Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28909 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28909 Anno 2025
Presidente: LA COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10063/2017 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. della PUGLIA n. 2334/2016 depositata il 10/10/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, operante nel settore della distribuzione di apparecchi da intrattenimento, impugnava un avviso di accertamento emesso dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE per l’anno d’imposta 2008, relativo alla rettifica dei ricavi ai fini IVA.
Nel corso di detto anno, la società dichiarava d’aver subito gravi atti estorsivi culminati in un incendio doloso che ne aveva distrutto il magazzino, determinando la sospensione dell’attività. Nonostante ciò, essa adduceva d’aver versato l’Imposta sugli Intrattenimenti (ISI) secondo il regime forfettario obbligatorio e di aver optato per il regime ordinario ai fini IVA, dichiarando ricavi pari a zero.
L’RAGIONE_SOCIALE ha ritenuto che la base imponibile ISI costituisse presunzione di ricavi non dichiarati, procedendo ad accertamento induttivo. Il ricorso proposto in primo grado veniva accolto dalla Commissione Tributaria Provinciale di Foggia, ritenendo violato il diritto al contraddittorio.
In appello, la Commissione Tributaria Regionale della Puglia ha riformato la decisione, ritenendo legittimo l’accertamento.
Il ricorso per cassazione della contribuente è affidato a tre motivi, illustrati con memoria.
Resiste l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo , la ricorrente censura, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600/1973, art. 39, comma 1, n. 4, del D.P.R. n. 633/1972, art. 54, comma 2, nonché degli artt. 2697 e 2729 c.c., per avere il giudice di merito erroneamente attribuito valore presuntivo al versamento dell’ISI, ignorando che tale imposta si determina su base forfettaria e non in funzione dei ricavi effettivi.
Con il secondo motivo , la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2733 e 2735 c.c. e dell’art. 116 c.p.c., per avere la CTR attribuito natura confessoria alla dichiarazione fiscale presentata ai fini ISI, ancorché detta dichiarazione non valga a precludere al contribuente la prova dell’inesistenza del presupposto d’imposta, palesandosi
violati, in caso contrario, i principi costituzionali di capacità contributiva (art. 53 Cost.) e correttezza dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.).
Con il terzo motivo , la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e dell’art. 12, comma 7, della L. n. 212/2000, per avere la CTR escluso l’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale, nonostante l’accertamento riguardasse tributi armonizzati (IVA). Si deduce che l’omissione del contraddittorio ha pregiudicato il diritto di difesa, impedendo al contribuente di far valere circostanze rilevanti, quali la distruzione dei beni strumentali e l’assenza di documentazione attestante l’utilizzo degli apparecchi. Il primo motivo è fondato e va accolto, con assorbimento del secondo motivo .
La Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto legittimo l’accertamento induttivo operato dall’RAGIONE_SOCIALE, valorizzando il versamento dell’Imposta sugli Intrattenimenti (ISI) da parte della contribuente quale elemento presuntivo dell’esistenza di ricavi non dichiarati. In particolare, la CTR ha affermato che il pagamento dell’ISI, pari all’8% di una base imponibile di € 54.650,00, costituirebbe una presunzione grave, precisa e concordante dell’incasso della medesima somma, attribuendo altresì natura confessoria alla dichiarazione fiscale presentata ai fini ISI.
Tale impostazione non può essere condivisa.
L’ISI è un’imposta che si determina in misura forfettaria, ai sensi dell’art. 14 -bis del D.P.R. n. 640/1972, sulla base del numero e della tipologia degli apparecchi da intrattenimento posseduti, secondo parametri stabiliti con decreto ministeriale, e non in funzione dei ricavi effettivamente conseguiti. L’imponibile ISI è del tutto scollegato dalla redditività reale degli apparecchi, potendo essere dovuto anche in assenza di utilizzo o di incassi.
Ne consegue che il versamento dell’ISI non può, di per sé solo, costituire presunzione grave, precisa e concordante dell’esistenza di ricavi, ai sensi dell’art. 2729 c.c., difettando il requisito della diretta correlazione tra il fatto noto (il pagamento dell’imposta) e il fatto ignoto (l’effettiva percezione di ricavi). Il meccanismo presuntivo che informa l’accertamento induttivo postula infatti la certezza o, quantomeno, la correttezza del fatto che funge da premessa maggiore, da cui discende, con argomentazione logica, l’accertamento del fatto ignoto. Tale fatto deve essere non solo materialmente certo, ma anche giuridicamente idoneo a fondare la presunzione.
In tal senso, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che: ‘ Va cassata la sentenza che ritenga integrata una presunzione grave, precisa e concordante di percezione di ricavi dal pagamento di un’imposta che si calcola sul semplice possesso di un bene strumentale a prescindere dai ricavi conseguiti ‘ (Cass. n. 17183/2015). E ancora: ‘ La scorretta valutazione dei requisiti di gravità, precisione e concordanza degli elementi presuntivi, in quanto operata senza il rispetto dei criteri di legge, non integra un giudizio di fatto, ma una vera e propria valutazione in diritto soggetta al controllo di legittimità ‘ (Cass. n. 9760/2015; Cass., Sez. Un., n. 8054/2014; Cass. n. 17535/2008).
Nel caso di specie, la CTR ha fondato l’accertamento su un elemento – il pagamento dell’ISI – che non è idoneo a fondare alcuna presunzione in ordine ai ricavi, trattandosi di un’imposta che prescinde totalmente dall’effettivo esercizio dell’attività economica. La base imponibile ISI è determinata in via forfettaria anche in assenza di incassi, quand’anche, cioè, come dedotto dalla parte ricorrente nel caso di specie l’attività sia, se del caso, sospesa a causa della distruzione del magazzino a cagione di un incendio doloso.
Parimenti erronea è la qualificazione del versamento ISI come atto di natura confessoria. La dichiarazione fiscale, quale atto unilaterale del contribuente nell’ambito del procedimento amministrativo, non può essere equiparata alla confessione giudiziale, che presuppone la volontà di ammettere un fatto sfavorevole nel contesto di un giudizio. La Corte di Cassazione ha più volte affermato che: ‘ La dichiarazione dei redditi, in quanto momento essenziale del procedimento di accertamento e riscossione e non fonte dell’obbligo tributario né atto assimilabile ad una confessione, non può precludere al contribuente di dimostrare, in conformità al principio costituzionale di capacità contributiva, l’inesistenza, anche parziale, di presupposti di imposta ‘ (Cass. n. 373/2016).
La sentenza impugnata ha dunque erroneamente attribuito al pagamento dell’ISI un valore probatorio che la legge non gli riconosce, fondando l’accertamento su un presupposto giuridicamente e logicamente inidoneo. Ne discende la violazione degli artt. 39, comma 1, n. 4, D.P.R. n. 600/1973, 54, comma 2, D.P.R. n. 633/1972, nonché degli artt. 2697 e 2729 c.c.
Osserva questa Corte che sebbene constasse, in astratto, un principio di antieconomicità, desumibile dal possesso di apparecchi da intrattenimento soggetti a tassazione ISI e dalla contestuale dichiarazione di ricavi pari a zero, tale elemento non può ritenersi, di per sé solo, sufficiente a fondare un accertamento induttivo legittimo. L’antieconomicità, infatti, non costituisce una presunzione legale assoluta, ma un indice sintomatico che impone all’Amministrazione finanziaria di procedere a una valutazione complessiva e concreta della situazione del contribuente, tenendo conto RAGIONE_SOCIALE giustificazioni eventualmente offerte e RAGIONE_SOCIALE circostanze fattuali del caso.
Nel caso di specie, va osservato che l’accertamento si presenta come meccanico e privo di motivazione autonoma, essendosi l’Ufficio limitato a trasporre la base imponibile forfettaria
determinata ai fini ISI in un presunto volume di ricavi, senza dar conto di ulteriori elementi di antieconomicità o incoerenza gestionale, né di aver svolto alcuna istruttoria volta a verificare la reale operatività dell’impresa.
In particolare, non risulta che l’Amministrazione abbia considerato le specifiche giustificazioni offerte dal contribuente, il quale aveva dedotto – sin dal primo grado – la sospensione dell’attività a causa di un incendio doloso che aveva distrutto il magazzino aziendale, rendendo di fatto inutilizzabili gli apparecchi da intrattenimento. Tali circostanze, se verificate, avrebbero potuto giustificare l’assenza di ricavi, pur in presenza del versamento dell’ISI, imposto in via forfettaria e obbligatoria.
In assenza di un effettivo contraddittorio endoprocedimentale ai fini IVA e di una valutazione concreta RAGIONE_SOCIALE circostanze fattuali allegate dal contribuente, l’accertamento si fonda su un automatismo presuntivo che non regge al vaglio della legittimità.
La sentenza impugnata, avendo avallato tale impostazione, va pertanto cassata sul punto.
Anche il terzo motivo è fondato.
Con esso, la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e dell’art. 12, comma 7, della L. n. 212/2000, per avere la CTR escluso l’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale, nonostante l’accertamento riguardasse tributi armonizzati (nella specie, l’IVA). Si deduce che l’omissione del contraddittorio abbia concretamente pregiudicato il diritto di difesa del contribuente, impedendogli di far valere circostanze rilevanti, quali la distruzione dei beni strumentali e l’assenza di documentazione attestante l’utilizzo degli apparecchi.
Orbene, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato ancor di recente che ‘ In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali c.d. “a tavolino”, nella disciplina
applicabile prima dell’entrata in vigore dell’art. 6 -bis della l. n. 212 del 2000 (introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. e, del d.lgs. n. 219 del 2023, a sua volta richiamato e interpretato ex artt. 7 e 7 -bis del d.l. n. 39 del 2024, convertito con modd. dalla l. n. 67 del 2024), l’obbligo di contraddittorio endoprocedimentale vige, quanto ai tributi cd. non armonizzati, solo se espressamente previsto, mentre ha valenza generalizzata per soli tributi cd. armonizzati, comportando la relativa violazione l’invalidità dell’atto, purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto gli elementi in fatto che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, fittizia o strumentale, tale essendo quella non idonea a determinare un risultato diverso del procedimento impositivo, secondo una valutazione probabilistica ex ante spettante al giudice di merito ‘ (Cass., Sez. Un., n. 21271/2025).
È stato anche osservato che: ‘ In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, nelle ipotesi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, opera una valutazione ex ante in merito alla necessità del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, sanzionando con la nullità l’atto impositivo emesso ante tempus, anche nell’ipotesi di tributi armonizzati, senza che, pertanto, ai fini della relativa declaratoria debba essere effettuata la prova di resistenza, invece necessaria, per i soli tributi armonizzati, ove la normativa interna non preveda l’obbligo del contraddittorio con il contribuente nella fase amministrativa (ad es., nel caso di accertamenti cd. a tavolino), ipotesi nelle quali il giudice tributario è tenuto a effettuare una concreta valutazione ex post sul rispetto del contraddittorio ‘ (Cass. n. 13851 del 2025).
È principio consolidato quello per cui, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è tenuta a rispettare, anche nell’ambito RAGIONE_SOCIALE indagini
cd. “a tavolino” effettuate nei confronti di terzi, il contraddittorio endoprocedimentale ove l’accertamento attenga a tributi “armonizzati”, e la violazione di tale obbligo comporta l’invalidità dell’atto qualora il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa (Cass., 19 luglio 2021, n. 20436).
Del resto, in tema di tributi armonizzati, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato (Cass., 14 ottobre 2022, n. 30211).
Nel caso di specie, l’accertamento ha avuto ad oggetto l’IVA, tributo armonizzato, e si è svolto in assenza di accessi, ispezioni o verifiche nei locali aziendali, trattandosi di accertamento ‘a tavolino’. In tale contesto, s’impone comunque il rispetto del principio del contraddittorio, che la CTR ha, di contro, recisamente escluso, limitandosi a rilevare l’assenza di accessi fisici presso la sede della contribuente, senza considerare che, trattandosi di tributo armonizzato, il rispetto del contraddittorio andava valutato ex post , alla luce RAGIONE_SOCIALE circostanze dedotte dal contribuente e della loro potenziale incidenza sull’esito del procedimento. Infatti, nella specie, il contribuente aveva inteso far valere – sin dal primo grado -la circostanza dell’avvenuta distruzione degli apparecchi funzionali all’esercizio dell’attività economico -produttiva, a seguito di un incendio doloso, nonché l’assenza di documentazione di trasporto attestante l’effettivo utilizzo degli stessi. Si trattava di elementi suscettibili di valutazione, in quanto potenzialmente idonei a incidere sull’ an e sul quantum della pretesa fiscale.
In definitiva, vanno accolti il primo e il terzo motivo del ricorso. Il secondo motivo, invece, deve essere dichiarato assorbito. La sentenza impugnata va conseguentemente cassata, con rinvio della causa alla Corte di Giustizia Tributaria di II Grado della Puglia, per un nuovo esame, anche ai fini della regolazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo e il terzo motivo del ricorso, dichiarando assorbito il secondo motivo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa per un nuovo esame e per la regolazione RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio alla Corte di Giustizia Tributaria di II Grado della Puglia. Così deciso in Roma, il 25/09/2025.
Il Presidente NOME COGNOME