Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32389 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32389 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
Oggetto: accertamento induttivo
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 88/2023 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore e rappresentata e difesa dall’ Avvocatura Generale dello Stato con domicilio in Roma, INDIRIZZO (PEC: EMAIL
-ricorrente –
contro
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE in persona del curatore pro tempore – intimata – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia, sez. staccata di Taranto, n. 1479/28/2022 depositata in data 25/05/2022, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 22/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
la società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, fallita, impugnava l’avviso di accertamento notificatole con il quale erano rideterminati i redditi e le imposte dovute per il periodo d’imposta 2013 ai fini IRES, IRAP e IVA a seguito di mancata presentazione della prescritta dichiarazione;
la CTP accoglieva parzialmente il ricorso; appellava la contribuente;
con la pronuncia qui impugnata, la CTR ha riformato la sentenza di primo grado con riferimento alla ricostruzione induttiva del reddito operata dall’Ufficio, avendo riguardo alla percentuale di ricarico; il giudice dell’appello ha ritenuto inapplicabile la percentuale di ricarico indicata dalla società contribuente alla vendita delle giacenze di magazzino (pari al 20%) che ha invece ritenuto correttamente applicabile al c.d. ‘venduto’;
ricorre a questa Corte l’Agenzia delle Entrate con atto affidato a quattro motivi;
la società contribuente è rimasta qui intimata;
Considerato che:
il primo motivo di ricorso censura la pronuncia impugnata per violazione degli artt. 132 c.p.c. 36 del d. Lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c.; secondo parte ricorrente la CTR ha espresso motivazione contraddittoria e apparente;
il motivo è infondato;
-la motivazione del provvedimento impugnato con ricorso per cassazione è apparente quando, ancorché graficamente esistente ed eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regolano la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (Cass.,30 giugno 2020, n. 13248; cfr. anche Cass.
5 agosto 2019, n. 20921). Nel presente caso, la motivazione, condivisibile o meno, esula dall’apparenza, non trovando collocazione neppure tra le motivazioni contraddittorie e perplesse, perché al contrario sorretta da logicità e analisi degli elementi ritenuti evidentemente più significativi ai fini del decidere;
il secondo motivo di ricorso si incentra sulla violazione dell’art. 115, comma 2, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per avere il giudice del merito ritenuto erroneamente che la percentuale di ricarico del 20% ‘ non possa essere applicata alla restante parte del costo del venduto derivante dalla vendita delle giacenze di magazzino, in quanto, essendo tali giacenze formatesi nel corso degli esercizi precedenti, risultano di scarso valore e sicuramente insuscettibili di generare ricarichi positivi, anche in considerazione della continua evoluzione tecnologica del settore merceologico societario ‘ ; inoltre, il giudice del merito sarebbe giunto alla erronea conclusione secondo cui ‘ è possibile ritenere che le merci suddette siano state vendute ad un prezzo verosimilmente non superiore a quello di acquisto ‘, con ciò riconducendo l’accertamento dell’assolvimento dell’onere della prova contraria (ossia di una percentuale di ricarico uguale a zero e non pari al 20%) previa attribuzione alla rilevanza di ” comune esperienza ” quella che invece era una mera considerazione personale del giudicante in ordine alla svalutazione delle rimanenze di magazzino;
il terzo motivo si duole della violazione degli artt. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973, e 55 del d.P.R. n. 633 del 1972 in relazione all’art . 360, primo comma, n. 3), c.p.c. per avere erroneamente il Collegio di merito ritenuto illegittima la ricostruzione induttiva basata unicamente sulla percentuale di ricarico dichiarata dall’ex rappresentante legale della società signor COGNOME;
-i ridetti motivi, secondo e terzo, costituenti in concreto frammentazione di una medesima censura, possono trattarsi congiuntamente e si rivelano fondati;
Cons. Est. NOME COGNOME – 3
– questa Corte ha chiarito che (tra molte si veda la pronuncia resa da Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 8698 del 29/03/2021) in tema di accertamento del reddito di impresa, la verifica dei maggiori ricavi non dichiarati dall’impresa commerciale, pur dovendo in linea di massima essere condotta attraverso la determinazione della percentuale di ricarico dei prezzi di vendita rispetto a quelli di acquisto fondata su un campione di merci rappresentativo e adeguato per qualità e quantità rispetto al fatturato complessivo, può essere svolta in via induttiva ex art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973, sulla base di dati o notizie conosciute dall’Amministrazione finanziaria; ciò allorché vi sia omessa o irregolare tenuta delle scritture ausiliarie di magazzino, non potendosi in tal caso procedere alla corretta analisi del contenuto dell’inventario e dunque alla ricostruzione analitica dei ricavi di esercizio; – orbene, in forza di tale principio, ferma restando per il contribuente la possibilità di contestare nel giudizio la percentuale di ricarico applicata dall’Ufficio, nondimeno è ben possibile che l’Amministrazione Finanziaria applichi la percentuale indicata dal contribuente; essa invero può costituire in sé elemento idoneo a fondare il ragionamento presuntivo da seguire sia per determinare il costo del c.d. ‘venduto’ sia il rilievo reddituale ed iva da attribuire alle giacenze di magazzino;
-da un lato infatti, (come stabilito, tra molte, sin da Cass. Sez. 5, Sentenza n. 21785 del 05/12/2012 ) l’art. 39 d.P.R. n. 600 del 1973 non stabilisce speciali limitazioni presuntive in ipotesi di accertamento induttivo, con la conseguenza che tale accertamento non soffre di speciali limitazioni, legislative o di fatto, nell’applicazione presuntiva delle percentuali di ricarico;
-diviene infatti essenziale -a fronte dell’inadempimento del contribuente all’obbligo dichiarativo e di versamento dei tributi -l’interesse dell’Amministrazione Finanziaria a procedere all’attività di controllo e rideterminazione dei tributi dovuti. Tale interesse -assistito dal dovere di contribuzione ex art. 53 Cost. -trova tutela nella
possibilità per l’Ufficio di determinare coattivamente tale debenza, anche e nonostante la mancata cooperazione del contribuente;
-coerentemente con tali considerazioni, questa Corte (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 5049 del 02/03/2011) ha puntualizzato, in argomento, come i principi di inerenza dei dati raccolti ad un determinato e specifico periodo di imposta e di effettività della capacità contributiva escludono la legittimità della “supposizione della costanza del reddito” in anni diversi da quello in cui è stata accertata la produzione, ma non precludono all’Amministrazione finanziaria di avvalersi, nell’accertamento del reddito (o del maggior reddito), di dati o notizie comunque raccolti, con la conseguenza che la percentuale di ricarico può essere legittimamente determinata con riferimento alla dichiarazione del contribuente relativa al periodo di imposta precedente, a fronte di un volume di vendite accertato sulla base di dati afferenti all’esercizio in corso;
– la percentuale di ricarico quindi, che può legittimare applicazione -nel presente caso di accertamento induttivo -non è limitata a quella determinata dall’Ufficio, ben potendo essere applicata a ogni elemento positivo di reddito quella dichiarata dal contribuente, anche nel corso dell’attività di controllo; se infatti è vero che ove l’Ufficio opti per una ricostruzione dei maggiori ricavi da assoggettare a imposizione attraverso l’applicazione di una percentuale di ricarico, è sempre auspicabile un aperto confronto tra le parti, in modo tale da raggiungere il punto più alto di ‘ verosimiglianza ‘, è altrettanto vero che essa può acquisire dignità di “dato” e di “notizia” idonea a giustificare la rettifica, potendo essere valutato, anzi, come elemento di prova “certo e diretto” dell’esistenza di operazioni imponibili per ammontare superiore a quello dichiarato (secondo la previsione di cui al comma 3 dell’art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972). Infatti, l’accettazione da parte del contribuente, di una data percentuale di ricarico ai fini della determinazione dei ricavi, può essere apprezzata come confessione stragiudiziale – e assumere, quindi,
valore di prova legale – se risulti dal verbale di constatazione e sia stata sottoscritta dal contribuente medesimo (in termini, Cass. 5628/1990 e Cass. 1286/2004);
ancora, va ricordato che (Cass. n. 11717 del 2022) in tema di accertamento analitico induttivo ex art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973, le percentuali di ricarico, accertate con riferimento ad un determinato anno fiscale, costituiscono validi elementi indiziari, da utilizzare secondo i criteri di razionalità e prudenza per il calcolo della percentuale media sulla base delle fatture prodotte, atteso che lo stesso contribuente le ritiene rappresentative della propria attività commerciale, al fine di ricostruire i dati corrispondenti relativi ad anni precedenti o successivi; in base all’esperienza, non si tratta di una variabile occasionale, restando il contribuente il soggetto più vicino al soddisfacimento dell’onere della prova ex art. 2697 c.c. ai fini della dimostrazione di eventuali mutamenti del mercato o della propria attività che possano giustificare in altri periodi di imposta l’applicazione di percentuali diverse;
a medesime conclusioni giunge questa Corte (in termini Cass. n. 27330 del 2016) quando puntualizza ulteriormente che in tema di accertamento analitico induttivo ex art. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973, le percentuali di ricarico, accertate con riferimento ad un determinato anno fiscale, costituiscono validi elementi indiziari, da utilizzare secondo i criteri di razionalità e prudenza, per ricostruire i dati corrispondenti relativi ad anni precedenti o successivi, atteso che, in base all’esperienza, non si tratta di una variabile occasionale, per cui incombe sul contribuente, anche in virtù del principio di vicinanza della prova, l’onere di dimostrare i mutamenti del mercato o della propria attività che possano giustificare in altri periodi l’applicazione di percentuali diverse.
il quarto motivo, all’esito della decisione in ordine ai motivi che precedono, che si duole della mancata valutazione -ex art. 2697 c.c. –
della dichiarazione confessoria resa dal legale rappresentante della società – è assorbito;
-pertanto, in accoglimento del secondo e del terzo motivo di ricorso, la sentenza va cassata con rinvio; il primo motivo è rigettato; il quarto è assorbito;
p.q.m.
accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso; rigetta il primo motivo; dichiara assorbito il quarto motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, sez. staccata di Taranto, in diversa composizione, che statuirà anche quanto alle spese del presente giudizio di Legittimità.
Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2024.