Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16578 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16578 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/06/2025
Oggetto: accertamento – indagini finanziarie prova analitica
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2166/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa come per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato (PEC: )
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso in forza di procura speciale in calce al ricorso per cassazione dall’avv. NOME COGNOME (PEC:
)
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, n. 6229/10/21, depositata in data 28/06/2021 e non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 16/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
emerge dalla narrativa della sentenza impugnata che l’Agenzia delle EntrateDirezione provinciale di Messina, con l’avviso di accertamento n. CODICE_FISCALE, contestava a NOME COGNOME (esercente attività di installazione e riparazione impianti idraulici) -ai sensi dell’art. 32 , co. 1, n. 2, secondo periodo, d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 (c.d. indagini finanziarie) una pluralità di movimentazioni bancarie ritenute (a seguito dell’esperito contraddittorio preventivo) non giustificate, accertando conseguentemente maggiori ricavi pari ad € 86.005,00 (importo corrispondente ai versamenti non giustificati, accertati presuntivamente come ricavi non contabilizzati) ed € 121.286,82 (importo corrispondente ai prelevamenti non giustificati, accertati presuntivamente come acquisti non fatturati);
avverso tale atto il Salvo proponeva ricorso dinanzi la Commissione Tributaria Provinciale di Messina: la CTP accoglieva in parte il ricorso; – ai fini Irpef, l’importo dei versamenti rilevanti era rideterminato da € 86.005,00 ad € 66.505,00, ed i prelevamenti accertati da € 121.286,82 ad € 27.173,73; ai fini Iva, il volume di affari per versamenti riscontrati era rideterminato in € 66.505,00, quello per prelevamenti era determinato ad € 95.373,16;
-era invece rigettata la domanda di applicazione di aliquota agevolata all’imponibile Iva giudizialmente liquidato;
la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia – sez. stacc. di Messina con la sentenza n. 6229/2021/10 del 29/03/2021 (pubblicata in data 28/06/2021 e mai notificata), definiva il suddetto giudizio, in accoglimento dell’atto di appello riducendo ulteriormente, ai fini Irpef ed Iva, le operazioni bancarie positive (versamenti) da € 66.505,00 ad € 48.855,00, annullando la contabilizzazione, ai fini Iva, dei prelevamenti ritenuti non giustificati; applicando l’Iva al 4% limitatamente all’imponibile di € 2.300,00, e l’Iva al 10% limitatamente all’imponibile di € 5.680,00;
-ricorre a questa Corte l’Agenzia delle Entrate con atto affidato a quattro motivi;
resiste il contribuente con controricorso che illustra con memoria;
Considerato che:
il primo motivo censura la pronuncia gravata per violazione e falsa applicazione degli artt. 132 c.p.c. e 36 del d. Lgs. n. 546 del 1992 per avere la sentenza di merito motivato il proprio decisum in modo apparente;
il motivo risulta privo di fondamento, posto che la censura è diretta ad aggredire il capo della sentenza relativo ai versamenti ulteriormente riconosciuti, oltre alle operazioni già giustificate nella sede procedimentale dell’accertamento con adesione e nel primo grado di giudizio;
invero, la CTR ha reso comprensibili le ragioni della decisione, in quanto essa fa leva sulla ‘riconciliazione con le singole fatture’ degli ‘ulteriori versamenti…’, rimandando al contenuto di una memoria difensiva la cui esistenza in atti e la cui concreta comprensibilità, anche sotto il versante della ‘riconciliazione’ di fatture e versamenti, non è minimamente censurata da parte ricorrente e deve quindi ritenersi idonea a far conoscere la motivazione della sentenza che ad essa rimanda;
-il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 oltre che dell’art. 2697 c.c. tutti in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la pronuncia di merito erroneamente applicato i principi in tema di onere della prova nel caso di accertamenti fondati sulle risultanze di indagini finanziarie con riferimento agli ulteriori versamenti per euro 17.150,00, senza illustrare le ragioni di tale decisione;
il motivo è privo di fondamento;
invero, la CTR in motivazione, anche con riguardo a tale profilo, richiama -facendola propria -la suddetta ‘riconciliazione’ di fatture
e versamenti contenuta nell”analitica elencazione a pagg. 2 -3 della memoria difensiva, da ritenersi qui integralmente trascritta’; in tal modo essa dà conto -deve ritenersi analiticamente, non avendo parte ricorrente svolto eccezioni sul contenuto della memoria in argomento -delle ragioni poste a base della statuizione che ha ritenuto giustificate le movimentazioni di cui trattasi;
-il terzo motivo si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 per avere la sentenza di merito erroneamente ritenuto privi di rilevanza ai fini impositivi i prelevamenti non giustificati;
il motivo è inammissibile;
la CTR ha invero deciso in ordine a tre profili: il primo relativo alla giustificazione di ulteriori versamenti, rispetto a quelli in precedenza riconosciuti; il secondo riguardante l’applicazione a talune operazioni dell’aliquota agevolata nella misura del 4%, il terzo concernente la mancata regolarizzazione di acquisti senza fattura, tali ritenendo essere i prelievi non giustificati;
ciò posto, va rilevato come il motivo, che pare dirigersi verso il terzo dei sopra riportati profili, in realtà non aggredisca la statuizione della CTR secondo la quale, proprio con riguardo ai prelevamenti non giustificati di cui si tratta nella censura in argomento, l’Ufficio ha in realtà contestato ed applicato unicamente la sanzione dovuta per acquisti non documentati da fattura, quindi da sottoporsi a regolarizzazione a fini iva;
-nel denunciare quindi l’errore riguardante la mancata rilevanza reddituale ed iva di tali prelevamenti, il motivo resta privo di collegamento con la ratio decidendi della sentenza impugnata e va quindi dichiarato inammissibile dal momento che si appunta su questioni del tutto estranee all’ ordito motivazionale fornito dalla CTR (“in tema di ricorso per cassazione è necessario che venga contestata specificamente la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia impugnata”, così Cass. Sez. 6 -3, Ordinanza n. 19989 del
10/08/2017). Va ricordato che il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’ enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, siccome per denunciare un errore occorre identificarlo (e, quindi, fornirne la rappresentazione), l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata; queste ultime, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi considerare nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo il motivo che non rispetti questo requisito; in riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’ art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c. (Cass. Sez. 3, Sentenza 14/3/2017 n. 6496, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 17330 del 31/08/2015; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 359 del 11/01/2005, tutte citate in motivazione da Cass. n. 8755/2018);
col quarto motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 per avere la CTR erroneamente ritenuto legittima l’applicazione, alle operazioni contestate sotto questo profilo, dell’aliquota iva agevolata del 4%;
il motivo è fondato;
-invero, la sentenza impugnata fa mero rimando alle ‘relative fatture’ per motivare in ordine alle ragioni che l’hanno indotta a ritenere corretta l’applicazione dell’aliquota al 4%, senza minimamente illustrare le contestazioni dell’Ufficio e il contenuto delle prestazioni oggetto di tali fatture, oltre che senza neppure indicarle con il numero e la data di emissione; in tal modo risulta effettivamente del tutto oscura la ragione per le quali si è ritenuto, da
parte del giudice di merito, immune da censure l’operato del contribuente; va comunque rilevato che il contribuente in controricorso ha dichiarato di prestare acquiescenza, in considerazione dell’esiguità degli importi;
conclusivamente, va accolto il quarto motivo; il primo e il secondo motivo sono rigettati; il terzo motivo va dichiarato inammissibile;
la sentenza impugnata è cassata limitatamente al motivo accolto, con rinvio al giudice del merito per nuovo esame nel rispetto dei superiori principi;
p.q.m.
accoglie il quarto motivo; rigetta il primo e il secondo e dichiara inammissibile il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata limitatamente al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia in diversa composizione, la quale provvederà anche alla liquidazione del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 16 maggio 2025.