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Accertamento induttivo: mutui e valore OMI sono prove

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22146/2024, ha stabilito che un accertamento induttivo per redditi non dichiarati dalla vendita di immobili è legittimo se fondato su un insieme di prove presuntive. In particolare, la stipula di mutui da parte degli acquirenti per un importo superiore al prezzo di vendita dichiarato, unita alla discrepanza con le quotazioni OMI, costituisce un quadro di indizi gravi, precisi e concordanti, che il giudice di merito non può ignorare. La Corte ha quindi cassato la decisione precedente che aveva svalutato tali elementi probatori.

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento Induttivo: Quando il Mutuo Svela il Reale Prezzo di Vendita

L’accertamento induttivo rappresenta uno degli strumenti più efficaci a disposizione dell’Amministrazione Finanziaria per contrastare l’evasione fiscale. Con la recente sentenza n. 22146 del 6 agosto 2024, la Corte di Cassazione è tornata a fare chiarezza sui presupposti che legittimano tale metodo di verifica, in particolare nel settore delle compravendite immobiliari. La decisione sottolinea come la stipula di un mutuo per un importo significativamente superiore al prezzo dichiarato nell’atto di vendita costituisca un indizio fondamentale per presumere l’esistenza di un corrispettivo maggiore, versato “in nero”.

I fatti di causa

Il caso trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a una società che aveva venduto diverse unità immobiliari. Secondo l’Ufficio, i prezzi dichiarati negli atti di compravendita erano inferiori a quelli effettivamente pattuiti. A sostegno della propria tesi, l’Agenzia non si era limitata a evidenziare la discrepanza tra i prezzi dichiarati e le quotazioni dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI), ma aveva prodotto un elemento probatorio ben più concreto: i contratti di mutuo stipulati dagli acquirenti. Tali mutui, garantiti da ipoteca sugli stessi immobili, erano stati concessi per importi notevolmente superiori ai corrispettivi ufficiali, suggerendo che le banche avessero valutato i beni per un valore più alto, verosimilmente quello reale di mercato.

La Commissione Tributaria Regionale (CTR), tuttavia, aveva annullato l’accertamento, svalutando il quadro indiziario presentato dall’Agenzia e ritenendolo insufficiente a superare le dichiarazioni rese negli atti pubblici.

La decisione della Corte di Cassazione sull’accertamento induttivo

L’Agenzia delle Entrate ha impugnato la decisione della CTR dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando la violazione e l’errata applicazione delle norme in materia di prova presuntiva (artt. 39 del d.P.R. 600/1973 e 2727 cod. civ.). La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa a una diversa sezione della Corte di giustizia tributaria di secondo grado.

Le motivazioni

I giudici di legittimità hanno ribadito un principio consolidato nella giurisprudenza tributaria: sebbene le quotazioni OMI, da sole, non costituiscano una prova sufficiente per un accertamento, in quanto hanno un valore puramente orientativo e di larga massima, esse possono diventare un elemento cruciale se inserite in un contesto probatorio più ampio.

La vera chiave di volta della decisione risiede nell’importanza attribuita agli altri elementi indiziari. La Corte ha affermato che il giudice di merito ha errato nel non considerare il valore dei mutui stipulati dagli acquirenti. Questo dato, incrociato con lo scostamento del prezzo dichiarato rispetto ai valori OMI, integra quei requisiti di gravità, precisione e concordanza che la legge richiede per fondare un accertamento induttivo. L’erogazione di un finanziamento per un importo superiore al prezzo di acquisto è un fatto oggettivo che, secondo una logica di comune esperienza, difficilmente si giustifica se non nell’ottica di un prezzo reale più elevato. La CTR aveva indebitamente svalutato questo compendio probatorio, limitandosi a una valutazione atomistica degli indizi senza leggerli in maniera coordinata.

Le conclusioni

La sentenza n. 22146/2024 rafforza gli strumenti a disposizione del Fisco per combattere l’evasione nel settore immobiliare. Il messaggio è chiaro: la congruità di un prezzo di vendita non può essere valutata solo sulla base di quanto dichiarato formalmente nell’atto. Elementi esterni e oggettivi, come i finanziamenti bancari richiesti e ottenuti dagli acquirenti, assumono un ruolo di prova presuntiva di primaria importanza. Per i contribuenti, ciò significa che la pratica di dichiarare un prezzo inferiore a quello reale, anche a fronte di un atto notarile, è estremamente rischiosa se esistono altri documenti (come i contratti di mutuo) che possono far emergere la verità. Il giudice del rinvio dovrà ora riesaminare il caso, tenendo conto del corretto valore probatorio da attribuire all’insieme degli indizi raccolti dall’Agenzia delle Entrate.

Un accertamento fiscale può basarsi solo sulla differenza tra il prezzo di vendita di un immobile e le quotazioni OMI?
No, la Corte di Cassazione ha ribadito che le quotazioni OMI da sole non sono sufficienti a giustificare un accertamento, poiché hanno solo un valore orientativo e non costituiscono una prova piena del valore di mercato di un singolo bene.

La stipula di un mutuo di importo superiore al prezzo dichiarato può essere usata come prova contro il venditore?
Sì, secondo la sentenza, questo elemento costituisce un indizio grave che, unito ad altri elementi (come lo scostamento dai valori OMI), può formare un quadro di presunzioni “gravi, precise e concordanti” idoneo a fondare un accertamento per redditi non dichiarati a carico del venditore.

Cosa significa che le presunzioni devono essere “gravi, precise e concordanti” in un accertamento induttivo?
Significa che gli indizi raccolti dall’Agenzia delle Entrate non possono essere generici o isolati. Devono essere seri (gravi), specifici per il caso in esame (precisi) e logicamente coerenti tra loro (concordanti), in modo da condurre in maniera ragionevole alla conclusione che il reddito dichiarato sia inferiore a quello reale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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