Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15938 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15938 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22396/2018 R.G. proposto da : COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 296/2018 depositata il 22/01/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/04/2025 dal Co: COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il contribuente NOME COGNOME era destinatario di pvc in data 26 gennaio 2010, redatto dalla Guardia di Finanza di Ladispoli, relativo agli anni di imposta dal 2004 al 2009, da cui scaturiva, fra l’altro, avviso di accertamento per gli anni 2004, 2005, 2006, 2007, 2008 e 2009, con ripresa a tassazione a fini Irpef, Irap ed Iva, nonché per sanzioni da omessa istituzione delle scritture contabili.
Nello specifico, veniva contestata attività abituale di compravendita di beni, mediante aste sulla piattaforma ‘Ebay’, in assenza di contabilità e di versamento di imposte.
Reagiva il contribuente con plurime eccezioni avverso il calcolo induttivo del reddito ripreso a tassazione, contestando che la partecipazione alle aste equivalesse a maturazione di ricchezza ed indice di capacità contributiva, senza però trovare apprezzamento delle proprie ragioni nei gradi di merito, qui interessanti principalmente il 2008, pur rappresentando già nel grado di appello di aver avuti accolti dei propri ricorsi relativi ad altre annualità, inerenti i medesimi fatti.
Donde ricorre per cassazione, affidandosi a tre mezzi, cui replica l’Avvocatura generale dello Stato, spiegando tempestivo controricorso. In prossimità dell’adunanza, la parte contribuente ha depositato memoria ad illustrazione delle proprie ragioni, con l’assistenza di nuovo difensore.
Il Pubblico Ministero, in persona del sost. Procuratore Generale dott. NOME COGNOME ha depositato requisitoria in forma di memoria, concludendo per il rigetto del ricorso.
CONSDIERATO
In via preliminare, non vi è luogo a dar corso all’istanza di rinvio proposta dal nuovo difensore al momento della sua
costituzione, considerato che ha avuto modo di spiegare adeguate difese, depositato articolata memoria nei termini di legge.
Vengono proposti tre motivi di ricorso.
1.1 Con il primo motivo si profila censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 4 del codice di procedura civile lamentando nullità della sentenza per violazione dell’articolo 132 del medesimo codice di rito nonché dell’articolo 118 delle relative disposizioni di attuazione, per assenza della motivazione o motivazione apparente rispetto all’intera parte argomentativa della sentenza impugnata, quale mera trasposizione della sentenza di primo grado, priva di autonoma valutazione critica dei fatti dedotti e dei motivi di impugnazione.
1.2. Con il secondo motivo si protesta ancora censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 4 del codice di procedura civile per nullità della sentenza per omessa motivazione in parametro all’articolo 132, secondo comma, numero 4 del medesimo codice di rito e dell’articolo 118, primo comma, delle relative disposizioni di attuazione.
Nello specifico, si contesta che non sia stata data rilevanza alle pronunce favorevoli in grado di appello, relative ad altre annualità, ma inerenti ai medesimi presupposti impositivi.
1.3. Con il terzo motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360 primo comma numero 3 del codice di procedura civile per violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 del codice civile, nella sostanza lamentando un’indebita inversione dell’onere della prova, laddove la motivazione della sentenza fa carico alla parte contribuente di dimostrare l’assenza di redditività dalle operazioni svolte e di dimostrare la tracciabilità dei pagamenti e, quindi, delle somme realmente incassate.
Il primo motivo non può essere accolto.
2.1. Ed infatti, è ormai principio acquisito che la motivazione apparente si riduce a profili che scendono al di sotto del minimo
costituzionale, così come è principio acquisito che la sentenza d’appello possa riferirsi alla pronuncia di primo grado.
Deve premettersi che è ormai principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo la quale (Cass. VI- 5, n. 9105/2017) ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. In tali casi la sentenza resta sprovvista in concreto del c.d. “minimo costituzionale” di cui alla nota pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U, n. 8053/2014, seguita da Cass. VI – 5, n. 5209/2018). In termini si veda anche quanto stabilito in altro caso (Cass. Sez. L, Sentenza n. 161 del 08/01/2009) nel quale questa Corte ha ritenuto che la sentenza è nulla ai sensi dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., ove risulti del tutto priva dell’esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda ovvero la motivazione sia solo apparente, estrinsecandosi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi (cfr. Cass V, n. 24313/2018).
2.2. Sotto altro profilo è stato ribadito essere inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (cfr. Cass. S.U. n. 34476/2019)
Inoltre, si è affermato che, nel processo tributario, la motivazione di una sentenza può essere redatta ” per relationem ” rispetto ad altra sentenza non ancora passata in giudicato, purché resti “autosufficiente”, riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto
della diversa, anche se connessa, causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico – giuridica. La sentenza è, invece, nulla, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., qualora si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento e non sia, pertanto, possibile individuare le ragioni poste a fondamento del dispositivo (Cass. VI -5, n. 107/2015; n. 5209/2018; n. 17403/2018; n. 21978/2018). Deve, poi, considerarsi nulla la sentenza di appello motivata ” per relationem ” alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello (Cass. VI -5, n. 22022/2017).
2.3. Nel caso in esame, per contro, il riferimento alla sentenza di primo grado è utilmente richiamata con valutazione propria, specialmente nel penultimo paragrafo, valutando criticamente quanto già accertato dai primi giudici.
Donde il motivo è infondato e non può essere accolto.
Neppure il secondo motivo è fondato.
3.1. Vi lamenta la mancata considerazione di altre pronunce, rese da diversa sezione della medesima CTR, su diverse annualità, ove è stata data ragione alla parte contribuente.
3.2. Deve rilevarsi che l’autonomia annuale del periodo di imposta esclude la permeabilità automatica delle soluzioni adottate in altri anni, variando i presupposti organizzativi, le quantità accertate, le modalità operative, lo spessore delle prove offerte.
Altresì, esula dal perimetro di cognizione di questa Suprema Corte di legittimità il sindacato sull’apprezzamento probatorio ed il bilanciamento dei diversi apporti svolto dal giudice di merito.
3.3. Ed infatti, in tema di accertamento induttivo ex art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, l’irrilevanza della fonte di acquisizione e notizie non consente all’Ufficio di prescindere dall’inerenza di questi ad un determinato specifico periodo d’imposta, attesa l’autonomia di ciascun periodo d’imposta, con la conseguente illegittimità della presunzione della costanza di reddito in anni diversi da quello per il quale è stata accertata la produzione di un determinato reddito (Cass. V, n. 30378/2019).
Altresì, nel processo tributario l’efficacia del giudicato, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo nell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si sono verificati al di fuori dello stesso si giustifica soltanto in relazione a quelli non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche con riferimento agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente (Cfr. Cass. V, n. 37/2019).
3.4. Per altro verso, non ricorre vizio di omessa pronuncia su punto decisivo qualora la soluzione negativa di una richiesta di parte sia implicita nella costruzione logico-giuridica della sentenza, incompatibile con la detta domanda (v. Cass., 18/5/1973, n. 1433; Cass., 28/6/1969, n.2355). Quando cioè la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte comporti necessariamente il rigetto di quest’ultima, anche se manchi una specifica argomentazione in proposito (v. Cass., 21/10/1972, n. 3190; Cass., 17/3/1971, n. 748; Cass., 23/6/1967, n.1537).
Secondo risalente insegnamento di questa Corte, al giudice di merito non può invero imputarsi di avere omesso l’esplicita confutazione delle tesi non accolte o la particolareggiata disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi, giacché né l’una né l’altra gli sono richieste, mentre soddisfa l’esigenza di adeguata motivazione che il raggiunto convincimento come nella specie risulti da un esame logico e coerente, non già di tutte le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie, bensì solo di quelle ritenute di per sé sole idonee e sufficienti a giustificarlo. In altri termini, non si richiede al giudice del merito di dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata dell’adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza di esse (cfr. Cass. V, n. 5583/2011).
Non può essere accolto neppure il terzo motivo di doglianza, ove si lamenta violazione dell’onere della prova.
4.1. Deve infatti rimarcarsi che la ricostruzione del reddito sia avvenuta per via induttiva, in assenza di scritture contabili (è infatti una delle contestazioni mosse) e di esposizione dei redditi per l’attività di commercio. In tali condizioni è legittimo l’accertamento facendo riferimento a dati comunque reperiti, costituendo quindi inversione dell’onere della prova, incombendo sulla parte contribuente di fornire la prova che il reddito fosse inferiore o assente rispetto a quanto accertato dall’Ufficio.
4.2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. V, n. 1347/2019), «l’accertamento con metodo analitico-induttivo, con quale cui il fisco procede alla rettifica di singoli componenti reddituali, ancorché di rilevante importo, è consentito, ai sensi dell’art. 39, primo comma, lett. d) del d.P.R. del 29 settembre 1973, n. 600, pure in presenza di contabilità formalmente tenuta, giacché la disposizione presuppone, appunto, scritture
regolarmente tenute e, tuttavia, contestabili in forza di valutazioni condotte sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti che facciano seriamente dubitare della completezza e fedeltà della contabilità esaminata» (cfr. Cass. nn. 20060/2014; 20857/2007; cfr., altresì, Cass. nn. 9084/2017; 14428/2005; con riferimento specifico all’IVA, si veda, altresì, Cass. n. 7184/2009; 6800/2009; 21165/2005); è stato, infine, affermato che «in tema di prova civile conseguente ad accertamento tributario, gli elementi assunti a fonte di presunzione non debbono essere necessariamente plurimi benché l’art. 2729, primo comma, cod. civ., l’art. 38, quarto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e l’art. 54 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 si esprimano al plurale – potendosi il convincimento del Giudice fondare anche su un elemento unico, preciso e grave, la valutazione della cui rilevanza, peraltro, nell’ambito del processo logico applicato in concreto, non è sindacabile in sede di legittimità ove sorretta da motivazione adeguata e logicamente non contraddittoria» (cfr. Cass. nn. 656/2014; 17574/2009; 8484/2009). Nel caso di specie, non vi era neppure contabilità regolare cui fare riferimento indiziario.
4.3. Va comunque ricordato che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, il giudizio di complessiva o intrinseca inattendibilità delle scritture contabili, ancorché formalmente corrette, costituisce il presupposto per procedere con il metodo analitico-induttivo, che consente valutazioni sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973, ma anche quello per procedere con l’accertamento induttivo “puro”, fondato su presunzioni cd. “supersemplici”, prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, in presenza di una delle tassative condizioni previste dallo stesso art. 39, comma 2 (tra cui, la mancata esposizione dei redditi), il quale, inoltre, costituendo una facoltà per l’Amministrazione, può prescindere anche solo in parte
dalle scritture contabili e dal bilancio e non richiede alcuna specifica motivazione per l’utilizzazione di dati indicati in contabilità o in dichiarazione o comunque provenienti dallo stesso contribuente, anche a fronte di un giudizio di complessiva inattendibilità della contabilità, nel rispetto di una ricostruzione operata sempre secondo criteri di ragionevolezza e nel rispetto del parametro costituzionale della capacità contributiva (cfr. Cass. T., n. 16528/2024).
In definitiva il ricorso è infondato e dev’essere rigettato. Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in €. duemilatrecento/00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, il 15/04/2025.