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Accertamento induttivo: i poteri dell’Agenzia

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società di call-center contro un avviso di accertamento per IRES, IVA e IRAP. L’Agenzia delle Entrate aveva proceduto con un accertamento induttivo a seguito dell’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, rilevando operazioni inesistenti. La Corte ha confermato la legittimità dell’operato dell’Agenzia, respingendo tutte le undici eccezioni della società, relative a presunti vizi procedurali come l’incompetenza territoriale dell’ufficio verificatore e la violazione del contraddittorio.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento Induttivo: La Cassazione Conferma i Poteri dell’Agenzia delle Entrate

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato il caso di una società soggetta a un imponente accertamento induttivo a seguito dell’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi. La decisione è di grande interesse perché analizza e respinge una serie di eccezioni procedurali e di merito, rafforzando i poteri dell’Amministrazione Finanziaria in contesti di grave inadempienza fiscale e chiarendo i limiti delle garanzie del contribuente.

I Fatti di Causa: Omessa Dichiarazione e Operazioni Sospette

Il caso ha origine da una verifica fiscale condotta dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società a responsabilità limitata operante nel settore dei call-center. A seguito del mancato deposito della dichiarazione dei redditi per l’anno 2007, l’Ufficio ha notificato un avviso di accertamento con cui recuperava a tassazione maggiori imponibili ai fini IRES, IVA e IRAP per un importo complessivo di oltre 1,4 milioni di euro, sanzioni incluse.

L’accertamento si fondava su due pilastri principali:
1. Operazioni inesistenti: la società, che operava in subappalto, risultava aver a sua volta subappaltato parte delle attività a società terze. Tali operazioni sono state ritenute fittizie, anche in considerazione dei legami tra gli amministratori delle diverse entità coinvolte.
2. Frode IVA: la società aveva acquistato macchinari, poi formalmente esportati in altri Paesi UE senza applicazione dell’IVA. Anche queste operazioni sono state considerate inesistenti e finalizzate unicamente a generare un indebito credito IVA.

L’Iter Giudiziario e le Obiezioni della Società

La società ha impugnato l’atto impositivo, ma sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale hanno respinto le sue ragioni. Il contribuente ha quindi proposto ricorso per cassazione, affidandolo a ben undici motivi, lamentando una serie di vizi procedurali e di merito che avrebbero dovuto, a suo dire, invalidare l’intero accertamento.

La Competenza Territoriale e i Poteri dell’Agenzia

Tra le principali doglianze, la società ha sostenuto l’illegittimità dell’avviso di accertamento perché l’atto istruttorio (la verifica) era stato condotto da una Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate (quella dell’Abruzzo, dove si trovavano i call-center) ritenuta territorialmente incompetente, dato che la sede legale della società era a Roma.

La Cassazione ha respinto fermamente questa tesi. La Corte ha chiarito che, in base al principio di autoregolamentazione dell’Agenzia delle Entrate, è legittima la ripartizione interna delle competenze. L’attività di verifica può essere svolta dagli uffici territorialmente competenti per il luogo in cui si svolge l’attività operativa, i cui risultati vengono poi trasmessi alla direzione provinciale competente per la sede legale, la quale emette l’atto impositivo. Non vi è, quindi, alcuna nullità.

Contraddittorio e validità dell’accertamento induttivo

Un altro punto cruciale sollevato dalla società riguardava la presunta violazione del contraddittorio endoprocedimentale, ossia il diritto di essere sentiti prima dell’emissione dell’atto. La Corte ha ritenuto il motivo infondato, sottolineando che la società era stata pienamente consapevole della verifica, aveva partecipato alla redazione del processo verbale di constatazione (pvc) e aveva persino presentato un’istanza di accertamento con adesione.

Inoltre, i giudici hanno ribadito l’orientamento consolidato (applicabile ratione temporis) secondo cui la violazione del contraddittorio per i tributi armonizzati (come l’IVA) comporta l’invalidità dell’atto solo se il contribuente fornisce la “prova di resistenza”, dimostrando cioè che, se fosse stato sentito, avrebbe potuto presentare elementi tali da portare a un esito diverso. In questo caso, tale prova non è stata fornita.

Le motivazioni

La Corte Suprema ha esaminato e rigettato sistematicamente tutti gli undici motivi di ricorso. È stato chiarito che la motivazione della sentenza d’appello, sebbene sintetica e per relationem a quella di primo grado, era sufficiente e non meramente apparente, in quanto permetteva di ricostruire l’iter logico-giuridico della decisione.

È stata inoltre confermata la piena legittimità dell’utilizzo dell’accertamento induttivo in caso di omessa dichiarazione. In tale scenario, l’Ufficio può ricostruire il reddito basandosi su qualsiasi elemento probatorio, anche su presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti. Nel caso di specie, l’Agenzia aveva fondato le proprie pretese su una serie di riscontri oggettivi e fatti circostanziati che dimostravano la natura fittizia delle operazioni contestate. La Corte ha ritenuto che l’insieme degli indizi raccolti fosse sufficiente a sostenere la pretesa fiscale, spostando sul contribuente l’onere, non assolto, di fornire la prova contraria.

Infine, sono state respinte anche le censure relative alla presunta inutilizzabilità delle prove raccolte a causa del superamento del termine di permanenza dei verificatori presso la sede del contribuente, poiché tale termine non è perentorio e la sua violazione non determina l’invalidità degli atti compiuti.

Le conclusioni

L’ordinanza in commento offre importanti conferme sui poteri dell’Amministrazione Finanziaria. In primo luogo, ribadisce che l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi costituisce un presupposto grave che legittima l’adozione di un accertamento induttivo “puro”, con un notevole ampliamento delle facoltà dell’Ufficio nella ricostruzione del reddito. In secondo luogo, chiarisce che le regole sulla competenza territoriale degli uffici e sul contraddittorio, pur essendo garanzie fondamentali, devono essere interpretate alla luce delle circostanze concrete, e la loro violazione non determina un’automatica invalidità dell’atto se non si traduce in un effettivo pregiudizio per il diritto di difesa del contribuente. Per le imprese, la lezione è chiara: l’adempimento degli obblighi dichiarativi è il primo e fondamentale presidio contro accertamenti fiscali potenzialmente molto gravosi.

Un avviso di accertamento può essere emesso da un ufficio diverso da quello che ha condotto la verifica fisica?
Sì. La Corte chiarisce che le attività di verifica possono essere legittimamente eseguite dagli uffici competenti per il luogo in cui si svolge l’attività (es. Avezzano), i quali poi trasmettono i risultati alla direzione provinciale competente per la sede legale della società (es. Roma), che è l’organo incaricato di emettere l’atto impositivo finale.

La mancanza di un contraddittorio formale prima dell’accertamento rende sempre nullo l’atto impositivo?
No. Secondo la giurisprudenza applicabile al caso, la nullità consegue solo se il contribuente dimostra che la sua partecipazione avrebbe potuto condurre a un risultato diverso (c.d. “prova di resistenza”). Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che il contribuente fosse comunque a conoscenza della verifica e dei suoi esiti, avendo anche partecipato alla redazione del verbale.

L’Agenzia delle Entrate può usare un accertamento induttivo se un’azienda omette di presentare la dichiarazione dei redditi?
Sì, assolutamente. L’ordinanza conferma che l’omessa presentazione della dichiarazione è uno dei presupposti che legittima pienamente l’Ufficio a procedere con un accertamento induttivo, consentendogli di ricostruire il reddito e il volume d’affari sulla base di qualsiasi elemento a sua disposizione, incluse le presunzioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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