Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20357 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20357 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1310/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , DBL DI RAGIONE_SOCIALE E RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso
dall’avvocato
MILAN
NOME
(CODICE_FISCALE)
-controricorrenti- avverso SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del VENETO n. 1641/2015 depositata il 03/11/2015. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/07/2024
dalla Consigliera NOME COGNOME.
Rilevato che:
La Commissione Tributaria Regionale del Veneto ( hinc: CTR) – con sentenza n. 1641/19/15, depositata in data 03/11/2015 – ha accolto l’appello proposto dal sig. NOME COGNOME, in qualità di socio della RAGIONE_SOCIALE ( hinc: DBL) , contro l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO.
La CTR, non condividendo la decisione del giudice di prime cure, ha ritenuto che l’avviso di accertamento fosse diventato definitivo nei confronti della società, ma non nei confronti del socio, sig. NOME COGNOME, la cui impugnazione era da ritenere, pertanto, ammissibile.
2.1. Nel merito la CTR ha rilevato che: « l’accertamento impugnato si fonda su dati contabili ricavati da RAGIONE_SOCIALE.Fo non della società accertata ma dei clienti della stessa e, per di più, senza che vi sia stato un effettivo contraddittorio, in quanto la richiesta di esibizione dei registri IVA 2007 -stante l’imminente scadenza del termine di decadenza -è stata seguita, dopo soli 15 giorni, dall’avviso di accertamento.»
Avverso la sentenza della CTR l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso in cassazione affidandosi a tre motivi.
Hanno resistito controricorso il sig. NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE
I controricorrenti hanno depositato memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso è stata contestata la violazione e falsa applicazione degli artt. 132 cod. proc. civ. e 36 d.lgs. 31/12/1992, n. 546. È stato contestato, in particolare, il vizio di omessa o apparente motivazione, non essendo state spiegate dal giudice di seconde cure le ragioni per cui nel caso di specie non fossero « sussistenti presunzioni gravi precise e concordanti in ordine alla esistenza RAGIONE_SOCIALE attività non dichiarate oggetto della pretesa impositiva. »
Il secondo motivo riguarda la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 legge 27/07/2000, n. 212 , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3., cod. proc. civ.
2.1. La ricorrente rileva che la motivazione, da un lato, sembra valorizzare la mancata instaurazione effettiva del contraddittorio con il contribuente, violando tuttavia, sotto tale profilo, l’art. 7 legge n. 212 del 2000, che non impone l’ obbligo di avvisare il contribuente prima dell’emissione di un avviso di accertamento. Tale obbligo sussiste, infatti, solo nei casi espressamente previsti dalla legge, tra i quali rientra, ad es., l’art. 12 legge n. 212 del 2000, che fa riferimento all’ac certamento conseguente a ispezioni, accessi e verifiche eseguiti presso il contribuente. Nella specie si è trattato, invece, di un controllo di natura cartolare, incentrato sul confronto tra i dati contenuti nella dichiarazione presentata e quelli risultanti dal registro RAGIONE_SOCIALEfo presentato dai clienti della società. Non vi era, quindi, alcun obbligo di instaurazione preventiva del contraddittorio
con il contribuente e non era applicabile l’art. 12 legge n. 212 del 2000, considerato che al contribuente era stato notificato un invito rimasto inevaso.
Con il terzo motivo è stata contestata la violazione e falsa applicazione dell’art. 39 d.P.R. 29/09/1973, n. 600 e degli artt. 2697 e 2729 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
3.1. Tale motivo di ricorso riguarda la parte della sentenza impugnata in cui è stata esclusa la presenza di presunzioni gravi, precise e concordanti in ordine all’esistenza di attività non dichiarate oggetto della pretesa impositiva. L ‘accertamento si è incentrato , infatti, su un controllo essenzialmente di tipo cartolare, basato sul confronto tra i dati contenuti nella dichiarazione presentata dalla società e quelli risultanti dal registro RAGIONE_SOCIALEFo presentato dai clienti della prima. Da tale confronto era emersa l’esistenza di discordanze: la società aveva, infatti, dichiarato ricavi inferiori a quelli risultanti dal registro clienti/fornitori e pertanto l’ufficio – anche in conseguenza dell’omesso riscontro del contribuente nel fornire i documenti contabili richiesti con apposito invito -aveva legittimamente provveduto a recuperare la differenza in via induttiva. Era, quindi, il contribuente a dover fornire la giustificazione di tale discordanza.
La controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, ai sensi dell’art. 360 bis cod. proc. civ., evidenziando la conformità della sentenza della CTR alla giurisprudenza di questa Corte, sia con riferimento alla mancanza di un contraddittorio effettivo con il contribuente, sia in merito alla carenza dei requisiti della gravità, precisione e concordanza RAGIONE_SOCIALE presunzioni invocate dalla parte ricorrente.
4.1. Un ulteriore profilo di inammissibilità del ricorso ha riguardato il requisito della cd. autosufficienza, considerato che gli
atti richiamati dalla ricorrente non sono stati accompagnati dall’indicazione della sede processuale in cui sono stati prodotti e dei relativi contenuti, né sono stati allegati al ricorso.
4.2 . È stata, poi, contestata l’inammissibilità del primo motivo di ricorso, per carenza dei requisiti di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata e per la sua intrinseca contraddittorietà con il terzo motivo di ricorso.
Ad avviso della controricorrente la lettura del primo motivo di ricorso non consente di individuare quale sarebbe l’errore o il vizio in cui sarebbe incorsa la CTR e di comprendere come tale errore possa aver influito sull’esito del giudizio. Difatti, la ricorrente dapprima contesta « la motivazione del tutto tautologica, che non chiarisce le ragioni per cui nel caso di specie non sarebbero ‘sussistenti presunzioni gravi precise e concordanti in ordine alla esistenza RAGIONE_SOCIALE attività non dichiarate oggetto del la pretesa impositiva’» e, successivamente, nell’illustrazione del terzo motivo di ricorso, dà atto di aver compreso le ragioni poste a fondamento della decisione della CTR.
4.3. Secondo la parte controricorrente il secondo e il terzo motivo di ricorso sono infondati.
4.4. In merito al secondo motivo di ricorso è stato evidenziato che la richiesta di esibizione dei registri IVA per l’anno 2007 (avvenuta in data 20/11/2012 e seguita dall’emissione dell’avviso di accertamento notificato, tramite pec, il 10/12/2012) è stata fatta « in sede di accertamento con adesione per l’anno 2006 » e allo scopo di verificare le dichiarazioni della società in merito al regime fiscale adottato.
L’amministrazione dichiara che la mancata esibizione di tali registri avrebbe determinato la necessità di consultare il RAGIONE_SOCIALEFo per l’anno 2007, per emanare, poi, un avviso di accertamento relativo a un
diverso anno di imposta. Nel caso di specie, pertanto, manca, per l’avviso di accertamento relativo all’anno 2007, l’attività di ispezione o verifica e il contraddittorio preliminare all’atto impositivo previsto nell’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973.
L ‘atto impugnato è stato emesso dall’RAGIONE_SOCIALE in violazione degli artt. 24 e 97 Cost, nonché degli artt. 5, 6, 7, 10 legge n. 212 del 2000 e degli artt. 41, 47 e 48 della Carta di Nizza, in quanto viola il diritto al contraddittorio endoprocedimentale.
4.5. In merito al terzo motivo è stato evidenziato che nel caso di specie l’avviso di accertamento richiama l’art. 39, primo comma, d.P.R. n. 60 0 del 1973. Anche nell’ipotesi prevista nella lettera d) l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni, purché siano gravi, precise e concordanti. Nell’avviso di accertamento imp ugnato il fatto noto, da cui muove il ragionamento presuntivo dell’ufficio , è costituito dalle sole risultanze d ell’applicazione Clienti-Fornitori ( RAGIONE_SOCIALEfo ) per l’anno 2007, asseritamente fondata sulle comunicazioni inviate all’amministrazione finanziaria dai clienti della società contribuente. Nell’avviso di accertamento non viene, tuttavia, dato conto anche di altri elementi. Un fatto certo di per sé considerato non può fondare, tuttavia, la pretesa impositiva.
Rileva, inoltre, come l’ufficio, dopo essersi avvalso del RAGIONE_SOCIALEfo RAGIONE_SOCIALE clienti della società contribuente, non ha ritenuto necessario accertare la veridicità di quanto emerso da una mera interrogazione informatica, limitandosi a ritenere tali risultanze veritiere, per considerare, invece, infondati gli elementi indicati dalla contribuente nella dichiarazione. Con la medesima facilità avrebbero potuto essere reperiti all’interno dell’anagrafe tributaria i dati emerg enti dall’elenco Clienti fornitori trasmess o da DBL.
La controricorrente ha poi proposto nuovamente i motivi non esaminati dal giudice d’appello, facendo riferimento alla possibilità prevista nell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ. , di decidere la causa nel merito, quando non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto.
5.1. I motivi non esaminati riguardano, più precisamente, la violazione dell’art. 42, primo comma, d.P.R. n. 600 del 1973 (con riferimento al mancato assolvimento dell’onere della prova in merito all’esistenza della delega alla sottoscrizione da parte del direttore dell’ufficio); la violazione dell’art. 29, primo comma, lett. b) e c) d.l. n. 78 del 2010 (in relazione all’omessa indicazione della sospensione ex lege dell’esecuzione for zata e della mancata specificazione dei motivi integranti il fondato peric olo per l’esito positivo della riscossione); la violazione dell’art. 29, primo comma, lett. g), d.l. n. 78 del 2010 in combinato disposto con l’art. 36, comma 4 -ter, d.l. n. 248 del 2007 (per l’omessa indicazione dei responsabili dei procedimenti di formazione del titolo esecutivo e del precetto); la violazione degli artt. 39 e 40 d.P.R. n. 600 del 1973 in combinato disposto con gli artt. 42, secondo comma, d.P.R. n. 600 del 1973 e 7 legge n. 212 del 2000 (in relazione al difetto di motivazione per l’omessa specificazione della modalità di accertamento utilizzata e dei presupposti giuridici che hanno determinato l’accertamento); la violazione del combinato disposto dell’art. 23 d.P.R. n. 546 del 1992 e dell’art. 115 cod. proc. civ. (in relazione all’omessa contestazione da parte dell’ufficio dei motivi dedotti dal ricorrente); la violazione dell’art. 24 Cost. e del diritto di dife sa del contribuente.
Il primo motivo è infondato, in quanto dalla lettura della sentenza è ampiamente ricostruibile l’iter logico seguito dal giudice, come dimostrano poi le stesse censure articolate dalla parte ricorrente in ordine al secondo e al terzo motivo di ricorso.
Il secondo e il terzo motivo possono essere esaminati insieme e sono fondati.
7.1. Nella sentenza impugnata si legge che: « Quanto al merito va rilevato che l’accertamento impugnato si fonda su dati contabili ricavati da RAGIONE_SOCIALE non della società accertata ma dei clienti della stessa e, per di più, senza che vi sia stato un effettivo contraddittorio, in quanto la richiesta di esibizione dei registri IVA 2007 -stante l’imminente scadenza del termine di decadenza è stata seguita, dopo soli 15 giorni, dall’avviso di accertament o. Non sembrano quindi sussistenti presunzioni gravi precise e concordanti in ordine alla esistenza RAGIONE_SOCIALE attività non dichiarate oggetto della pretesa impositiva.». Tali conclusioni non sono conformi alla giurisprudenza di questa Corte, né in relazione al ricorso agli elenchi clienti e fornitori, né in relazione all’instaurazione del contraddittorio con il contribuente.
7.2. Partendo d all’art. 39, primo comma, lett. d), d.P.R. n. 600 del 1973 (oggetto del terzo motivo di ricorso), in materia di accertamento analitico-induttivo, questa Corte, in relazione alla rilevanza probatoria dell’elenco fornitori (RAGIONE_SOCIALEfo) , anche recentemente ha riaffermato che: « Va evidenziato che, rispetto a detti elenchi, questa Corte ha chiarito (Cass. pen., 8.1.2020, n. 230) che “quelle rinvenute nell’elenco fornitori inviato dai clienti all’RAGIONE_SOCIALE non costituiscono mere annotazioni, ma corrispondono a fatture regolarmente registrate in corrispondenza di prestazioni di servizi ricevute o di beni acquistati dal soggetto emittente la corrispondente fattura sulla quale il cliente, in quanto titolare di partita IVA, è legittimato a detrarre la relativa imposta ed aventi perciò valore probatorio in ordine all’acquisto di beni “. Donde la conclusione per cui, nell’ottica della ripresa tributaria in materia di I.V.A., gli elenchi dei fornitori allegati alle dichiarazioni di
soggetti terzi sono utilizzabili ai fini dell’accertamento poiché, per un verso, ai sensi dell’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973, gli atti dei quali l’Amministrazione finanziaria può avvalersi non costituiscono un numero chiuso, e, per altro, l’art. 54, comma 4, del d.P.R. n. 633 del 1972, autorizza il ricorso agli elenchi contenuti nelle dichiarazioni di altri contribuenti, atteso che detti elenchi costituiscono, in base alle circostanze concrete, elemento per presumere che la prestazione è stata effettivamente posta in essere e retribuita (Cass., Sez. 6-5, 19.2.2019, n. 4912; Cass. 11830 del 10.1.2022). » (Cass., 28/03/2024, n. 8472).
7.3. Con riferimento alla mancata instaurazione del contraddittorio con il contribuente (in relazione al secondo motivo di ricorso) occorre rilevare che, nel caso di specie, in sede di accertamento con adesione relativo all’anno 2006 la parte, con mail del 16/11/2012, affermò di « essersi avvalsa per gli anni di imposta 2005 e 2006 del regime agevolato previsto dall’art. 74 DPR 633/72». Chiedeva, quindi, che « l’Ufficio voglia considerare l’IVA calcolata sulle fatture di vendita emesse nel IV trimestre 2006 come IVA da doversi versare nell’anno di imposta 2007.»
A questo punto l’Ufficio, con pec trasmessa alla società in data 20/11/2012, ha chiesto l’esibizione dei registri IVA 2007. Non avendo ricevuto i registri, in data 20/12/2012 ha notificato l’avviso di accertamento alla società e in data 08/01/13 ha provveduto alla notificazione del socio.
L’affermazione di parte ricorrente secondo la quale nella specie si tratta un accertamento non preceduto da alcun accesso, verifica o ispezione, ma piuttosto di natura cartolare è corretta. L’avviso di accertamento è stato emesso dall’amministrazione finanziaria in esito alla comparazione tra i dati della dichiarazione dei redditi della società e quelli risultanti dall’elenco clienti e fornitori (v. supra, sub
2.1.), a seguito della richiesta di comunicazione del registro IVA per l’anno 2007 trasmessa alla pec della società -cui non è stato dato riscontro.
Con riferimento all’instaurazione del contraddittorio non è, tuttavia, dirimente la sola considerazione inerente alla formulazione (applicabile ratione temporis, al caso in esame e successivamente abrogato dall’art. 1, lett. o), d.lgs. 30/12/2023, n. 219 ) dell’art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000 (« Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza.» ).
L’avviso di accertamento riguarda, infatti, anche un tributo cd. armonizzato, come l’IVA, con la conseguenza che deve trovare applicazione quanto precisato da questa Corte e, in particolare: « In tema di accertamento, il termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 non opera nell’ipotesi di accertamenti cd. a tavolino, salvo che riguardino tributi “armonizzati” come l’IVA, ipotesi nella quale, tuttavia, il contribuente che faccia valere il mancato rispetto di detto termine è in ogni caso onerato di indicare, in concreto, le questioni che avrebbe potuto dedurre in sede di contraddittorio preventivo. » (Cass., 29/10/2018, n. 27420).
Nella specie – con riferimento alla ripresa in materia di IVA -non sono stati indicati gli elementi che il contribuente avrebbe potuto far valere in senso contrario alle determinazioni assunte dall’amministrazione. Tanto più che la stessa società contribuente alla cui pec -è pervenuta la richiesta di esibizione dei registri IVA
dell’anno 2007 non li ha esibiti all’amministrazione. Sul punto occorre evidenziare come siano palesemente infondate le contestazioni del controricorrente circa la comunicazione della richiesta del registro alla società (cui era riferito l’obbligo di tenuta del registro di cui è stata chiesta l’esibizione) , anziché a quello dei soci.
Non possono essere, invece, affrontate nella presente sede le questioni non esaminate dalla CTR e riproposte dal controricorrente. Questa Corte ha, infatti, affermato che: « Nel giudizio di legittimità introdotto a seguito di ricorso per cassazione non possono trovare ingresso, e perciò non sono esaminabili, le questioni sulle quali, per qualunque ragione, il giudice inferiore non si sia pronunciato per averle ritenute assorbite in virtù dell’accoglimento di un’eccezione pregiudiziale, con la conseguenza che, in dipendenza della cassazione della sentenza impugnata per l’accoglimento del motivo attinente alla questione assorbente, l’esame RAGIONE_SOCIALE ulteriori questioni oggetto di censura va rimesso al giudice di rinvio, salva l’eventuale ricorribilità per cassazione avverso la successiva sentenza che abbia affrontato le suddette questioni precedentemente ritenute superate. » (Cass., 16/06/2022, n. 19442).
10. Alla luce di quanto sin qui evidenziato il secondo e il terzo motivo ricorso sono fondati e devono essere accolti, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata e il rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Veneto, che in diversa composizione deciderà anche sulle spese del presente procedimento.
P.Q.M.
rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso e cassa la sentenza impugnata, rinviando alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Veneto che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio. Così deciso in Roma, il 04/07/2024.