Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30360 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30360 Anno 2025
Presidente: LA COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12015/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE PROVINCIALE DI LATINA; -intimato-
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO n. 400/2019 depositata il 30/01/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/09/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale del Lazio ( hinc: CTR), con la sentenza n. 400/2019 depositata in data 30/01/2019, ha rigettato l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE ( hinc: la società contribuente) contro la sentenza n. 1118/2015, con la quale la Commissione tributaria provinciale di RAGIONE_SOCIALE aveva, a sua volta, respinto il ricorso proposto dalla società contribuente contro l’avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2 010.
Concentrando l’esame della pronuncia della CTR sulle parti rilevanti ai fini del presente giudizio, occorre rilevare che il giudice di seconde cure ha ritenuto:
-infondate le censure relative all’asserita duplicazione degli avvisi di accertamento, rilevando, da un lato, che l’art. 2 -quater d.l. n. 564 del 1994 consente il potere di autotutela sostitutiva anche in pendenza di giudizio e, dall’altro lato, che sono infondate le censure della società contribuente secondo le quali l’emissione del second o atto impositivo non avrebbe comportato l’annullamento del precedente atto. Difatti, l’avviso di accertamento impugnato contraddistinto da n. NUMERO_DOCUMENTO ha sostituito e annullato l’avviso n. NUMERO_DOCUMENTO ed è stato emesso nell’esercizio del potere di autotutela, come emerge dalla lettura della stessa motivazione dell’atto impugnato ;
-infondate sono le censure inerenti alla violazione del contraddittorio dal momento che dal PVC risultano le ricerche e i riscontri eseguiti: l’accertamento nei confronti della società contribuente scaturiva, infatti, da un controllo incrociato con la società RAGIONE_SOCIALE in relazione alle fatture registrate. Nella fase preparatoria veniva riscontrata l’inesistenza della sede della contribuente dichiarata in
Guspini, loc. RAGIONE_SOCIALE, l’inesistenza della sede dichiarata in INDIRIZZO, INDIRIZZO e l’inattività della precedente sede legale e amministrativa in Cisterna di RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO. Inoltre, in un brevissimo lasso di tempo, a ridosso RAGIONE_SOCIALE verifiche, tutte le quote erano state acquistate da un pensionato di 85 anni (COGNOME NOME), per poi essere cedute al sig. COGNOME NOME. Le ricerche dei militari per trovare quest’ultimo erano state vane, considerata l’irreperibilità sia presso l’indirizzo indicato nelle visure anagrafiche, sia presso l’ultimo datore di lavoro . Il PVC era stato, quindi, notificato in capo agli ex amministratori COGNOME NOME (ritenuto, in base agli elementi raccolti amministratore di fatto) e NOME COGNOME (ritenuto un mero prestanome). Tanto il sig. COGNOME che il sig. COGNOME dichiaravano di non avere la documentazione fiscale, per averla consegnata, in occasione della cessione RAGIONE_SOCIALE quote, con la conseguenza che tale documentazione era pervenuta nelle mani dell’ultimo amministratore sig. NOME COGNOME.
Il PVC è stato, infine, notificato mediante affissione all’albo della casa comunale, per irreperibilità della sede della società e dell’amministratore di diritto NOME COGNOME.
A fronte di tali elementi la società contribuente lamenta la violazione del contradditorio, senza indicare alcun elemento tale da sconfessare le verifiche e le ricerche dei militari, dirette a reperire (senza esiti) la sede effettiva, l’amministratore di diritto e la contabilità della società e senza indicare alcun luogo in cui l’amministratore e la contabilità sarebbero stati reperibili e disponibili per l’esame dei verificatori. L’accertamento con il metodo induttivo ai sensi dell’art. 39, comma 2, d.P.R. n. 600 del 1973 risulta, quindi, del tutto legittimo, proprio perché,
nonostante gli sforzi eseguiti dai verificatori, non è stata trovata la contabilità . È altresì pacifico che l’accertamento abbia riportato tutte le informazioni principali del processo verbale, compresa l’omessa esibizione della documentazione , non trovata neppure in sede di acceso. La pretestuosità RAGIONE_SOCIALE censure della contribuente emerge anche dal fatto che nonostante il tempo trascorso e l’impugnazione dell’avviso di accertamento da parte dello stesso COGNOME, nuovo titolare RAGIONE_SOCIALE quote e amministratore della società – non sia stata prodotta, neppure in minima parte, la contabilità fiscale della società. La ricostruzione del reddito è stata, pertanto, fatta attraverso l’acquisizione di dati e documenti presso la RAGIONE_SOCIALE Freddo , principale cliente della società contribuente, che ne deteneva il 54,77% del capitale. In assenza della contabilità della società contribuente non era stato, poi, possibile riscontrare se le operazioni fossero state incluse analiticamente nelle dichiarazioni presentate, né se a fronte di tali operazioni fossero stati effettivamente sostenuti i costi dotati dei requisiti di certezza, inerenza e obiettiva determinabilità.
Contro la sentenza della CTR la società contribuente ha proposto ricorso in cassazione con quattro motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare occorre dare atto della tardività della notifica del controricorso. Nel caso di specie, come risulta dall’avviso di ricevimento della notificazione a mezzo posta, il ricorso in cassazione è stato consegnato in data 11/04/2019 presso la sede dell’RAGIONE_SOCIALE Provinciale di RAGIONE_SOCIALE (mediante consegna a persona addetta al servizio del destinatario addetto alla
ricezione degli atti) e nella stessa data è stata inviata la comunicazione di avvenuta notifica ai sensi dell’art. 7 legge n. 890 del 1982.
Per la notifica del controricorso al termine di venti giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso ex art. 370 cod. proc. civ. nella versione applicabile ratione temporis – che nella specie maturava in data 22/05/2019 – devono essere sommati (senza considerare il periodo di sospensione feriale, v. Cass., 15/10/2021, n. 28398) nove mesi ex art. 6, comma 11, d.l. n. 118 del 2019, conv. con modif. legge n. 136 del 2018. In tale modo il termine per la notifica del controricorso scadeva in data 22/02/2020 e -trattandosi della giornata di sabato – era prorogato ex lege al 24/02/2020. La notifica del controricorso è stata fatta, in data 25/02/2020, sia a mezzo pec, che a mezzo posta (considerato che l’atto è stato consegnato all’ufficio postale nella medesima data).
1.1. Con il primo motivo di ricorso è stata denunciata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 39 e 273 cod. proc. civ. e degli artt. 67 d.P.R. n. 600 del 1973 e 2-quater d.l. n. 564 del 1994, convertito dalla legge n. 656 del 1994, nonché la violazione dell’art. 24 Cost.
1.2. La ricorrente -richiamate a pag. 5 ss. del ricorso in cassazione le contestazioni ed eccezioni svolte nei precedenti gradi di giudizio -censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che, ai sensi dell’art. 2 quater d.l. n. 564 del 1994, l’autotutela sostitutiva possa essere esercitata sino a quando non sopravvenga una pronuncia di merito passata in giudicato sull’atto che si intende annullare o sostituire. Tale principio, ad avviso di parte ricorrente, lede il diritto di difesa (costituzionalmente tutelato) del contribuente, che vedrebbe sistematicamente azzerate tutte le proprie eccezioni già spiegate nel primo ricorso. Ad avviso di parte ricorrente l’Ufficio
avrebbe, quindi, il potere di annullare e/o sostituire il proprio atto solo fino a quando non sia stato impugnato dal contribuente e, comunque, solo dopo che il primo giudizio sia stato già definito in sede giudiziaria. Nel caso di specie, tuttavia, il secondo avviso (oggetto del presente giudizio) è stato notificato in data 15/12/2013 e, quindi, prima della definizione del primo giudizio. Inoltre, non è stato mai notificato alcun provvedimento di annullamento del primo avviso di accertamento. Né è mai stato emesso alcun distinto e specifico provvedimento di annullamento in autotutela del primo avviso di accertamento, costringendo il contribuente a sostenere gli oneri di due giudizi.
1.3. Il motivo di ricorso -per quanto ai limiti dell’ammissibilità, in quanto non si confronta affatto con le ragioni esposte nella sentenza impugnata, incentrate sul tenore letterale dell’art. 2 -quater d.l. n. 564 del 1994 -è, in ogni caso, infondato.
L’art. 2 quater d.l. n. 564 del 1994 prevede, infatti, che: « con decreti del Ministro RAGIONE_SOCIALE finanze sono indicati gli organi dell’Amministrazione finanziaria competenti per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio o di revoca, anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità, degli atti illegittimi o infondati. Con gli stessi decreti sono definiti i criteri di economicità sulla base dei quali si inizia o si abbandona l’attività dell’amministrazione. »
È evidente, già dal tenore letterale della disposizione appena richiamata che l’amministrazione finanziaria possa esercitare il potere di annullamento d’ufficio, anche in pendenza di giudizio. Tale previsione, del resto, si coordina con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione scolpito nell’art. 97 Cost., i mponendo di agire per la correzione degli errori eventualmente compiuti, senza attendere l’esito del giudizio in corso. Tale attesa sarebbe, infatti, foriera di perdita di tempo e di spese, tanto per l’amministrazione
che per il contribuente destinatario di un atto impositivo viziato, cui viene posto rimedio attraverso la revoca e l’emissione di un nuovo atto impositivo. Nessun provvedimento di annullamento avrebbe dovuto, poi, essere notificato al contribuente, dal momento che la motivazione del nuovo avviso di accertamento recava -secondo quanto è dato leggere nella stessa sentenza impugnata -la precisazione che: « il presente atto ai sensi dell’art. 2 -quater DL N. 564/94 -DM 11 febbraio 1997, n. 37, sostituisce l’av viso di accertamento NUMERO_DOCUMENTO, causa errori nella sottoscrizione dello stesso.»
Con il secondo motivo di ricorso è stata denunciata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 39, comma 2, d.P.R. n. 600 del 1973, in merito all’eccepito difetto dei presupposti per l’ac certamento induttivo.
2.1. Con tale motivo la ricorrente – richiamate le censure svolte nei precedenti gradi di giudizio (pag. 8 ss. ricorso in cassazione) -ha evidenziato che la premessa per l’accertamento induttivo è l’omessa tenuta e/o la sottrazione all’ispezione RAGIONE_SOCIALE scritture contabili obbligatorie (art. 39, comma 2, d.P.R. n. 600 del 1973) e, quindi, la preventiva richiesta di esibizione di queste ultime. Nel caso in esame di tale richiesta non vi è traccia, essendo stata rivolta informalmente solo all’ex socio e amministratore COGNOME NOME, che non poteva ottemperare a tale richiesta, avendo consegnato successivamente la documentazione al nuovo amministratore.
Nessuna richiesta è mai stata fatta verso la società e al suo amministratore in carica NOME COGNOME (né all’amministratore in carica dal 13/06/2012 al 10/07/2012 sig. COGNOME). L’asserita e non meglio dimostrata irreperibilità dell’amministratore NOME COGNOME NOME avrebbe dovuto indurre la Guardia di Finanza a notificare alla società e/o
all’amministratore, con il rito degli irreperibili di cui all’art. 60 d.P.R. n. 600 del 1973, la richiesta di esibizione RAGIONE_SOCIALE scritture contabili. Tale notifica non risulta mai effettuata, né alla società, né al suo amministratore.
2.2. Il motivo è sia inammissibile che infondato.
È inammissibile perché non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, che per circa due pagine (6-7) si diffonde sulle ricerche eseguite dalla Guardia di Finanza presso le varie sedi RAGIONE_SOCIALE società e le ricerche dell’amministratore (presso l’indirizzo risultante dalle visure anagrafiche e presso l’ultimo datore di lavoro) prima di concludere circa la legittimità del ricorso dell’amministrazione finanziaria al metodo induttivo ex art. 39, comma 2, d.P.R. n. 600 del 1973. Tanto più che tale la CTR rileva, poi, come la documentazione contabile non è stata neppure depositata dall’amministratore della società contribuente, nonostante l’impugnazione dell’avviso di accertamento.
In ogni caso, il motivo è infondato, non essendo riscontrabile, nel caso di specie, alcuna violazione dell’art. 39, comma 2, d.P.R. n. 600 del 1973. Tale norma prevede, infatti, che: « In deroga alle disposizioni del comma precedente l’ufficio RAGIONE_SOCIALE imposte determina il reddito d’impresa sulla base dei dati e RAGIONE_SOCIALE notifiche comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di cui alla lettera d) del precedente comma: …. c) quando dal verbale di ispezione redatto ai sensi dell’art. 33 risulta che il contribuente non ha tenuto o ha comunque sottratto all’ispezione una o più RAGIONE_SOCIALE scrittu re contabili prescritte dall’art. 145 ovvero quando le scritture medesime non sono disponibili per cause di forza maggiore. »
Il presupposto che in base alla norma appena richiamata rende possibile l’accertamento induttivo è costituito dalla manca nza RAGIONE_SOCIALE scritture contabili, perché non tenute, sottratte o non disponibili per cause di forza maggiore. Nel caso di specie le scritture contabili non risultano prodotte neppure in giudizio, secondo quanto si legge nella sentenza impugnata e tale dato è dirimente rispetto a qualsiasi ulteriore contestazione, tanto più alla luce RAGIONE_SOCIALE ricerche eseguite dagli organi accertatori, sulle quali si è diffusa, con dovizia di particolari, la sentenza impugnata.
Con il terzo motivo di ricorso è stata denunciata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 109 t.u.i.r. (ex art. 75 t.u.i.r.), in merito alla deducibilità dei costi relativi ai maggiori ricavi accertati induttivamente.
3.1. La ricorrente -richiamate le eccezioni e le difese svolte nei primi due gradi di giudizio – ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che l’amministrazione finanziaria aveva, comunque, riconosciuto tutti i costi dichiarati. La ricorrente rileva di non aver mai contestato che l’ufficio avesse riconosciuto i costi dichiarati dalla contribuente, quanto il fatto di non aver tenuto conto dei costi riferibili ai maggiori ricavi accertati.
3.2. Il motivo di ricorso è fondato. Questa Corte ha precisato (anche recentemente) che, in tema di accertamento dei redditi e tenuto conto dei princìpi espressi nella sentenza della Corte cost. n. 10 del 2023, ogni accertamento induttivo, sia esso analiticoinduttivo o induttivo puro, deve tener conto dei costi, forfettari, presuntivamente sostenuti per produrre il reddito imputato al contribuente, affinché il meccanismo di determinazione del reddito fondato su presunzioni rispetti quanto più è possibile il principio di capacità contributiva (Cass., 16/06/2025, n. 16168). Inoltre, il principio secondo cui, in assenza di una dichiarazione dei redditi, è
dovuta la deduzione forfettaria dei costi sui ricavi induttivamente determinati si estende, per esigenza logica, anche alla maggiorazione, analogamente ricostruita, del reddito rispetto a quanto dichiarato (Cass., 11/12/2024, n. 31981).
Di conseguenza, considerato che nel caso di specie l’avviso di accertamento attiene ai maggiori ricavi non dichiarati rispetto all’anno d’imposta 2010, non era sufficiente considerare i costi indicati in dichiarazione, ma si doveva tenere conto anche dei costi, anche in misura forfettizzata, relativi al maggior reddito accertato come dovuto in esito all’accertamento induttivo.
Con il quarto motivo, senza evocare alcun vizio ex art. 360, primo comma, cod. proc. civ., la ricorrente ha evidenziato che il d.lgs. n. 158 del 2015 -entrato in vigore nelle more del giudizio di merito -ha riformato la normativa sulle sanzioni tributarie, riducendo quelle irrogate con l’atto impugnato dal 100% al 90%. In virtù del cd. principio del favor rei le sanzioni devono essere diminuite. La ricorrente rileva che, secondo la giurisprudenza di in caso di norme
legittimità, l’applicazione del cd. ius superveniens più favorevoli al contribuente deve essere rilevata d’ufficio.
4.1. Il motivo di ricorso -anche ove inteso a sollecitare il rilievo ex officio della questione sulla successione di leggi nel tempo -è inammissibile , dovendosi dare continuità all’orientamento di questa Corte secondo il quale in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, le modifiche apportate dal d.lgs. n. 158 del 2015 non operano in maniera generalizzata in ‘favor rei’, rendendo la sanzione irrogata illegale, sicché deve escludersi che la mera deduzione, in sede di legittimità, di uno ‘ius superveniens’ più favorevole, senza altra precisazione con riferimento al caso concreto, imponga la cassazione con rinvio della sentenza impugnata, non solo in ragione della necessaria specificità dei motivi di ricorso ma,
soprattutto, per il principio costituzionale di ragionevole durata del processo (Cass., 12/04/2017, n. 9105).
Nel caso di specie la parte ricorrente non ha fatto alcuna allegazione con riferimento alle circostanze del caso concreto, limitandosi a evocare la normativa di cui al d.lgs. n. 158 del 2015 e l’applicazione del cd. favor rei.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato deve essere accolto il terzo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione e devono essere rigettati gli altri motivi.
5.1. La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata con rinvio alla Corte di giustizia di secondo grado del Lazio che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione e rigetta gli altri motivi;
cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 25/09/2025.
Il Presidente
NOME LA COGNOME