Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16897 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16897 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29101/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difensa dell’Avvocatura Generale dello Stato (pec: EMAILavvocatutastatoEMAIL), presso cui è elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE in liquidazione , in persona del curatore e legale
Oggetto: TRIBUTI –
accertamento induttivo
rappresentante pro tempore , dott. NOME COGNOME rappresentato e difeso, per procura speciale in atti, dall’avv. prof. NOME COGNOME (pec: profavvstefanofiorentino@pec.it);
– controricorrente e ricorrente incidentale-
avverso la sentenza n. 3700/17/2021 della Commissione tributaria regionale della CAMPANIA, depositata in data 29/04/2021; udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del
24 aprile 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
La controversia ha ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento di maggior reddito d’impresa relativo all’anno di imposta 2012 che l’Agenzia delle entrate aveva emesso nei confronti del Fallimento della Castellammare di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, ai sensi dell’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 non avendo la società contribuente esibito, su richiesta dell’amministrazione finanziaria, la documentazione contabile che il curatore della società aveva dichiarato di non avere. La CTP accoglieva il ricorso della società contribuente ritenendo l’avviso di accertamento viziato da carente motivazione in ordine alla percentuale di redditività applicata. Con la sentenza in epigrafe indicata la CTR accoglieva parzialmente l’appello dell’Agenzia delle Entrate limitatamente alla ripresa ai fini IVA sul rilievo che « non risulta contestato quanto comunicato dalla società in ordine all’entità delle operazioni imponibili (vedi pag. 5 ricorso introduttivo) e all’imposta ad essa connessa per l’importo di € 1.264.669,00 che va considerata dovuta (con correlate sanzioni ed interessi per come contestate) ». Riteneva, invece, di annullare le riprese ai fini IRES ed IRAP condividendo sul punto la decisione di primo grado che aveva « ritenuto sussistente il vizio di motivazione dell’atto e la mancata dimostrazione della fondatezza della pretesa tributaria sulla base della
semplice e determinante considerazione dell’omessa allegazione all’avviso di accertamento dell’elenco dei soggetti presi a base di comparazione », ovvero dei 52 operatori del settore da cui l’amministrazione finanziaria aveva desunto la percentuale di redditività media da applicare per determinare il maggior reddito d’impresa e che aveva depositato soltanto in primo grado. Al riguardo sosteneva che comunque quel valore medio di redditività non poteva essere utilizzato sia perché l’Ufficio non aveva tenuto conto del dato oggettivo della dichiarazione di fallimento della società, sia perché non era stata spesa nell’atto impositivo alcuna motivazione sull’utilizzo della media aritmetica e « non invece di una percentuale che tenesse conto dei risultati economici storicamente conseguiti dall’odierna appellata ».
Avverso tale statuizione l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui replica la società contribuente con controricorso e ricorso incidentale affidato a due motivi.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso principale si deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la «Nullità della sentenza e/o del procedimento ex artt. 111 Cost., 1, 2 e 36 del D.lgs. n. 546/1992, 132 e 274 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.» in quanto la sentenza della CTR appare viziata da motivazione incongrua e contraddittoria da cui non emergono le ragioni che hanno indotto il giudice a rigettare l’appello.
1.1. Sostiene la ricorrente che la sentenza impugnata:
« esordisce valutando l’atto impositivo illegittimo per difetto di motivazione»;
«supporta tale asserito vizio argomentativo del provvedimento, con un rilievo di carattere processuale in ragione della produzione dell’elenco solo nel primo grado di giudizio in allegato alle controdeduzioni»;
«nega valenza dimostrativa a tale documento senza spiegare in che modo ‘ legare ‘ tale ritenuta irrilevanza probatoria al difetto di motivazione di cui assume essere attinto l’atto fiscale»;
«riattribuisce, nel successivo capoverso, valore probatorio a detto elenco tratto dall’A.T. salvo censurarlo sotto il profilo del valore medio di redditività applicato, parametrato alla media aritmetica, percentuale che non avrebbe tenuto conto dell’intervenuto fallimento della società».
Il motivo va esaminato unitamente al secondo motivo di ricorso incidentale stante la loro stretta connessione, essendo incentrati entrambi a far valere la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata.
Invero, con il secondo motivo di ricorso incidentale la società lamenta, ai sensi dell’art. 360 primo comma, n. 4 cod. proc. civ., la «Violazione dell’art. 36 del D.lgs. n. 546/92» per avere la CTR reso una motivazione caratterizzata da manifesta ed irriducibile contraddittorietà là dove ha dapprima ritenuto l’avviso di accertamento illegittimo nella sua interezza, per difetto di motivazione, e poi esaminato nel merito le questioni poste dall’amministrazione finanziaria.
I motivi sono infondati e vanno rigettati.
4.1. Invero, è sufficiente una semplice lettura della sentenza impugnata per appurare come la stessa esibisca una motivazione effettiva, sia dal punto di vista grafico che contenutistico, ben al di sopra del minimo costituzionale, ex art. 111, sesto comma, Cost., idonea a palesare il ragionamento logico-giuridico ad esso sotteso, dovendosi per l’effetto escludere ogni ipotesi di omessa motivazione o di motivazione meramente apparente (arg. da Cass., Sez. U, n. 8053/2014).
4.2. La circostanza, poi, che la sentenza in esame esprima più di una ratio decidendi , tra loro niente affatto incompatibili, esclude la sussistenza dei pure dedotti profili di contraddittorietà.
4.3. I giudici di appello, infatti, hanno annullato l’atto impositivo perché carente di motivazione per la mancata allegazione allo stesso dell’elenco contenente l’indicazione dei 52 operatori del settore da cui l’amministrazione finanziaria aveva ricavato la media ponderata da applicare per la determinazione, ma anche per inattendibilità della media ricavata da quell’elenco.
Con il secondo motivo di ricorso principale si deduce ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la «Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7 L. n. 212/2000 e 42 DPR n. 600/73» per non avere la CTR considerato che, ai fini della validità della motivazione, alcun onere di allegazione incombeva sull’amministrazione finanziaria in quanto l’atto fiscale era adeguatamente motivato anche senza l’allegazione allo stesso dell’elenco dei 52 soggetti operanti nel medesimo settore di attività della società contribuente che l’amministrazione finanziaria aveva tratto da una interrogazione dell’anagrafe tributaria e da cui aveva desunto la percentuale di redditività media poi applicata per la determinazione del reddito d’impresa della società contribuente.
5.1. Il motivo è fondato e va accolto.
5.2. Va premesso che per consolidato orientamento di questa Corte l’avviso di accertamento tributario ha carattere di “provocatio ad opponendum”, sicché l’obbligo di sua motivazione è soddisfatto ogni qualvolta l’Amministrazione abbia posto il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali, e, quindi, di contestarne efficacemente l'”an” ed il “quantum debeatur” (cfr., ex multis , Cass. n. 730/2025; n. 9008/2017).
5.3. In buona sostanza, l’obbligo motivazionale dell’accertamento è assolto quando il contribuente è stato posto nella condizione di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali, al fine di contestare efficacemente l’ an ed il quantum dell’imposta; ne consegue, quindi, che il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi e oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa per delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva.
5.4. In tale prospettiva, l’Amministrazione finanziaria, ai sensi dell’art. 42 del d.P .R. n. 600 del 1973, non ha l’obbligo di allegare all’atto impositivo i documenti richiamati, potendo limitarsi a riprodurne il contenuto essenziale (Cass. n. 34906/2024), sicché ai fini della validità dell’avviso di accertamento non rilevano l’omessa allegazione di un documento o la mancata ostensione dello stesso al contribuente se la motivazione, anche se resa per relationem, è comunque sufficiente, dovendosi distinguere il piano della motivazione dell’avviso di accertamento da quello della prova della pretesa impositiva e, corrispondentemente, l’atto a cui l’avviso si riferisce dal documento che costituisce mezzo di prova (Cass. n. 8016/2024).
5.5. Sulla scorta di tali principi deve escludersi che la mancata allegazione all’avviso di accertamento dell’elenco contenente l’indicazione dei 52 operatori del settore da cui l’amministrazione finanziaria aveva tratto la percentuale di redditività media poi applicata per la determinazione del reddito d’impresa della società contribuente, determinasse un vizio motivazionale dell’atto impositivo in quanto a tal
fine era sufficiente l’indicazione di detta percentuale e la modalità di individuazione della stessa, restando riservata all’eventuale successivo giudizio impugnatorio la verifica dell’idoneità rappresentativa degli operatori inclusi in quell’elenco e, in definitiva, della correttezza della percentuale così come individuata a dare sostegno alla pretesa impositiva.
Con il terzo motivo di ricorso principale si deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. la «Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 39 co.2 DPR n. 600/73 e 2697 c.c.» per avere la CTR ritenuto l’accertamento illegittimo nella parte in cui l’Amministrazione ha applicato, nella determinazione del reddito di impresa, una percentuale di redditività riferita ad imprese operanti in situazioni di normalità economica.
Con il quarto motivo di ricorso viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. la «Nullità della sentenza e/o del procedimento ex artt. 1 e 2 D.lgs. n. 546/1992» per avere la CTR proceduto all’annullamento in toto della pretesa tributaria in luogo di una rimodulazione della percentuale di redditività applicabile dalla società.
Va premesso che il quarto motivo, diversamente da quanto eccepito dalla controricorrente, è ammissibile in quanto involge la corretta sussunzione della fattispecie concreta nell’ambito di operatività delle disposizioni censurate. Ciò precisato, i predetti due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, perché tra loro strettamente connessi, sono fondati e vanno accolti nei termini di cui appresso si dirà.
8.1. L’art. 39, comma 2, lett. c), del d.P.R. n. 600 del 1973 prevede che «In deroga alle disposizioni del comma precedente l’ufficio delle imposte determina il reddito d’impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di
prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di cui alla lettera d) del precedente comma: c) quando dal verbale di ispezione redatto ai sensi dell’art. 33 risulta che il contribuente non ha tenuto o ha comunque sottratto all’ispezione una o più delle scritture contabili prescritte dall’art. 14 ovvero quando le scritture medesime non sono disponibili per causa di forza maggiore»
8.2. In materia di IVA, l’art. 55 del d.P.R. n. 633 del 1972 prevede che « Se il contribuente non ha presentato la dichiarazione annuale l’ufficio dell’imposta sul valore aggiunto può procedere in ogni caso all’accertamento dell’imposta dovuta indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità. In tal caso l’ammontare imponibile complessivo e l’aliquota applicabile sono determinati induttivamente sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza dell’ufficio».
8.3. Da tali disposizioni discende il potere dell’amministrazione finanziaria di procedere ad accertamento induttivo in mancanza, come nella specie, delle scritture contabili e non solo quando le stesse esistano («in quanto esistenti», recita l’art. 32 citato) ma siano in tutto o in parte inattendibili. Ed è quanto si afferma fin da Cass. n. 20025/2010, che, dopo aver premesso che «il potere di procedere all’accertamento induttivo D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 55, non assume carattere sanzionatorio del comportamento del contribuente, che costituisce il semplice presupposto fattuale dell’accertamento (v. Cass. n. 24424 del 2008)», ha affermato che «In sostanza, il ricorso a tale forma di accertamento è consentito in tutte le ipotesi previste dalla citata disposizione, tutte fondate sull’assenza, indisponibilità, mancata esibizione, inattendibilità della contabilità, che autorizza l’Ufficio ad una forma di accertamento che prescinde, in tutto od in parte, dalle scritture contabili».
8.4. Pertanto, una volta constatata l’inesistenza della contabilità il reddito d’impresa può essere accertato induttivamente, sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza dell’ufficio e, quindi, sulla base di presunzioni semplici, tra i quali vanno annoverate le percentuali di redditività ricavate dalle imprese operanti nel medesimo settore di quella oggetto di accertamento.
8.5. Orbene, in presenza, come nel caso in esame, di contestazioni al riguardo, non era consentito al giudice tributario annullare integralmente l’atto impositivo ove avesse ritenuto applicabile alla fattispecie non la percentuale di redditività utilizzata dall’Agenzia delle entrate, ricavata da un campione di imprese omogenee operanti in regime di normalità gestionale, ma una percentuale inferiore in considerazione dello stato di cresi aziendale in cui versava la società contribuente. Invero, il processo tributario è annoverabile tra quelli di “impugnazione-merito”, in quanto diretto ad una decisione sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente, sia, eventualmente, dell’avviso di accertamento o di rettifica dell’ufficio, sicché il giudice, ove ritenga in tutto o in parte invalido l’atto per motivi non formali, ma di carattere sostanziale, non può limitarsi ad annullarlo, ma deve esaminare nel merito la pretesa tributaria e, operando una motivata valutazione sostitutiva, ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte ( ex multis , Cass. n. 27098/2024; n. 31827/2024; n. 34723/2022).
Con il primo motivo di ricorso incidentale la società contribuente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. la «Violazione dell’art. 2909 c.c.» per non avere la CTR rilevato la formazione del giudicato interno rispetto alla statuizione con cui la CTP aveva annullato l’accertamento ai fini IVA che l’amministrazione finanziaria non aveva impugnato. Inoltre, sotto il medesimo motivo, viene denunciata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, la
«Violazione degli artt. 112 e 324 c.p.c. nonché dell’art. 53 del D.lgs. n. 546/92» per essere la CTR incorsa in ultrapetizione avendo confermato l’accertamento ai fini IVA in assenza di domanda sul punto.
9.1. Il motivo è infondato e va rigettato.
9.2. Al riguardo è sufficiente rilevare, da un lato, che la sentenza di primo grado, dopo aver motivato sull’ammissibilità del ricorso da parte dell’amministrazione finanziaria all’accertamento induttivo in mancanza di scritture contabili, ha annullato l’atto impositivo per difetto di motivazione senza dire alcunché sulle riprese operate dall’amministrazione finanziaria sia ai fini delle imposte dirette che dell’IVA. Dall’altro lato, che l’Agenzia delle entrate nell’atto di appello ha argomentato sulla legittimità dell’avviso di accertamento per essere adeguatamente motivato e ha concluso chiedendo la riforma integrale dell’impugnata sentenza, con conferma dell’atto impositivo in tutte le sue parti, quindi sia con riferimento alle imposte dirette che all’IVA. Non è, quindi, nella specie ravvisabile alcun giudicato interno né vizio di ultrapetizione.
Conclusivamente, vanno accolti il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso principale, rigettato il primo ed i motivi del ricorso incidentale. La sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese processuali del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie i motivi secondo, terzo e quarto del ricorso principale, rigetta il primo e il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 24 aprile 2025.