Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25576 Anno 2024
Oggetto: Tributi
Ires, Irap e Iva 2005
Valori OMI
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25576 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME DI COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/09/2024
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 13570 del ruolo generale dell’anno 2018, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore in Roma, INDIRIZZO;
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, n. 4414/23/2017, depositata in data 30 ottobre 2017.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3 luglio 2024 dal Relatore Cons. AVV_NOTAIO NOME COGNOME NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
1.L’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE notificava , in data 8 maggio 2009, a RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , esercente l’attività di ‘lavori generali di costruzione edifici’ l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio aveva contestato maggiori ricavi, ai fini Ires, Irap e Iva, per il 2005, in relazione a diverse cessioni di unità immobiliari, basandosi anche sul rilevato scostamento tra i prezzi dichiarati e le quotazioni OMI.
Avverso il suddetto avviso, RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Cremona che, con la sentenza n. 16/03/2011, lo accoglieva.
Avverso la sentenza di primo grado, l’RAGIONE_SOCIALE proponeva appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, che, con sentenza n. 220/64/13, lo dichiarava inammissibile per tardività.
4.Detta pronuncia era impugnata dall’RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione che veniva accolto con ordinanza n. 14863/2016, con cassazione della sentenza e rinvio alla CTR della Lombardia, in diversa composizione.
Riassunto il giudizio a cura della società contribuente, la CTR della Lombardia, sezione distaccata di Brescia, con la sentenza 4414/23/2017, depositata in data 30 ottobre 2017, accoglieva l’appello dell’Ufficio.
In punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR ha ritenuto legittim o l’avviso in quanto l’accertamento dei maggiori ricavi era stato basato non solo sulla
emersa discrasia tra i prezzi dichiarati RAGIONE_SOCIALE compravendite immobiliari e i valori OMI ma anche sulla ‘sottostima’ dei corrispettivi rispetto ai valori dei correnti bollettini FIAIP e sulla riscontrata netta inferiorità dei valori di compravendita dichiarati, in alcuni casi rispetto alla somma aritmetica di caparre e acconti versati e, in altri casi, rispetto al valore dei mutui fondiari accesi dagli acquirenti a tal fine , ‘ non dovendosi dimenticare che- anche prima degli stringenti richiami ABInessuna banca concedeva prestiti non garantiti dall’immobile contestualmente ipotecato ‘.
Avverso la sentenza di appello, la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
8 .Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727, 2729 c.c. per avere la CTR ritenuto legittimo l’accertamento dei maggiori ricavi in capo alla società, facendo riferimento ad una asserita discordanza tra i prezzi dichiarati RAGIONE_SOCIALE compravendite e i valori OMI nonché quelli dei correnti bollettini FIAIP sebbene si trattasse di elementi indiziari privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, con conseguente vizio del ragionamento presuntivo (tanto più che solo con il DL n. 223/2006, non applicabile alla fattispecie in esame, era stato istituito il ‘valore normale’). Pera ltro, ad avviso della ricorrente, il giudice di appello avrebbe fatto, altresì, riferimento agli ‘stringenti richiami ABI’ e all’asserita mancata concessione di ‘prestiti non garantiti dall’immobile ipotecato’ che non solo non erano veritieri (le direttive ABI nel 2005 non erano state ancora emesse) ma afferivano ad aspetti collaterali della vicenda, tanto più che, dopo il 2005, sotto il profilo fiscale, l’asserito vincolo di corrispondenza tra il prezzo pagato e il valore del mutuo si era molto attenuato (Risoluzione 1° giugno 2007, n. 122/E e Risoluzione n. 248/E/2008).
2. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c. per avere la CTR violando i criteri distributivi dell’onere della prova e l’obbligo del giudice di porre a fondamento della decisione soltanto le prove offerte dalle parti -ritenuto legittimo l’accertamento sebbene l’ Ufficio non avesse provato documentalmente che le maggiori somme erogate – con riguardo alle voci ‘caparra, acconto e mutuo’ – si fossero tradotte in ‘ dazioni in nero ‘ laddove, peraltro, il contribuente aveva, fin dal primo grado di giudizio, provato documentalmente che le maggiori somme erogate, lungi dall’essere ascrivibili a ‘dazioni in nero’, rappresentavano specifiche diverse esigenze degli acquirenti -mutuatari (ad es. estinzione di precedente finanziamento correlato agli stati di avanzamento lavori; acquisto di arredamento e necessità di sostenere ulteriori spese collegate all’immobile, etc.).
3.I motivi primo e secondo – da esaminare congiuntamente per connessione- si profilano inammissibili.
3.1.Va ricordato che, ai sensi del quarto e del quinto comma dell’art. 52 del d.P.R. n. 131 del 1986, a decorrere dal 10 luglio 1986, il potere di rettifica dei valori dichiarati negli atti era impedito qualora gli stessi fossero risultati pari o superiori a quel minimum determinato dalla capitalizzazione RAGIONE_SOCIALE rendite catastali – che si otteneva moltiplicando per specifici coefficienti fissi di legge il valore catastale – con l’unico limite dato dall’eventuale individuazione, da parte dell’Ufficio, di corrispe ttivi non dichiarati. Pur essendo inibito l’accertamento di valore, il criterio automatico di valutazione non implicava una diversa determinazione della base imponibile, che si identificava, ai sensi del combinato disposto degli artt. 43, comma 1, e 51 del TUR, con il «valore del bene o del diritto alla data dell’atto», assumendosi per tale «quello dichiarato dalle parti nell’atto e, in mancanza o se superiore, il corrispettivo pattuito». Per le cessioni di immobili soggette ad I.V.A., l’art. 15 del d.l. 23 febbraio 1995, n. 41 aveva esteso (per i fabbricati classificati o classificabili nei gruppi A, B e C) il principio della non rettificabilità del corrispettivo dichiarato, ove determinato in base ai
parametri automatici previsti per l’imposta di registro, salvo che da atto o documento il corrispettivo risultasse di maggiore ammontare; -l’art. 35, comma 2, del decreto-legge n. 223 del 2006 (cd. decreto Visco-Bersani), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006 (decreto in vigore dal 4 luglio 2006), ha inserito nell’art. 54, terzo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972 (ai fini dell’I.V.A.) una disposizione in base alla quale «per le cessioni aventi ad oggetto beni immobili e relative pertinenze, la prova di cui al precedente periodo s’intende integrata anche se l’esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni imponibili o l’inesattezza RAGIONE_SOCIALE indicazioni di cui al secondo comma sono desunte sulla base del valore normale dei predetti beni, determinato ai sensi dell’articolo 14 del presente decreto». Lo stesso art. 35, con il comma 3, del citato decreto legge n. 223 del 2006 ha inoltre inserito nell’art. 39, primo comma, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973 (ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi) una disposizione analoga alla precedente ed in base alla quale «per le cessioni aventi ad oggetto beni immobili, ovvero la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento sui medesimi beni, la prova si intende integrata anche se l’infedeltà dei ricavi viene desunta sulla base del valore normale dei predetti beni determinato ai sensi dell’art. 9, comma 3, del testo unico RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi». Il comma 4 dello stesso art. 35 cit. ha, inoltre, espressamente abrogato l’art. 15 del d.l. 23 febbraio 1995, n. 41. Il d.l. n. 223/2006 ha, quindi, introdotto presunzioni semplici legali relative che consentivano all’ente impositore di rettificare la dichiarazione del contribuente sulla base del solo scostamento tra il corrispettivo dichiarato per le cessioni di beni immobili ed il valore normale degli stessi, determinato (in forza dell’art. 1, comma 307, della legge n. 296 del 2006 – legge finanziaria 2007 – e del provvedimento direttoriale del 27 luglio 2007, emesso in attuazione di tale legge e con il quale erano indicati i criteri utili per la determinazione del valore normale dei fabbricati ai sensi dell’art. 14 del decreto nn. 633 del 1972 e dell’art. 9, comma 3, del testo unico RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi) secondo i valori dell’Osservatorio del mercato immobiliare (0.M.I.) presso l’RAGIONE_SOCIALE del Territorio e i coefficienti di merito relativi alle caratteristiche dell’immobile, integrati da altre informazioni in possesso degli uffici tributari. Anche se inizialmente tali
nuovi disposizioni sono state ritenute di natura «procedimentale» e, quindi, applicabili anche ad accertamenti relativi ad anni d’imposta precedenti al 4 luglio 2006 (data di entrata in vigore del decreto Visco Bersani), l’art. 1, comma 265, della legge n. 244 del 2007, in vigore dal 10 gennaio 2008, ha stabilito che le presunzioni legali (basate sul valore normale) si applicano soltanto per gli atti formati a decorrere dal 4 luglio 2006, mentre per gli atti formati anteriormente, valgono «agli effetti tributari, come presunzioni semplici». Successivamente la Commissione europea, nell’ambito del procedimento di infrazione n. 2007/4575, ha rilevato l’incompatibilità -in relazione all’I.V.A., ma con valutazione ritenuta estensibile dal legislatore nazionale anche alle imposte dirette – RAGIONE_SOCIALE disposizioni introdotte dall’art. 35 del decreto-legge n. 223 del 2006 con l’art. 73 della Direttiva comunitaria 2006/112/CE, secondo cui la base imponibile I.V.A. «comprende tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell’acquirente destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni». In considerazione di tale parere, la legge n. 88 del 2009 (legge comunitaria del 2008) con l’art. 24, commi 4, lettera f), e 5, è nuovamente intervenuta sull’art. 39 citato, stabilendo alla lettera d) del primo comma dell’art. 39: «Per i redditi d’impresa RAGIONE_SOCIALE persone fisiche l’ufficio procede alla rettifica: d) se l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta dall’ispezione RAGIONE_SOCIALE scritture contabili e dalle altre verifiche di cui all’articolo 33 ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità RAGIONE_SOCIALE registrazioni contabili sulla scorta RAGIONE_SOCIALE fatture e degli altri atti e documenti relativi all’impresa nonché dei dati e RAGIONE_SOCIALE notizie raccolti dall’ufficio nei modi previsti dall’articolo 32. L’esistenza di attività non dic hiarate o l’inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti», nonchè sul terzo comma dell ‘ art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972 prevedendo: «L’Ufficio può tuttavia procedere alla rettifica indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità del contribuente qualora l’esistenza di operazioni imponibili per ammontare superiore a quello indicato nella
dichiarazione, o l’inesattezza RAGIONE_SOCIALE indicazioni relative alle operazioni che danno diritto alla detrazione, risulti in modo certo e diretto, e non in via presuntiva, da verbali, questionari e fatture di cui ai numeri 2), 3) e 4) del secondo comma dell’art. 51, dagli elenchi allegati alle dichiarazioni nonché da altri atti e documenti in suo possesso»; questa Corte ha, quindi, ripetutamente affermato che, in tema di accertamento dei redditi d’impresa, in seguito alla sostituzione dell’art. 39 cit. ad opera dell’art. 24, comma 5, della L. n. 88 del 2009 che, con effetto retroattivo -stante la sua finalità di adeguamento al diritto dell ‘ Unione europea (v. Cass. n. 26279 del 2016 e Cass. n. 20429 del 2014) e con riguardo ai soli rapporti non esauriti come nella specie – ha eliminato la presunzione relativa di corrispondenza del corrispettivo della cessione di beni immobili al valore normale degli stessi introdotta dall’art. 35 cit., così ripristinando il precedente quadro normativo in base al quale l’esistenza di attività non dichiarate può essere desunta «anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti», l’accertamento di un maggior reddito derivante dalla predetta cessione di beni immobili non può essere fondato soltanto sulla sussistenza di uno scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita ed il valore normale del bene quale risulta dalle quotazioni 0.M.I., ma richiede la sussistenza di ulteriori elementi indiziari gravi, precisi e concordanti (Cass. n. 23379 del 2019; n. 9474 del 2017; Cass. n. 26487 del 2016; n. 24054 del 2014; Cass. n. 11439 del 2018; n. 2155 del 25/1/2019; n. 10731 del 5/6/2020; Cass. sez. 5, Ord. n. 8379 del 2023).
3.2.Ciò premesso, il primo motivo non è attinente al decisum avendo la CTR ritenuto legittimo l’avviso in questione in quanto l’ accertamento di maggiori ricavi era fondato oltre che sulla emersa discordanza tra i prezzi dichiarati RAGIONE_SOCIALE compravendite e i valori OMI e sulla ‘ sottostima ‘ degli stessi rispetto ai valori dei correnti bollettini FIAIP, anche – quali ulteriori elementi indiziari gravi, precisi e concordanti sulla riscontrata netta inferiorità ‘ del valore dichiarato finale …alla somma aritmetica di caparra ed acconto e in altri casi ..alla somma di quanto versato e di quanto acquisito con il mutuo fondiario accesso per l’occasione ‘. Al riguardo, il giudice di appello ha evide nziato che ‘ quanto a
quest’ultimo (il mutuo fondiario), esso risultava normalmente molto elevato in grado dunque di chiudere -in senso sfavorevole al contribuente- una presunzione che -in termine di indizio grave, preciso e concordante- permette di uscire dalla querelle sul valore legale degli indici OMI …’ aggiungendo, in via meramente rafforzativa RAGIONE_SOCIALE dette conclusioni, che ‘ non si dimenticare che- anche prima dei più stringenti richiami ABI -nessuna banca concedeva prestiti non garantiti dall’immobile contestual mente ipotecato ‘.
3.3.Quanto al secondo motivo va ribadito che la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, e non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione RAGIONE_SOCIALE acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata abbia assolto tale onere, poiché in questo caso vi è soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. (tra le altre, Cass. Sez. L, Sentenza n. 17313 del 19/08/2020; Cass. 23518 del 2018; Cass. n. 571 del 2017; n. 19064 del 2006, n. 15107 del 2013).
3.4.Quanto all’assunta violazione dell’art. 115 c.p.c., questa Corte a sezioni unite (SU, sentenza n. 20867 del 30/09/2020) ha chiarito che «In tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.»;
3.5.Nella specie, il motivo di ricorso, pur prospettando una violazione di legge, nel denunciare sostanzialmente una indebita valutazione RAGIONE_SOCIALE acquisizioni
istruttorie, in realtà tende inammissibilmente ad una nuova interpretazione di questioni di merito, avendo la CTR- con una valutazione in fatto non sindacabile dinanzi al giudice di legittimità e nel rispetto dei principi sopra richiamati ritenuto costituire indici presuntivi, gravi, precisi e concordanti dei maggiori ricavi non contabilizzati, oltre alla riscontrata incongruenza tra i prezzi dichiarati RAGIONE_SOCIALE compravendite e i valori OMI, anche la ‘sottostima’ dei corrispettivi rispetto ai valori dei correnti bollettini FIAIP e la riscontrata netta inferiorità dei valori di compravendita dichiarati, in alcuni casi, rispetto alla somma aritmetica di caparre e acconti versati e, in altri casi, rispetto al valore dei mutui fondiari accesi dagli acquirenti a tal fine. V a, al riguardo, ribadito l’orientamento di questa Corte secondo cui ‘ È inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito ‘ (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 18721 del 13/07/2018; Cass., sez. 5, 26 novembre 2020, n. 26961).
4 . Con il terzo motivo si denuncia: 1) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio in ordine al c.d. valore normale; 2) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. , la violazione e falsa applicazione del d.l. n. 223/2006 e dell’art. 11 RAGIONE_SOCIALE preleggi, nonché dell’art. 3 della legge n. 212/2000 , per avere la CTR ritenuto legittimo l’avviso di accertamento in questione – nel quale con riguardo alle cessioni immobiliari effettuate nel 2005 si faceva riferimento alla discrasia tra i prezzi di vendita dichiarati e ‘ il valore normale degli immobili oggetto della compravendita’, essendo state evidenziate RAGIONE_SOCIALE irregolarità circa il trattamento fiscale RAGIONE_SOCIALE operazioni alla luce RAGIONE_SOCIALE disposizioni legislative in materia di cessioni immobiliari introdotte con il D.L. n. 223/2006 -omettendo di considerare che, con riguardo all’anno di imposta verificato (2005) , non poteva trovare applicazione il D.L. n. 223/2006 quanto all’introdotto criterio del c.d. valore normale, laddove, invece, ai sensi dell’art. 13 del d.P.R. n. 633/72, la base
imponibile RAGIONE_SOCIALE cessioni di beni si doveva individuare nei corrispettivi dovuti ovvero emergenti dalle pattuizioni contrattuali (ad eccezione dei casi particolari di cui alla lett. c) dell’art. 13 cit . ; peraltro, anche l’art. 14 del medesimo decreto riguardava esclusivamente le ipotesi in cui non era indicato il totale del corrispettivo, come, ad esempio, per le cessioni gratuite di beni).
4.1.Il motivo si profila inammissibile nella parte in cui denuncia il vizio di motivazione posto che l ‘ art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 134 del 2012, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (Cass., sez. 2, 14/06/2017, n. 14802; n. 2785 del 2021).La censura formulata dalla ricorrente non riguarda l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ma la valutazione di assunte deduzioni difensive circa l ‘inapplicabilità del d.l. n. 223/2006 quanto all’introdotto elemento del ‘valore normale’ senza peraltro che la società, in difetto del principio di autosufficienza, abbia trascritto in ricorso o ad esso allegato il contenuto, nelle parti di interesse, gli atti difensivi dei gradi di merito.
4.2.Quanto alla denunciata violazione di legge, la stessa non coglie la ratio decidendi in quanto il giudice di appello, lungi dal fare applicazione della presunzione legale (relativa) di corrispondenza del prezzo della compravendita al valore normale del bene, introdotta dall’art. 35 del d.l. n. 223 del 2006, conv. in l. n. 248 del 2006- peraltro soppressa con la reintroduzione, con effetto retroattivo, della presunzione semplice, ai sensi dell’art. 24, comma 5, della l. n. 88 del 2009 (legge comunitaria 2008), che ha modificato l’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e l’art. 54 del d.P.R. n. 633 del 197 – ha fondato il proprio convincimento di legittimità dell’avviso, oltre che sulla emersa discordanza dei prezzi dichiarati RAGIONE_SOCIALE cessioni immobiliari con i valori OMI, anche su ulteriori elementi indiziari ( sottostima’ dei corrispettivi rispetto ai valori dei correnti
bollettini FIAIP; netta inferiorità dei valori di compravendita dichiarati, in alcuni casi rispetto alla somma aritmetica di caparre e acconti versati e, in altri casi, rispetto al valore dei mutui fondiari accesi dagli acquirenti a tal fine), stimati dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, che complessivamente supportavano la contestazione dell’Ufficio di sostanziale antieconomicità RAGIONE_SOCIALE cessioni immobiliari effettuate e, dunque, di maggiori ricavi non dichiarati.
5.In conclusione, il ricorso va rigettato.
6.Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 8.200,00 per compensi oltre spese prenotate a debito;
Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1 quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 3 luglio 2024