Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9708 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9708 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23470/2016 R.G. proposto da :
NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE COGNOMEINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE ROMA, in persona del Direttore generale pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché contro
AGENZIA ENTRATE, DIREZ. PROV. SALERNO
-intimato- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. CAMPANIA – SEZ.DIST. SALERNO n. 2203/2016 depositata il 08/03/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/04/2025 dal Co: COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Soc. RAGIONE_SOCIALE di fRAGIONE_SOCIALE non esponeva denuncia dei redditi per l’anno di imposta 2007, donde l’Ufficio ricostruiva con metodo induttivo puro il reddito d’impresa, notificando avviso di accertamento al legale rappresentante, sig. NOME COGNOME che proponeva accertamento con adesione, evidenziando la precisa natura dell’impresa, lo standard di prodotto e la massima redditività possibile.
La procedura di adesione non dava esito positivo, donde la parte contribuente adiva il giudice di prossimità che ne apprezzava le ragioni, individuando nel 5% la corretta misura di ricarico.
Sull’appello dell’Ufficio, il collegio di secondo grado rilevava essere stata applicata una percentuale inferiore a quella indicata come massima dalla stessa parte contribuente e su quest’ultima assestava la ripresa a tassazione, rimodulando comunque al ribasso la pretesa originaria dell’Ufficio.
Ricorre per cassazione la parte contribuente, affidandosi a tre mezzi cassatori, cui replica l’Avvocatura generale dello Stato, spiegando tempestivo controricorso.
CONSIDERATO
Vengono proposti tre motivi di ricorso.
1.1. Con il primo motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di procedura civile per violazione dell’articolo 112 del medesimo codice di rito per erronea valutazione del verbale di contraddittorio fra le parti in data 29 ottobre 2013.
Nella sostanza si lamenta che non sia stato considerato come in tale sede non fosse mai stata proposta la percentuale di ricarico nella misura dell’8%, ma indicato in tale percentuale il massimo ricarico possibile del settore.
1.2. Con il secondo motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 5 del codice di procedura civile per omesso esame di fatti decisivi e per omessa motivazione sugli stessi.
Nello specifico si lamenta che, una volta data per scontata la percentuale dell’8% come proposta dalla parte privata, non siano state considerate le copiose documentazioni offerte a dimostrazione di una diversa percentuale di ricarico.
1.3. Con il terzo motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di procedura civile per violazione dell’articolo 39 del DPR numero 600 del 1973.
Nello specifico si lamenta non siano state applicate correttamente le disposizioni sull’accertamento induttivo, poiché il collegio sarebbe stato fuorviato dalla percentuale dell’8% come riferita a proposta della parte contribuente, mentre tale non era.
Il primo motivo non può essere accolto, laddove impinge nel merito, richiedendo una rivalutazione del materiale probatorio esaminato dal giudice di secondo grado, per giungere ad un risultato opposto a quello esitato nella sentenza in scrutinio.
Ed infatti, preme osservare, invia preliminare, come la stessa sentenza in scrutinio debba essere letta nella sua interezza, dacché la fine del primo paragrafo della motivazione e l’inizio del secondo evidenziano che il citato 8% è il massimo del ricarico possibile secondo la società contribuente- nel settore di riferimento per quell’anno di imposta 2007 (rispetto all’anno 2012 considerato dall’Ufficio).
2.1. Nello specifico, la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce
infatti al giudice di legittimità non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la mera facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, cui in via esclusiva spetta il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, di dare (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge) prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (v. Cass., IV, n. 8718/2005, n. 4842/2006, Cass. V, n. 5583/2011).
Ne consegue che il riferito alla misura dell’8% è da considerarsi riferibile alla CTR, quale valutazione massima di ricarico, come riconosciuta dalla stessa parte contribuente, sulla quale accertare la ripresa a tassazione.
Il secondo motivo ed il terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente, per la loro stretta connessione. Il terzo motivo è inammissibile, perché -sotto la rubrica di violazione di leggesottende un’erronea ricognizione delle fattispecie concreta, mentre il secondo non può essere accolto, poiché pone come omesso esame di un fatto la mancata considerazione dell’apporto probatorio, che non può considerarsi ‘fatto’ ai sensi dell’art. 360, n. 5, del codice di rito civile.
3.1. È appena il caso di rammentare che il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di
motivazione (tra le tante: Cass. 11 gennaio 2016 n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26610).
3.2. Come è noto, il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente la prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 4 novembre 2013 n. 24679; Cass. 16 novembre 2011 n. 27197; Cass. 6 aprile 2011 n. 7921; Cass. 21 settembre 2006 n. 20455; Cass. 4 aprile 2006 n. 7846; Cass. 9 settembre 2004 n. 18134; Cass. 7 febbraio 2004 n. 2357).
Né il giudice del merito, che attinga il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, è tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (ad es.: Cass. 7 gennaio 2009 n. 42; Cass. 17 luglio 2001 n. 9662).
3.3 Per completezza argomentativa, quanto alla denuncia di vizio di motivazione, poiché è qui in esame un provvedimento pubblicato dopo il giorno 11 settembre 2012, resta applicabile ratione temporis il nuovo testo dell’art. 360, comma primo, n. 5) c.p.c. la cui riformulazione, disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, secondo le Sezioni Unite deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia
motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez.Un. 7 aprile 2014 n. 8053).
Pertanto, il ricorso è infondato e dev’essere rigettato, le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in €. cinquemilaseicento/00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 115/2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 02/04/2025.