Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10197 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10197 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 17/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 5092/2023, proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso, per procura speciale allegata al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso l’indirizzo di posta elettronica certificata di quest’ultimo
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliata a ROMA, in INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 2032/2022 della Commissione tributaria regionale della Puglia, depositata il 25 luglio 2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20 marzo 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle entrate notificò a NOME COGNOME un avviso di accertamento con il quale recuperava a tassazione, con rideterminazione del reddito ai sensi dell’art. 39 cpv. del d.P.R. n. 600/1973, ricavi non dichiarati, costituiti da compensi non contabilizzati percepiti dal contribuente nell’anno di imposta 2009, nell’ambito della sua attività professionale di avvocato , erano, inoltre, irrogate sanzioni.
Il contribuente impugnò l’avviso innanzi alla C.T.P. di Bari, che respinse il ricorso.
Il successivo appello fu disatteso dalla C.T.R. della Puglia con la decisione indicata in epigrafe.
I giudici regionali, per quanto in questa sede ancora di interesse, respinsero l’eccezione di nullità della notifica dell’atto impositivo, che ritennero sanata dall’avvenuta proposizione del ricorso; ritennero rinunziate, da parte del ricorrente, le ragioni di contestazione della pretesa concernenti le sanzioni irrogate e la mancata indicazione del responsabile del procedimento; rilevarono, infine, che l’atto impositivo era correttamente motivato e che sussistesse prova della fondatezza della pretesa erariale, mancando, per converso, idonea prova contraria.
La sentenza d’appello è stata impugnata dal contribuente con ricorso per cassazione affidato a sei motivi.
L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.
Considerato che:
Il primo motivo è rubricato «nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 132, co.2 n.4 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 36, co.2 n.4 d.lgs. n. 546/92. Denuncia ai sensi dell’art. 360 n. 4) c.p.c. richiamato dall’art. 62, comma 1, del d. lgs. n. 546/92 ».
Il ricorrente sostiene che la C.T.R., nel respingere il suo motivo di appello concernente la validità della notifica dell’atto impositivo , avrebbe motivato la sua decisione per relationem con acritico richiamo alla sentenza di primo grado, «senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame alla stessa opposti».
Con il secondo motivo, denunziando «violazione e/o falsa applicazione degli artt. 65 del d.lgs. n. 112/1999, 7 e 14 della l. 890/82 e 148 e 149 c.p.c. » il ricorrente assume che i giudici d’appello avrebbero errato nel respingere la sua eccezione di nullità della notifica dell’atto impositivo .
Afferma, in particolare, che, una volta ritenuto legittimo il ricorso, da parte de ll’Ufficio , alla notificazione effettuata direttamente a mezzo posta, la C.T.R. avrebbe dovuto concludere, in ogni caso, per la nullità di quest’ultim a, poiché l’Amministrazione non ne aveva provato in giudizio il perfezionamento con la produzione della cartolina di ritorno della raccomandata con avviso di ricevimento.
Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 42 del d.P.R. n. 600/1973, 7 della l. n. 212/2000 e 3 della l. n. 241/1990, assumendo che la sentenza impugnata sarebbe errata nella parte in cui ha ritenuto insussistente il denunziato vizio di motivazione dell’a vviso di accertamento.
In particolare, la C.T.R. avrebbe omesso di giustificare «la determinazione della percentuale di redditività applicata ai maggiori compensi presunti », poiché l’atto impositivo recava unicamente allegato un prospetto che riportava un elenco di professionisti del
medesimo settore, con riferimento al quale era stata determinata la percentuale media di redditività poi applicata; nella specie, pertanto, non era stato applicato un criterio appropriato di individuazione del campione di riferimento, dal che era conseguita una determinazione arbitraria dell’aliquota di rettifica del reddito.
Con il quarto motivo, deducendo «violazione e/o falsa applicazione degli artt. 39 comma 2 e 41 del dpr 600/73 e 2729 e 2697 del c.c.», il ricorrente assume che la ritenuta legittimità dell ‘accertamento avrebbe concretato, altresì, una violazione della disciplina dell’onere probatorio, poiché l’Ufficio non aveva fondato la rettifica del reddito «su fonti di convincimento trasparenti e agevolmente consultabili anche da parte del contribuente» e non aveva così fornito elementi di prova idonei a supportare la rideterminazione del reddito operata.
Con il quinto motivo, in relazione al punto della decisione oggetto della precedente censura, il ricorrente sostiene che la C.T.R., nel ritenere che egli non avesse fornito adeguata prova contraria a superare le presunzioni invocate dall’Ufficio, avrebbe reso una motivazione soltanto apparente.
Sottolinea, in proposito, che non erano state espresse, neppure in sintesi, le ragioni di tale affermata inadeguatezza.
Infine, con il sesto mezzo il ricorrente denunzia la nullità ex art. 112 cod. proc. civ. della sentenza impugnata, nella parte in cui ha affermato che dovevano intendersi rinunciati, da parte sua, i motivi di contestazione della pretesa erariale in punto alle sanzioni e alla nullità dell’avviso per mancata indicazione del responsabile del procedimento .
Osserva, infatti, che del tutto erroneamente i giudici d’appello avevano ritenuto che le relative eccezioni non fossero state da lui
riproposte, riproducendo stralci del proprio motivo di gravame indicativo del contrario.
I primi due motivi, meritevoli di esame congiunto per la loro connessione obiettiva, sono inammissibili e, comunque, infondati.
I giudici d’appello hanno infatti respinto l’eccezione di nullità della notifica dell’atto impositivo operando un richiamo alla decisione di primo grado, ma specificando altresì, con ampia e dettagliata argomentazione, che lo stesso atto era stato ritualmente notificato a mezzo posta e che, comunque, ogni eventuale vizio di nullità doveva intendersi sanato d all’avvenuta proposizione di tempestiva impugnazione da parte del ricorrente.
La statuizione, pertanto, si è fondata su una pluralità di rationes decidendi autonome e concorrenti, e l’ultima di esse non è stata minimamente scalfita dalle due censure; consegue il rilievo del fatto che su tale ratio si è formato il giudicato, ciò che rende inammissibile lo scrutinio dei motivi che ineriscono alle restanti.
Anche il terzo, il quarto e il quinto motivo possono essere scrutinati congiuntamente, in quanto tutti riferiti al tema della prova della pretesa erariale.
8.1. Sul punto, conviene richiamare in premessa il consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui, in tema di accertamento tributario per attività non dichiarate, la normativa di riferimento consente di desumere gli elementi di supporto anche sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, senza necessità che l’Ufficio fornisca prove ‘ certe ‘ ; laddove, pertanto, il giudice tributario di merito sia investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione, dando atto in motivazione dei risultati del
proprio giudizio, che è impugnabile in cassazione non per il merito, ma per inadeguatezza o incongruità logica dei motivi che lo sorreggono; in un secondo momento, ove ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, il giudice deve poi dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, che ne è onerato ai sensi degli artt. 2727 e ss. e 2697, comma 2, cod. civ. (Cass. n. 26178/2024; Cass. n. 10615/2024; Cass. n. 14237/2017).
Inoltre, è stato affermato che quando, come nella specie, la rettifica del reddito avvenga secondo il metodo analitico-induttivo, l’Ufficio debba provvedervi « sempre secondo criteri di ragionevolezza e nel rispetto del parametro costituzionale della capacità contributiva» (Cass. n. 16498/2024; Cass. n. 19191/2019; Cass. n. 1506/2017).
8.2. Ciò premesso, va osservato che, davanti ai giudici d’appello , il contribuente aveva:
(a) contestato la motivazione dell’atto impositivo in punto al metodo di rideterminazione del reddito, con particolare riferimento alla scelta del campione utilizzato come criterio per l’individuazione dell’aliquota , difforme dai criteri sopra enunciati (v. stralcio del motivo di appello riportato in ricorso alle pagg. 26-27);
(b) contestato l’adeguatezza degli elementi presuntivi forniti dall’Ufficio e la loro idoneità a supportare la rettifica del reddito disposta (v. stralcio del motivo di appello riportato in ricorso alle pagg. 31-32);
(c) indicato circostanze volte a superare il valore probatorio di tali elementi presuntivi (v. quanto riportato in ricorso alle pagg. 34-36).
Ed invero, a fronte di tali deduzioni, la sentenza d’appello ha così statuito: « in relazione alle eccezioni riguardanti l’asserito difetto di motivazione dell’atto impugnato e l’illegittimità delle presunzioni poste alla base della ripresa a tassazione, questo collegio ritiene di
condividere le conclusioni a cui sono pervenuti i primi giudici, ritenendo l’atto impugnato correttamente motivato con riferimento alle disposizioni normative e, altresì, fondato su presunzioni che trovano la loro ragion d’essere in una precisa volontà leg islativa. I primi giudici hanno, evidentemente, ritenuto che il contribuente non ha offerto in giudizio quelle prove che avrebbero potuto indurre a una diversa decisione e, si osserva, che neppure in sede di secondo grado tali prove sono state offerte in quanto le eccezioni mosse sono, e non poteva essere altrimenti alla luce del divieto di proposizione di nuove eccezioni in secondo grado, solo di carattere processuale ».
8.3. Una tale statuizione resiste solo in parte alle critiche rivolte dal ricorrente.
Essa è certamente immune dal denunziato error in judicando per la parte concernente la motivazione dell’atto impositivo .
In questo senso, la circostanza che i giudici d’appello abbiano semplicemente ritenuto che l’avviso impugnato fosse conforme alle prescrizioni normative fa evidentemente riferimento al fatto che esso recava menzione di documenti che facevano desumere l’esistenza di ricavi non dichiarati, e indicava gli elementi presi a riferimento per la rettifica del reddito. Questo fatto, del resto, è ammesso dallo stesso contribuente.
Tali indicazioni costituiscono sufficiente rappresentazione degli elementi essenziali della pretesa tributaria, secondo quanto prescritto al riguardo dalla giurisprudenza di questa Corte (v. da ultimo Cass. n. 730/2025); in questo senso, pertanto, il terzo e il quarto motivo di ricorso si connotano, in realtà, come una contestazione nel merito degli elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione , così da veicolare una critica non ammessa in questa sede.
8.4. A diverse conclusioni si deve invece pervenire per quanto riguarda il quinto motivo, che attiene al diritto di controprova del contribuente.
La sentenza impugnata, infatti, trascura di prendere in considerazione il motivo di appello con il quale l’COGNOME aveva allegato alcune circostanze, attribuendovi significato contrario agli elementi forniti dall’Ufficio; in particolare, attraverso l’apodittica affermazione dell’insussistenza di « prove che avrebbero potuto indurre a una diversa decisione », e l’erroneo assunto secondo cui erano state formulate eccezioni « solo di carattere processuale », la C.T.R. ha finito per escludere l’esame delle prove contrarie attraverso un percorso argomentativo soltanto apparente, perché privo di effettivo riferimento ai concreti dati processuali.
Il quinto motivo merita, pertanto, di essere accolto.
Anche il sesto motivo è fondato.
La sentenza impugnata afferma: « si osserva che le ulteriori eccezioni formulate con il ricorso di primo grado in relazione alla modalità di calcolo della sanzione e sull’indicazione del responsabile del procedimento, non sono state riproposte in sede di appello e sono, pertanto, da ritenersi rinunciate da parte dell’appellante ».
Così decidendo, i giudici regionali hanno omesso di pronunziarsi sul motivo invece ritualmente formulato dall’ COGNOME, che, del resto, essi stessi avevano riportato nella parte in fatto della sentenza d’appello.
10. In conclusione, il ricorso è fondato limitatamente al quinto e al sesto motivo, che vanno accolti, con reiezione dei restanti.
La sentenza d’appello è cassata con rinvio al giudice a quo , affinché provveda al riesame della controversia nei punti indicati, liquidando altresì le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso in relazione al quinto e al sesto motivo, con reiezione dei restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia, in relazione ai motivi accolti, alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, anche per le spese.
Così deciso in Roma, il 20 marzo 2025.