Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8018 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8018 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e NOME COGNOME con avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– ricorrenti
–
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato ; – controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Toscana, n. 808/16/17 depositata il 27 marzo 2017.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20 febbraio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.Nel corso di un accertamento ispettivo emergevano irregolarità nelle prestazioni lavorative di alcuni dipendenti (retribuzioni fuori busta, scorretta qualificazione di alcuni rapporti come collaborazioni a progetto. L’Agenzia quindi, sulla base del presunto lavoro ‘nero’ e della resa calcolata sul lavoro regolare, riprendeva a tassazione imposte per € 18.462, con conseguente tassazione anche nei confronti dei soci per utili extra-contabili percepiti. La CTP
ACCERTAMENTO INDUTTIVO
accoglieva i ricorsi, ma la CTR riformava la sentenza su gravame dell’Agenzia, per cui i contribuenti propongono ricorso in cassazione affidato a tre motivi, mentre l’Agenzia resiste a mezzo di controricorso.
Da ultimo i contribuenti hanno depositato memoria ed hanno prodotto ordinanza della CTR relativa ad altro giudizio, avente come parte NOME COGNOME che dispone la sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ., in attesa della presente decisione.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce nullità del procedimento e della sentenza per violazione degli artt. 101 cod. proc. civ., 16, comma 4, d.p.r. n. 68/2015 e 16, d.lgs. n. 546/92, asserendo che tanto deriverebbe dall’avvenuta notifica del ricorso in appello all’indirizzo pec del difensore.
1.1. Il motivo è infondato.
Invero all’epoca dell’introduzione del giudizio d’appello il processo telematico era pacificamente in vigore per quanto riguarda la Regione Toscana.
In particolare, va ricordato che l’art. 16 -bis del d.lgs. n. 156/15 prevede la possibilità di notificare a mezzo pec nell’ambito del processo tributario, demandando l’attuazione alle modalità previste dal d.m. n. 163/2013 e a successivi decreti attuativi.
Orbene tali disposizioni tecniche per l’attuazione del processo telematico tributario sono state adottate con d.m. 4 agosto 2015, per effetto del quale, in via sperimentale, lo stesso processo telematico ha avuto attivazione limitatamente alle regioni di Umbria e Toscana con decorrenza dal primo dicembre 2015.
Nella specie l’atto d’appello avverso la sentenza 26 gennaio 2016 è stato ritualmente notificato a mezzo pec, essendo il gravame stato proposto davanti alla CTR della Toscana.
Il fatto che l’art. 2, comma 3, del decreto n. 163/2013 stabilisca che la parte che abbia utilizzato in primo grado le modalità telematiche è tenuta ad utilizzarle anche in appello, non implica affatto che, al contrario, se il giudizio venne introdotto in primo grado con modalità analogiche, queste stesse modalità debbano essere conservate anche in grado d’appello.
Né d’altronde un atto di normazione secondaria può configurare nullità processuali.
Va dunque affermata la sussistenza della facoltà di accedere alla notifica telematica a partire dal 1° dicembre 2015 nei territori indicati, anche per introdurre il giudizio d’appello, da cui consegue regolarità della declaratoria di contumacia degli odierni ricorrenti in grado d’appello.
Col secondo motivo si deduce nullità del procedimento e della sentenza per violazione dell’art. 14 d.lgs. n. 546/1992. Invero viene rappresentato che la CTP di Livorno aveva rilevato il litisconsorzio necessario del giudizio, davanti alla stessa pendente, promosso da NOME COGNOME in relazione alla ripresa a tassazione degli utili extra-bilancio dallo stesso asseritamente percepiti, trasmettendo gli atti alla CTP di Firenze.
Quest’ultima però decise separatamente il presente giudizio da quello relativo ad NOME COGNOME
Situazione che si è ripetuta in grado d’appello, essendo ancora pendente il giudizio nei confronti di NOME, ed in particolare sospeso come indicato nella parte in fatto.
2.1. Il motivo è palesemente infondato. Oggetto del presente giudizio è l’accertamento tributario nei riguardi della società e del socio NOME COGNOME e risultano in giudizio sia la società, sia entrambi i soci -ciascuno titolare di quote pari al 50 %.
Col terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 39, d.p.r. n. 600/1973 e 2729, cod. civ., in quanto erroneamente la CTR avrebbe affermato che la presenza di
lavoratori in nero farebbe presumere l’inattendibilità delle scritture contabili, e ritenuto attendibili le dichiarazioni rese dai dipendenti. Invero i contribuenti allegano una serie di elementi e critiche alla sentenza, e da ultimo la ritrattazione da parte di un dipendente e la non conclusività della presenza di dipendenti in nero per dedurne un aumento di reddito.
3.1. Sul primo punto il motivo tende essenzialmente a fornire una ricostruzione fattuale differente rispetto a quella oggetto di accertamento in fatto da parte del giudice di merito, come tale non ammissibile in sede di legittimità.
Sotto il secondo aspetto è certo vero che la presenza di lavoratori ‘in nero’ non è sempre e comunque idonea a far presumere l’inattendibilità della contabilità, specie quando si tratti di situazioni episodiche e limitate (come nei casi esaminati da questa Corte, cfr. Cass. n. 2466/17 e n. 641/2018); tuttavia nella specie si ebbero varie irregolarità, coinvolgenti più dipendenti e per più periodi d’imposta , e la CTR nel motivare ha tenuto conto non solo della circostanza in esame e del fatto che le dichiarazioni esponevano comunque i loro autori a conseguenze fiscali in proprio, ma anche dell’assenza di elementi di segno contrario che giustificassero l’irrilevanza del ‘lavoro nero’ ai fini di incremento di reddito (a fronte, va detto, di una resa oraria di lavoro assicurata dai lavoratori regolarmente indicati nei libri obbligatori).
Conclusivamente il ricorso merita rigetto con aggravio di spese in capo ai ricorrenti.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di lite che liquida in € 2300,00, oltre spese prenotate a debito.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2025