Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15506 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15506 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/06/2025
Oggetto: II.DD. -IVA accertamento analiticoinduttivo
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8764/2022 R.G. proposto da AGENZIA DELLE RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t.;
-intimata –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, n. 2671/23/2021, depositata il 24.9.2021 e non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 13 marzo 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, n. 2671/23/2021 veniva rigettato l’appello proposto dall ‘Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Lecce n. 2156/2/2014 di parziale accoglimento del ricorso introduttivo proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE esercente attività di ristorazione, per II.DD. e IVA relativi al periodo d’imposta 2007.
Si legge nella sentenza impugnata che l’avviso veniva emesso sulla base di uno studio di settore nel quadro di un accertamento analiticoinduttivo ex art.39, comma 1, lett. d), d.P.R. n.600 del 1973, accertamento che portava all’emersione di omessa dichiarazione di ricavi e all’ indeducibilità di costi non di competenza per il periodo di imposta.
Il giudice di prime cure, dopo aver rigettato le eccezioni preliminari, il giudice riconosceva legittimo l’accertamento analitico induttivo e, nel merito, fondata la ripresa relativa ai costi, ma riduceva il rilievo per maggiori ricavi rideterminandoli in euro 1.116,00.
Il giudice d’appello , tra l’a ltro, affermava: l’ «Ufficio non ha prodotto documentazione utile e dettagliata valida a sostenere una o più presunte irregolarità contabili. Inoltre, non sono state rinvenute circostanze o elementi rilevatori di maggior reddito». In ultima analisi, riteneva non sussistenti i presupposti per l’accertamento analitico induttivo nel caso di specie. Nondimeno, confermava integralmente la sentenza impugnata.
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate deducendo quattro motivi, mentre la contribuente è rimasta intimata.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia prospetta , in relazione all’art.360, primo comma, n.3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione da parte della sentenza impugnata dell’art. 2909 cod. civ. e dell’art.324 cod. proc. civ. , con riferimento alla statuizione secondo cui « L’ufficio non ha prodotto documentazione utile e dettagliata valida a sostenere una o più presunte irregolarità contabili. Inoltre non sono state rinvenute circostanze o elementi rilevatori dell’esistenza di maggior reddito » (cfr. p.3 sentenza) e secondo cui, nel caso concreto, mancano le condizioni per l’accertamento analiticoinduttivo di cui all’ art.39, comma 1, lett. d), d.P.R. n.600 del 1973. Così facendo il giudice si sarebbe pronunciato su una questione coperta da giudicato, e senza che vi fosse un’esplicita richiesta delle parti.
Con il secondo motivo la ricorrente ded uce, in rapporto all’art.360, primo comma, n.4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., con riferimento alla statuizione del giudice d’appello secondo cui « L’ Ufficio non ha prodotto documentazione utile e dettagliata valida a sostenere una o più presunte irregolarità contabili. Inoltre, non sono state rinvenute circostanze o elementi rilevatori dell’esistenza di maggior reddito» ( ibidem ).
Il terzo motivo introduce una censura motivazionale ex art.360, primo comma, n.5 cod. proc. civ., per aver errato il giudice nel ritenere non sussistessero le condizioni per considerare non attendibile la contabilità della contribuente.
Con il quarto si lamenta , in rapporto all’art.360, primo comma, n.4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 36, comma 2, n.4 del d.lgs. n.546/1992, 132, secondo comma, n.4 cod. proc. civ. e 118, comma 1, disp. att. cod.
proc. civ., nella parte in cui la sentenza ha ritenuto l’accertamento analitico-induttivo ex art.39, comma 1, lett. d), d.P.R. n.600 del 1973 sprovvisto dei requisiti di legge, sostanzialmente senza una reale motivaizone, da considerarsi meramente apparente.
I motivi primo e quarto, che prospettano cause di nullità della sentenza tra loro interconnesse, devono essere esaminati in via prioritaria e, esaminati congiuntamente, sono fondati.
5.1. Va premesso che due sono le riprese contenute nell’avviso di accertamento, la prima per ricostruzione analitico-induttiva dei ricavi non dichiarati e la seconda per costi non di competenza per l’annualità 2007.
A seguito di parziale accoglimento del ricorso introduttivo, la CTP ha confermato la ripresa per costi e ridotto fortemente quella per ricavi non dichiarati aderendo ad un conteggio alternativo fornito dalla contribuente. La sola Agenzia ha quindi proposto appello, con riferimento al capo di parziale soccombenza e la materia del contendere attuale riguarda solo la prima ripresa, relativa alla ricostruzione del reddito d’impresa, essendo maturato il giudicato interno con riferimento ai costi.
5.2. Tanto considerato, trova accoglimento la censura oggetto del primo motivo, in quanto la sentenza d’appello è contraddittoria per più profili. Innazitutto, perché nella sua motivazione il giudice nega fondamento all’accertamento analitico -induttivo e, così, alla ripresa per maggiori ricavi e conferma solo quella per i costi, sulla quale però è già maturato il giudicato interno in assenza di appello incidentale della contribuente. Inoltre, il dispositivo della sentenza è di conferma integrale della sentenza di primo grado, la quale ha però avallato anche la ricostruzione analitico-induttiva di una parte dei ricavi.
Dal momento che l a sentenza d’appello in dispositivo conferma la sentenza di primo grado interamente, conferma anche il contenuto della sentenza di primo grado che ha ammesso l’esistenza di mag-
giori ricavi non dichiarati e, dunque, la legittimità dell’ an dell’accertamento analitico-induttivo svolto da ll’Amministrazione , nell’ambito del quale è stato applicato lo studio, pretesa sia pure poi ridotta nel quantum dal giudice di prime cure, il quale ha aderito ad un conteggio alternativo proposto dalla società.
5.3. Inoltre, la ratio decidendi espressa dal giudice d’appello è non solo insanabilmente contraddittoria e resa in violazione del giudicato interno maturato, ma anche apodittica dal momento che la sentenza afferma che non sussistono presunzioni gravi, precise e concordanti ai fini delle prospettate irregolarità contabili della società. Dunque, il giudice nega l’esistenza dei presupposti per l’accertamento analitico induttivo, ma non spiega perché avvalla la sentenza di prime cure la quale ha accertato una parziale omessa dichiarazione di redditi per il periodo di imposta.
E’ così meramente assertiva l’affermazione a pag.3 della sentenza «n on si giustifica la contestazione relativa all’entità del saldo del conto cassa in mancanza di accertata e provata irregolarità contabile» in quanto, se in primo grado è stata accertata una parziale evasione fiscale per mancata dichiarazione di reddito, confermata dallo stesso giudice d’appello, l’irregolarità almeno parziale della contabilità è un dato acquisito al processo.
La motivazione non rispetta in ultima analisi il minimo costituzionale perché afferma, ma non chiarisce in concreto alla luce del quadro probatorio, perché non vi sarebbero i presupposti per l’applicazione dell’art.39 , comma 1, lett. d), d.P.R. n.600/73 nell’ambito del quale è stato applicato lo studio di settore, e perché conferma la sentenza di primo grado in parte qua .
Restano assorbiti il motivo secondo, incentrato sulle irregolarità contabili, e terzo, che introduce anche un vizio motivazionale sulla questione della attendibilità della contabilità, in quanto i profili dovranno essere riesaminati dal giudice del rinvio.
La sentenza impugnata è cassata e, per l’effetto, la controversia va rinviata alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della
Puglia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo, a quelli rimasti assorbiti, e per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e quarto motivo di ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili, a quelli rimasti assorbiti, e per la liquidazione delle spese di lite
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 13.3.2025