Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32199 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32199 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24525/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale allegata al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale indicato in ricorso;
-ricorrente –
AVVISO DI ACCERTAMENTO 2008
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma alla INDIRIZZO è elettivamente domiciliata;
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL LAZIO – ROMA n. 1200/14/2017, depositata in data 13/3/2017; Udita la relazione della causa svolta dal consigliere dott. NOME
Napolitano nella camera di consiglio del 16 ottobre 2024;
Fatti di causa
In data 24 ottobre 2012 , l’Agenzia delle Entrate notificò alla società RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi, anche ‘la società’ ) ed ai singoli soci NOME e NOME COGNOME l’avviso di accertamento n. TK7021304244/2012 con il quale rettificò induttivamente il reddito per l’anno 2008.
L’accertamento prese le mosse dalla circostanza che furono dichiarati costi residuali superiori ai ricavi.
L’Agenzia delle Entrate richiese la documentazione contabile , che fu consegnata in data 29/5/2011.
Con un secondo invito, l’ufficio richiese altra documentazione, che però non venne depositata.
L’Agenzia delle Entrate, allora, notificò un avviso di accertamento di rettifica dei redditi d’impresa, ai sensi dell’art. 39, comma 2, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973, recuperando a tassazione parte dei costi,
ritenuti indeducibili in quanto non documentati o non inerenti ex art. 109, comma 1, Tuir.
Contro l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO/2012, la società e i singoli soci proposero ricorso dinanzi alla C.T.P. di Roma, che lo respinse.
Su appello della società e dei suoi soci, la RAGIONE_SOCIALE confermò in parte la sentenza di primo grado, escludendo dal recupero a tassazione delle perdite su crediti e dei costi ritenuti effettivamente sostenuti.
Contro la sentenza di appello la società e i soci hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Resiste l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
Ragioni della decisione
1.Con il primo motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione dell’art. 132, comma 4, c.p.c. e dell’art. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per omessa indicazione delle ragioni di fatto e di diritto poste a base della sentenza’ , i contribuenti censurano la sentenza impugnata per carenza di motivazione.
In particolare, la sentenza non avrebbe spiegato perché le fatture emesse dalla RUN 2001 per i lavori eseguiti nel cantiere di Campagnano di Roma siano state riprese a tassazione, ad eccezione dell’importo di una singola fattura.
Non vi sarebbe alcuna argomentazione circa la complessiva inattendibilità delle scritture contabili della società quale presupposto legittimante l’accertamento induttivo.
Non vi sarebbe alcuna motivazione circa la asserita deducibilità solo per il 50% dei costi di gestione della sede commerciale della società ricorrente.
1.1. Il motivo è infondato.
La sentenza impugnata contiene un sufficiente apparato motivazionale, in relazione alle questioni di fatto oggetto dei motivi di ricorso.
Innanzitutto, con riferimento ai costi di gestione della sede commerciale della società, la RAGIONE_SOCIALE con un giudizio di fatto insindacabile in questa sede, ha affermato che in detta sede esercitava una propria attività imprenditoriale anche NOME COGNOME con la conseguenza che la deduzione dei costi poteva ammettersi fino ad un ammontare del 50%.
Con riferimento, poi, alle fatture passive emesse dalla RUN 2001, la motivazione del recupero a tassazione non è mancante, ma è evincibile, a contrario , dallo stesso tenore della sentenza.
In quest’ultima si afferma che l’unico importo sottratto alla ripresa a tassazione è quello di euro 6.450 ‘che risulta essere stato effettivamente pagato …’ .
Il motivo, dunque, della ripresa a tassazione degli importi fatturati dalla RUN 2001 è che essi non risultano essere stati effettivamente corrisposti alla impresa che aveva emesso le fatture.
Tale conclusione è confermata dal tenore dell’atto impositivo, trascritto per ampi stralci nel controricorso dell’Agenzia delle Entrate, nel quale si afferma che il motivo della ripresa a tassazione dell’importo di euro 118.900 oltre iva è che si tratta di costi ‘non debitamente documentati’ .
La conclusione cui è giunta la C.T.R. sul punto, dunque, è frutto di un giudizio di fatto insindacabile in sede di legittimità.
Quanto all’inattendibilità delle scritture contabili quale presupposto legittimante l’accertamento induttivo, infine, è vero che la sentenza impugnata non ne tratta, ma è anche vero che i contribuenti non deducono in ricorso in quale atto processuale hanno posto la questione di fatto dell’inattendibilità delle scritture contabili.
2.Con il secondo motivo di ricorso, rubricato ‘ Falsa applicazione e/o violazione dell’art. 39, comma 2, lettera d) del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 109 del d.P.R. n. 917 del 1986 (Tuir) , in relazione all’art.
360 , comma 1, n. 3 c.p.c.’ , i contribuenti censurano la sentenza impugnata perché non ricorrerebbero i presupposti di cui all’art. 39, comma 2, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973, in quanto le scritture contabili non potevano essere considerate inattendibili.
La società avrebbe dimostrato che i costi sostenuti erano deducibili in quanto certi, determinati in modo obiettivo e correttamente riportati nelle scritture contabili.
In particolare, con riferimento ai costi di cui alle fatture emesse dalla RUN 2001, la deduzione spetterebbe in quanto si tratterebbe di costi inerenti e documentati, senza che essa potrebbe essere esclusa ritenendo quei costi non pagati.
2.1. Il motivo è inammissibile.
I contribuenti con il motivo in esame tentano di devolvere a questa Corte un nuovo giudizio di merito sui fatti sui quali si sono già pronunciati le Commissioni tributarie di primo e secondo grado.
Pur nella stringatezza della motivazione, la C.T.R. ha negato la deducibilità dei costi della società ritenendoli, nella sostanza, non documentati, sicché riaffermare in questa sede l’esistenza di una sufficiente documentazione probatoria non giova, in quanto si tratta di una questione di fatto che questa SRAGIONE_SOCIALE. non può conoscere, così come la questione collegata dell’attendibilità delle scritture contabili.
3.Il ricorso è rigettato.
Le spese seguono la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Rigetta il ricorso.
Condanna la Società RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e NOME COGNOME al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio, che si liquidano in euro duemilacinquecento, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 ottobre 2024.