Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24351 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24351 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26298/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA SICILIA n. 1243/07/17 depositata il 03/04/2017.
Lette le conclusioni scritte del P.G., in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Con la sentenza n. 1243/07/17 del 03/04/2017, la RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale della Sicilia (di seguito CTR) accoglieva l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) avverso la sentenza n. 390/01/13 della RAGIONE_SOCIALE tributaria provinciale di Caltanissetta (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso proposto da NOME COGNOME nei confronti di un avviso di accertamento per IRPEF, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2007.
1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, l’avviso di accertamento era stato emesso in ragione della rettifica induttiva del reddito operata dall’Ufficio in ragione del rinvenimento, presso la società RAGIONE_SOCIALE, di una scheda relativa ad una cessione non fatturata di gioielli in favore dell’odierna contribuente.
1.2. La CTR accoglieva l’appello di AE, evidenziando che: a) il rinvenimento di una scheda extracontabile in sede di accertamento nei confronti di RAGIONE_SOCIALE costituiva un elemento indiziario utilizzabile ai fini dell’accertamento induttivo del reddito ; b) il mancato rinvenimento della merce acquistata presso la contribuente lasciava presumere, ex art. 53 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, l’intervenuta vendita della merce, con legittima applicazione del ricarico risultante dallo studio di settore applicabile; c) la contribuente non aveva fornito alcuna prova contraria.
Avverso la sentenza di appello NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, illustrati da memoria ex art. 380 bis .1 cod. proc. civ.
NOME resisteva con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso NOME COGNOME deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, della l. 27 luglio
2000, n. 212 e dell’art. 42, secondo comma, della d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR omesso di annullare l’avviso di accertamento impugnato per omessa allegazione del processo verbale di constatazione redatto nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e in esso richiamato.
1.1. Il motivo è inammissibile.
1.2. La circostanza denunciata dalla contribuente (la mancata allegazione del processo verbale della Guardia di finanza redatto nei confronti di RAGIONE_SOCIALE all’avviso di accertamento) non è stata, infatti, oggetto di esame da parte del giudice di appello, sicché, laddove ritualmente proposta nei gradi di merito, la ricorrente si sarebbe potuta dolere unicamente di un’omessa pronuncia.
Con il secondo motivo di ricorso si contesta violazione degli artt. 2697 e 2727 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto valido un accertamento fondato su presunzioni prive dei requisiti previsti dalla legge e, quindi, inidonee a fondare l’accertamento impugnato.
2.1. Il motivo è inammissibile.
2.2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’accertamento tributario, sia con riferimento all’imposizione diretta che all’IVA, può fondarsi anche su presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, senza necessità che l’Ufficio fornisca prove “certe”. Pertanto, il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione, dando atto in motivazione dei risultati del proprio giudizio (impugnabile in cassazione non per il merito, ma esclusivamente per inadeguatezza o incongruità logica dei motivi che lo sorreggono) e solo in un secondo momento, ove ritenga tali
elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, che ne è onerato ai sensi degli artt. 2727 e ss. e 2697, secondo comma cod. civ. (cfr. Cass. n. 14237 del 07/06/2017; Cass. n. 9784 del 23/04/2010).
2.3. Nel caso di specie, la CTR si è pienamente conformata ai superiori principi di diritto, avendo previamente effettuato -con valutazione scevra da vizi logici e da errori di diritto -l’esame RAGIONE_SOCIALE presunzioni addotte dall’Ufficio e, quindi, avendo correttamente evidenziato che il contribuente non ha offerto validi elementi probatori in contrario.
2.4. Trattasi di valutazione di merito, insindacabile in sede di legittimità anche sotto il profilo della contestata applicazione di presunzioni su presunzioni. Invero, il cd. divieto di praesumptio de praesumpto « non è previsto dall’ordinamento » in quanto « detto principio (…) non è riconducibile né all’evocato art. 2727 cod. civ. né a qualsiasi altra norma dell’ordinamento: come è stato più volte sottolineato da autorevole dottrina, il fatto noto accertato in base ad una o più adeguate presunzioni può legittimamente costituire la premessa per una inferenza presuntiva idonea -in quanto, a sua volta adeguata -a fondare l’accertamento del fatto ignoto » (così Cass. n. 18915 del 24/09/2015; in senso conf., Cass. n. 23860 del 29/10/2020; Cass. n. 27982 del 07/12/2020; Cass. n. 20748 del 01/08/2019; Cass. n. 317 del 10/01/2018; Cass. 5402 del 03/03/2017; Cass. n. 17166 del 26/08/2015; Cass. n. 9348 del 08/05/2015; Cass. n. 1289 del 26/01/2015; Cass. n. 19598 del 17/09/2014).
Con il terzo motivo di ricorso si contesta violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ., nonché dell’art. 36, comma 2, n. 4, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per non avere la CTR pronunciato sulle eccezioni formulate dalla parte nel giudizio di merito, con particolare riferimento alla scheda contabile rinvenuta dalla Guardia di finanza, ovvero per non averle esaminate.
3.1. Il motivo è infondato.
3.2. La CTR ha riconosciuto il valore presuntivo della scheda contabile rinvenuta dalla Guardia di finanza ed attestante l’esistenza di rapporti ‘in nero’ tra RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, sicché non può dirsi esservi né omessa pronuncia, né motivazione apparente.
3.2.1. Del resto, spetta, in via esclusiva, al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. Cass. n. 331 del 13/01/2020; Cass. n. 19547 del 04/08/2017; Cass. n. 24679 del 04/11/2013; Cass. n. 27197 del 16/12/2011; Cass. n. 2357 del 07/02/2004).
3.3. Sotto altro profilo, va ricordato che « una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, RAGIONE_SOCIALE prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti
invece a valutazione » (Cass. n. 6774 del 01/03/2022; Cass. n. 1229 del 17/01/2019; Cass. n. 27000 del 27/12/2016).
Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 39, secondo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 55 del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto legittimo l’accertamento induttivo pur non ricorrendone le condizioni previste dalla legge e, in particolare, la circostanza che il contribuente non avesse emesso fatture per una parte rilevante RAGIONE_SOCIALE operazioni; era stata, inoltre, applicata una percentuale di ricarico estranea all’attività aziendale.
4.1. Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
4.2. La questione della inapplicabilità del metodo induttivo in ragione della mancata emissione RAGIONE_SOCIALE fatture per una parte rilevante RAGIONE_SOCIALE operazioni è estranea al giudizio di merito ed è, pertanto, del tutto nuova.
4.3. Del resto, dall’avviso di accertamento prodotto dalla stessa ricorrente si evince che il ricorso all’accertamento induttivo è fondato essenzialmente sulla complessiva inattendibilità della contabilità della ricorrente, non già sulla mancata emissione di fatture per una parte rilevante RAGIONE_SOCIALE operazioni.
4.4. Né in questa sede di legittimità, in presenza di un accertamento di acquisti e vendite ‘in nero’, sono stati addotti e allegati elementi idonei a far ritenere che la valutazione di inattendibilità della contabilità, effettuata dai verificatori e fatta (implicitamente) propria dal giudice di appello, sia erronea.
4.5. Quanto, infine, al ricarico applicato, lo stesso è del tutto legittimo, derivando dagli studi di settore indicati come applicabili dalla stessa ricorrente.
Con il quinto motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, costituita dall’applicazione di un’unica percentuale di ricarico.
5.1. Il motivo è inammissibile.
5.2. Il giudice di appello ha esaminato la questione della percentuale di ricarico applicata dall’Ufficio, ritenendola congrua e correttamente applicata.
5.3. La contribuente finisce, dunque, per contestare un’insufficienza motivazionale della sentenza impugnata, vizio non più denunciabile in sede di legittimità ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (Cass. S.U. n. 8053 del 07/04/2014; conf. Cass. n. 21257 del 08/10/2014; Cass. n. 23828 del 20/11/2015; Cass. n. 23940 del 12/10/2017; Cass. n. 22598 del 25/09/2018).
In conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite di euro 144.225,00.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio,
liquidate in complessivi euro 5.900,00, oltre alle spese di prenotazione a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 18/01/2024.