via ‘forfetaria’, nella misura dell’80%, i costi di produzione correlati ai maggiori ricavi accertati sebbene i contribuenti non avessero assolto l’onere di indicare specificamente detti costi e di provarne l’effettivo sostentamento. Pertanto, ad avviso dell’Agenzia, il giudice di appello, avrebbe pronunciato, in violazione dell’art. 112 c.p.c., oltre i limiti della domanda (trattandosi di fatti non specificamente dedotti dai contribuenti), nonché in violazione degli artt. 115 c.p.c. e 2697 c.c. non avendo la CTR posto a fondamento della decisione ‘le prove proposte dalle parti’ e non avendo i contribuenti assolto all’onere di provare l’esistenza e l’inerenza dei costi deducibili.
3.1.Il motivo è infondato.
3.2. E’ vero che questa Corte ha affermato che, in tema di imposte sui redditi, l’Amministrazione finanziaria deve riconoscere una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi di produzione soltanto in caso di accertamento induttivo «puro» , ex art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600/1973, mentre in caso di accertamento analitico o analitico presuntivo è il contribuente ad avere l’onere di provare l’esistenza di costi deducibili, afferenti ai maggiori ricavi o compensi, senza che l’Ufficio possa, o debba, procedere al loro riconoscimento forfettario (Cass., 25 febbraio 2022, n. 6304) e, tuttavia, deve richiamarsi, in proposito, la sentenza della Corte Costituzionale n. 10 del 2023, che, nell’interpretare l’art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, in tema di accertamenti bancari, ha affermato che, a fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati, e quindi occulti, scaturenti da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente imprenditore può sempre, anche in caso di accertamento analitico-induttivo, eccepire l’incidenza percentuale dei costi relativi, che vanno, dunque, detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati (Corte Costituzionale, sentenza 31 gennaio 2023, n. 10).
3.3.La Corte costituzionale, in particolare, dopo avere richiamato il principio secondo il quale, nell’ipotesi di accertamento induttivo «puro», deve riconoscersi la deduzione dei costi di produzione, determinata anche in misura percentuale forfettaria, ha ribadito che l’interpretazione adeguatrice, orientata alla conformità ai parametri di cui agli artt. 3 e 53 Cost., richiede che il contribuente imprenditore possa sempre articolare la prova presuntiva e, in particolare, eccepire la « incidenza percentuale dei costi relativi, che vanno, dunque, detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati » affinché la presunzione in esame risulti essere compatibile, in particolare, anche con il principio di capacità contributiva (art. 53, primo comma, Cost.). E anzi, nel caso di accertamento induttivo puro, è lo stesso ufficio ad essere onerato di determinare induttivamente non solo i ricavi, ma anche i corrispondenti costi (Cass. sez. 5, n. 2344 del 2024).
3.4.Come precisato da questa Corte, «ciò comporta il superamento di quella giurisprudenza costante, in materia di prova contraria incombente al contribuente per vincere la presunzione relativa di cui al citato art. 32 d.P.R. 600/73, espressa da Cass. n, 15161/20 (nonché da molte altre pronunce, tra le quali, Cass. n. 16896/14; Cass. n. 14675/06), secondo cui è onere del contribuente dimostrare la sussistenza di specifici costi e oneri deducibili, fondata su concreti elementi di prova (Cass. n. 15161/2020), avvicinando il riconoscimento della detrazione dei costi, in relazione ai prelevamenti non giustificati, al regime forfettario proprio dell’induttivo puro (v. già Corte cost. n. 225/2005)» e «ove detti costi non siano stati riconosciuti dall’Amministrazione finanziaria, va demandato al giudice di merito l’accertamento del quantum dei costi sostenuti per la produzione del reddito, in ragione del parametro individuato nel par. 8 della sent. della Corte cost. n. 10/2023, quantificandoli in via presuntiva, anche con riferimento alle “medie” elaborate dall’amministrazione finanziaria per il settore di riferimento, o, se del caso, anche a mezzo di CTU» (cfr. Cass., 8 marzo 2023, n. 6874, in motivazione; v. da ultimo Cass., sez. 5, n. 2344 del 2024).
3.5.Nella sentenza impugnata, la CTR si è attenuta ai suddetti principi, nel riconoscere agli ex soci con riguardo all’accertamento induttivo puro, condotto nei confronti della società in assenza di presentazione della dichiarazione dei redditi per l’anno 2011 i costi correlati ai maggiori ricavi accertati, determinandoli in misura percentuale forfet taria (dell’80% dei ricavi) avuto riguardo alla natura dell’attività svolta dalla sRAGIONE_SOCIALE (commercio all’ingrosso di pesce surgelato, congelato e fresco) e al conseguente ricarico, non avendo, peraltro, l’Ufficio indicato in quale diversa minore misura detti costi dovessero essere riconosciuti; con ciò, senza che ricadesse sul contribuente né l’onere di indicarli specificamente né quello di provarne l’effettivo sostenimento.
4.In conclusione, il ricorso va rigettato.
5.Nulla sulle spese del giudizio di legittimità essendo rimasti i contribuenti intimati e non avendo svolto alcuna attività difensiva.
6.Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass., Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714);
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso;
Così deciso in Roma il 10 aprile 2025