Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32190 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32190 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 3327/2021 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso il domicilio digitale dei predetti difensori, giusta procura speciale allegata al ricorso e all’istanza per la decisione del ricorso:
PEC EMAIL
PEC EMAIL
Oggetto:
Tributi
-ricorrente –
Contro
Agenzia delle entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria n. 1166/02/2020, depositata il 17.06.2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’8 ottobre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La CTP di Vibo Valentia accoglieva parzialmente il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso l’ avviso di accertamento, per imposte dirette e IVA , in relazione all’anno 201 0, limitatamente ai costi per carburante e sponsorizzazioni, già riconosciuti dall’Agenzia delle entrate in sede di contraddittorio;
con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione tributaria regionale della Calabria rigettava l’appello proposto dalla società contribuente, osservando, per quanto qui rileva, che:
-l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto inattendibile la contabilità della contribuente, procedendo all’accertamento analitico induttivo, sulla base di una serie di elementi presuntivi (assenza di delibera assembleare e successivo rimborso, avvenuto in quantità differente per i soci e di ammontare sproporzionato rispetto alle somme versate; sproporzione tra il capitale sociale, pari a soli euro 50.000,00 e la somma movimentata sul predetto conto; mancanza di una successiva delibera di aumento di capitale) dai quali si evinceva la fittizietà dei versamenti effettuati dai quattro soci sul conto denominato ‘versamento in conto futuro aumento di capitale’, oltre che l’antieconomicità dell’operazione;
a fronte di tali incongruenze, la contribuente non aveva fornito alcuna giustificazione utile e non aveva dimostrato, con documentazione tracciabile, che il versamento provenisse effettivamente dal patrimonio personale dei soci, aventi peraltro una capacità reddituale non adeguata agli esborsi asseritamente effettuati (per tre di essi pari a zero);
correttamente era stato ritenuto che i predetti versamenti fossero ricavi non dichiarati;
-l’avviso di accertamento conteneva una motivazione più che congrua e il PVC era conosciuto dall’amministratore della società
contribuente, avendo egli partecipato alla fase del contraddittorio, a seguito della quale erano state riconosciute alcune deduzioni;
la censura riguardante il riconoscimento integrale delle deduzioni relative ai costi per carburante e ai costi di sponsorizzazione era priva di rilievo, in quanto l’Agenzia aveva provveduto all’annullamento dell’avviso impugnato, ammettendo la riduzione del costo del carburante, mentre i costi di sponsorizzazione non erano oggetto di contestazione nell’avviso di accertamento;
la RAGIONE_SOCIALE impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi;
l ‘Agenzia delle entrate resisteva con controricorso;
in data 7.04.2024 il Consigliere delegato ha emanato la proposta di definizione del giudizio, ai sensi dell’articolo 380bis , comma 1, cod. proc. civ., nel senso della manifesta infondatezza del ricorso;
la proposta è stata comunicata in data 8.04.2024 e il difensore del ricorrente ha depositato il 17.05.2024 tempestiva istanza per la decisione del ricorso;
-è stata pertanto disposta la trattazione e fissata l’udienza camerale dell’8.10.2024 ; i difensori della parte ricorrente hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo, la ricorrente denuncia la violazi one dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., avendo la CTR omesso di pronunciarsi in ordine all’omessa notifica del PVC con riguardo ai costi di sponsorizzazione e, quindi, in ordine alla violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 e del principio del contraddittorio per il disconoscimento dei costi di sponsorizzazione;
il motivo è, in primo luogo, inammissibile per carenza di interesse, posto che non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata che,
sul punto, ha affermato che i ‘costi di sponsorizzazione non sono oggetto di contestazione dell’avviso di accertamento ‘;
-il motivo è inammissibile anche per difetto di specificità ed autosufficienza;
come è stato ripetutamente affermato da questa Corte, infatti, nel giudizio di legittimità, la deduzione del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ., postula, per un verso, che il giudice di merito sia stato investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili e ritualmente e inequivocabilmente formulate e, per altro verso, che tali istanze siano puntualmente riportate nel ricorso per cassazione nei loro esatti termini e non genericamente o per riassunto del relativo contenuto, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire la verifica, innanzitutto, della ritualità e della tempestività e, in secondo luogo, della decisività delle questioni prospettatevi. Pertanto, non essendo detto vizio rilevabile d’ufficio, la Corte di cassazione, quale giudice del “fatto processuale”, intanto può esaminare direttamente gli atti processuali in quanto, in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente abbia, a pena di inammissibilità, ottemperato all’onere di indicarli compiutamente, non essendo essa legittimata a procedere ad un’autonoma ricerca, ma solo alla verifica degli stessi ( ex plurimis , Cass. n. 28072 del 14 ottobre 2021);
la ricorrente non ha riportato nel testo del ricorso per cassazione il motivo di appello di cui lamenta l’omessa pronuncia, con l’indicazione dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali il motivo è stato proposto;
-va aggiunto, peraltro, che la ricorrente non ha censurato specificatamente la parte della decisione impugnata in cui si dà atto della regolare instaurazione del contraddittorio;
con il secondo motivo, deduce la nullità della sentenza impugnata, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per carente e illogica motivazione in merito all’eccepita assenza dei presupposti e dei requisiti che consentono l’utilizzo del metodo di accertamento analitico induttivo, nonché per assenza, inadeguatezza ed illogicità del ragionamento logico giuridico in relazione agli elementi presuntivi, non avendo la CTR considerato che la contestazione riguardava una singola voce del bilancio (i versamenti in conto futuro aumento di capitale), mentre l’accertamento analitico induttivo presuppone che la contabilità sia complessivamente inattendibile, e non avendo spiegato adeguatamente il percorso logico -giuridico seguito a supporto della validità ed efficacia di ciascuna presunzione applicata;
il motivo è inammissibile;
occorre premettere che l’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., nella nuova formulazione introdotta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis , limita il ricorso per cassazione alla sola ipotesi di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti “, con la conseguenza che, al di fuori dell’indicata omissione, il controllo del vizio di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica della esistenza del requisito motivazionale nel suo contenuto “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. ed individuato “in negativo” dalla consolidata giurisprudenza della Corte – formatasi in materia di ricorso straordinario – in relazione alle note ipotesi (mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale; motivazione apparente; manifesta ed irriducibile
contraddittorietà; motivazione perplessa od incomprensibile) che si convertono nella violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4), c.p.c. e che determinano la nullità della sentenza per carenza assoluta del prescritto requisito di validità (Cass. 2.10.2017, n. 23940);
laddove non si contesti la inesistenza del requisito motivazione della provvedimento impugnato, quindi, il vizio di motivazione può essere dedotto solo in caso di omesso esame di un ‘fatto storico’ controverso, che sia stato oggetto di discussione ed appaia ‘decisivo’ ai fini di una diversa decisione, non essendo più consentito impugnare la sentenza per contestare la sufficienza della sua argomentazione sulla base di elementi fattuali ritenuti dal giudice di merito determinanti ovvero scartati in quanto non pertinenti o recessivi (Cass. Sez. U. n. 8053/2014 cit. e Cass. Sez. U. 22.09.2014, n. 19881);
nella specie è evidente che il vizio denunciato dalla ricorrente non è più proponibile in sede di legittimità, riguardando l’insufficienza e l’inadeguatezza della motivazione della sentenza impugnata;
il motivo sarebbe comunque infondato, laddove debba intendersi diretto a censurare la mancanza di motivazione, posto che la motivazione della sentenza impugnata non rientra affatto nei paradigmi invalidanti indicati nel citato, consolidato e condivisibile, arresto giurisprudenziale, in quanto indica i presupposti che hanno consentito, nella specie, l’utilizzo del metodo di accertamento analitico -induttivo e spiega con motivazione concisa, ma sufficiente, quali sono gli elementi presuntivi sulla base dei quali sono stati accertati i maggiori ricavi, dovendosi ritenere che il giudice tributario di appello abbia assolto il proprio obbligo motivazionale al di sopra del “minimo costituzionale” (cfr. Sez. U. 7.04.2014, n. 8053).
con il terzo motivo, deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e ss., 2729 cod. civ. , in relazione all’art. 360, comma 1, n.
3, cod. proc. civ., per assenza del fatto noto e perché le presunzioni semplici indicate nell’atto impositivo non erano dotate dei requisiti della gravità, precisione e concordanza; violazione e falsa applicazione dell’art. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973, in quanto l’ Ufficio non ha fornito la prova dei fatti costitutivi dell’obbligazione tributaria; sostiene che la CTR ha erroneamente ritenuto che gli elementi indicati nell’atto impositivo costituissero presunzioni dotate dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, senza effettuare una specifica valutazione della fattispecie concreta, in relazione alla quale non si poteva ravvisare alcun collegamento tra le vendite in nero e i versamenti in conto futuro aumento di capitale, dato che non è richiesta la delibera assembleare, i soci perdono la possibilità del rimborso, i versamenti erano effettivi ed erano stati indicati in bilancio e annotati nella nota integrativa, la distribuzione dei versamenti tra i soci era omogenea, la capacità reddituale dei soci non era pari a zero, come si evinceva dall’atto impositivo ;
– il motivo è inammissibile, sia per difetto di specificità sia perché la ricorrente mira alla rivalutazione dei fatti, operata dal giudice di merito, che ha applicato correttamente i principi in materia di ripartizione dell’onere della prova e di prova presuntiva in materia tributaria; la predetta censura prospetta, quindi, non l’analisi e l’applicazione delle norme, bensì l’apprezzamento delle prove, rimesso alla esclusiva valutazione del giudice di merito ( ex multis , Cass. n. 3340 del 5/02/2019; Cass. n. 640 del 14/01/2019; Cass. n. 24155 del 13/10/2017);
– con il quarto motivo, la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per avere la CTR omesso di motivare in ordine all’incidenza dei costi sui maggiori ricavi accertati, e, quindi, la violazione del principio di capacità contributiva ex art. 53 Cost., non avendo
considerato nemmeno i prelevamenti dei soci, nonché per avere omesso di motivare in relazione all’addebito di una aliquota IVA errata, pari al 20%, mentre la ricorrente applicava alle vendite un’aliquota media del 9,7% ;
il motivo è inammissibile per mancanza di specificità, non avendo la ricorrente riprodotto, nel testo del ricorso per cassazione, la censura in ordine alla quale la CTR non si sarebbe pronunciata;
occorre considerare, inoltre, che, in tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche, in virtù del principio di autosufficienza, indicare in quale specifico atto del grado precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel ” thema decidendum ” del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito e non rilevabili di ufficio ( ex plurimis , Cass. n. 18018 dell’ 1/07/2024);
-con il quinto motivo, denuncia la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per avere la CTR omesso di pronunciarsi in ordine al motivo di appello riguardante il disconoscimento di alcuni costi di sponsorizzazione, oltre IVA, non oggetto di annullamento parziale, nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 109 TUIR , trattandosi di costi inerenti, non anti-economici e tracciabili; precisa che in relazione al tipo di sponsorizzazione sussiste la presunzione assoluta di inerenza ai sensi dell’art. 90, comma 8, della l. n. 289 del 2002;
il motivo è infondato, in quanto la CTR si è pronunciata sul motivo riguardante i costi di sponsorizzazione e lo ha rigettato, avendo
affermato che i ‘costi di sponsorizzazione non sono oggetto di contestazione dell’avviso di accertamento ‘;
in conclusione, il ricorso va rigettato e le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
poiché il giudizio è stato definito in conformità alla proposta di cui all’art. 380 -bis cod. proc. civ., trovano applicazione anche il terzo e quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ. (Cass. S.U. n. 27195 del 2023);
la ricorrente va, pertanto, condannata a pagare alla controricorrente una somma equitativamente determinata nella misura indicata in dispositivo e a versare una ulteriore somma, determinata in euro 1.500,00, in favore della cassa delle ammende;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore d ell’Agenzia controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.800,00, oltre alle spese prenotate a debito;
Condanna altresì la parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96, commi 3 e 4, cod. proc. civ., al pagamento, in favore della controricorrente, della ulteriore somma pari ad euro 2.500,00, nonché al pagamento della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende;
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così d eciso in Roma, nell’adunanza camerale dell’8 ottobre 2024