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Accertamento induttivo per mancata risposta al Fisco

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un contribuente contro un avviso di accertamento. La decisione si fonda sul fatto che l’accertamento induttivo non era basato solo su una discrepanza emersa dallo ‘spesometro’, ma sulla successiva e determinante mancata risposta del contribuente a un questionario inviato dall’Amministrazione Finanziaria. Tale omissione, secondo la Corte, legittima pienamente il ricorso a presunzioni anche non gravi, precise e concordanti per la rideterminazione del reddito, rendendo irrilevanti le critiche mosse dal ricorrente.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento induttivo: la mancata risposta al Fisco costa cara

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui presupposti dell’accertamento induttivo, un potente strumento a disposizione dell’Amministrazione Finanziaria. La vicenda dimostra come la mancata collaborazione del contribuente, in particolare l’omessa risposta a un questionario, possa legittimare la rideterminazione del reddito su base presuntiva, anche a fronte di indizi inizialmente non decisivi. Analizziamo la decisione per comprenderne la portata e le implicazioni pratiche.

I Fatti di Causa

Il caso nasce da un avviso di accertamento per IRPEF, IVA e IRAP relativo all’anno 2015, notificato a una ditta individuale. L’Ufficio aveva riscontrato una significativa discrepanza: l’ammontare delle operazioni attive dichiarate dal professionista era inferiore a quello degli acquisti comunicati dai suoi clienti tramite il cosiddetto ‘spesometro’.

Per approfondire questa anomalia, l’Amministrazione Finanziaria inviava al contribuente un questionario, chiedendo di fornire la documentazione e i chiarimenti necessari a giustificare lo scostamento. Il contribuente, tuttavia, non dava seguito alla richiesta. Di conseguenza, l’Ufficio procedeva con un accertamento induttivo ai sensi dell’art. 39, comma 2, lett. d-bis, del d.P.R. n. 600/1973, rideterminando il reddito imponibile.

Il contribuente impugnava l’atto, ottenendo ragione in primo grado. La Commissione Tributaria Regionale, però, ribaltava la decisione, accogliendo l’appello dell’Ufficio. Contro questa sentenza, il professionista proponeva ricorso per cassazione.

La legittimità dell’accertamento induttivo per omessa collaborazione

Il fulcro del ricorso per cassazione del contribuente si basava sull’errata applicazione della norma sull’accertamento induttivo. A suo dire, l’Ufficio aveva illegittimamente fondato la pretesa sulla sola base delle dichiarazioni di un terzo (il cliente) nello spesometro, elementi ritenuti insufficienti a costituire prova.

La Corte di Cassazione, tuttavia, dichiara il ricorso inammissibile, evidenziando un errore di fondo nell’impostazione difensiva. Il motivo del ricorso non coglieva la vera ratio decidendi della sentenza d’appello. La Commissione Tributaria Regionale, infatti, non aveva giustificato l’accertamento basandosi solo sui dati dello spesometro, ma sul comportamento successivo del contribuente.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte chiarisce che il presupposto legale che ha legittimato l’accertamento induttivo non è la discrepanza iniziale, ma la mancata risposta del contribuente agli inviti e alle richieste dell’Ufficio. La norma richiamata (art. 39, c. 2, lett. d-bis, d.P.R. 600/73) stabilisce espressamente che l’Ufficio può procedere con accertamento induttivo, prescindendo in tutto o in parte dalle scritture contabili e avvalendosi anche di presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, proprio “quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti dagli uffici”.

L’invio del questionario aveva lo scopo di avviare un contraddittorio e una verifica fiscale. Sottraendosi a tale verifica, il contribuente ha di fatto impedito all’Ufficio di accertare la realtà contabile in modo analitico. Questo comportamento omissivo ha integrato il presupposto normativo che consente all’Amministrazione di utilizzare il metodo induttivo. Il ricorso del contribuente, concentrandosi sulla presunta insufficienza probatoria dei dati dello spesometro, ha ignorato il vero fondamento giuridico della decisione impugnata, risultando così non pertinente e, di conseguenza, inammissibile.

Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale nel diritto tributario: il dovere di collaborazione del contribuente. Ignorare le richieste di chiarimenti e documentazione da parte dell’Amministrazione Finanziaria non è una strategia difensiva valida, ma un comportamento che può avere conseguenze molto gravi. Esso, infatti, legittima l’Ufficio a utilizzare l’accertamento induttivo, un metodo che sposta sul contribuente l’onere, spesso molto gravoso, di dimostrare l’infondatezza della pretesa erariale basata su presunzioni. La decisione serve da monito: il dialogo e la trasparenza con il Fisco sono essenziali per evitare contestazioni difficilmente superabili in sede contenziosa.

I soli dati dello ‘spesometro’ sono sufficienti per un accertamento induttivo?
No, la sentenza chiarisce che le sole dichiarazioni dei terzi nello spesometro possono essere elementi indiziari, ma è la successiva condotta non collaborativa del contribuente a legittimare pienamente il ricorso all’accertamento induttivo.

Cosa succede se un contribuente non risponde a un questionario dell’Agenzia delle Entrate?
La mancata risposta a un questionario o a un invito a fornire documenti integra uno specifico presupposto di legge (art. 39, c. 2, lett. d-bis, d.P.R. 600/73) che consente all’Ufficio di procedere con un accertamento induttivo, utilizzando anche presunzioni non qualificate (prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza).

Perché il ricorso del contribuente è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non contestava la reale motivazione della sentenza impugnata (la ratio decidendi). Il contribuente ha criticato l’uso dei dati dello spesometro, mentre la decisione si fondava sulla sua mancata risposta al questionario, che è un presupposto autonomo e sufficiente per l’accertamento induttivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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