Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12548 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12548 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 12/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18168/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA PUGLIA n. 2993/02/20 depositata il 23/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 2993/02/20 del 23/12/2020, la Commissione tributaria regionale della Puglia (di seguito CTR)
accoglieva l’appello proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 1866/04/15 della Commissione tributaria provinciale di Lecce (di seguito CTP), che aveva rigettato il ricorso proposto dalla società contribuente nei confronti di un avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA relative all’anno di imposta 2006.
1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, la rettifica del reddito della società contribuente prendeva le mosse dall’indicazione delle operazioni attive pari a zero a fronte di rilevanti erogazioni di compensi per lavoro autonomo; l’Ufficio, pertanto, procedeva alla ricostruzione dei ricavi considerando le poste attive e passive risultanti dall’anagrafe tributaria.
1.2. La CTR accoglieva l’appello di Stasi evidenziando, per quanto ancora interessa, che: a) le dichiarazioni di terzi, i quali affermavano che le operazioni attive erano state effettuate con RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) e non già con la società contribuente, erano corroborate da elementi documentali attendibili (fatture e registri di RAGIONE_SOCIALE), oltre che dall’attestazione del 16/10/2007 di AE, dalla quale risultava, in data prossima all’anno d’imposta 2006, che Stasi non aveva clienti; b) la parola ‘RAGIONE_SOCIALE‘ contenuta nel nominativo di entrambe le società considerate rendeva plausibile l’errore commesso dai fornitori, anche in ragione delle relazioni personali che si instauravano nell’ambito del commercio ortofrutticolo; c) le superiori considerazioni erano idonee a superare le presunzioni di cui all’accertamento induttivo sintetico compiuto da AE, che non aveva verificato se i ricavi posti a carico di Stasi fossero una duplicazione di quelli posti a carico di Ortofrutticola.
AE impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
COGNOME resisteva con controricorso e depositava memoria ex art. 380 bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso di AE è affidato a due motivi, di seguito riassunti.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 39, secondo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ. per avere la CTR erroneamente ritenuto che le presunzioni poste a fondamento dell’avviso di accertamento non siano idonee a supportare la ripresa, integrando le stesse non già meri indizi ma prove vere e proprie (quali gli elenchi Cli.Fo.). Inoltre, la CTR non avrebbe tenuto adeguatamente conto degli indizi concernenti i costi per lavoro subordinato, i quali attesterebbero la normale attività d’impresa di Stasi.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 36, comma 2, n. 4, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per avere la CTR reso motivazione apparente, in quanto illogica e contraddittoria in più parti.
I motivi possono essere congiuntamente considerati e sono in parte infondati e in parte inammissibili.
2.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, una volta che l’Amministrazione finanziaria abbia proceduto alla ricostruzione analitico-induttiva del reddito in base a presunzioni gravi, precise e concordanti, ovvero, alternativamente, alla ricostruzione induttiva pura ai sensi dell’art. 39, secondo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, anche sulla base di presunzioni cd. supersemplici (da ultimo Cass. n. 16528 del 13/06/2024), il giudice tributario di merito ha l’onere di previamente valutare singolarmente e complessivamente gli elementi indiziari forniti dall’Amministrazione finanziaria e, una volta ritenuta
l’idoneità dell’atto impugnato a supportare l’inversione dell’onere della prova, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente .
2.2. Nel caso di specie, il giudice di merito si è adeguato al superiore principio di diritto atteso che, diversamente da quanto affermato dalla difesa erariale, non ha posto in discussione l’idoneità dell’accertamento induttivo dell’Ufficio a supportare la ripresa, ma ha ritenuto che la società contribuente aveva fornito la prova contraria sulla stessa gravante per legge.
2.3. In particolare, la CTR ha affermato che le dichiarazioni di terzo, corroborate dalle prove documentali fornite e dall’elenco clienti/fornitori attestato dall’Amministrazione finanziaria, siano elementi idonei a superare quelli forniti da AE in seno all’avviso di accertamento.
2.4. Trattasi di valutazione comprensibile, logica e niente affatto contraddittoria, che, pertanto, sfugge alla contestazione di motivazione apparente (con conseguente infondatezza del secondo motivo); a detta valutazione la ricorrente tende a contrapporre una diversa interpretazione dei medesimi fatti storici presi in considerazione dalla CTR, sicché la censura implica la proposizione di un vizio di insufficiente motivazione e si rivela inammissibile anche alla luce della nuova formulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (Cass. S.U. n. 8053 del 07/04/2014; conf. Cass. n. 21257 del 08/10/2014; Cass. n. 23828 del 20/11/2015; Cass. n. 23940 del 12/10/2017; Cass. n. 22598 del 25/09/2018).
2.5. In buona sostanza, la ricorrente, pur deducendo apparentemente, con il primo motivo, una violazione di norme di legge, mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito
(Cass. n. 3340 del 05/02/2019; Cass. n. 640 del 14/01/2019; Cass. n. 24155 del 13/10/2017; Cass. n. 8758 del 04/07/2017; Cass. n. 8315 del 05/04/2013).
In conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente procedimento, liquidate come in dispositivo, avuto conto di un valore dichiarato della lite di euro 221.500,00.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente procedimento, che si liquidano in euro 7.600,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, ad euro 200,00 per spese borsuali e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 24/04/2025.