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Accertamento induttivo mutuo: quando è legittimo?

Un’impresa edile ha venduto immobili a un prezzo inferiore rispetto ai mutui ottenuti dagli acquirenti. L’Agenzia delle Entrate ha emesso un avviso di accertamento per maggiori ricavi, basandosi su questa differenza. Sebbene i giudici di merito avessero dato ragione al contribuente, la Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione. Con l’ordinanza in esame, ha stabilito che la discrepanza tra il valore del mutuo e il prezzo dichiarato è sufficiente per legittimare un accertamento induttivo mutuo, in quanto costituisce una presunzione di sottofatturazione.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento Induttivo Mutuo: la Cassazione Conferma la Legittimità

L’accertamento induttivo mutuo rappresenta uno degli strumenti più efficaci a disposizione dell’Amministrazione Finanziaria per contrastare i fenomeni di evasione fiscale nel settore immobiliare. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio ormai consolidato: la semplice differenza tra il prezzo di vendita dichiarato nell’atto e l’importo del mutuo concesso all’acquirente è sufficiente a giustificare una rettifica del reddito del venditore. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa

Un contribuente, operante nel settore delle costruzioni, impugnava un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate aveva rettificato la sua dichiarazione dei redditi per l’anno d’imposta 2005. L’Ufficio contestava l’omissione di ricavi per oltre 200.000 euro, derivanti dalla cosiddetta “sottofatturazione” nella vendita di quattro unità abitative. La contestazione si basava interamente sulla significativa discrepanza tra i corrispettivi dichiarati negli atti di compravendita e i valori dei mutui stipulati dagli acquirenti per finanziare l’acquisto.

La Decisione nei Gradi di Merito

Sia la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) che la Commissione Tributaria Regionale (CGT) accoglievano le ragioni del contribuente. I giudici di merito ritenevano che la sola discordanza tra prezzo e mutuo non fosse di per sé sufficiente a giustificare una rideterminazione induttiva dei ricavi. Sostenevano, inoltre, che in presenza di una contabilità formalmente corretta, come quella del contribuente, l’Ufficio avrebbe dovuto basare la propria pretesa su presunzioni “gravi, precise e concordanti”, che nel caso di specie erano state ritenute mancanti. A rafforzare la tesi del contribuente, la CGT evidenziava che i valori immobiliari risultanti dall’Osservatorio dell’Agenzia dei Territori erano sostanzialmente conformi ai prezzi dichiarati negli atti.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ha completamente ribaltato la prospettiva dei giudici di merito. La Suprema Corte ha affermato, richiamando la propria giurisprudenza costante (tra cui le sentenze n. 14388/2017 e n. 26485/2016), che l’accertamento induttivo mutuo è legittimo e fondato anche sulla sola esistenza di uno scostamento tra il prezzo di vendita e il valore del finanziamento.

Secondo gli Ermellini, tale scostamento non è un mero indizio, ma integra una presunzione grave, precisa e concordante di un maggior corrispettivo versato “in nero”. Il ragionamento logico è semplice: è improbabile che un istituto di credito eroghi un mutuo per un importo superiore al valore effettivo del bene che ne costituisce la garanzia. Pertanto, se la banca finanzia una cifra più alta del prezzo dichiarato, è altamente probabile che il valore reale della transazione (e quindi il ricavo del venditore) sia almeno pari all’importo del mutuo. Questa presunzione è così forte da poter superare anche le risultanze di una contabilità formalmente corretta.

La Corte ha quindi cassato la sentenza impugnata, rinviando la causa alla Commissione Tributaria Regionale in diversa composizione, che dovrà riesaminare i fatti attenendosi a questo principio di diritto. Toccherà ora al contribuente, nel nuovo giudizio, fornire la prova contraria, ovvero dimostrare perché gli acquirenti avessero necessità di un mutuo superiore al prezzo di acquisto (ad esempio, per finanziare contestuali lavori di ristrutturazione).

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale di grande rilevanza pratica. Essa conferma che la discrepanza tra il valore del mutuo e il prezzo dichiarato in atto è un elemento sufficiente, di per sé, a fondare un accertamento per maggiori ricavi a carico del venditore. Per le imprese e i privati che vendono immobili, ciò significa che la pratica della sottofatturazione, anche se supportata da una contabilità apparentemente ineccepibile, è estremamente rischiosa. L’Amministrazione Finanziaria ha uno strumento presuntivo potente che inverte l’onere della prova, ponendo a carico del contribuente il compito, spesso arduo, di giustificare la differenza tra i due valori. Questo principio serve da monito per garantire maggiore trasparenza e correttezza nelle transazioni immobiliari.

La differenza tra il prezzo di vendita di un immobile e il mutuo ottenuto dall’acquirente può giustificare un accertamento fiscale?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, uno scostamento significativo tra il minor prezzo indicato nell’atto di compravendita e il maggior importo del mutuo erogato all’acquirente è di per sé sufficiente a fondare un accertamento induttivo per maggiori ricavi, poiché costituisce una presunzione grave, precisa e concordante.

Se la contabilità dell’impresa venditrice è formalmente corretta, l’accertamento basato su questa differenza è comunque valido?
Sì. La Corte ha stabilito che la presunzione derivante dalla discrepanza tra prezzo e mutuo è così forte da poter superare le risultanze di una contabilità formalmente corretta e attendibile, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lettera d) del d.P.R. n. 600/1973.

In questi casi, su chi ricade l’onere della prova?
Una volta che l’Amministrazione Finanziaria ha dimostrato lo scostamento tra prezzo e mutuo, l’onere della prova si inverte e passa al contribuente. Sarà quest’ultimo a dover dimostrare le ragioni specifiche per cui l’acquirente ha richiesto un mutuo di importo superiore al prezzo di acquisto dichiarato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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