Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29587 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29587 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME, con avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato ; – controricorrente –
Avverso la sentenza n. 7329/2021/02 resa dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia-Messina e depositata in data 25 agosto 2021.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23 ottobre 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1.L a contribuente ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe con la quale la CTR della Sicilia, Sezione staccata di Messina, ad ì ta dalla stessa, aveva rigettato l’appello proposto da parte di quest’ultima, ritenendo corretto l’operato dell’Ufficio nel considerare la mancata giustificazione della disponibilità finanziaria della contribuente in
ACCERTAMENTO INDUTTIVO
relazione all’anno di imposta 2006 per il quale la contribuente stessa non aveva presentato alcuna dichiarazione dei redditi.
Essa ricorre quindi in cassazione affidandosi a tre motivi, mentre l’Agenzia resiste a mezzo di controricorso.
Successivamente veniva depositata proposta di definizione accelerata, a fronte della quale la stessa ricorrente proponeva istanza di decisione.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4 del cod.proc.civ, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 36 del D.Lgs 546/1992 e dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4 c.p.c., comma 1, per avere la CTR della Sicilia Sez. St. di Messina, rigettato l’appello della contribuente con motivazione meramente apparente.
1.1. Il motivo è infondato in quanto la sentenza non reca alcuna motivazione apparente, vizio che ricorre quando il giudice, in violazione di un obbligo di legge, costituzionalmente imposto, omette di illustrare l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, ossia di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione (tra le ultime, Cass. n. 16958/2023). Risulta, invece, che il Collegio di appello abbia esaminato le spese di acquisto dei beni effettuate pro-quota dalla ricorrente, tenendo conto altresì delle risposte fornite al questionario, e ritenendo giustificate tali spese di acquisto, ma non ritenendo, al contrario, giustificate quelle di gestione pro-quota dei beni stessi, ritenendo poi su tale base la sussistenza del requisito della motivazione anche in capo all’avviso di accertamento.
Gli stessi giudici hanno anche preso in esame la critica relativa alla mancata considerazione della documentazione prodotta, ritenendo che invece vennero considerati giustificati gli incrementi patrimoniali mentre, circa le spese gestionali dei beni indice, veniva
imputato alla contribuente solo il 50 % di quelle relative alle tre auto, al motociclo ed all’abitazione, come richiesto dalla stessa.
Se poi ciò sia conforme alla tesi propugnata dalla parte avversa (rispetto alla ricorrente) ciò non attiene ad un difetto di motivazione, ma ad una valutazione di maggior fondatezza invece motivatamente esposta dal collegio di merito.
Col secondo mezzo si deduce omesso esame di un fatto decisivo in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5 del cod.proc.civ., avendo la Commissione Tributaria Regionale omesso di valutare elementi di prova offerti dalla contribuente per giustificare la propria capacità di spesa.
2.1. il Collegio di appello ha valutato gli elementi di prova prodotti, concludendo che a fronte di entrate consistenti risultano altrettanti consistenti uscite, esaminando in particolare l’andamento del conto corrente (che risulta con un saldo di € 1676,8 al 2/7/2004 e di € 684,97 al 29/7/2009), circostanza che conferma anche ad avviso dei giudici d’appello la correttezza dell’operato dell’Agenzia. In realtà, la censura esposta appare, più che altro, preordinata ad un nuovo esame del merito -escluso in sede di legittimità (tra le altre, Cass. n. 34837/2023)- palesandosi finalizzata ad un accertamento fattuale di segno opposto a quello espresso dalla CTR, riconsiderando sulla base della ricostruzione alternativa offerta dalla ricorrente, il materiale probatorio di cui evidentemente la CTR dà una lettura diversa da quella auspicata dalla contribuente.
L’osservazione poi secondo cui si sarebbe formato un giudicato esterno risulta infondata, visto che dalle stesse allegazioni di parte emerge come la pronuncia della CTP di Messina (peraltro non prodotta e riportata con l’eventuale certificato di passaggio in giudicato) riguarda non la ricorrente, ma il relativo coniuge.
Col terzo mezzo si deduce, in relazione all’art. 360, comma I, n. 3 del cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt.
91 e 92 c.p.c. per aver condannato la contribuente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in Euro 750,00.
3.1.Anche tale motivo è infondato, visto che le spese, in ossequio al principio della soccombenza, sono state liquidate in favore dell’Amministrazione e poste a carico della contribuente risultata soccombente. La circostanza per cui la stessa fosse difesa dai propri funzionari non esclude il diritto al rimborso, come in precedenza affermato dalla giurisprudenza di legittimità e poi, con l’art. 15, comma 2 sexies, d.lgs. n. 546/92.
Da quanto precede discende il rigetto del ricorso con aggravio di spese in capo alla ricorrente soccombente.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Visto il combinato disposto degli artt. 380-bis e 96, terzo comma, cpc, condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente di una somma equitativamente determinata in € 1150,00
Visto il combinato disposto degli artt. 380-bis e 96, quarto comma, cpc, condanna la ricorrente al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di € 1000,00.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese che liquida in € 2.300,00 oltre spese prenotate a debito.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente dell’ulteriore somma di € 1150,00.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di € 1000,00.
Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2025
Il Presidente (NOME COGNOME)