Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33232 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33232 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2929/2023 R.G. proposto da : COGNOME rappresentato e difeso dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, con domicilio digitale all’indirizzo di posta elettronica certificata EMAIL
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso Sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di II Grado della Lombardia n. 4630/2022 depositata il 23/11/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugnava l’avviso di accertamento con cui, all’esito di un accertamento induttivo, era stato rideterminato il reddito del contribuente, titolare di studio veterinario, per l’anno di imposta 2015.
Le ragioni del contribuente non erano apprezzate dai giudici dei gradi di merito che ritenevano sussistenti i presupposti per
l’accertamento induttivo dell’Ufficio, stante le plurime anomalie della contabilità, e corretta la rideterminazione del reddito sulla base di dati extracontabili attendibili e pertinenti.
Il contribuente ha proposto ricorso, sorretto da due motivi, avverso la sentenza di appello indicata in epigrafe.
L’Agenzia delle entrate è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., la «Violazione di legge in relazione all’art. 42 del Dpr n. 600/73 e dell’art. 7 della L. n. 212/2000 (Statuto del Contribuente) nonché all’art. 2697 c.c. sull’eccezione di nullità dell’avviso di accertamento per totale carenza di motivazione».
1.1. Sostiene il ricorrente che la Corte di secondo grado avrebbe errato nel non rilevare la «carenza di motivazione ‘in diritto’» dell’avviso di accertamento, che ha fondato la ricostruzione induttiva del reddito facendo riferimento alla media aritmetica dei ricavi imponibili dichiarati da 65 contribuenti esercenti l’attività di servizi veterinari, di cui però non viene fornito alcun elemento per la loro individuazione.
1.2. Il contribuente evidenzia che, per quanto sia ammissibile il riferimento a dati extracontabili per la ricostruzione della contabilità, in ogni caso detti elementi extracontabili devono necessariamente essere attendibili e certi. Nel caso di specie, l’elenco indicato dall’Ufficio sarebbe assolutamente privo di affidabilità in quanto non documentato e, dunque, senza alcun elemento di riscontro in violazione dell’obbligo di motivazione nonché del diritto di difesa. La media aritmetica dei redditi dichiarati dai veterinari della provincia di Pavia, inoltre, non costituirebbe un criterio congruo e tantomeno oggettivo.
Il motivo è infondato.
2.1. Va opportunamente ricordato che l’obbligo di motivazione degli avvisi di accertamento è soddisfatto ogni qual volta l’Amministrazione finanziaria abbia posto il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria, e ciò conformemente alla giurisprudenza più recente, secondo la quale, per l’appunto, «l’avviso di accertamento è correttamente motivato quando pone il contribuente nella condizione di conoscere esattamente la pretesa impositiva, nel petitum e nella causa petendi , tramite una fedele e chiara ricostruzione degli elementi costitutivi dell’obbligazione tributaria, anche quanto agli elementi di fatto ed istruttori posti a base dell’atto impositivo, in ragione della necessaria trasparenza dell’attività della Pubblica Amministrazione, in considerazione di un immediato controllo della stessa» (v. Cass. 30 agosto 2023, n. 25445; Cass. 10 agosto 2022, n. 24659; v. anche Cass. 5 marzo 2021, n. 6154; Cass. 21 novembre 2018, n. 30039).
2.2. In particolare, nella materia di cui si discute, questa Corte ha enunciato il seguente principio di diritto, ormai consolidato, rilevante ai fini della soluzione dell’odierna controversia: «a norma dell’art. 39, co. 2, del D.P.R. n. 600 del 1973, legittimamente l’Amministrazione finanziaria determina il reddito sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, tra i quali è compresa la redditività media del settore specifico in cui opera l’impresa sottoposta ad accertamento» (cfr. Cass. n. 26475/2020; Cass. n. 8923/2018, Cass. n. 22432/2016, Cass. n. 27568/2013; Cass. n. 26178/2024).
Al surriferito insegnamento nomofilattico si è correttamente uniformato il giudice dell’appello.
3.1. La CGT di II Grado ha ritenuto esaurientemente motivato l’avviso di accertamento i) in primo luogo relativamente ai presupposti per l’accertamento induttivo identificati nell’inattendibilità della contabilità esaminata dall’Ufficio sotto i plurimi profili evidenziati nell’atto impositivo, quali: fatture per
prestazioni ed acquisti che riportano una dicitura talmente generica (ad es.: prestazione veterinaria cane/gatto) da non consentire una verifica di coerenza e congruità; numero dei vaccini incoerente nel raffronto tra quelli indicati nello Studio di Settore e quelli rilevati correttamente; dato delle inseminazioni (pari a 0) inattendibile, non potendosi fare riferimento, allo scopo, a fatturazioni generiche nei confronti di una azienda Agricola; inesistenza di rendicontazione di esistenze iniziali e rimanenze finali; ore lavorative indicate nella minima misura di 16 non credibile, tenuto conto del fatto che l’attività di veterinario è l’unica da cui il contribuente desume il suo reddito; ii) in secondo luogo per quanto attiene alla metodologia di ricalcolo del reddito, giustificato dalla inattendibilità della contabilità e corretto nel riferimento ad un valore medio ponderato nel medesimo arco di tempo di esercenti la medesima professione nella zona, inclusiva di realtà economiche poste anche in comuni più piccoli della sede di attività del Pampurini.
Con il secondo motivo di ricorso si denuncia la «Nullità della sentenza per omessa pronuncia su specifica domanda ex art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. in violazione dell’art. 112 c.p.c.».
4.1. Allega il ricorrente che la sentenza impugnata sarebbe viziata da nullità in quanto il Giudice non si è pronunciato su una specifica domanda sollevata fin dal primo grado e ribadita in secondo grado, e più precisamente avrebbe omesso di pronunciarsi sull’eccezione di «infondatezza dell’Avviso di accertamento anche nel merito per omessa valutazione delle informazioni fornite da Gerico».
Il motivo è infondato.
Nel caso di specie non si versa in ipotesi di omessa pronuncia, ricorrendo invece un’ipotesi di implicita pronuncia di rigetto della specifica argomentazione richiamata da parte ricorrente.
5.1. Deve richiamarsi, in proposito, l’orientamento di questa Corte secondo cui il vizio di omessa pronuncia su una domanda o
eccezione di merito, che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e il pronunciato ex art. 112 cod. proc. civ., si ha quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto (Cass., 26 gennaio 2021, n. 1616; Cass., 27 novembre 2017, n. 28308). Inoltre, secondo costante giurisprudenza, «ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia» (Cass., 4 ottobre 2011, n. 20311; Cass., 10 maggio 2007, n. 10696; Cass., 26 novembre 2013, n. 26397; Cass., 18 giugno 2018, n. 15936). 5.2. Va infine ricordato che, d’altro canto, a seguito della riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c. disposta dall’art. 54 del D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel giudizio di cassazione censure incentrate sulla pretesa insufficienza dell’apparato argomentativo sorreggente
il decisum .
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 2.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 12/11/2024.