Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21915 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21915 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 30/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26799/2016 R.G. proposto da :
GPI IMMOBILIARE DI COGNOME E C SAS IN LIQUIDAZIONE, COGNOME, COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE , rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrenti-
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELL’EMILIA ROMAGNA n. 1086/13/16 depositata il 20/04/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 1086/13/16 del 20/04/2016, la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna (di seguito CTR) accoglieva parzialmente gli appelli principali riuniti proposti da RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (di seguito RAGIONE_SOCIALE e dai soci NOME COGNOME e NOME COGNOME e rigettava gli appelli incidentali proposti dall’Agenzia delle entrate (di seguito AE) avverso la sentenza n. 111/01/12 della Commissione tributaria provinciale di Forlì (di seguito CTP), che aveva a sua volta accolto parzialmente i ricorsi riuniti della società contribuente e dei soci nei confronti di tre avvisi di accertamento, l’uno relativo alla società per IRAP e IVA concernenti l’anno d’imposta 2007, gli altri due relativi ai singoli soci per IRPEF concernente il medesimo anno d’imposta.
1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, l’Amministrazione finanziaria aveva contestato alla società contribuente di avere dichiarato un prezzo di vendita di alcuni immobili similari inferiore a quello effettivamente corrisposto dagli acquirenti, con conseguenti maggiori ricavi.
1.2. La CTR accoglieva parzialmente gli appelli di RAGIONE_SOCIALE e soci e, per quanto ancora interessa evidenziava che: a) la verifica de ll’Ufficio era di tipo analitico-induttivo, legittimamente fondata su presunzioni gravi, precise e concordanti; b) le sanzioni erano state correttamente determinate nel minimo edittale; c) i ricavi dovevano essere quantificati tenuto conto della differenza tra il valore indicato dalle perizie degli istituti di credito e il valore dichiarato.
Avverso la sentenza della RAGIONE_SOCIALE e soci proponevano ricorso per cassazione fondato su tre motivi, illustrati da memoria ex art. 380 bis .1 cod. proc. civ.
AE si costituiva al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione orale ai sensi dell’art. 370 primo comma, cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso per cassazione di RAGIONE_SOCIALE e soci è affidato a tre motivi, di seguito riassunti.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 115, secondo comma, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR elevato a fatto notorio la circostanza che le banche utilizzino criteri estremamente prudenziali nella stima dei beni concessi dal debitore a garanzia del credito erogato.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 2729 cod. civ., per avere la CTR legittimato l’utilizzazione di elementi indiziari (la concessione di mutui per un valore superiore a quello di compravendita; l’indicazione , nelle perizie di stima, di un valore superiore a quello indicato nel rogito) privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza pervisti dalla legge.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla censura dei ricorrenti al criterio di calcolo del valore reale degli immobili adottato dall’Amministrazione finanziaria.
I primi due motivi, involgendo sotto il profilo della violazione di legge, i presupposti dell’accertamento dell’Ufficio, possono essere unitariamente considerati e vanno disattesi.
2.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, « In tema di accertamento tributario relativo sia all’imposizione diretta che all’IVA, la legge – rispettivamente art. 39, comma 1, del d.P.R. n. 600 del
1973 (richiamato dal successivo art. 40 per quanto riguarda la rettifica delle dichiarazioni di soggetti diversi dalle persone fisiche) ed art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972 – dispone che l’inesistenza di passività dichiarate, nel primo caso, o le false indicazioni, nel secondo, possono essere desunte anche sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, senza necessità che l’Ufficio fornisca prove “certe”. Pertanto, il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione, dando atto in motivazione dei risultati del proprio giudizio (impugnabile in cassazione non per il merito, ma esclusivamente per inadeguatezza o incongruità logica dei motivi che lo sorreggono) e solo in un secondo momento, ove ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, che ne è onerato ai sensi degli artt. 2727 e ss. e 2697, comma 2, c.c. » (Cass. n. 14237 del 07/06/2017; Cass. n. 9784 del 23/04/2010).
2.2. In particolare, è stato evidenziato che l’accertamento di un maggior reddito derivante dalla cessione di beni immobili può essere fondato anche soltanto sull’esistenza di uno scostamento tra il minor prezzo indicato nell’atto di compravendita e l’importo del mutuo erogato all’acquirente (Cass. n. 14388 del 09/06/2017).
2.3. La motivazione della sentenza impugnata si è pedissequamente adeguata ai superiori principi di diritto. Invero, la CTR: i) ha indicato gli elementi presuntivi offerti dall’Ufficio a fondamento della pretesa (atteggiamento prudenziale delle banche nella stima degli immobili, costituente una massima di comune esperienza; mutuo bancario superiore al prezzo indicato in fattura; perizie di stima recanti un valore dell’immobile superiore a quello del
rogito); ii) ha ritenuto che detti elementi costituiscano presunzioni gravi, precise e concordanti idonee a supportare l’accertamento; iii) ha rilevato che i contribuenti non hanno dedotto alcuna utile prova contraria, essendosi limitati a proporre argomentazioni non supportate da fatti concreti (quali sono, ad es., i riscontri bancari delle transazioni operate).
2.4. Una simile motivazione resiste alle censure mosse da RAGIONE_SOCIALE e soci.
2.4.1. In primo luogo, non vi è nessuna violazione dell’art. 115, secondo comma, cod. proc. civ. con riferimento alla nozione di fatto notorio, indipendentemente dal richiamo (improprio) che ne fa la stessa CTR. In realtà, il giudice di appello non pone a fondamento della propria decisione una prova fondata sul notorio, ma il notorio legittima unicamente uno degli elementi forniti dall’Amministrazione finanziaria a fondamento del ragionamento presuntivo.
2.4.2. Ne consegue, che non vi è alcuna violazione dei principi in materia di valutazione delle prove, ben potendo assurgere a elemento indiziario una considerazione di buon senso comune che rientra nel ragionamento logico di qualsiasi creditore e che può essere espressa nel modo che segue: è del tutto verosimile che le banche valutino la garanzia ipotecaria concessa quanto meno di valore pari all’importo delle somme erogate a mutuo.
2.4.3. Tale indicazione di ragionevolezza non assurge, nel ragionamento della CTR, a prova della parziale simulazione del prezzo indicato nel rogito, ma unicamente ad elemento indiziario, da leggere unitamente agli altri elementi, affinché possa essere suffragata la presunzione di evasione posta a base dell’accertamento.
2.4.4. La circostanza che gli elementi ulteriori indicati dalla CTR (segnatamente, il minor prezzo indicato nel contratto di compravendita rispetto al mutuo concesso) non abbiano assoluta
valenza indiziaria dell’evasione, poi, oltre che costituire un’affermazione priva di fondamento alla luce della giurisprudenza più sopra citata, non scalfisce il ragionamento presuntivo, che si fonda su di una lettura congiunta di più elementi, dai quali viene tratta una conclusione plausibile. Pertanto, da un lato gli indizi forniti dall’Amministrazione finanziaria non possono essere considerati atomisticamente (cfr. Cass. n. 3703 del 09/03/2012; Cass. n. 9059 del 12/04/2018; si vedano altresì Cass. n. 18822 del 16/07/2018; Cass. n. 27410 del 25/10/2019); dall’altro, non è legittima la pretesa dei ricorrenti di accreditare una valutazione dei fatti diversa da quella fatta propria dal giudice di merito.
2.5. In realtà, i ricorrenti, come pure sottolineato dalla sentenza impugnata, tendono a porre in discussione la legittimità del ragionamento presuntivo posto alla base dell’accertamento, ma non offrono in alcun modo, come loro onere specifico, una prova contraria idonea a confutare gli indizi forniti dall’Ufficio.
Il terzo motivo, con cui si contesta la motivazione resa dall’Ufficio a supporto del criterio di calcolo del valore reale degli immobili, è inammissibile.
3.1. In primo luogo, i ricorrenti -contestando, ancora una volta, il ragionamento presuntivo compiuto dall’Amministrazione finanziaria -pongono una questione concernente la legittimità della motivazione dell’avviso di accertamento, sicché la censura (anche laddove la si consideri autosufficiente quanto alla sua tempestiva proposizione nei gradi di merito, non facendovi alcun cenno la CTR), avrebbe dovuto essere proposta quale violazione di legge e non già quale vizio di motivazione.
3.2. In secondo luogo, RAGIONE_SOCIALE e soci non hanno interesse alla sua proposizione, posto che la CTR, accogliendo parzialmente l’appello, ha
indicato un diverso criterio di determinazione dei ricavi evasi che esula del tutto dai valori OMI.
3.3. Infine, anche laddove voglia considerarsi legittima la proposizione della censura sotto il profilo del vizio di motivazione, la stessa si scontra con la sussistenza di una doppia conforme di merito, senza che i ricorrenti abbiano provato che le circostanze dedotte non siano state esaminate dai giudici di merito (il che deve escludersi quanto meno per la sentenza impugnata, che -come detto -ha statuito in ordine ai criteri di valutazione dei ricavi evasi).
In conclusione, il ricorso va rigettato. Nulla per le spese in ragione della mancata difesa in giudizio di AE.
4.1. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 12/02/2025.