Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18975 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18975 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25161/2016 R.G. proposto da NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL LAZIO n. 1923/16 depositata l’11 aprile 2016
Udita la relazione svolta nell ‘adunanza camerale del 23 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE Provinciale III di Roma dell’RAGIONE_SOCIALE notificava a NOME COGNOME, titolare di una ditta individuale esercente attività di ristorante e pizzeria, un avviso di accertamento con il quale rettificava il reddito d’impresa, il valore
della produzione netta e il volume d’affari dichiarati dal contribuente in relazione all’anno 200 7, recuperando a tassazione, ai fini dell’IRPEF, dell’IRAP e dell’IVA, l’imponibile ritenuto evaso.
I maggiori ricavi da assoggettare a imposizione erano determinati dall’Ufficio in base al cd. , metodo di accertamento analitico-induttivo fondato sulla presunzione che a un certo numero di tovaglioli di stoffa o di carta lavati o utilizzati corrisponda un pasto consumato, rispettivamente, in ristorante o in pizzeria.
Il contribuente impugnava il predetto avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, che respingeva il suo ricorso.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, la quale, con sentenza n. 1923/16 del l’11 aprile 2016, rigettava l’appello della parte privata.
Avverso tale sentenza il COGNOME ha proposto r icorso per cassazione affidato a cinque motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso , formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., viene dedotto l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che ha formato oggetto di discussione fra le parti.
1.1 Si sostiene che tale sarebbe rappresentato dal e che la sua emergerebbe dalla .
1.2 Viene evidenziato, in proposito, che i militari della Guardia di
Finanza procedenti alla verifica fiscale avevano utilizzato entrambi i suddetti metodi e, nell’incertezza su quale dei due fosse più attendibile, si erano risolti a determinare i presunti maggiori ricavi conseguiti dal contribuente sulla base di una media aritmetica dei risultati ottenuti dalla loro congiunta applicazione.
1.3 Per contro, l’Ufficio aveva immotivatamente ritenuto di dover fondare l’accertamento sul solo metodo del , così pervenendo alla determinazione di un imponibile notevolmente superiore a quello scaturente dall’adozione dell’alternativo metodo del .
Con il secondo motivo, anch’esso proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., viene lamentato l’omesso esame di un altro fatto decisivo per il giudizio che ha formato oggetto di discussione fra le parti, asseritamente costituito dal .
2.1 Al riguardo, si deduce che: – tanto il processo verbale constatazione redatto dalla Guardia di Finanza quanto l’avviso di accertamento emesso dall’Ufficio trovavano fondamento in dichiarazioni erroneamente attribuite al contribuente riguardanti le modalità di utilizzo dei tovaglioli di stoffa e di carta; – da tale falso presupposto era stata tratta la presunzione semplice che all’uso di un certo numero di tovaglioli di carta (due o quattro) corrispondesse la consumazione di un pasto in pizzeria.
Con il terzo mezzo, ugualmente introdotto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., è prospettato l’omesso esame circa un ulteriore fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti.
3.1 Viene imputato al giudice regionale di non aver tenuto conto
dal COGNOME, il quale aveva evidenziato come, fossero stati .
3.2 Sul punto si sottolinea che, mentre nell’avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2007 l’Ufficio aveva determinato induttivamente i maggiori ricavi ottenuti dal contribuente sulla base della presunzione che al l’utilizz o di un tovagliolo di stoffa corrispondesse un pasto servito al ristorante, in conformità ai parametri adottati in sede di verifica dalla Guardia di Finanza, nell’avviso inerente al successivo anno 2008 la ricostruzione reddituale era stata, invece, operata applicando la diversa proporzione di 1,3 tovaglioli di stoffa per ogni pasto.
Con il quarto motivo, ricondotto al paradigma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono dedotte la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2729 c.c..
4.1 Si assume che le presunzioni poste a base dell’accertamento tributario risultavano prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729, comma 1, c.c..
Con il quinto motivo, pure inquadrato nello schema dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono denunciate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c..
5.1 Si ascrive alla CTR di aver a torto ritenuto comprovati i fatti costitutivi della pretesa creditoria avanzata dall’Amministrazione Finanziaria, attrice in senso sostanziale, e per contro sfornite di idoneo supporto dimostrativo le allegazioni della parte privata.
5.2 Viene, in proposito, rimarcato che i fatti dedotti dal contribuente e non specificamente contestati dall’RAGIONE_SOCIALE -in particolare la circostanza che le dichiarazioni riportate
nel processo verbale di constatazione e nell’avviso di accertamento fossero state a lui erroneamente attribuite, pur essendo state rese da altra persona- dovevano ritenersi non abbisognevoli di prova, alla luce del disposto dell’art. 115, comma 1, c.p.c..
I primi tre motivi possono essere scrutinati congiuntamente, perchè accomunati dalla denuncia del medesimo vizio di omesso esame di fatti ritenuti decisivi per il giudizio.
6.1 Essi vanno incontro a una declaratoria di inammissibilità, in quanto, in presenza di una duplice conforme pronuncia di merito (cd. «doppia conforme»), il ricorso per cassazione poteva essere proposto solamente per i motivi di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4) dell’art. 360, comma 1, c.p.c., giusta quanto previsto dai commi 4 e 5 dell’art. 348 -ter del medesimo codice, applicabile «ratione temporis» alla presente controversia.
6.2 Né, peraltro, il ricorrente si è premurato di dimostrare che le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello sono fra loro diverse (cfr. Cass. n. 26934/2023, Cass. n. 5947/2023, Cass. n. 26774/2016).
Il quarto mezzo è infondato.
7.1 Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, è legittimo l’accertamento induttivo del reddito, ex art. 39, comma 1, lettera d), del D.P.R. n. 600 del 1973, operato mediante la determinazione dei ricavi di un’impresa di ristorazione in base al consumo unitario dei tovaglioli utilizzati (risultante per quelli di carta dalle fatture o ricevute di acquisto e per quelli di stoffa dalle ricevute della lavanderia), costituendo nozione di comune esperienza che ogni avventore di un ristorante o di una pizzeria adopera normalmente un solo tovagliolo.
Questo dato rappresenta, pertanto, un fatto noto di per sé sufficiente a lasciar presumere il numero di pasti effettivamente consumati all’interno del locale , pur dovendosi sottrarre dal totale
dei tovaglioli utilizzati un certo quantitativo (cd. percentuale di sfrido) ragionevolmente impiegato per scopi diversi, come, ad esempio, i pasti del titolare o dei soci e dei dipendenti, il servizio in tavola dei camerieri e le evenienze varie per le quali un cliente può essere indotto a usarne più di uno (cfr., in tal senso, Cass. n. 8822/2019; id. , ex ceteris , Cass. n. 11593/2021, Cass. n. 16981/2018, Cass. n. 25126/2016, Cass. n. 20060/2014).
7.2 Del resto, è stato ripetutamente affermato che per la configurazione di una presunzione giuridicamente valida non occorre che l’esistenza del fatto ignoto rappresenti l’unica conseguenza possibile di quello noto, secondo un legame di necessarietà assoluta ed esclusiva, bastando, invece, che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull’ «id quod plerumque accidit» (cfr. Cass. n. 21403/2021, Cass. n. 1163/2020, Cass. n. 14762/2019, Cass. n. 2632/2014).
7.3 Non si è, poi, mancato di precisare che, ai fini degli accertamenti tributari, non è necessario che gli elementi assunti a fonte di presunzioni siano plurimi: sebbene, infatti, l’art. 2729, comma 1, c.c., nonché gli artt. 38, comma 3, e 39, comma 1, lettera d), del D.P.R. n. 600 del 1973 e l’art. 54, comma 2, del D.P.R. n. 633 del 1972 si esprimano al plurale, ben può il convincimento del giudice fondarsi anche su un unico elemento, preciso e grave (cfr. Cass. n. 14150/2021, Cass. n. 7587/2020, Cass. n. 23379/2019, Cass. n. 27752/2018), dovendo l’ulteriore requisito della concordanza intendersi richiamato con riferimento alla sola ipotesi di un eventuale, ma non indispensabile, concorso di più elementi presuntivi (cfr. Cass. n. 22625/2022, Cass. n. 2482/2019, Cass. n. 19987/2018).
7.4 Alla luce dei suenunciati princìpi di diritto, che vanno qui ribaditi, deve ritenersi che il giudice tributario d’appello abbia correttamente riconosciuto al metodo di accertamento analitico-
induttivo basato sul il valore di presunzione semplice dotata dei requisiti di gravità e precisione prescritti dall’art. 2729, comma 1, c.c..
7.5 Oltretutto, dalla stessa lettura del ricorso per cassazione emerge che l’ ufficio accertatore, in linea con il ricordato insegnamento di legittimità, aveva sottratto dal numero totale dei tovaglioli utilizzati dal COGNOME un determinato quantitativo (in misura pari al 10%) presumibilmente destinato all’ «autoconsumo» .
7.6 Per quanto precede, deve, quindi, escludersi la sussistenza del denunciato «error in iudicando» .
Il quinto motivo è in parte infondato, in parte inammissibile.
8.1 La violazione del precetto posto dall’art. 2697 c.c. è configurabile nella sola ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione RAGIONE_SOCIALE fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni, e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto RAGIONE_SOCIALE prove proposte dalle parti, essendo quest’ultima sindacabile, in sede di legittimità, entro i ristretti limiti stabiliti dal novellato art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c. (cfr. Cass. n. 32923/2022, Cass. n. 25543/2022, Cass. n. 17287/2022).
8.2 Nel caso di specie, tale precetto non è stato affatto violato dalla CTR, la quale, lungi dall’invertire l’onere probatorio fra le parti, si è semplicemente limitata ad osservare che, a fronte degli elementi presuntivi addotti dall’Amministrazione Finanziaria a sostegno della pretesa impositiva, basati sull’applicazione del , il contribuente non aveva offerto idonea prova contraria.
8.3 Dietro il velo della denuncia del vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., la censura mira, dunque, in realtà, a sollecitare una non consentita rivalutazione dell’apprezzamento RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali compiuto dal giudice di merito.
8.4 Quanto, poi, al profilo di doglianza incentrato sulla dedotta
violazione dell’art. 115, comma 1, c.p.c., giova rammentare che l’accertamento della sussistenza di una contestazione (ovvero di una non contestazione), rientrando nel quadro dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza degli atti di parte, compete al giudice del merito ed è sindacabile in cassazione esclusivamente per vizio motivazionale, che deve, peraltro, emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa (cfr., ex ceteris , Cass. n. 24850/2023, Cass. n. 22604/2023, Cass. n. 27279/2022, Cass. n. 6799/2022, Cass. n. 20963/2020, Cass. n. 3680/2019, Cass. n. 13217/2014).
8.5 La lagnanza in scrutinio non è stata formulata nei termini innanzi esposti, sicchè non può trovare ingresso.
Alla stregua RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono, il ricorso deve essere respinto.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Visto l’esito dell’impugnazione, viene resa nei confronti del ricorrente l’attestazione di cui all’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico RAGIONE_SOCIALE spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 5.600 euro, oltre ad eventuali oneri prenotati a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico RAGIONE_SOCIALE spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione