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Accertamento induttivo: costi e onere della prova

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8806/2025, ha rigettato il ricorso di una società contro un accertamento induttivo. L’amministrazione finanziaria aveva ricostruito il reddito d’impresa, non dichiarato dal contribuente, partendo da costi presunti e applicando una percentuale di ricarico. La Corte ha chiarito che, sebbene l’accertamento induttivo debba sempre considerare le componenti negative del reddito (i costi) per rispettare il principio di capacità contributiva, una volta che il Fisco ha effettuato una stima presuntiva di tali costi, spetta al contribuente fornire la prova di costi maggiori. Nel caso di specie, la società non ha fornito tale prova, rendendo legittima la ricostruzione operata dall’Agenzia delle Entrate.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento Induttivo: Quando il Fisco Ricostruisce i Costi

L’accertamento induttivo rappresenta uno degli strumenti più incisivi a disposizione dell’amministrazione finanziaria per contrastare l’evasione fiscale. Ma cosa succede quando il Fisco, in assenza di contabilità, ricostruisce non solo i ricavi ma anche i costi di un’impresa? La recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 8806/2025 offre chiarimenti fondamentali sul bilanciamento tra potere accertativo e onere della prova del contribuente, specialmente riguardo alla deducibilità dei costi.

I Fatti del Caso: La Controversia sull’Accertamento Induttivo

Una società a responsabilità limitata si è vista notificare un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate contestava la dichiarazione di un reddito d’impresa pari a zero per l’anno d’imposta 2014. A seguito di controlli, l’amministrazione aveva ricostruito induttivamente un reddito imponibile di oltre 87.000 euro, con conseguente richiesta di maggiori imposte (IRES, IRAP, IVA) e sanzioni.

La ricostruzione si basava sull’analisi di un numero limitato di fatture attive reperite, da cui l’Agenzia ha estrapolato un valore medio per le fatture mancanti. La società ha impugnato l’atto, sostenendo che il Fisco avesse illegittimamente determinato il reddito al lordo, senza considerare una quota adeguata di costi, violando così il principio di capacità contributiva. Mentre la Commissione Tributaria Provinciale aveva parzialmente accolto le ragioni del contribuente, la Commissione Tributaria Regionale aveva riformato la decisione, ritenendo legittima la metodologia induttiva del Fisco. La questione è così giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della società, confermando la piena legittimità dell’operato dell’Agenzia delle Entrate. Il punto cruciale della decisione risiede nella corretta interpretazione dell’onere della prova nell’ambito di un accertamento induttivo.

Le Motivazioni della Corte

I giudici di legittimità hanno innanzitutto ribadito un principio consolidato: nell’accertamento induttivo del reddito d’impresa, il Fisco deve sempre ricostruire il reddito tenendo conto anche delle componenti negative (i costi), per evitare di tassare il profitto lordo anziché quello netto, in conformità con il principio costituzionale della capacità contributiva. I costi possono essere determinati anche in via presuntiva o forfettaria.

Tuttavia, la Corte ha rilevato un elemento decisivo nel caso specifico: la stessa società ricorrente, nei suoi atti difensivi, aveva ammesso che l’Agenzia aveva calcolato i ricavi presunti (pari a circa 138.000 euro) partendo da una base di costi stimati (circa 51.000 euro), ai quali era stata applicata una percentuale di ricarico del 170%. Questo dimostra che l’amministrazione non aveva affatto ignorato i costi, ma li aveva considerati, seppur in via presuntiva, come base per la ricostruzione dei ricavi.

Una volta che l’amministrazione finanziaria ha assolto al suo dovere di considerare presuntivamente anche i costi, l’onere della prova si sposta sul contribuente. Spetta a quest’ultimo, infatti, dimostrare di aver sostenuto costi maggiori rispetto a quelli stimati dal Fisco. Nel caso in esame, la società si era limitata a lamentare il mancato riconoscimento di ulteriori costi in maniera forfettizzata, senza però fornire alcuna prova concreta a sostegno di tale richiesta. Di conseguenza, in assenza di prove contrarie da parte del contribuente, la ricostruzione operata dall’Agenzia è stata ritenuta corretta e legittima.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Imprese

L’ordinanza in commento offre due importanti lezioni per le imprese. In primo luogo, sottolinea l’importanza cruciale di una corretta e completa tenuta delle scritture contabili. L’assenza o l’inaffidabilità della contabilità espone l’impresa al rischio di un accertamento induttivo, in cui il potere di ricostruzione del Fisco è molto ampio.

In secondo luogo, chiarisce la dinamica dell’onere della prova. Anche se il Fisco deve tener conto dei costi, se il contribuente ritiene che la stima presuntiva sia insufficiente, non può limitarsi a una generica contestazione. È necessario fornire elementi di prova concreti (documenti, fatture, etc.) in grado di dimostrare l’esistenza di costi maggiori. In assenza di tale prova, la ricostruzione del Fisco, seppur basata su presunzioni, prevarrà.

È legittimo un accertamento induttivo che determina i ricavi senza considerare alcun costo?
No. La Corte di Cassazione ribadisce che, in applicazione del principio di capacità contributiva, il Fisco deve sempre ricostruire il reddito tenendo conto anche delle componenti negative (costi), eventualmente determinandole in via presuntiva o forfettaria, per non tassare il profitto lordo anziché quello netto.

In un accertamento induttivo, a chi spetta l’onere della prova riguardo ai costi sostenuti?
Una volta che l’amministrazione finanziaria ha effettuato una stima presuntiva dei costi, l’onere della prova si sposta sul contribuente. È quest’ultimo a dover dimostrare, con prove concrete, di aver sostenuto costi in misura maggiore rispetto a quelli considerati dal Fisco.

Il Fisco può ricostruire il reddito basandosi su una percentuale di ricarico applicata ai costi?
Sì. La Corte ha ritenuto legittima la metodologia con cui l’Agenzia, partendo da una base di costi stimati, ha ricostruito i ricavi applicando una percentuale di ricarico. Questo metodo, infatti, dimostra che i costi sono stati presi in considerazione nella determinazione del reddito accertato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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