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Accertamento induttivo: costi deducibili, ok Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12988/2025, ha stabilito un principio fondamentale in materia di accertamento induttivo basato su indagini finanziarie. A seguito di una pronuncia della Corte Costituzionale, è stato confermato che a fronte di maggiori ricavi presunti derivanti da prelevamenti bancari non giustificati, l’amministrazione finanziaria deve riconoscere una deduzione forfettaria dei costi. La sentenza impugnata è stata cassata con rinvio per un nuovo esame del merito che tenga conto di questo principio.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento Induttivo e Deducibilità dei Costi: La Cassazione si Allinea alla Corte Costituzionale

L’ordinanza n. 12988/2025 della Corte di Cassazione segna un punto di svolta cruciale per l’accertamento induttivo basato sulle indagini finanziarie. Recependo un’importante pronuncia della Corte Costituzionale, i giudici di legittimità hanno affermato il diritto del contribuente a vedersi riconosciuta una deduzione forfettaria dei costi a fronte dei maggiori ricavi presunti dall’Amministrazione Finanziaria. Questa decisione rafforza le garanzie per i contribuenti sottoposti a verifiche basate sulle movimentazioni bancarie.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un avviso di accertamento relativo all’anno 2011, con cui l’Agenzia delle Entrate contestava a un imprenditore maggiori componenti positivi ai fini IVA e IRAP. L’accertamento si fondava interamente sulle risultanze di indagini finanziarie che avevano evidenziato movimentazioni bancarie non giustificate. Mentre il giudice di primo grado aveva accolto il ricorso del contribuente, la Commissione Tributaria Regionale aveva ribaltato la decisione, confermando la legittimità dell’atto impositivo. Il contribuente ha quindi proposto ricorso per cassazione, sollevando nove motivi di impugnazione.

I Motivi del Ricorso e le Questioni Procedurali

Tra i vari motivi, il ricorrente lamentava vizi procedurali, tra cui la mancata allegazione all’avviso di accertamento delle autorizzazioni necessarie per le indagini bancarie e l’accesso domiciliare. Sosteneva inoltre un difetto di motivazione dell’atto e, soprattutto, contestava il metodo di accertamento utilizzato, che non aveva tenuto conto dei costi presumibilmente sostenuti per produrre i maggiori ricavi accertati. La Cassazione ha rigettato la maggior parte delle censure procedurali, ribadendo principi consolidati. Ad esempio, ha confermato che la mancata allegazione dell’autorizzazione per le indagini bancarie non rende di per sé illegittimo l’accertamento, a meno che il contribuente non dimostri un concreto pregiudizio al suo diritto di difesa.

Le Motivazioni della Cassazione sull’Accertamento Analitico-Induttivo

Il punto centrale e decisivo dell’ordinanza risiede nel settimo motivo di ricorso, l’unico ad essere accolto. Il contribuente censurava la sentenza d’appello per non aver riconosciuto i costi connessi alla produzione dei maggiori ricavi oggetto di accertamento. La Corte di Cassazione, discostandosi dal proprio precedente orientamento più restrittivo, ha basato la sua decisione sulla rivoluzionaria pronuncia della Corte Costituzionale n. 10 del 2023. Quest’ultima ha stabilito che la presunzione legale secondo cui i prelevamenti non giustificati da un conto corrente aziendale costituiscono ricavi imponibili deve essere interpretata in modo costituzionalmente orientato. Per evitare un trattamento irragionevole e più severo per il contribuente con contabilità formalmente attendibile rispetto a chi non tiene alcuna scrittura, è necessario consentire una prova contraria. In particolare, il contribuente deve poter eccepire ‘l’incidenza percentuale dei costi relativi’ ai maggiori ricavi presunti. Di conseguenza, anche in caso di accertamento analitico-induttivo, come quello basato sulle movimentazioni bancarie, il Fisco non può ignorare l’esistenza di costi correlati. La presunzione di ricavi deve essere bilanciata da una presunzione di costi.

Conclusioni

In accoglimento del settimo motivo, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte di giustizia di secondo grado per un nuovo esame. Il giudice del rinvio dovrà attenersi al principio secondo cui, a fronte dei maggiori ricavi determinati induttivamente tramite i prelievi bancari, deve essere riconosciuta e detratta una quota percentuale di costi. Questa ordinanza ha un impatto pratico notevole: rafforza la posizione del contribuente, garantendo un’imposizione più equa e aderente al principio di capacità contributiva. Si afferma che non possono esistere ricavi senza costi e che questa logica economica deve trovare applicazione anche nell’ambito dell’accertamento induttivo, evitando risultati irragionevoli e potenzialmente incostituzionali.

È necessario allegare all’avviso di accertamento l’autorizzazione per accedere ai dati finanziari del contribuente?
No, la Corte di Cassazione ha affermato che la mancanza dell’autorizzazione o la sua mancata allegazione non implica l’inutilizzabilità dei dati acquisiti, a meno che non ne derivi un concreto pregiudizio per il contribuente, il quale deve essere specificamente provato. L’autorizzazione ha una funzione prevalentemente organizzativa interna agli uffici.

In caso di accertamento basato su indagini finanziarie, a chi spetta provare la natura delle movimentazioni bancarie?
L’onere della prova si inverte e spetta al contribuente. L’Amministrazione Finanziaria soddisfa il proprio onere probatorio semplicemente presentando i dati e gli elementi risultanti dai conti correnti. Spetta poi al contribuente dimostrare, con una prova analitica e rigorosa per ogni singola operazione, che i movimenti non sono riferibili a operazioni imponibili.

Se l’Agenzia delle Entrate presume maggiori ricavi dai prelevamenti bancari, deve riconoscere anche i relativi costi?
Sì. Sulla scia di una recente pronuncia della Corte Costituzionale (n. 10/2023), la Cassazione ha stabilito che anche in caso di accertamento analitico-induttivo, a fronte della presunzione legale di ricavi occulti, il contribuente può eccepire e ottenere il riconoscimento dell’ ‘incidenza percentuale dei costi relativi’, che devono essere detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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