Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8115 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8115 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1421/2016 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (MSTFLV47H20H501G), rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. dell’UMBRIA -PERUGIA n. 329/2015 depositata il 05/06/2015. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/03/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Premesso che la sentenza in epigrafe non riferisce sul procedimento amministrativo costituente l’antecedente del giudizio, può farsi utile riferimento agli atti di parte.
In particolare, dal controricorso apprendesi quanto segue:
Con processo verbale di constatazione del 21 dicembre 2011 la Guardia di Finanza di Foligno accertava in capo a presunte provvigioni non dichiarate corrisposte, a suo parere, in San Marino direttamente dalla RAGIONE_SOCIALE Il tutto sarebbe avvenuto tramite una serie di società “schermo”, ragion per cui la Guardia di Finanza ipotizzava l'”interposizione fittizia” delle stesse e la conseguente riconducibilità alla RAGIONE_SOCIALE di ogni rapporto, anche con i propri agenti.
La verifica della Guardia di Finanza di Foligno si basava a sua volta sui risultati di attività istruttoria compiuta dalla Guardia di Finanza di Desenzano, che individuava 812 agenti e 21 ispettori operanti in Italia e da ricondursi alla Karnak, rinvenendo tabulati relativi ad alcune provvigioni corrisposte.
In particolare per il COGNOME, la Guardia di Finanza di Desenzano (con rilievi ripresi dalla G. di F. di Foligno e dall’Agenzia delle Entrate di Perugia), individuava una contabile di provvigioni corrisposte relative al mese di gennaio 2008 accreditate su un conto corrente saarinese e da questo argomentava che sin dall’anno di imposta 2005 il COGNOME percepiva provvigioni dalla suddetta società sanarinese, in tutto od in parte sottratte a tassazione II. DD ed IVA in Italia.
Più specificamente, posto che dalla “contabile” dell’anno 2008 (si ribadisce riferita al solo mese di gennaio ed alla vendita di alcuni articoli di cancelleria), emergeva una percentuale provvigionale del 14,67% sul fatturato prodotto, da ciò l’Amministrazione Finanziaria argomentava che tale percentuale dovesse essere applicata, per la determinazione induttiva
del reddito del contribuente, non soltanto per l’intero anno 2008, ma anche per gli anni dal 2005 al 2010 .
Ulteriori dettagli si evincono dal ricorso, nei termini che seguono:
L’attività di controllo nei confronti del contribuente trova origine in una ampia indagine che ha riguardato l’attività commerciale svolta in Italia dalla RAGIONE_SOCIALE, società avente la propria sede principale nella Repubblica di San Marino specializzata nella commercializzazione di articoli di cancelleria. La RAGIONE_SOCIALE, che aveva come rappresentante fiscale in Italia la RAGIONE_SOCIALE a parere della Guardia di Finanza, operava in realtà per il tramite di alcune società interposte (RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE), soggetti con apparenti funzioni di agente generale; tutti i rapporti commerciali (formazione, apertura di conti correnti a San Marino, pagamento delle provvigioni) venivano cioè gestiti direttamente dalla RAGIONE_SOCIALE che pertanto è stata considerata società estera avente stabile organizzazione in Italia.
La Guardia di Finanza, al fine di individuare i nominativi degli agenti di commercio che operavano sul territorio italiano, aveva acquisito le fatture emesse dalla Karnak dal 2005 in poi; l’esame dei documenti aveva permesso di individuare 812 agenti e 21 ispettori; tra i primi NOME.
Nel corso del controllo era emerso che il COGNOME era intestatario di un conto corrente presso la Cassa di Risparmio di San Marino, circostanza comune agli agenti che, secondo i verificatori, venivano pagati presso istituti di credito di San Marino e disponevano di carte bancomat per prelevare in Italia le somme loro necessarie.
Veniva poi verificato che il contribuente, per l’anno d’imposta 2005, pur risultando aver svolto l’attività di agente per conto della Karnak, aveva omesso di istituire i registri contabili, di emettere le fatture per le somme riscosse e di presentare la dichiarazione dei redditi relativamente ai redditi derivanti dall’attività di agente, mentre per gli anni successivi risultavano emesse e registrate fatture per importi inferiori alle provvigioni ricevute.
A quest’ultima conclusione la Guardia di Finanza era pervenuta esaminando le fatture emesse dalla COGNOME per la vendita dei prodotti ceduti con l’intermediazione del Lezi e calcolando, sulla base di altri elementi disponibili, la provvigione media assegnata dalla COGNOME al proprio agente; tale provvigione era stata quantificata, sulla base della
documentazione disponibile, pari al 14,67% non avendo il contribuente fornito documentazione che permettesse diverse conclusioni.
Inoltre la Guardia di Finanza, verificato che le fatture emesse dal Lezi riportavano la specifica “fuori campo IVA” ai sensi degli artt. 7 e 9 DPR 633/1972 e che lo stesso contribuente aveva dichiarato che tale comportamento gli era stato indicato dalla società RAGIONE_SOCIALE (poi diventata RAGIONE_SOCIALE, con la quale aveva stipulato il contratto di agenzia, ha verificato se tale comportamento fosse corretto.
L’esame concreto della fattispecie permetteva di accertare che la merce venduta dalla RAGIONE_SOCIALE veniva spedita dal magazzino della RAGIONE_SOCIALE con sede in provincia di Rimini e non dalla Repubblica di San Marino e che, per questo e per le considerazioni sulla organizzazione della RAGIONE_SOCIALE in Italia, le prestazioni di servizio dovessero essere considerate effettuate in Italia e quindi da assoggettare ad IVA.
Conclusivamente la Guardia di Finanza, avendo a riferimento il volume delle vendite effettuate dalla Karnak con l’intermediazione del COGNOME, la percentuale delle provvigioni determinata pari al 14,67% e la assoggettabilità ad IVA delle prestazioni, determinava per ciascun anno il volume di affari effettivamente realizzato e le imposte dovute.
Condividendo e facendo propri i rilievi del processo verbale, l’Ufficio notificava avvisi di accertamento per gli anni dal 2005 al 2010 .
Il contribuente spiegava impugnazione, rigettata dalla CTP di Perugia giusta sentenza n. 353/01/2012.
Il contribuente spiegava appello, accolto dalla CTR dell’Umbria, giusta sentenza in epigrafe, sulla base della seguente motivazione:
Dagli accertamenti operati dall’Ufficio e ripresi dalla sentenza di primo grado deve rilevarsi che la Guardia di Finanza di Desenzano del Garda parla di c/c accesi presso la Repubblica di San Marino, ma non indica i nomi degli agenti che li avrebbero aperti, né i numeri degli stessi. Tale apodittica circostanza è stata poi ripresa sia nel verbale dalla GdF di Foligno, sia negli avvisi di accertamento dell’Ufficio impositore, senza che vi sia una prova e nemmeno un lontano indizio di quanto si è sostenuto. Si tratta solo di presunzioni fornite dal fatto noto che via via sono state irrobustire ed ingigantite.
La contabilità, e la fatturazione con la società mandante italiana, è del tutto regolare e non vi è il minimo indizio per poter sostenere il
contrario; tesi che comunque sarebbe totalmente smontata dalla sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Rimini n. 26 del 12/03/2008, con la quale si è statuito che tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE non si configura una stabile organizzazione.
Le numerose sentenze delle Commissioni Tributarie prodotte con l’atto di appello (vedi sentenza CTP di Rimini del 12/03/2008 sez. 2, CTP Pistoia dell’11/03/2013, CTP di Udine del 19/09/2012) rese in materie identiche al presente ricorso, inducono a ritenere una ragionevole apparenza del diritto del ricorrente, azionato con il ricorso ed ora con l’atto di appello. La giurisprudenza favorevole, infatti, rappresenta una concreta possibilità di ragionevole apparenza del diritto.
Per tutti questi motivi l’appello del contribuente deve trovare accoglimento; tuttavia essendo una questione di grande rilevanza a livello nazionale, possono essere compensate le spese.
Propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate con quattro motivi; resiste il contribuente con controricorso.
Considerato che:
Tutti i motivi, per sostanziale sovrapponibilità delle censure e per economia espositiva, possono essere enunciati e trattati congiuntamente.
Primo motivo: ‘Violazione degli artt. 39 comma 1 lett. d) del DPR 600/73 nonché degli artt. 54 e 55 del DPR 633/72 ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, Cod. Proc. Civ., con riferimento all’accertamento T3N011005224/2011 relativo all’anno d’imposta 2005’.
2.1. ‘ La Commissione Tributaria Regionale ha accolto integralmente l’appello del contribuente sebbene fosse pacifico tra le parti che nell’anno d’imposta 2005, il contribuente, con riferimento all’attività svolta quale agente della RAGIONE_SOCIALE era risultato essere evasore totale, avendo omesso di presentare la dichiarazione IVA e IRAP, omesso di indicare i ricavi ai fini IRPEF, di istituire i libri e registri contabili e di emettere le fatture relative alle provvigioni riscosse (pag. 8 del processo verbale e pag. 3 dell’accertamento)’. ‘Accogliendo in toto l’appello del contribuente il collegio afferma che: ‘La contabilità, e la fatturazione con la
società mandante italiana, è del tutto regolare è non vi è il minimo indizio per sostenere il contrario”. ‘È di tutta evidenza, quindi, che la sentenza, per quanto riguarda l’avviso di accertamento relativo al 2005, è illegittima in quanto, dal fatto pacifico ovvero che nel 2005 era stata omessa dichiarazione del reddito derivante dall’attività di agente e omessa la istituzione della relativa contabilità, non ha tratto le corrette conseguenze in ordina alla imponibilità quanto meno ai fini IRPEF e IRAP delle provvigioni incassate e non dichiarate’.
Secondo motivo: ‘ Nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 comma 2 n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. per motivazione apparente’.
3.1. ‘La sentenza appare intrinsecamente contraddittoria e apodittica, pertanto, motivata in termini del tutto apparenti e senza alcuna connessione con i fatti di causa’.
Terzo motivo: ‘Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 39, comma 1, DPR 600/1973 e 54, comma 5, DPR 633/1972 nonché degli artt. 2727 e 2729 c.c. (sotto altro profilo) ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, Cod. Proc. Civ.’.
4.1. La CTR ha omesso di considerare gli indizi offerti dall’Ufficio.
Quarto motivo: ‘ Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c.’.
5.1. Il motivo, formulato in subordine al precedente, ne riprende le censure, riproponendole sotto il paradigma dell’omesso esame.
Infondato è il secondo motivo, che assume priorità logica, in quanto la sentenza impugnata esibisce una motivazione (condivisibile o meno, ma comunque) effettiva, sia dal punto di vista grafico che giuridico (Cass., Sez. U, n. 8053 del 2014).
Fondati sono il primo, il terzo ed il quarto motivo (che sfuggono all’eccezione di inammissibilità di cui al controricorso perché, ben lungi dallo scadere nella richiesta di una rivalutazione del merito delle questioni, denunciano precise violazioni di legge, coerentemente ragguagliate ai paradigmi rubricati).
Anzitutto, dicevasi, fondati sono il terzo ed il quarto.
8.1. In tema di prova per presunzioni, vige il principio secondo cui ‘il giudice, dovendo esercitare la sua discrezionalità nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento, è tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi. Ne consegue che deve ritenersi censurabile in sede di legittimità la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento’ (Cass. n. 9059 del 2018).
In specificazione del principio di cui innanzi s’è ulteriormente precisato che ‘il giudice è tenuto, ai sensi dell’art. 2729 c.c., ad ammettere solo presunzioni ‘gravi, precise e concordanti’, laddove il
requisito della ‘precisione’ è riferito al fatto noto, che deve essere determinato nella realtà storica, quello della ‘gravità’ al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto desumibile da quello noto, mentre quello della ‘concordanza’, richiamato solo in caso di pluralità di elementi presuntivi, richiede che il fatto ignoto sia -di regola -desunto da una pluralità di indizi gravi, precisi e univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, e ad articolare il procedimento logico nei due momenti della previa analisi di tutti gli elementi indiziari, onde scartare quelli irrilevanti, e nella successiva valutazione complessiva di quelli così isolati, onde verificare se siano concordanti e se la loro combinazione consenta una valida prova presuntiva (c.d. convergenza del molteplice), non raggiungibile, invece, attraverso un’analisi atomistica degli stessi. Ne consegue che la denuncia, in cassazione, di violazione o falsa applicazione del citato art. 2729 c.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., può prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma’ (Cass. n. 9054 del 2022).
8.2. Ora, a fronte dell’avere l’Ufficio offerto una nutrita serie di indizi volti a ricostruire la reale attività di COGNOME, della rete sociale italiana alla stessa mettente capo e, a cascata, dei numerosissimi agenti, tra cui il contribuente, rispondenti direttamente a COGNOME, per il tramite di detta rete attiva in Italia, la CTR isola il solo dato dell’accensione di conti sammarinesi per, viepiù infondatamente,
sminuirlo, asserendo non essere indicati né ‘i nomi degli agenti che li avrebbero aperti, né i numeri degli stessi’.
In tal guisa -premesso che, ‘in limine’, al di là delle formalità di apertura, ad essere rilevante è chi avesse l’effettiva disponibilità delle somme accreditate in conto -la CTR:
anzitutto, neglige (di confrontarsi con) il contenuto del PVC (riprodotto per autosufficienza in ricorso), ove numero e filiale del conto sammarinese, sin dal 2002 (inizio del rapporto con COGNOME) in uso e finanche intestato al contribuente, a sua volta univocamente indentificato da un preciso codice-agente, sono chiaramente indicati, peraltro in funzione di accrediti apertamente qualificati dall’erogante RAGIONE_SOCIALE (nella prospettazione della parte pubblica mera società interposta) come compensi provvisionali (cfr. pp. 15 e 16 ric.);
-di poi, ‘a fortiori’, manca di considerare tutti gli altri indizi, valutandone l’efficacia dimostrativa (anche relativamente all’interposizione, comportante il riconoscimento di una stabile organizzazione in capo a Karnak, negata sul solo acritico richiamo della sentenza della CTP di Rimini n. 26 del 2008, senza neppure sunteggiarne la motivazione): ciò sia singolarmente sia, soprattutto, complessivamente, gli uni per mezzo degli altri, in un quadro unitario, dotato di coerenza fattuale e logica.
In tale contesto, con specifico riferimento all’anno 2015, su cui impinge ‘funditus’ il primo motivo, la CTR cade in un ulteriore errore, (altresì) pretermettendo avere il contribuente omesso ‘ab imis’ contabilizzazione e dichiarazione delle provvigioni percette: ciò che di per sé fonda la legittimità dell’esperito accertamento (analitico-)induttivo su base indiziaria, alla luce delle evidenze disponibili.
In ragione di quanto precede, la sentenza impugnata va cassata con rinvio, per nuovo esame e per le spese, comprese quelle del grado.
P.Q.M.
In accoglimento del primo, del terzo e del quarto motivo, rigettato il secondo, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Umbria, per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 13 marzo 2025.