Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23378 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23378 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/08/2024
Oggetto: accertamento riconoscimento di costi
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. R.NUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO/NUMERO_DOCUMENTO R.G. proposto da:
NOME COGNOME e NOME COGNOME entrambi ricorrenti sia in proprio sia in qualità di ex soci della società RAGIONE_SOCIALE, cancellata dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese, ai fini del presente procedimento rappresentati e difesi, in forza di procure speciali in calce al ricorso per cassazione, dall’AVV_NOTAIO (EMAIL ) e dall’AVV_NOTAIO di Condojanni (PEC EMAIL ) i quali dichiarano ai sensi dell’art. 366 c.p.c. di volere ricevere le comunicazioni di cancelleria all’indirizzo PEC EMAIL);
-ricorrenti –
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa come per legge dall’RAGIONE_SOCIALE dello RAGIONE_SOCIALE con domicilio in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO (PEC: EMAIL);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, sez. staccata di Messina, n. 3059/02/2021 depositata in data 06/04/2021;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 28/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che:
-la società RAGIONE_SOCIALE impugnava l’avviso di accertamento per IRAP e IVA notificatole con riguardo al periodo d’imposta 2006 a seguito della mancata risposta a questionario inviato dall’Ufficio derivante dalla mancata presentazione della prescritta dichiarazione;
la CTP, riunite a tale ricorso le impugnazioni presentate dai soci della società, COGNOME NOME e COGNOME NOME con riguardo agli avvisi di accertamento derivanti in capo a costoro ex art. 5 TUIR per le relative pretese a titolo di IRPEF, rigettava tutte le doglianze;
appellavano i contribuenti;
con la sentenza qui gravata, la CTR ha confermato la statuizione di primo grado;
ricorrono a questa Corte i soli contribuenti COGNOME NOME e COGNOME NOME -stante la cancellazione della società RAGIONE_SOCIALE da registro imprese intervenuta medio tempore – con atto affidato a quattro motivi di doglianza;
-resiste l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso;
Considerato che:
il primo motivo di impugnazione si duole ex art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c. dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; secondo le parti ricorrenti la CTR ha ritenuto non dimostrata l”esimente’ della causa di forza
maggiore (eventi alluvionali) a giustificazione della mancata risposta al questionario, nonostante la produzione di una attestazione del Comune di Saponara che conferma l’evacuazione / sgombero dell’abitazione del legale rappresentante, ove era detenuta la documentazione contabile della Società;
il motivo è infondato;
dalla lettura della pronuncia gravata si evince con chiarezza come la CTR abbia in realtà pronunciato prendendo posizione in ordine alla censura che si assume pretermessa. Essa, sul punto, esplicitamente scrive: ‘si rileva come le semplici giustificazioni sulla omessa esibizione RAGIONE_SOCIALE scritture contabili a causa dell’alluvione non possano trovare accoglimento in assenza di prove documentali attestanti che l’alluvione aveva prodotto danni nella sede della società RAGIONE_SOCIALE‘, con ciò dimostrando di avere partitamente esaminato il profilo dedotto;
il secondo motivo si incentra ex art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c. sulla violazione dell’art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600 del 1973; secondo i ricorrenti la CTR ha erroneamente ritenuto legittimo l’accertamento induttivo nonostante la circostanza che, al momento dell’emissione dell’avviso di accertamento societario, non fosse maturato alcun ritardo ‘grave’ nella risposta al questionario (anche considerati i richiamati eventi alluvionali);
il motivo non può trovare accoglimento;
in primo luogo, la censura risulta inammissibile in quanto priva di collegamento con la ratio decidendi ;
invero, la ragione che ha portato la CTR a considerare sussistenti i requisiti di legge necessari per la legittimità del ricorso da parte dell’Ufficio all’accertamento induttivo risiede nella diversa circostanza della accertata mancata presentazione della dichiarazione da parte della società;
-scrive infatti la sentenza di merito che ‘…considerata l’incontestabile omessa presentazione della dichiarazione IVA, tutti i rilievi di parte
sul metodo di accertamento seguito per evidente carenza di presupposti risultano destituiti di qualsiasi fondamento’;
comunque, con riferimento al profilo dedotto, il motivo è in ogni caso infondato; invero, dagli atti di causa prodotti a questa Corte (segnatamente dal ricorso in CTP prodotto dal contribuente che ne dà atto a pag. 2) si rileva che il questionario è stato notificato in data 18 ottobre 2011, con termine per risposta di giorni 15, mentre l’evento alluvionale subito dai contribuenti si è verificato in data 22 novembre 2011, come si desume dalla certificazione comunale in atti (doc. n. 13 di parte contribuente);
pertanto, non vi è stato alcun ritardo non grave nella produzione della documentazione dal momento che da un lato il termine per la produzione all’Ufficio non è stato osservato come è pacifico – e che dall’altro l’evento alluvionale non può aver influito sul mancato rispetto del termine di legge per la consegna della stessa, in quanto verificatosi ben dopo la formale conoscenza della richiesta;
-parte contribuente, invero, utilizzando l’ordinaria diligenza e senza circostanze esterne ostative, all’epoca insussistenti, ben avrebbe potuto adempiere alla richiesta nei termini, il decorso dei quali si è svolto per la quasi totalità prima dell’evento alluvionale; né risulta poi sia stata dal contribuente richiesta una proroga al termine (che l’evento alluvionale ridetto avrebbe certamente legittimato a chiedere e consentito di ottenere) di cui sopra per rispondere al questionario in argomento come prevede l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 nel suo comma secondo;
infine, la circostanza non era nemmeno decisiva per le ragioni indicate poi nell’esame del secondo motivo, ovvero l’avere l’attività di controllo preso le mosse dalla mancata presentazione della dichiarazione IVA;
il terzo motivo lamenta ex art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c. la violazione dell’art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, e dell’art. 53, Cost. per avere la CTR ritenuto legittimo l’accertamento
induttivo dell’RAGIONE_SOCIALE ai fini reddituali, nonostante il mancato riconoscimento di costi deducibili in capo alla società;
il motivo è fondato;
per giurisprudenza costante di questa Corte (in termini si veda per tutte Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 7122 del 09/03/2023) in tema di determinazione del reddito di impresa sulla base di accertamento induttivo in senso stretto, conseguente all’impossibilità di ricostruire complessivamente la contabilità ovvero alla sua generalizzata inattendibilità, la lettura costituzionalmente orientata dell’art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973 onera l’ufficio finanziario di determinare induttivamente non solo i ricavi, ma anche i corrispondenti costi di produzione, deducibili anche in misura percentuale forfettaria;
-ne derivava in precedenza che (tra molte, Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 34996 del 28/11/2022) l’Ufficio era allora tenuto a, quindi necessariamente doveva, riconoscere una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi di produzione soltanto in caso di accertamento induttivo “puro” ex art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, mentre in caso di accertamento analitico o analitico presuntivo (come in caso di indagini bancarie) era il contribuente ad avere l’onere di provare l’esistenza di costi deducibili, afferenti ai maggiori ricavi o compensi, senza che l’Ufficio possa, o debba, procedere al loro riconoscimento forfettario;
tale orientamento, non smentito, è stato recentemente integrato da una parallela giurisprudenza di questa Corte secondo la quale (Cass tema di accertamento dei redditi con il metodo analitico-induttivo, va preso atto della sentenza della Corte Cost. (n. 10 del 2023) che ha operato un’interpretazione adeguatrice in senso costituzionalmente orientato
Sez. 5, Ordinanza n. 18653 del 03/07/2023) in dell’art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. n. 600 del 1973;
essa ha stabilito che a fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati, e quindi occulti, scaturente da prelevamenti bancari
non giustificati, il contribuente imprenditore può sempre opporre la prova presuntiva contraria, eccependo una incidenza percentuale forfettaria di costi di produzione, che vanno quindi detratti dall’ammontare dei maggiori ricavi presunti;
in sede di rinvio la Corte di giustizia tributaria dovrà quindi rideterminare il reddito imponibile del contribuente riconoscendo una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi in relazione ai ricavi accertati, avvalendosi anche – se del caso dell’ausilio di consulenza tecnica d’ufficio (così Cass. 23/02/2023, n. 5586);
sul punto, pertanto, la sentenza è cassata con rinvio al giudice di secondo grado che dovrà rideterminare i maggiori redditi dovuti tenendo in conto i costi di cui si è detto, anche in difetto di specifica e analitica prova sul punto da parte del contribuente;
il quarto motivo censura la sentenza gravata ex art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c. per violazione degli artt. 19 e 55, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972, e degli artt. 18 e 22 della direttiva n. 77/388/CEE del 17 maggio 1977 (cd. sesta direttiva);
secondo i ricorrenti il giudice del merito ha erroneamente ritenuto legittimo l’accertamento induttivo dell’RAGIONE_SOCIALE ai fini dell’IVA, nonostante il mancato riconoscimento in detrazione dell’IVA addebitata nelle fatture passive;
rilevano sul punto i contribuenti che giudizio di merito sono state prodotte tutte le fatture passive ed il registro IVA acquisti (sub all. nn. 11 e 12 al ricorso societario n. R.G.R. 3544/2012), a comprova della sussistenza dei requisiti sostanziali per la detrazione dell’IVA sugli acquisti operati dalla Società e quindi erroneamente la detrazione in parola non è stata riconosciuta dal giudice di merito;
il motivo è fondato;
-l’affermazione resa dalla CTR in ordine al diniego di riconoscimento dell’IVA urta, oltre che con il principio unionale di neutralità dell’imposta, anche con la giurisprudenza di questa Corte (per tutte Cass. n. 19938 del 2018) secondo la quale «in tema di IVA, il diritto
alla detrazione deve essere riconosciuto anche nel caso di violazione di requisiti formali di cui agli artt. 18 e 22 della direttiva n. 77/388/CEE (cd. sesta direttiva) -quali la mancata redazione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni periodiche o di quella annuale, ovvero l’omessa tenuta del registro IVA acquisti – qualora il contribuente dimostri, mediante fatture o altra idonea documentazione contabile, il rispetto dei requisiti sostanziali di cui all’art. 17 della citata direttiva, purché detto diritto venga esercitato entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello nel quale è sorto ai sensi dell’art. 8, comma 3, del d.P.R. n. 322 del 1998».
conclusivamente, in accoglimento del terzo e del quarto motivo di doglianza, la sentenza è cassata con rinvio al giudice dell’appello per nuovo esame limitatamente ai profili di cui ai motivi oggetto di accoglimento e per la decisione in ordine alla liquidazione anche RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di Legittimità;
nel resto il ricorso è rigettato;
p.q.m.
accoglie il terzo e il quarto motivo di ricorso; rigetta i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata limitatamente ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, sez. staccata di Messina, in diversa composizione, alla quale demanda anche la decisione in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 28 giugno 2024.