Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32480 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32480 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 14/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3013/2016 R.G. proposto da : NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOMECODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della CAMPANIA-NAPOLI n. 6146/2015 depositata il 22/06/2015. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/09/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
In data 20/07/2012 NOME NOME, esercente il commercio al dettaglio di articoli di profumeria, era attinto dall’avviso di accertamento n. TF3010902109/2012 con cui la Direzione Provinciale I di Napoli dell’Agenzia delle entrate determinava, ai sensi dell’art. 39, comma 1, DPR n. 600 del 1973, un reddito di impresa pari ad euro 40.231,00 a fronte di una perdita dichiarata pari ad euro 743,00.
Il contribuente proponeva ricorso, rigettato dalla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli con sentenza n. 13887 del 13 maggio 2014, osservando: ‘L’amministrazione finanziaria può procedere ad accertamento induttivo, se fondato sull’esistenza di gravi incongruenze tra ricavi dichiarati e quelli desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio dell’attività svolta ebbene l’accertamento dell’ufficio è basato sulla immotivata giacenza delle rimanenze, di valore elevato rispetto al valore della produzione. Anche la perdurante gestione in perdita per due anni non è elemento da sottovalutare infatti tale situazione non può consentire il sostentamento familiare del commerciante e nell’anno accertato risulta dichiarata una perdita di € 743,00 senza che sia stata documentata alcuna situazione tipica o circostanza eccezionale che abbia influito sulla gestione atta ad invalidare la pretesa tributaria. Il furto della merce è stato denunziato l’anno successivo’.
Il contribuente proponeva appello, rigettato dalla Commissione Tributaria Regionale con la sentenza in epigrafe sulla base della seguente motivazione:
avviso di accertamento n. TF3010902109/2012, notificato al contribuente per l’anno d’imposta 2007, risulta così motivato riguardo alla sua emissione:
perdita di esercizio per € 743,00 a fronte di un volume d’affari dichiarato di € 22.433,00 e di rimanenze finali per € 120.000,00;
antieconomicità dell’azienda desunta: da una situazione reiterata nel tempo di perdite e/o redditi esigui rispetto al volume d’affari e da un elevato valore delle rimanenze finali, indice di una bassissima rotazione di magazzino;
propensione del contribuente ad occultare i ricavi, tenuto conto anche di quanto emerso dallo studio di settore (omessa o non corretta indicazione di alcuni dati finalizzata a ridurre l’ammontare dei ricavi).
Giacché detti elementi configurano comportamenti gravi, precisi e concordanti tali da rendere inattendibili i dati dichiarati, indipendentemente dalla eventuale regolarità formale delle. scritture contabili, correttamente e legittimamente l’ufficio ha operato nei confronti del contribuente un accertamento ai sensi dell’art. 39, primo comma, del d.P.R. n. 600/1973.
Le rimanenze finali al 31 dicembre 2007 risultano rideterminate dall’ufficio accertatore in € 64.076,00, cioè in base alla media degli indici minimi previsti dallo studio di settore per gli anni 2005, 2006 e 2007, mentre la percentuale di ricarico dell’1,69 applicata al costo del venduto di € 70.610,00 (acquisti per € 24.686,00 + rimanenze iniziali per € 110.000,00 -rimanenze finali per € 64.076,00) è pari alla media dei valori previsti dallo studio di settore.
Quanto sopra esposto porta ad affermare quanto segue:
l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento in relazione ai presupposti di fatto e alle ragioni giuridiche che lo hanno determinato risulta pienamente soddisfatto dall’ufficio accertatore, essendo riservato alla eventuale successiva sede contenziosa l’onere dell’ufficio di provare nel contraddittorio con il contribuente gli elementi di fatto giustificativi della propria pretesa nel quadro del parametro prescelto e la facoltà del contribuente di dimostrare l’infondatezza della stessa;
l’ufficio finanziario ha dettagliatamente specificato nelle controdeduzioni all’atto di appello i criteri obiettivamente individuati adottati per la determinazione del reddito per l’anno d’imposta 2007;
il contribuente non risulta aver fornito elementi idonei a confutare quanto affermato dall’ufficio accertatore, essendosi limitato a formulare considerazioni di carattere generale sull’accertamento utilizzato dall’ufficio e sulla validità delle presunzioni prese a base dell’accertamento medesimo, senza contestare con valide argomentazioni e nel merito l’operato dell’ufficio;
circa l’eccezione sul mancato contraddittorio, l’ufficio accertatore fa presente che il contribuente non ha presentato istanza di accertamento con adesione;
la mancata emissione di due scontrini fiscali per negli anni 2004 e 2007 non ha avuto incidenza sulla determinazione del reddito accertato per l’anno in questione;
il furto di merce subito dal contribuente, essendo avvenuto nell’anno 2008, cioè nell’anno successivo a quello dell’accertamento, correttamente non è stato preso in considerazione dall’ufficio accertatore.
Ricorre per cassazione il contribuente con tre motivi, cui resiste l’Agenzia delle entrate a mezzo di articolato controricorso. Il
contribuente deposita memoria ampiamente riepilogativa delle proprie ragioni.
Considerato che:
Primo motivo: ‘Violazione e falsa applicazione art. 360 comma 1 sub 3) c.p.c. Dell’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento’.
1.1. L’avviso deve essere motivato, anche in relazione alle ‘giustificazioni fornite dal contribuente’. ‘ Sempre in tema di contraddittorio è del tutto illogico e infondato l’assunto dell’Ufficio laddove assume che lo stesso non avrebbe presentato istanza di accertamento con adesione. Nulla di più infondato, in quanto tale rilievo di riferisce a fattispecie diversa da quella di specie, ovvero laddove il contribuente ammetta ab origine una sua colpevolezza!’.
1.1. Il motivo è inammissibile e comunque manifestamente infondato.
Esso -che di per se stesso scivola confusamente dalla questione della pretesa violazione dell’obbligo motivazionale dell’avviso a quella della pretesa inosservanza del contraddittorio preventivo, senza viepiù dimostrare, in difetto di indicazioni rivenienti dalla sentenza impugnata, che la seconda era stata ‘funditus’ introdotta innanzi alla CTP (scrive infatti la sentenza impugnata nella parte dedicata allo svolgimento del processo: ‘Il ricorrente eccepisce: a) la carenza di motivazione dell’avviso; b) la violazione dell’art. 39, primo comma, del d.P.R. n. 6Ò0/1973, per l’assenza di presunzioni gravi, precise e concordanti; c) la mancata considerazione, da parte dell’ufficio accertatore, della crisi del settore, della zona e del furto subito’) è inammissibile in quanto non riproduce minimamente la motivazione dell’avviso di accertamento.
Esso è altresì manifestamente infondato in quanto la CTR rende conto, con dovizia di particolari, della puntuale ed esaustiva
motivazione dell’avviso, esplicitando come lo stesso riposi, essenzialmente, sull’antieconomicità dell’attività d’impresa.
Secondo motivo: ‘Della fondatezza dell’opposizione. Nullità dell’avviso di accertamento per falsa applicazione dell’art. 39 del D.P.R. 600/1973 relativamente alla qualificazione degli elementi indicati dall’ A.F. in presunzioni gravi precise e concordanti’.
2.1. ‘L’Ufficio ha provveduto a notificare l’atto oggetto del presente ricorso non richiedendo al contribuente notizie così come previsto dalla normativa richiamata. L’Agenzia delle entrate in ordine alle anomalie riscontrate avrebbe dovuto invitare il contribuente a fornire dati e notizie rilevanti al fine dell’accertamento. Tanto è disposto dall’art. 39 comma 1 DPR n. 600/1973. In verità tale norma, alla lettera c), può essere applicata quando l’Ufficio dispone di elementi sufficienti per ritenere che il reddito dichiarato dal contribuente non è quello dichiarato. Tali elementi sono da ricondurre a verbali e/o questionari di cui al n. 2 e 4 dell’art. 32 del D.P.R. 600/1972. Ovvero se si dovesse ritenere come valida motivazione dell’atto impositivo quella invocata dallo stesso articolo e comma, ma lettera d), anche in questo caso non sussiste la motivazione in quanto l’inesattezza o la falsità degli elementi indicati in dichiarazione non risulta supportata da verbali di ispezione delle scritture contabili e da altre verifiche di cui all’art. 33 e neanche da altri atti o documenti né notizie rinvenute ai sensi dell’art. 32 . L’ufficio fonda l’accertamento sui seguenti elementi probatori: a) che nei confronti della ditta sono stati accertate due infrazioni per il mancato rilascio dello scontrino fiscale una nel 2004 e l’altra 2007. b) la mancata congruità degli studi di settore per gli anni 2006, 2007, e 2009 e mancanza degli studi di settore per l’anno 2008 c) Indice di rotazione delle scorte di magazzino’. Segue nel motivo la confutazione di tali elementi.
2.1. Il motivo è inammissibile e comunque manifestamente infondato.
Esso è inammissibile in quanto, come già detto a proposito del motivo precedente, non dimostra essere stata la questione della pretesa inosservanza del contraddittorio preventivo introdotta già in primo grado, né, soprattutto, riproduce la motivazione dell’avviso .
È inammissibile altresì perché, nella parte argomentativa dedicata alla confutazioni degli ‘elementi probatori’ che asserisce essere stati posti dall’Ufficio a base dell’avviso, sollecita a questa S.C. una valutazione sostanzialmente meritale, in violazione di natura, canoni e limiti del giudizio di cassazione come momento di controllo della mera legalità, e quindi legittimità, della sentenza impugnata.
Il motivo è, altresì e comunque, manifestamente infondato in quanto non si confronta in alcun modo con la scultorea affermazione della CTR secondo cui la motivazione dell’avviso di accertamento riposa, come detto, sulla patente antieconomicità dell’attività, evidenziata, non solo di per sé da una perdita dichiarata che non trova giustificazione rispetto ai valori del volume d’affari e delle rimanenze finali, ma altresì da una ‘omessa o non corretta indicazione di alcuni dati finalizzata a ridurre l’ammontare dei ricavi’, alla stregua di quanto ‘emerso dallo studio di settore’. Un tale quadro, come correttamente concluso dalla CTR, denota una complessiva inattendibilità della contabilità, di cui, pertanto, in contrario, non rileva la regolare tenuta sul piano meramente formale, con conseguente legittimità dell’accertamento induttivo condotto. Ed invero, ‘in tema di accertamento tributario, ove la contabilità risulti formalmente regolare, ma si riveli intrinsecamente inattendibile per l’antieconomicità del comportamento del contribuente, in applicazione dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 300 del 1973, l’Amministrazione finanziaria può desumere in via induttiva -sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti -il reddito del
contribuente, utilizzando le incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, lasciando al contribuente l’onere di fornire la prova contraria mediante la dimostrazione della correttezza delle proprie dichiarazioni ‘.
A fronte di ciò, l’accertamento non fonda sullo studio di settore, utilizzato unicamente in guisa di conferma del giudizio di antieconomicità dell’attività e per rettifica dei parametri: ragion per cui, viepiù vertendo l’accertamento sulla rideterminazione del reddito d’impresa, non era dovuto il previo contraddittorio.
Infine, per completezza, a fronte di quanto osservato dalla CTR a proposito della mancata emissione degli scontrini fiscali e del furto della merce , il motivo non dimostra i contrari assunti che adduce, tantomeno ancorandoli alla (non riprodotta) motivazione dell’avviso. D’altronde, pur a prescindere da ciò, fondato l’avviso sull’antieconomicità dell’attività, è questa assorbente di altri fattori, come quelli indicati, meramente di dettaglio.
Terzo motivo: ‘ Nullità dell’avviso di accertamento per violazione e falsa applicazione dell’art. 42 D.P.R. 600/1973’.
3.1. ‘L’atto impositivo reca la firma di NOME COGNOME il quale firma per delega del Direttore Provinciale NOME COGNOME, disposizione di servizio n. 1/2011. Ebbene su tale atto non sono indicate le ragioni della delega (es. assenza per vacanze, malattia etc.), il termine di validità ed il nominativo. Pur non avendo eccepito tale vizio in sede di introduzione del giudizio in primo grado, in Commissione Regionale il sottoscritto ricorrente, in dibattimento faceva verbalizzare proprie dichiarazioni difensive eccependo che soltanto in recentissima data si è pubblicamente
reso noto della nomina illegittima di molti funzionari della Amministrazione Finanziaria, tra questi il Direttore Provinciale firmatario, per delega, dell’atto impositivo. La sentenza di nullità delle nomine è stata declarata dalla sentenza della Corte costituzionale depositata in data 17 marzo 2015. Per il principio del ‘favor rei’, il sottoscritto ricorrente, ritiene potersi dichiarare nullo l’atto impositivo ‘.
3.2. Il motivo è inammissibile.
Esso -che di per sé incorre in difetto di precisione ed autosufficienza perché compie riferimenti ad atti e documenti dei giudizi di merito senza ‘localizzarli’ nei rispettivi fascicoli e soprattutto senza riprodurli, quantomeno nelle parti rilevanti -fa dichiaratamente riferimento ad un ‘vizio’ dell’avviso di accertamento non sollevato con il ricorso introduttivo. In tal guisa, la censura, oltretutto rivolta direttamente all’avviso, e non alla sentenza impugnata, per l’effetto pretendendo da questa S.C. un giudizio tipicamente meritale che non le è consentito, costituisce un ‘novum’ indeducibile in sede di legittimità.
Né, differentemente da quanto opinato nel motivo, rileva essere la sentenza della Corte costituzionale sopravvenuta in costanza del giudizio di secondo: per effetto del carattere impugnatorio del processo tributario , la ‘res controversa’ si determina,
e quindi si cristallizza, solo in ragione e nei limiti dei motivi spiegati con il ricorso introduttivo; talché, onde assegnarsi rilevanza a Coste cost. n. 37 del 2015, il vizio di sottoscrizione dell’avviso avrebbe dovuto, in quanto tale, pur a prescindere da specifici riferimenti alla questione di poi decisa da tale sentenza, essere fatto valere ‘ab origine’; non essendolo stato, si sono sul punto maturate l’indeducibilità del vizio stesso e con essa la stabilità dell’avviso, con la conseguenza che l’operatività ‘a ritroso’ della sentenza subisce in concreto il limite dei rapporti esauriti, sul rilievo -esplicitato ad esempio da Sez. L, Sentenza n. 13884 del 07/07/2016 (Rv. 640477 -01) – che ‘l’efficacia retroattiva delle pronunce di illegittimità costituzionale costituisce principio generale che trova un unico limite nei rapporti esauriti in modo definitivo, per avvenuta formazione del giudicato o per essersi verificato altro evento cui l’ordinamento collega il consolidamento del rapporto medesimo’).
A questo riguardo, enunciasi il seguente principio di diritto:
In materia di sottoscrizione degli avvisi di accertamento, ai sensi dell’art. 42, commi 1 e 3, DPR n. 600 del 1973, la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 24, d.l. n. 16 del 2012, convertito dalla l. n. 44 del 2012, giusta sentenza della Corte costituzionale n. 37 del 2015, non produce effetti retroattivi sui giudizi in corso qualora il ‘thema’ in sé della mancanza di una valida sottoscrizione dell’avviso, pur a prescindere da specifici riferimenti alla questione di poi decisa da tale sentenza, non sia stato fatto valere con il ricorso introduttivo del giudizio, giacché, in tal caso, per effetto della natura impugnatoria del processo tributario, l’ordinaria efficacia retroattiva della
pronuncia di illegittimità costituzionale incontra il limite di un rapporto ormai esaurito.
In aggiunta a quanto precede, il motivo è, altresì e comunque, manifestamente infondato.
Secondo, infatti, consolidata giurisprudenza di legittimità ‘in tema di accertamento tributario, ai sensi dell’art. 42, primo e terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva, cioè da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002 -2005, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun effetto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, convertito dalla l. n. 44 del 2012’ .
In definitiva, il ricorso va integralmente rigettato, con le statuizioni consequenziali come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia le spese di lite, liquidate in euro 4.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, lì 27 settembre 2024.