LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Accertamento induttivo puro: costi deducibili forfettari

In un caso di accertamento induttivo puro dovuto a omessa dichiarazione dei redditi, la Corte di Cassazione ha confermato la legittimità della deduzione forfettaria dei costi di produzione. La Corte ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, stabilendo che, in assenza di contabilità, spetta all’Ufficio stesso determinare non solo i ricavi, ma anche i costi inerenti, basandosi sulla natura dell’attività e applicando una percentuale presuntiva, in linea con i principi della Corte Costituzionale.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento Induttivo Puro: La Cassazione Conferma la Deduzione Forfettaria dei Costi

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale in materia fiscale: la gestione dei costi di produzione nell’ambito di un accertamento induttivo puro. La pronuncia stabilisce che, anche in caso di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, l’Amministrazione Finanziaria ha l’onere di riconoscere i costi inerenti all’attività d’impresa, potendoli determinare in via forfettaria. Questa decisione rafforza le tutele del contribuente e chiarisce i limiti del potere accertativo del Fisco.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate agli ex soci di una società in accomandita semplice, cancellata dal Registro delle Imprese. L’Ufficio contestava, per l’anno 2011, un maggior reddito d’impresa determinato in via induttiva a causa della mancata presentazione della dichiarazione. La società operava nel commercio all’ingrosso di prodotti ittici.

I soci impugnavano l’atto e la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva parzialmente il ricorso, riconoscendo la deducibilità dei costi in misura forfettaria, pari all’80% dei maggiori ricavi accertati. La decisione veniva confermata in secondo grado dalla Commissione Tributaria Regionale, che rigettava sia l’appello principale dell’Ufficio sia quelli incidentali.

L’Agenzia delle Entrate, insoddisfatta, proponeva ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali: la presunta motivazione apparente della sentenza di secondo grado e la violazione delle norme sull’onere della prova in materia di costi deducibili.

La Decisione della Corte sull’Accertamento Induttivo Puro

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando la correttezza della decisione dei giudici di merito.

Il Rifiuto della Tesi di ‘Motivazione Apparente’

Il primo motivo di ricorso lamentava che la Commissione Tributaria Regionale avesse confermato la deduzione forfettaria dell’80% con una motivazione apparente, senza esplicitare l’iter logico-giuridico sottostante. La Suprema Corte ha respinto questa censura, affermando che la motivazione, sebbene sintetica, raggiungeva il “minimo costituzionale” richiesto. I giudici di appello avevano infatti giustificato il riconoscimento dei costi in base alla natura dell’attività svolta dalla società (commercio all’ingrosso di pesce) e al conseguente ricarico. Inoltre, l’Agenzia non aveva proposto una misura alternativa e più adeguata per la quantificazione dei costi, rendendo la decisione del giudice di merito sufficientemente fondata.

L’Onere della Prova nell’Accertamento Induttivo Puro e i Costi

Il secondo e più rilevante motivo di ricorso si basava sulla violazione delle norme che regolano l’onere della prova (art. 2697 c.c.). Secondo l’Agenzia, in un accertamento basato su presunzioni, spetta al contribuente dimostrare l’esistenza e l’inerenza dei costi deducibili, cosa che nel caso di specie non era avvenuta.

Anche su questo punto, la Cassazione ha dato torto all’Ufficio, richiamando un’importante sentenza della Corte Costituzionale (n. 10 del 2023). Quest’ultima ha chiarito che, anche in accertamenti non “puri” (come quelli basati su indagini bancarie), il contribuente può eccepire l’incidenza percentuale dei costi. A maggior ragione, ha argomentato la Cassazione, questo principio si applica all’accertamento induttivo puro, dove l’assenza della contabilità è il presupposto stesso dell’azione del Fisco. In tale contesto, è lo stesso Ufficio a dover determinare induttivamente non solo i ricavi, ma anche i corrispondenti costi di produzione.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione centrale dell’ordinanza risiede nell’evoluzione giurisprudenziale guidata dalla Corte Costituzionale. Il principio di capacità contributiva (art. 53 Cost.) impone di tassare il reddito al netto dei costi necessari per produrlo. Ignorare completamente i costi in un accertamento induttivo puro porterebbe a una tassazione del ricavo lordo, in palese violazione di tale principio. La Cassazione chiarisce che il carattere “induttivo” dell’accertamento si deve applicare a tutte le componenti del reddito, positive e negative. Pertanto, se il Fisco ricostruisce presuntivamente i ricavi, deve fare lo stesso per i costi, basandosi su parametri ragionevoli come le medie di settore, la tipologia di attività e il ricarico applicato. La decisione dei giudici di merito di quantificare i costi nell’80% dei ricavi, tenendo conto del settore ittico, è stata ritenuta una corretta applicazione di questo principio. Non spetta al contribuente, in questo specifico contesto, l’onere di una prova puntuale che, per definizione (data l’assenza di dichiarazione), non può fornire.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia consolida un orientamento fondamentale a tutela del contribuente. Viene ribadito che il potere di accertamento induttivo del Fisco non è assoluto, ma deve sempre rispettare i principi di ragionevolezza e capacità contributiva. In pratica, l’Agenzia delle Entrate, quando procede con un accertamento induttivo puro, non può limitarsi a ricostruire i ricavi ma deve farsi carico anche di una stima verosimile dei costi di produzione. La sentenza offre quindi ai contribuenti un’importante arma difensiva contro pretese fiscali che, basandosi solo sui ricavi presunti, rischiano di essere sproporzionate e ingiuste.

In caso di accertamento induttivo puro per omessa dichiarazione, il Fisco può ignorare i costi di produzione?
No. La Corte di Cassazione, in linea con un principio affermato dalla Corte Costituzionale, ha stabilito che nell’accertamento induttivo puro l’ufficio ha l’onere di determinare non solo i ricavi, ma anche i corrispondenti costi.

Come vengono determinati i costi se il contribuente non ha fornito prove documentali?
I costi possono essere determinati in misura percentuale forfettaria, basandosi su elementi come la natura dell’attività svolta dall’impresa e il ricarico medio del settore. Nel caso di specie, sono stati riconosciuti nella misura dell’80% dei ricavi accertati.

La motivazione di una sentenza è valida se riconosce costi forfettari senza un’analisi dettagliata?
Sì, purché raggiunga la soglia del “minimo costituzionale”. La Corte ha ritenuto sufficiente la motivazione che faceva riferimento alla natura dell’attività e al conseguente ricarico, specialmente se l’Agenzia delle Entrate non aveva proposto una diversa e più congrua misura dei costi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati