Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32392 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32392 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
Oggetto: accertamento
induttivo – prova dei
costi – iva e II.DD.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1125/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al ricorso per cassazione (PEC EMAIL) -ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato con domicilio in Roma, INDIRIZZO (PEC: EMAILavvocaturastatoEMAIL
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 4321/15/2022 depositata in data 24/05/2022, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 22/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
la società RAGIONE_SOCIALE ricorreva avverso l’avviso di accertamento notificato il 23/12/19, per IRES, IRAP, IVA, anno 2017; l’ atto in argomento si fondava sul PVC notificato in data 20/3/19: da questo si evinceva che, nel corso di una verifica nei confronti di altra società, la RAGIONE_SOCIALE era risultata una commistione contabile tra questa e la odierna appellante. La documentazione della RAGIONE_SOCIALE si rivelava, inoltre, secondo i controlli operati, ben poco attendibile. Da qui allora l’accertamento sintetico, con metodo induttivo, di cui all’art. 38 d.p.r. 600 del 1973, cui l’Amministrazione era addivenuta nella specie;
la CTP rigettava il ricorso;
appellava la contribuente società;
con la pronuncia qui gravata, la CTR ha confermato la statuizione di primo grado ritenendo del tutto inattendibili le scritture contabili; quindi, secondo il giudice del merito, era legittimo il ricorso da parte dell’Ufficio all’accertamento induttivo; inoltre, la sentenza di merito ha escluso il diritto della contribuente alla detrazione con riferimento a importi contabilizzati, nell’ambito di scritture contabili complessivamente inattendibili;
ricorre a questa Corte la società RAGIONE_SOCIALE con atto affidato a due motivi di ricorso;
-l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso;
Considerato che:
Cons. Est. NOME COGNOME 2 – il primo motivo denuncia la nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione, in violazione dell’art. 1 e dell’art. 36 del d. Lgs n. 546 del 1992 e degli artt. 112 e 132 n.4 c.p.c. in relazione all’art. 360, co.4,
c.p.c.; secondo parte ricorrente la sentenza impugnata è nulla in quanto viziata da un evidente difetto di motivazione e, soprattutto, emessa in manifesta violazione dei dettami di legge in merito al contenuto obbligatorio. La Corte di Giustizia di secondo grado ha ritenuto, in forza di tal prospettazione, apoditticamente fondata le tesi dell’Agenzia delle Entrate senza farsi carico delle puntuali argomentazioni e considerazioni esposte dalla ricorrente;
il motivo è infondato;
-la motivazione del provvedimento impugnato con ricorso per cassazione è apparente quando, ancorché graficamente esistente ed eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regolano la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (Cass., 30 giugno 2020, n. 13248; cfr. anche 5 agosto 2019, n. 20921). Nel presente caso, la motivazione, condivisibile o meno, esula dall’apparenza, non trovando collocazione neppure tra le motivazioni contraddittorie e perplesse, perché al contrario sorretta da logicità e analisi degli elementi ritenuti evidentemente più significativi ai fini del decidere; essa si pone quindi al di sopra del c.d. ‘minimo costituzionale’ (Cass. Sez. Un. sent. n. 8053/2014);
il secondo motivo si duole della violazione e falsa applicazione del d.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 co. 2 e dell’art. 53 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., co.1 n. 3, per avere il giudice del merito erroneamente ritenuto che l’accertamento in via induttiva di maggiori ricavi escludesse il necessario riconoscimento di maggiori costi;
il motivo, con riferimento all’imposizione reddituale, è fondato;
Cons. Est. NOME COGNOME 3 -è ormai ius receptum (tra molte, vedasi Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 34996 del 28/11/2022) che in tema di imposte sui redditi, l’Amministrazione finanziaria deve riconoscere una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi di produzione soltanto in caso
di accertamento induttivo “puro” ex art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, mentre -salvo quanto subito dopo si dirà – in caso di accertamento analitico o analitico presuntivo (come in caso di indagini bancarie) è il contribuente ad avere l’onere di provare l’esistenza di costi deducibili, afferenti ai maggiori ricavi o compensi, senza che l’Ufficio possa, o debba, procedere al loro riconoscimento forfettario;
peraltro, il principio di cui sopra è risultato poi -per quanto qui non interessi, trattandosi nella fattispecie di accertamento induttivo -anche ai casi di utilizzo da parte dell’Ufficio del metodo accertativo di tipo analitico – induttivo (quindi non di induttivo ‘puro’); si è infatti stabilito che in tema di accertamento dei redditi con il metodo analitico-induttivo, per vero a seguito della sentenza della Corte cost. n. 10 del 2023, che ha operato un’interpretazione adeguatrice dell’art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. del 1973, a fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati, e quindi occulti, scaturente da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente imprenditore può sempre opporre la prova presuntiva contraria, eccependo una incidenza percentuale forfettaria di costi di produzione, che vanno quindi detratti dall’ammontare dei maggiori ricavi presunti (in termini si veda Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 18653 del 03/07/2023);
diversamente, quanto all’iva, il motivo è infondato;
in tema di iva, questa Corte è invece ferma nel chiarire che nel caso di determinazione in via induttiva dei ricavi, è onere del contribuente provare i fatti modificativi della pretesa esercitata dall’amministrazione finanziaria, mediante l’allegazione degli elementi reddituali idonei a incidere negativamente sulla stessa, senza che tale obbligo possa essere sostituito da un apprezzamento discrezionale operato d’ufficio dal giudice tributario, vincolato a pronunciare la propria decisione “iuxta alligata et probata partium” (in termini si veda Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 37260 del 29/11/2021 ma in argomento anche Cass. Sez. 5, Sentenza n. 24778 del 04/12/2015);
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invero, con riguardo al tributo iva, la violazione degli obblighi formali di contabilità e dichiarazione incide sull’esercizio del diritto alla detrazione dell’ IVA allorché il contribuente ometta di richiedere la detrazione del tributo in argomento a monte nel termine di decadenza di cui all’art. 19 del d.P.R. n. 633 del 1972 (Cass. civ., 30 luglio 2020, n. 16367) ovvero sempre che tali condizioni sostanziali emergano con certezza dalla documentazione in possesso del contribuente, esibita all’Amministrazione finanziaria in sede di verifica (Cass. civ., 24 febbraio 2016, n. 3586);
nel caso di specie, non risulta dalle considerazioni espresse dal ricorrente che questi avesse provveduto ad esercitare il proprio diritto alla detrazione entro il termine sopra indicato e, d’altro lato, il giudice del gravame ha accertato che ‘ venivano così verificate gravi irregolarità, che rendevano del tutto inattendibili le scritture contabili’; tale inattendibilità esclude quindi che -sia pure in parte -possa ritenersi a fini iva provata la sussistenza di iva a credito (rispettosa dei requisiti di certezza e inerenza) suscettibile di esser riconosciuta in detrazione rispetto all’iva a debito;
pertanto, il secondo motivo va accolto limitatamente ai rilievi a fini dell’imposizione IRES e IRAP; quanto all’iva, il motivo in argomento va rigettato;
p.q.m.
accoglie il secondo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione; rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, che statuirà anche quanto alle spese del presente giudizio di Legittimità.
Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2024.